Saturday 11 August 2012

Natura Interdipendente


Serie di lezione tenuta al Istituto Lamrim, Roma
Natura interdipendente

Geshe Gedun Tharchin

Buddha ha insegnato il Dharma con l’intenzione di essere di beneficio a tutti gli esseri senzienti, i
suoi insegnamenti vengono da un cuore compassionevole, dalla Bodhicitta.

Il modo per poter aiutare gli altri è quello di mostrare loro la visione corretta, inoltre ogni
insegnamento del Buddha è sempre iniziato con la spiegazione della natura interdipendente della
realtà che è ciò che dovremmo considerare come retta visione la quale ci conduce al Nirvana.
In questo caso per Nirvana si intende la liberazione dal Samsara, dalla confusione; non si deve
pensare al Samsara come ad un luogo o ad una realizzazione, ma esistono anche dei piccoli Nirvana
che sono da considerare come più pratici da ottenere perché l’unione di Amore e Compassione con
la natura interdipendente della realtà ci può condurre alla realizzazione di questi piccoli Nirvana che
sono degli stati di libertà dalla confusione e dall’ignoranza, ed il Sutra del Cuore è un contesto
molto utile per seguire questo tipo di pratiche.

La pratica del Dharma non si limita a venerare il Budha, ma ci avvicina alla realtà.
Le scritture dicono che ogni movimento del Buddha, sia fisico, mentale o verbale, non avviene se
non c’è un significato, ossia che non sia di beneficio agli esseri senzienti e questo perché qualsiasi
moto di parola, mente o corpo del Buddha, viene dall’Amore e dalla Compassione, perfino il suo
respirare porta beneficio agli esseri senzienti. Tutto questo non è possibile soltanto grazie alle
qualità del Buddha, ma si tratta di un magnifico esempio che anche noi possiamo seguire
camminando nel sentiero da lui tracciato.

Sta scritto che gli esseri mondani hanno paura al solo sentire il signore della morte, ed in modo
simile, il signore della morte ha timore al solo sentire pronunciare il nome del Buddha, e questo
perché il Buddha è il solo che può insegnare agli esseri mondani come poter sottomettere il signore
della morte.

Al Buddha vennero poste quattordici domande riguardanti quattordici argomenti, il primo dei quali
era se il mondo avesse una fine o meno, a cui il Buddha rispose semplicemente con il silenzio;
partendo da questo fatto ci si chiede come può esistere un Buddha che sia onnisciente? Il fatto che
non avesse risposto poteva significare apparentemente che non conosceva la risposta e quindi non
poteva essere onnisciente. In realtà il Buddha non rispose in quanto sapeva che c’erano cose che
poteva ed altre che non poteva fare, così come c’erano alcune cose di cui poter parlare ed altre di
cui non avrebbe potuto parlare, ma il fatto di non aver dato una risposta non vuol dire che non lo
sapesse. Questo perché il Buddha conosceva quello che era il livello mentale e le attitudini dei suoi
discepoli e dei suoi ascoltatori, e proprio per questo sapeva quando e che cosa doveva rispondere
per poter essere di perfetto aiuto agli altri ed ecco il motivo per cui quella volta il Buddha rimase
silente; il silenzio stesso può essere una risposta, si può rispondere tacendo e quella è la migliore
risposta.

A queste domande sui quattordici argomenti che riguardavano ad esempio se il mondo avesse una
fine o se esistesse l’”io”, il Buddha non diede risposta in quanto rispondere affermativamente o
negativamente sarebbe stata un’azione pericolosa e quindi non sarebbe stata di beneficio, ma
avrebbe potuto fare del male. Questo tacere del Buddha è quindi nato dalla Compassione.
Noi tendiamo, invece, a dare sempre una risposta anche quando non ne sappiamo abbastanza! Sono
stato invitato ad una trasmissione sul silenzio su Rai 3, ma a questo invito è seguito soltanto un
silenzio da parte loro, non se ne è fatto più niente (risata), e questo è un chiaro esempio di come sia
la natura interdipendente della realtà a produrre le cose e non noi: loro volevano fare una
trasmissione sul silenzio ed il silenzio si è prodotto! Parlare del silenzio pone il problema del modo
in base al quale parlarne, in quanto sembra abbastanza contraddittorio! (risata)
E’ la natura interdipendente della realtà che costituisce la retta visione la quale non siamo noi a
produrre, ma che già esiste e che dobbiamo soltanto comprendere.

Generalmente tutto ciò che è prodotto dai tre veleni (ossia rabbia, attaccamento ed ignoranza) sono
considerate cose negative, mentre ciò che viene prodotto dall’opposto dei tre veleni (ovverosia quel
che non è rabbia, attaccamento ed ignoranza) viene considerato positivo; si dice, però, che là dove
l’intenzione sia positiva, anche azioni compiute con la parola e con il corpo come mentire e rubare,
pur apparendo come negative, in realtà sono da considerarsi positive per la motivazione che hanno.
Quindi: è possibile che mentre la mente non ruba, la mano possa rubare? La mente non sta
compiendo nessuna azione negativa in quanto è pervasa dall’intenzione positiva: anche un’azione
che apparentemente può sembrare negativa in realtà non lo è. Ed ecco perché le azioni del
Bodhisattva che siano all’apparenza negative o positive, in realtà sono tutte virtuose proprio perché
l’attitudine e la motivazione mentale vengono prima di tutto.

Quindi è possibile che un’azione sia negativa e virtuosa al tempo stesso e questo è un bel tema per
farci un dibattito, ma può essere un argomento pericoloso perché può succedere che qualcuno pensi
che certe eccezioni possano essere lecite; ad esempio le guerre sante, con la Bodhicitta non si può
pensare di uccidere qualcuno, ed anche il più piccolo animale deve essere guardato con Amore e
Compassione.

Un esempio d’eccezione può essere quello di colui che sa che qualcuno vuole uccidere altre persone
e quindi per impedirgli di fare ciò lo uccide, ma questa eccezione deve essere comunque l’azione di
un Bodhisattva che sa quel che sta facendo.

Nell’ambito Buddista vengono riportate queste eccezioni le quali, in quanto tali, non appartengono
al nostro livello ordinario. Da un punto di vista morale, ossia dell’Amore, della Compassione e della
Bodhicitta, non possiamo far del male a nessun essere senza eccezioni, quindi è davvero difficile
trovare un’azione che sia al contempo negativa e virtuosa, perché per uccidere, ad esempio, ci deve
per forza essere un atteggiamento violento come, allo stesso modo, mentire o rubare comprendono
un atteggiamento negativo.

Quando si parla di un’azione non violenta questa richiede che in maniera assoluta non ci sia la
presenza di alcun male compiuto su nessun essere senziente, altrimenti persone come Bin Laden
vengono giudicate come esseri violenti e quindi uccisi, ma dal punto di vista della Bodhicitta anche
questi devono essere giudicati con Amore e Compassione perché c’è comunque qualche mezzo
pacifico per liberarli. Questo è il nostro principio etico ossia dettato dall’ Amore e dalla
Compassione e quindi non violento.

E’ possibile che nel Tibet, in passato, siano stati commessi tanti errori di valutazione su queste cose,
per cui capitava che un Lama dicesse di uccidere e la gente lo faceva; ed è quel che troviamo anche
nella nostra società, ad esempio le guerre sante dove i capi spirituali sono in realtà dei generali.
Nel governo tibetano in esilio il ministro della difesa è un monaco, ma se ci fosse un vero stato non
ci sarebbe un monaco a ricoprire questo incarico, comunque per la società tibetana questo è
possibile in quanto deriva dalla mentalità del passato poiché nell’antico Tibet si sono verificati casi
in cui dei monasteri hanno fatto guerre anche contro il governo stesso, tra questi anche il monastero
di Sera, ma d’altra parte si trattava di un governo molto debole e quindi una comunità forte come
quella dei monasteri dell’epoca, poteva tranquillamente permettersi di avere un atteggiamento
belligerante con la scusa della difesa del Dharma.

Dobbiamo quindi essere molto attenti a non fraintendere quello che è il nostro principio etico
dell’Amore e Compassione che è assolutamente non violento.

Domanda: Quale è il punto di visto Dharmico nei confronti di vittime che noi omettiamo di
proteggere? Se non faccio un’azione, buona e cattiva contemporaneamente, per proteggere una
potenziale vittima, non sono responsabile? Parlo di responsabilità morale, ossia se causo la morte di
altre persone perché ometto di fare un’azione cattiva, non sono responsabile?

Risposta: La tua responsabilità morale è semplicemente quella di non commettere un’azione
negativa, cioè qualsiasi azione che possa far del male a qualsiasi essere vivente per quanto piccolo
possa essere.

La gravità di una particolare situazione fa parte dei segreti della vita, i segreti del Samsara che sono
molto difficili da riconoscere. L’unica cosa che possiamo fare è proteggere la nostra mente, non
perdere mai la pazienza, l’Amore e la Compassione, il nostro rispetto totale nei confronti di
qualsiasi essere vivente, questo è il modo tramite il quale possiamo misurare la nostra attitudine.

Domanda: Rimango perplesso…come deve fare, ad esempio, un chirurgo di fronte ad un malato
che sta per morire, deve non intervenire secondo il Dharma?

Risposta: Questa non è violenza in quanto il chirurgo sta curando quella persona che è l’opposto di fare del male.

Domanda: Allora prendiamo un poliziotto…può uccidere un poliziotto per impedire un omicidio?

Risposta: Questo dipende dal karma negativo del poliziotto.

Domanda: Però, se fin dai tempi più antichi, nessuno avesse mai reagito ci troveremmo ancora con
i più forti che sottomettono i più deboli; se non c’è una difesa dei deboli, che a volte richiede un
metodo violento, alcuni popoli sarebbero scomparsi, le donne sarebbero delle serve…
Risposta: Questi sono concetti che nascono dall’idea che ci sia una permanenza delle cose.

Domanda: La legittima difesa è lecita?

Risposta: L’unica cosa che si deve difendere è ciò che nessuno ti può distruggere: la mente e quindi la Bodhicitta. La difesa è un qualcosa che viene sottolineato in occidente al punto che spesso sembra quasi una scusa, in fondo se non ci fosse stata questa tendenza a difendersi, il mondo sarebbe differente, non ci sarebbero confini o stati in quanto la difesa è un concetto di chiusura, mentre se ci fossero sempre. Amore e Compassione assoluti non ci sarebbe bisogno di difendersi.
E questo è proprio il Dharma, ossia un concetto straordinario che va oltre il modo di pensare
ordinario e che caratterizza le persone realizzate. Dovremmo provare questa visione straordinaria delle cose nella nostra vita ordinaria




Thursday 9 August 2012

I 3 tipi di buddha


Serie di lezione tenuta al Istituto Lamrim, Roma
I 3 tipi di buddha
Geshe Gedun Tharchin

Secondo la storia buddista indiana esistono tre ordini di esseri che hanno raggiunto il Nirvana, :
1. I buddha pienamente illuminati, coloro che hanno raggiunto la completa mente del Risveglio, ed hanno maturato la piena abilità per poter insegnare il Dharma secondo le necessità particolari di ogni essere.
2. I pratika buddha ossia, i buddha solitari, non hanno raggiunto la mente di piena illuminazione ma hanno superato tutte le emozioni afflittive. A causa della enorme compassione sviluppata rinunciano a divenire buddha completamente risvegliati ed anzi rifuggono i luoghi dove esiste già un Buddha perché i suoi insegnamenti bastano a condurre tutti gli esseri al vero Dharma. Così essi si ritirano in luoghi ove non esista un vero buddha ed insegnano non attraverso la parola ma attraverso il silente linguaggio del corpo. Praticano quindi intenzionalmente in luoghi solitari e soltanto al vederli gli esseri imparano il Dharma.
3. Gli sharvaka buddha, ossia i buddha uditori, non hanno tutte le capacità per insegnare il dharma autonomamente, ma seguono invece il Buddha e si assumono la funzione e la responsabilità di trasmettere i suoi insegnamenti quando il Buddha non c’é. Quindi dopo che il Buddha storico è trapassato i suoi insegnamenti sono stati trasmessi di lignaggio in lignaggio attraverso gli sharvaka buddha, buddha non sono ancora indipendenti perché non sono completamente illuminati ma che insegnano quello che hanno ascoltato dal Buddha.
Così abbiamo visto tre ordini di maestri e di modi di insegnamento. In questa nostra epoca del XXI secolo non è presente un Buddha storico, ed è anche molto difficile trovare uno sharvaka buddha,o un pratika buddha, quindi bisogna accontentarsi di fragili insegnanti (ridendo) che possono trasmettere solo un Dharma molto limitato per cui finisce che siamo tutti un po’ confusi. Noi dobbiamo riconoscere questa situazione dalla sua prospettiva storica e il l Dharma dei nostri tempi è come una fiammella in una notte di tempesta di fulmini, di vento e di assenza di luce.

A livello individuale però, il Buddha pienamente illuminato, uno sharvaka buddha o un pratika buddha, può essere sempre lì presente vicino a noi, perché ogni volta che noi ne abbiamo bisogno loro non fanno mai mancare la loro presenza, perché è il loro particolare dovere, perché è il risultato di causa e condizione, è questo è il risultato dell’incontro di due fenomeni interdipendenti.
Infatti il Dharma non proviene solamente da Buddha ma dall’incontro del Buddha con i suoi seguaci. Questo è un altro livello nel quale questi tre ordini di esseri possono esserci di aiuto.

All’interno di noi stessi coi sono questi tre buddha, e tutte queste buone qualità, e tutte queste qualità sono le nostre maestre ed insegnanti, le nostre guide . E’ un punto fondamentale quello di mantenere e preservare queste buone qualità, il che ci aiuta in modo diretto, mentre il Buddha ci può aiutare solo in modo diretto.

Comunque anche se si parla di Buddha, Dharma, Sangha, o di questi tre ordini di esseri, in ogni caso ci sono tre punti di vista dai quali devono essere visti:
il primo livello è quello storico, che è quello assolutamente convenzionale;
il secondo livello più sottile, è la loro onnipresenza, il fatto che loro possono essere sempre presenti interdipendentemente dalle nostre condizioni;
il terzo livello è invece quello che si manifesta all’interno di noi stessi con le qualità di Buddha, Dharma, Sangha.
Ed è questo un punto molto importante perché queste qualità interiori devono essere curate, ed il prenderci cura di queste qualità è la pratica. Quindi la meditazione è proprio prendersi cura di loro.

E’ questa una faccenda piuttosto complicata, perché per quanto sia facile prostrarsi e rendere omaggio ad una figura esterna, un Baghavan, un guru, un maestro o ad una statua, è molto più difficile rendere omaggio alle qualità che si trovano all’interno di noi stessi … ci sono mote statue dentro di noi, così preziose da non aver prezzo. Questi sono in effetti i nostri veri protettori, quindi ogni volta che leggiamo i testi, dobbiamo sempre rammemorarci delle nostre qualità interiori ed è una cosa che manca nella nostra vita quotidiana, è molto più facile costruire grandi templi e grande statue; guardate il Tibet in cui esistevano grandi statue e templi che sono stati comunque distrutti, l’unica cosa che si è potuta salvare è nel cuore dei tibetani stessi, ossia le loro qualità interiori , e quindi questo rende evidente che l’unico nostro protettore sono le nostre qualità interiori. Gli Stupa, i templi, le statue non sono altro che un prodotto artistico.

Riguardo a questi tre ordini di buddha non è quindi una questione meramente buddista perché è una riguarda ogni essere vivente, e può essere che qualcuno di questi buddha non abbia mai preso rifugio nei tre gioielli e che perciò non si rechi nemmeno in un centro buddista…
Può quindi essere si possa incontrare un buddha di ogni forma e di qualsiasi livello, in forma di bambino, di infermiere, medico, di professore, di cristiano, di ebreo, di povero, di ricco, evitiamo perciò di costringere le persone in una unica categoria evitando un cattivo Karma; aperto, flessibile e rilassato, questo è il vero Dharma, avere atteggiamenti integralisti rispetto alla propria religione o ruolo sociale, dimostra solo che non si è la persona migliore.

Possiamo ottenere benedizioni, energie, e trasformazioni della mente da tutti questi differenti buddha se solo riusciamo a difendere le nostre qualità interiori.










Compassione, gentilezza amorevole ed equanimità


Serie di lezione tenuta al Istituto Lamrim, Roma
Compassione, gentilezza amorevole ed equanimità

Geshe Gedun Tharchin

La compassione e la gentilezza amorevole sono l’essenza, il nucleo del nostro cuore, prima di arrivare a questo stato mentale, dobbiamo attraversare una forma di allenamento nella pratica di un attitudine equanime. Spesso non riusciamo a raggiungere questo stato di compassione e la gentilezza amorevole per il semplice fatto che non riusciamo ad oltrepassare lo stadio dell’equanimità.
L’equanimità consiste nel trattare tutti gli esseri senzienti nello stesso modo per il fatto che tutti questi esseri soffrono. Lo sviluppo dell’equanimità si basa anche sull’assunto che il livello di sofferenza che noi stessi proviamo è lo stessa che provano gli altri, e quindi come primo passo, dobbiamo capire che la sofferenza deve essere compresa ed accettata.
Quindi possiamo parlare di tre tipi di sofferenza:
1. Il primo tipo è la sofferenza della sofferenza tra cui facciamo entrare i tipi di sofferenza più comuni come ad esempio le malattie etc. Per esempio quando non mangiamo, abbiamo dei dolori di stomaco.
2. Il secondo tipo di sofferenza è la sofferenza da cambiamento le cui condizioni sono create dalla nostra stessa vita, ad esempio quando abbiamo fame e ci fa male lo stomaco, una volta mangiato, siamo soddisfatti e comodi, in quel momento pensiamo di sperimentare una sensazione di felicità, ma in effetti è solo una sofferenza da cambiamento. Riempire lo stomaco è la causa che poi lo fa svuotare, mentre avere lo stomaco vuoto è la causa della felicità di poterlo riempire, in entrambi i casi parliamo di sofferenza.
Avere dei buoni vestiti, una bella casa, belle macchine,tutti queste manifestazioni, desideri, sono manifestazione della sofferenza da cambiamento.
Sia la sofferenza della sofferenza che la sofferenza da cambiamento, sono entrambe parti della nostra esistenza e sono difficili da evitare, ma possiamo esercitarci a riconoscere la natura dolorosa di queste manifestazioni. Ammetterne la non desiderabilità ci porterà di conseguenza a non voler rincorrere questo tipo di desiderio e quindi, di conseguenza, veder presto diminuita la nostra dose di sofferenze personali.
3. Il terzo tipo di sofferenza è la sofferenza pervasiva, la sofferenza da condizione che, per riprendere l’esempio dell’alimentazione, risiede nel fatto sesso che possedere uno stomaco è di per se sofferenza, infatti se non lo possedessimo, non potremmo sperimentare i due primi tipi di sofferenze. La nostra esistenza attuale è condizionata in partenza dal fatto di avere uno stomaco, solitamente noi interpretiamo il fatto di possedere uno stomaco in modo positivo perché ci permette di mangiare e di stare bene, ma questo invece è il problema più grande.
Così queste tre tipi di sofferenza che condizionano la nostra esistenza vanno osservati e ben indagati; Nirvana, significa poter vivere senza dover avere a che fare con queste sofferenze in particolare col terzo tipo di sofferenza. Se noi osserviamo gli esseri umani, tutti hanno in comune il fatto di avere un corpo che genera di per se sofferenza, ed è da questo punto di vista che possiamo affermare che tutti gli esseri umani, indistintamente, hanno lo stesso tipo di sofferenza.
E’ molto difficile liberare il proprio corpo, che è completamente condizionato da circostanze e condizioni di tipo samsarico ma proprio per questo l’unica cosa che noi possiamo liberare è la nostra Mente che è un fenomeno senza forma, un po’ come lo spazio , non ha stomaci da riempire e non diverrà affamato se non gli date del cibo; quindi la mente ha la grande capacità di sostenere la nostra gioia e la nostra soddisfazione. La nostra mente dovrebbe guardare ai tipi di sofferenze che dipendono dal fisico, quindi dall’osservazione dell’interdipendenza tra la mente ed il mondo fisico, posiamo eventualmente riuscire a sviluppare un’attitudine equanime e quindi, in un secondo momento un certo tipo di compassione di gentilezza amorevole. Quindi la nostra Mente ha una enorme capacità che può sviluppare una piena libertà che è meno dipendente dalle condizioni di tipo fisico.
Dovrebbe essere chiaro a questo punto quali sono le qualità della nostra mente e come queste qualità rendono la nostra mente un fenomeno assolutamente speciale. La nostra mente è come il cristallo, qualcosa di molto prezioso indistruttibile come il diamante.
La rabbia non è qualcosa di forte, la rabbia è un segno di debolezza, la rabbia è la parte più debole dei nostri fattori mentali; la calma, una mente pacificata è la compassione, è la forza degli stati mentali, la vita della mente è costituita dalla calma della mente stessa. Fintanto che la nostra mente sarà calma, significherà che è viva , e che noi stessi siamo vivi, al contrario, quando la nostra mente è sopraffatta dalla rabbia o da una qualsiasi emozione negativa, questo significa che non stiamo più vivendo, e ciò distrugge con la nostra salute mentale anche tutta la nostra salute fisica e ci rende sempre più deboli e dopo un po’ queste emozioni negative diventano i nostri padroni e da quel momento non avremo più nessun tipo di felicità di gioia, di rilassamento; qui non si tratta tanto di pace e rilassamento con gli altri, ma dell’armonia con se stessi con i quattro elementi che ci costituiscono.
E’ quindi importante cercare di non essere sopraffatti dalle emozioni negative ma essere invece dominati da quelle positive, emozioni di pace e di tranquillità.
E’ sempre possibile anche in presenza di una Mente impostata su pensieri e attitudini di pace e tranquillità che si sviluppino a livello superficiale delle piccole manifestazioni negative ma se sono davvero piccole, non saranno di grande ostacolo allo sviluppo della Mente di questa persona. E tutto questo per dire che la maggior parte delle azioni che noi compiamo con il corpo, con la mente e con le azioni, dovrebbero essere per la maggior parte sulla ricerca dell’attitudine di pace e di tranquillità.
Molto spesso la paura e la compassione sono concetti opposti, la paura è segno di debolezza.
Male parole o di attitudini violente sono causate dalla paura non da una mente pacificata, quindi la comprensione della realtà che chiamiamo saggezza combinata con un’attitudine di pace e di tranquillità che chiamiamo compassione, una volta unite queste due qualità, allora noi possiamo creare delle forti cause e condizioni per una salute del corpo e una salute della mente che ci porterà ad uno stato di assenza di paura e questo è molto importante.
Quando invece siamo noi a dover subire delle attitudini di questo genere, cattive parole, o gesti violenti, dobbiamo capire che questi sono non il prodotto di una mente forte, del carattere di una persona con grande forza interiore, ma i risultati di grandissime paure, di grandi sofferenze.
Non bisogna considerare queste persone necessariamente negative o cattive ma queste persone dovrebbero diventare un’occasione per poter sviluppare una grande compassione dentro di noi. Il risultato di questo allenamento è quello si sviluppare una grande forza interiore, una pace e un rilassamento interiore difficile da scalfire, di sviluppare un grande coraggio e saggezza, di sviluppare la comprensione della realtà ultima della sofferenza, del Samsara e di Dukka.
Gentilezza amorevole e la compassione danno grande speranza, grande forza interiore e grande coraggio; riuscire a vedere la sofferenza negli altri ci infonde grande coraggio e più forza, più rilassamento e più tranquillità, nessuna agitazione, nessuna aggressività.
Questo è il risultato di un esercizio particolare, un modo di fare che è molto efficace perché è basato sulla realtà, sul reale modo di funzionamento della realtà basato sulla causa e sull’effetto.
Non è semplice da comprendere e da praticare, ma è importante comprendere che l’osservazione della sofferenza alimenti la nostra forza interiore e soprattutto come confrontarsi con l’aggressività e la rabbia degli altri dia più calma come l’esempio immenso di Gandhi, che sviluppò la sua forza interiore non rispondendo alla rabbia con altra rabbia, ma rispondendo con la calma e la gentilezza amorevole. Questo non significa che dobbiamo accettare supinamente ogni aggressione ma rispondere con compassione evitando di dimostrare rabbia o avversione verso queste persone. Anzi l’osservare queste situazioni può darci la forza per non seguire questo sentiero sbagliato.