Dal punto di vista buddhista la cosa
più significativa che possiamo trarre dalla nostra vita umana è
l’altruismo, la mente altruistica, i pensieri altruistici e le
azioni altruistiche. Sicuramente ci sono tanti altri aspetti che
hanno un senso nella vita ma la cosa che ha il significato più
elevato è l’azione altruistica.
L’argomento
di questo capitolo ha come tema «Entrare nel Mahayana».
Dal punto di vista letterale Mahayana
è composto da Maha
che vuol dire «grande» e Yana
che vuol dire «veicolo», quindi Mahayana
vuol significare il grande veicolo. E’ come un jumbo jet: ci sono
aerei che possono portare soltanto dieci persone, altri che ne
possono portare cinquanta, mentre il jumbo ne può portare anche
duecentocinquanta. Il Mahayana
è come un jumbo jet, è come un veicolo che può portare molte
persone da un posto fino a dove si desidera arrivare. Entrare nel
Mahayana vuol dire
anche assumersi la responsabilità di portare questa enorme
moltitudine di persone da una condizione di disastro a una condizione
più piacevole. Non è così semplice, anzi è piuttosto difficile da
affrontare perché entrare nel Mahayana
vuol dire accollarsi la responsabilità di tutti gli esseri
senzienti. Per questa ragione il Mahayana
viene chiamato il Grande Veicolo.
Non è il nome di un libro, di una scuola, di un ordine, ma è
piuttosto uno stato mentale che ci porta a prenderci la
responsabilità di tutti gli esseri senzienti. E’ definito grande
perché ha, appunto, un obiettivo ambizioso: soddisfare tutti gli
esseri senzienti. Ci sono moltissime qualità, moltissimi argomenti
contenuti nella grandezza del Mahayana.
Non rappresenta solo un oggetto da visualizzare per la meditazione,
ma implica azioni pratiche e concrete.
Noi
soffriamo, patiamo l’angoscia, sentiamo molto stress dentro noi e
la causa di tutto questo è il fatto di avere una coscienza debole di
noi stessi. La causa è quella che in termini tecnici viene definita
chiusura mentale o mente ristretta. E’ come se fossimo chiusi in
una stanza molto piccola, senza porte e senza finestre e senza alcuna
possibilità di far entrare o uscire aria, di avere contatti o di
ospitare altre persone. Entriamo in questo spazio ristretto perché
ci sentiamo al sicuro, ma ciò ci creerà in seguito gravi problemi.
Quindi, bisogna espandere questo luogo, bisogna aprire porte e
finestre per far entrare aria fresca e metterci in contatto con i
nostri simili. Questo è ciò di cui abbiamo veramente bisogno e solo
così potremo respirare meglio. Per questo motivo tale stato mentale
è definito Il Grande Veicolo.
Tale
attitudine è la quintessenza del pensiero e del sentiero di Buddha
che ci porterà verso la liberazione finale. Aprirsi a tutti gli
esseri senzienti, assumersi la responsabilità di tutti gli esseri
senzienti, questo è ciò che noi chiamiamo la Mente
dell’Illuminazione e, in Sanscrito,
Bodhicitta, dove Bodhi
vuol dire Illuminazione e Citta
Mente. Essere devoti all’immagine del Buddha o del Bodhisattva non
significa essere devoti alla sua rappresentazione plastica o
pittorica ma, piuttosto, consacrarsi a una profonda attitudine
altruistica.
Nei testi
Mahayana è scritto
che è difficile riconoscere quelli che hanno questo tipo di
attitudine mentale da quelli che non ce l’hanno ed è per questo
che ogni essere vivente è oggetto di devozione e di rispetto. Da
questo atteggiamento mentale si creano le basi per la Bodhicitta,
la mente altruistica, e una delle caratteristiche peculiari della
Bodhicitta è il
rispetto e la devozione verso tutti gli esseri viventi.
La
responsabilità nei confronti degli esseri viventi non è
quell’atteggiamento per cui guardiamo gli altri dall’alto in
basso ma è un’attitudine con la quale ci poniamo di fronte al
nostro maestro, ai nostri genitori, agli anziani. Ed è per questo
che nella pratica della Bodhicitta
si recita il verso «Possa io essere il servo
di tutti gli esseri viventi». Quindi i
Bodhisattva, coloro
che possiedono la Bodhicitta,
sono quegli individui che si considerano a un livello inferiore
rispetto agli altri. Io penso che se cerchiamo, se guardiamo bene,
anche nella società attuale si possono trovare dei Bodhisattva.
Non è soltanto una figura ideale, essi sono anche presenti nella
storia. Le istituzioni religiose oggi sono molto diverse da come
erano in origine e, chiaramente, se rivolgiamo lo sguardo a un’alta
autorità religiosa di qualsiasi tradizione: cristiana, islamica o
buddhista, pensiamo che quest’autorità debba avere delle qualità
speciali ma spesso non è così. Possono anche avere troni, macchine
e veicoli speciali, ma sono i Bodhisattva,
coloro che hanno la mente altruistica, quelli che dovrebbero essere
considerati persone di livello elevato e a cui fare riferimento. In
verità i religiosi dovrebbero essere coloro che si considerano servi
di tutti gli altri e che pongono i propri simili ad un livello
superiore a loro stessi. Qualche volta il Papa, quando va a visitare
qualche terra straniera, quando scende dall’aereo bacia la terra.
Penso che questo sia un gesto molto umile perché chinarsi per terra
è una tradizione molto antica. Stiamo parlando di entrare nel
Mahayana e il
Mahayana non è una sorta di stato speciale,
un ordine di cui si indossa un adesivo, un’etichetta con su scritto
«Sono Mahayana». Al
contrario, il Mahayana
è un’attitudine mentale molto particolare. Nei testi classici,
quando si parla della Bodhicitta, la mente dell’Illuminazione,
essa viene definita come lo stato mentale di colui che vuole
raggiungere l’Illuminazione per poter servire tutti gli esseri
senzienti. Quindi possiamo dire che la Bodhicitta
è la combinazione di due differenti attitudini mentali. L’attitudine
causativa della Bodhicitta è
quella di colui che vuole servire tutti gli esseri viventi, quindi
l’umiltà è la prima attitudine mentale. Ciò vuol dire assumere
la posizione più bassa e diventare il servitore di tutti gli altri.
Come si può servire questa enorme moltitudine di esseri viventi?
Chiaramente allo stato attuale è impossibile. Possiamo fare
l’esempio di un bambino che vede la madre cadere in un pozzo. In
quel momento il suo desiderio è quello di aiutarla in tutti i modi
ma per lui è impossibile. Questa è quindi la forza causativa della
Bodhicitta, della
mente altruistica; perché tutti gli esseri senzienti hanno qualche
tipo di problema, siamo esseri deboli. Stiamo tutti soffrendo nel
Samsara. Siamo deboli
e impossibilitati ad aiutare gli altri, anche le persone che ci sono
care, come nostra madre. L’unica maniera che abbiamo per poterlo
fare è ottenere l’Illuminazione perché essa è l’unica
possibilità che abbiamo per accrescere il nostro potere e aiutare
tutti gli esseri senzienti.
Questo
tipo di Mente così aperta è chiamata Il
Grande Veicolo e, se ne entriamo in possesso,
ci liberiamo dei problemi perché capiamo che il nostro singolo
dilemma è nulla in confronto alla massa enorme dei problemi degli
altri. Questo è il segreto della Bodhicitta.
Normalmente
non consideriamo i problemi degli altri, guardiamo solo i nostri e li
consideriamo enormi; ma se ci focalizzassimo su quelli degli altri
esseri il nostro piccolo problema diventerebbe insignificante; questa
è la mente di Bodhicitta.
Sviluppare questa attitudine mentale ci porta, in un certo senso,
anche dei vantaggi ma normalmente ignoriamo questa attitudine; non è
facile, ma anche soltanto apprendere questo principio è il primo
passo.
Anche solo conoscerne la natura ci
dona una grande speranza, un grande coraggio, e distrugge la grande
ignoranza che alberga in noi.
C’è una
storia nella tradizione tibetana che penso, ma non ne sono certo,
provenga dai Sutra, e
che parla di due rane: una che vive in un piccolo stagno e l’altra
che vive nell’oceano. Un giorno quella che vive nell’Oceano si
reca dall’altra rana e rimane colpita da quel piccolo stagno.
Quella che viveva nello stagno, vedendo affacciarsi l’altra rana e
avendo paura che venisse ad occupare il suo territorio, le chiede:
«Tu da dove vieni?» e l’altra: «Vengo dall’Oceano». «Quanto
è grande questo Oceano? Forse quanto un quarto di questo stagno?»,
«No, è molto più grande» rispose la rana dell’oceano. Quella
dello stagno continuò «Forse metà di questo stagno?», «No, molto
più grande» ribadì la rana dell’oceano, «Allora potrebbe essere
tre quarti di questo stagno?», «No, è molto più grande». Allora
la rana dello stagno meravigliata chiese: «Ma è grande come questo
mio stagno?», «No, è molto più grande». «Questo è impossibile.
Devo vedere, non posso credere a quanto mi dici». Allora la rana
dell’Oceano le disse: «Vieni con me, ti mostrerò l’Oceano».
Arrivati sulle rive dell’oceano la rana dello stagno vedendo questa
enorme massa d’acqua senza confini, come fosse un grande cielo,
disse: «Ma dove è il tuo stagno?», «Tutto quello che vedi, tutto
questo cielo è il mio stagno» e la rana dello stagno rimase
scioccata, meravigliata.
La mente
del Bodhicitta è come
l’oceano mentre la nostra mente è come un piccolo stagno. Abbiamo
sempre paura, siamo sempre ansiosi. E’ difficile credere che esista
una mente così vasta qual è quella di Bodhicitta.
Anche oggi, l’America ha paura delle forme di vita che vengono da
un altro pianeta. E anche il Consiglio di Sicurezza Mondiale ne ha
paura: teme che altre vite possano avere una tecnologia più avanzata
della nostra.
Anche noi siamo vittima
di questa forma di ignoranza. Fatichiamo a immaginare che esista un
tale tipo di attitudine mentale: come è possibile immaginare che
esista un’Illuminazione che permetta di aiutare tutta la
moltitudine degli esseri viventi?
Attualmente
ci sono così tanti conflitti: tra l’America e l’Iraq, fra il
Pakistan e l’India, che penso sarebbe una buona cosa se venissero
gli alieni, così questi paesi ritroverebbero la pace. Infatti tutte
queste nazioni si considerano come la rana dello stagno, tutte
credono di essere la più grande e non vedono l’oceano
dell’universo. Ieri ho ricevuto una e-mail da Chandapalo, l’abate
del Monastero Santacittarama,
vicino Roma, in cui mi informava delle nuove minacce che la Cina ha
rivolto nei confronti di Taiwan. Gli ho mandato un e-mail di risposta
dicendo che ci sono molti conflitti nel mondo e altrettante crisi,
povertà e carestie e penso che questo mondo andrà incontro alla
distruzione. Alla fine, fra tutte le diverse comunità che si
combattono, penso che i vincitori saranno i musulmani. Questo è
detto nel Kalachakra Tantra.
C’è stato infatti un gruppo di studiosi indiani buddisti che, pur
avendo un background indù, hanno studiato il Kalachakra
Tantra e hanno detto che c’è un punto in
questo testo in cui si dice che la Mecca, la capitale spirituale
dell’Islam, regnerà su tutta la terra. Il motivo, nei testi
tibetani, non è molto chiaro ma l’edizione rivisitata da questi
studiosi indiani appare molto chiara e genera inquietudine. Per
questo credo che ci siano molti tibetani, e anche molti occidentali,
che sperano che prima che questo mondo venga distrutto si possa
rinascere nel regno di Shambala.
Shambala è la terra
pura, il paradiso del Kalachacra Tantra.
Inoltre nel Kalachakra Tantra
è anche scritto che, alla fine di tutte le battaglie, il regno di
Shambala risulterà
vincitore e conquisterà la Mecca. Per questo molta gente spera di
rinascere a Shambala,
perché alla fine sarà quella che vincerà su tutto. La guerra di
Shambala è una specie
di guerra santa e si dice che se si rimane morti nella battaglia
finale si rinascerà nel paradiso di Shambala.
Comunque io non mi sento molto attratto da Shambala,
sono molto più attratto da Tushita,
il paradiso del Buddha Maitreya, che invece è nella tradizione della
scuola Gelukpa.
E, siccome
adesso abito nella sede della Fondazione
Maitreya, vuol dire che in un certo senso le
mie pratiche funzionano, perché Maitreya
è il padrone del regno di Tushita.
Considerate tutto ciò come un’innocua burla ai danni di
Chandapalo.
In fin dei conti l’essenza di
Shambala o di Tushita
è la Bodhicitta, la
mente dell’Illuminazione. Se guardiamo il razzo che va sulla Luna
ci rendiamo conto che il suo propulsore sviluppa l’energia
necessaria, ed è quella che gli dà il potere. Quel potere, per
noi, è la Bodhicitta.
Le intenzioni, le motivazioni sono come preghiere e così noi
sviluppiamo l’intenzione di andare in questi Paradisi, Shambala
o Tushita o anche il
Regno di Dio, che sono il frutto di tale pensiero.
L’essenziale
per arrivare a questi traguardi è la Bodhicitta,
senza la quale non si arriva da nessuna parte. La Bodhicitta,
la mente altruistica, la mente dell’Illuminazione, è il potenziale
che ci permette di raggiungere qualsiasi posto vogliamo. E’ per
questo che la meditazione può essere usata nella pratica buddhista,
nella pratica cristiana e anche in quella musulmana. La mente
altruistica può essere abbinata a qualsiasi tipo di preghiera.
Quest’ultima indica la meta e indicarla non vuol dire essere già
là ma avere la possibilità di raggiungerla. Se io voglio arrivare a
Zurigo non posso arrivarci soltanto pregando ventiquattrore su
ventiquattro: «Voglio andare a Zurigo, voglio andare a Zurigo». Se
non è possibile arrivare a Napoli o a Zurigo pregando solamente,
come è possibile arrivare in Paradiso che è ben più lontano? Per
arrivare in queste città bisogna prendere il treno, o l’aereo, o
anche soltanto andare a piedi, quella è la Bodhicitta,
la mente altruistica. Se si ha denaro si può raggiungere l’India,
New York, qualsiasi posto, senza problemi. Il denaro rappresenta la
Bodhicitta. Il denaro della Bodhicitta
è ciò che ci permette di raggiungere il
Paradiso, qualsiasi terra felice. Quindi sviluppare Bodhicitta
non è cosa facile, ma è importante anche soltanto cercare di
coglierla e di vederla.
«La
Via della Liberazione» è un testo del Dalai
Lama che spiega in maniera molto semplice come praticare Bodhicitta.
Per esempio, quando io guardo San Francesco e analizzo la sua vita,
capisco che egli è stato un autentico Bodhisattva.
Nei santuari francescani ci sono queste piccole celle per la
meditazione e sono come quelle descritte nel Vinaya,
il trattato che contiene le regole monastiche del canone Buddista.
Il termine Bodhicitta
non esiste nella terminologia cristiana ma io penso che nella pratica
essa vi sia veramente.