Monday 3 September 2012

NOTA SUL KALACAKRA


NOTA SUL KALACAKRA

di Geshe Gedun Tharchin - GRAZ-2002


Vorrei condividere con voi alcuni appunti che ho trascritto durante gli insegnamenti su Kalachakra, che Sua Santità il Dalai Lama ha impartito a Graz in Austria nell'ottobre scorso, con lo scopo di chiarire alcuni punti di questa importante pratica.

L'iniziazione di Kalachakra è strutturata in due parti: i preliminari e l'iniziazione vera e propria. Quando si parla di preliminari ci si riferisce alla pratica dei sutra che sono contenuti nei tre aspetti principali del cosiddetto sentiero dei sutra ovvero: la rinuncia, il bodhicitta e la comprensione che realizza la realtà ultima. Le pratiche preliminari sono conosciute anche con il nome di Sentiero delle Parmitayana o delle Pratiche comuni del Lamrim. Le prati­che preliminari infatti sono comuni sia al praticante dei sutra che a quello dei mantra e sono fondamentali, perché le pratiche dei sutra costituiscono la base delle pratiche dei mantra.

In tibetano c'è un detto: “La ricchezza del thud (un dolce di formaggio tipico del Tibet) è dovuta al burro che ci si mette, altrimenti il thud sarebbe un semplice pezzo di formaggio secco. La ricchezza dei mantra è dovuta al loro fondamento sui sutra. Senza i sutra, il tantra diviene un sempli­ce suono senza significato profondo. Come hum hum phad phad”.In ogni caso i sutra sono l'essenza necessaria per la pratica del tantra. Avere un solido fondamento sui sutra, permette di sostenere meglio le tecniche tantriche e le rende comprensibili al praticante, la combinazione di sutra e tantra può portare rapidamente al risveglio.

La funzione profonda del tantra è di renderci capaci di utilizzare la nostra mente primordiale o innata come strumento per la realizzazione dei tre aspetti principali del sentiero. A tale scopo, lo yoga della divinità può essere un metodo molto utile per cogliere la mente sottile e il corpo e tra­sformarli nel sentiero dell'illuminazione.

II metodo di base per la pratica dei sutra e dei tantra è la combinazione della calma mentale e della visione profonda. Combinando la pratica di shine e lhakthong si può condurre la mente compassionevole verso un progresso senza limiti. Inoltre, l'unione di bodhicitta (la mente altruistica) e
prajna, la comprensione che realizza la realtà ultima, combinate con la mente innata della chiara luce, diventa il lignaggio che raggiunge lo stato di illuminazione. I1 tantra quindi rappresenta il lignaggio del Buddha, gyud in tibetano, che è l'unione di bodhicitta e di comprensione della chia­ra luce innata, condizione indispensabile per il conseguimento dello stato di piena comprensione.

Nella realizzazione della rinuncia, del bodhicitta e della comprensione che realizza la vacuità non ci sono differenze tra tantra e sutra. La sola differenza sta nella mente soggettiva che realizza la rinuncia, il bodhicitta e la vacuità. I sutra trattano della mente cognitiva luminosa e grossolana e il tantra lavora con la mente sottile della chiara luce innata.

Ci sono quattro classi di tantra, definiti in base ai livelli di penetrazione nei punti vitali e alla loro utilizzazione come strumenti di trasformazione della mente innata, un sentiero attraverso l'esperienza della beatitudine spontanea della vacuità. In questa occasione a Graz, S.S. il Dalai Lama ha parlato della più alta classe dei tantra, la quarta: Anutara Yoga Tantra, Il lignaggio della più alta Unione.

IL KALACHAKRA

Durante i primi tre giorni a Graz Sua Santità ha insegnato come insegnamenti preliminari le teorie buddhiste fondamentali e le pratiche basate su alcune scritture: Gom Rim (Stadi di meditazione) di Kamalashila, Lam rim (Il sentiero per l'illuminazione) di Atisha e le Trentasette pratiche di un bodhisattva di Thokme Sangpo. Questi tre testi sono stati proposti da Sua Santità come una via progressiva che, partita da un'ampia comprensione intellettuale dello scopo della pratica e dell'insegnamento, ha mostrato via via le meditazioni graduali per educare la mente ed è arrivata con le 37 pratiche del bodhisattva ad offrire le basi per un'applicazione pratica dell'insegnamento del Buddha nella vita quotidiana.

II quarto giorno è stato utilizzato per concludere gli insegnamenti preliminari e per preparare i discepoli all'iniziazione vera e propria. Quel giorno il Dalai Lama ha spiegato all'auditorio che chi era appena arrivato a Graz (circa 2.000 persone) per l'iniziazione e non si era presentato agli insegnamenti preliminari era stato più abile di lui. Infatti, ha confidato ai presenti il Dalai Lama, ogni volta che egli annuncia che terrà un'iniziazione di Kalachakra il suo scopo è di attirare un gran numero di persone e radunarle insieme. Una volta arrivato il grande momento, ha sottolineato Sua Santità, di fronte a tanta gente di solito “Io comincio ad impartire gli insegnamenti di base di teoria e di pratica piuttosto che l'iniziazione di per se stessa e solo alla fine impartisco l'iniziazione". Sua Santità ha inoltre aggiunto che forse quelli che erano venuti solo per prendere l'iniziazione probabilmente conoscevano già le pratiche preliminari, che comunque non fa mai male ripetere!

II punto che Sua Santità ha voluto sottolineare è che senza aver realizzato i primi tre aspetti principali del sentiero dei sutra, attraverso la semplice meditazione sul cosiddetto yoga della divinità o tantra, l'illuminazione non può essere raggiunta. Al contrario, questo tipo di pratica può far restare nel samsara molto più a lungo e sviluppare un'attitudine egoistica.

Le pratiche preliminari comuni sono adatte per tutti i livelli e per ogni tipo di praticante, anche per quelli che semplicemente vogliono conoscere qualcosa sul buddhismo. Mentre l'iniziazione è intesa per discepoli qualificati che sono molto rari.

Mentre stava conferendo l'iniziazione, Sua Santità in tono molto umile ha detto: "Ho il minimo del minimo della qualifica per essere un maestro di azioni e per conferire l'iniziazione di Kalachakra". Inoltre ha aggiunto che nel caso di Tilopa e Naropa non c'era stato bisogno di attuare tutti questi rituali complicati e lunghi per dare l'iniziazione di Kalachakra. Sua Santità ha anche affermato: "Nel nostro caso, io stesso e noi tutti abbiamo bisogno di prepararci secondo le scritture". Inoltre Sua Santità ha spiegato che l'altezza dei troni nel mondo buddhista tibetano non corrisponde ai livelli di realizzazione, ma semplicemente indicano un livello sociale gerarchico, ecco perché il suo è così in alto, non certo per la sua realizzazione (!). Il Dalai Lama infatti ama manifestarsi come un semplice maestro che trasmette il Dharma in modo pratico alla gente del mondo, Non ha mai preteso di essere onnisciente, anche se molti milioni di persone senza dubbio credono che sia una emanazione di Avalokitesvara, il Buddha della Compassione, secondo la tradizione buddhista tibetana.

Un altro punto importante che sua Santità ha sottolineato è che perché l'iniziazione sia veramente efficace bisogna essere preparati e determinati nella pratica. L'iniziazione di Kalachakra è una delle poche che viene trasmessa a tutti: tutti sono liberi di assistervi come praticanti o anche come semplici osservatori, al contrario di altre iniziazioni che vengono impartite in contesti più stretti e specifici. L'efficacia della trasmissione è comunque commisurata al grado di implicazione di chi assiste. "Se i voti di Bodhisattva sano presi e la pratica delle sei perfezioni procede bene, è possibile ricevere l'iniziazione e impegnarsi nella pratica dei mantra (tantra). Questo è il modo completamente qualificate della procedura come è indicata dai grandi libri, attuato quando c'era il tempo e l'opportunità di progredire in tal modo. Tuttavia, come è ora il costume più diffuso, quando si ha una certa comprensione dei tre principali aspetti del sentiero, la determinazione di liberarsi dell'esistenza ciclica, l'intenzione altruistica di risvegliarsi e la corretta visione della vacuità e ci si sta sforzando a sviluppare tali attitudini, diventa possibile entrare nella pratica dei mantra. Tuttavia, se non avete compreso i tre principali aspetti del sentiero, non avete fede dal profondo del vostro cuore nei tre Gioielli e così via, sarebbe molto difficile dire che avete realmente ottenuto una iniziazione mantrica, anche se avete partecipato alla cerimonia”.

Su come relazionarsi con una guida spirituale, Sua Santità ha detto: all'inizio, si possono ascoltare insegnamenti di Dharma da un insegnante considerandolo un amico spirituale (in tibetano cho dork) e non necessariamente ancora un insegnante di Dharma (lama o guru). In seguito quando ci si convince che lui o lei sono qualificati per essere i nostri maestri, allora li possiamo considerare insegnanti di Dharma. Ma una volta che gli insegnamenti sono stati ascoltati con l'atteggiamento di considerare chi li impartisce come maestro di Dharma, allora non si dovrebbe perdere la fiducia nei suoi confronti. Questa è l'essenza della pratica della devozione al guru,che è alla base del sentiero spirituali verso il risveglio.

LA DIVINITÀ DEL KALACHAKRA

Nell'iniziazione di Kalachacra c'è un sistema molto complesso riguardo alla divinità centrale che è circondata da divinità minori, alcune anche appartenenti al sistema hindu. Non bisogna pensare alla divinità del Kalachakra, ha detto il Dalai Lama, come a una divinità individuale e indipendente con molte teste, molte gambe e molte braccia. La divinità del Kalachakra è semplicemente un aspetto della realizzazione, che simboleggia la comprensione che rea­lizza la vacuità. La comprensione della propria mente innata appare come una divinità. La divinità di Kalachakra è un aspetto della mente innata della realizzazione, dell'indivisibile unità di metodo e comprensione, che realizza la vacuità carne un'identità diversa. L'apparenza della comprensione che realizza la vacuità come una divinità dovrebbe essere la mente dell'innata chiara luce. La divinità yoga in questa forma significa la realizzazione della vacuità e della compassione.

"Le divinità dei mandala sono divinità sovramondane che hanno raggiunto il sentiero del non più apprendere e sono dei Buddha. Nello Yoga Tantra per esempio ci sono mandala con migliaia di divinità che sono parenza di una divinità centrale. Nel mandala del più alto Yoga Tantra di Guhyasamaja ci sono trentadue divinità che sono l'apparenza del fattore di purificazione dei costituenti di una persona. Così anche se molte divinità appaiano nel mandala, c'è in realtà un solo essere. Lo yoga della divinità è praticato con lo scopo principale di conseguire la meta suprema della buddhità per essere al pieno servizio degli altri esseri senzienti. In generale, il sentiero tantrico comprende lo yoga della non dualità del profondo e del manifesto. II profondo è la comprensione che realizza la profonda vacuità dell'esistenza inerente e il manifesto è la simultanea manifestazione di quella coscienza comprensione come un circolo divino. Il fattore dell'apparenza della coscienza si manifesta come divinità che dimora nel mandala e così via e il fattore accertante della stessa coscienza realizza l'assenza dell'esistenza inerente di quelle”.

LO YOGA TANTRA

Sulle caratteristiche distintive del più alto Yoga Tantra, Sua Santità ha insegnato che il significato profondo del più alto yoga tantra è considerare la chiara luce innata come il sentiero dell'illuminazione. Utilizzando la mente innata come sentiero per l'illuminazione, un metodo completo e la compassione riescono a sorgere dalla mente innata, è la cosiddetta onniscienza. E' un sentiero veloce che lavora attraverso la connessione con i punti vitali dei canali, del soffio e delle gocce condensatrici. La pratica profonda del tantra madre conduce al corpo arcobaleno, la pra­tica profonda del tantra padre conduce al corpo illusorio, la pratica profonda del tantra di Kalachakra è la forma vuota. Per descrivere che cos'è l'illuminazione, Sua Santità ha citato il Tantra del Nomi di Manjushri: " Il Buddha non ha né inizio né fine. II Buddha primordiale è senza causa". E dall'analisi di Nagabodhi sulla fine del karma: "Quando le menti temporali diventano un'unità o non sono più capaci di manifestarsi, questo è lo stata di Buddhità". Significa che sono permanentemente nella chiara luce come le nuvole che nascono nel cielo e alla fine spariscono nel cielo o come le onde che appaiono nell'oceano e scompaiono ancora nell'oceano. Sul metodo di approccio ecumenico del buddhismo, Sua Santità, citando il Tantra del nome di Manjushri, I differenti mezzi dei diversi veicoli, ha ribadito che: “I numerosissimi veicoli e metodi possono aiutare in modi diversi a soddisfare le differenti capacità mentali degli esseri senzienti. A questo proposito si può sviluppare ammirazione verso tutti i tipi di religioni riconoscendo ogni religione come un metodo o un mezzo per servire e nutrire le diverse disposizioni della mente umana."

Sul significato del ritiro dello yoga della divinità, Sua Santità ha spiegato che in tibetano Gompei kyona deipa byed significa che in ritiro, se si ha difficoltà a meditare, si debbono recitare mantra. I1 vero ritiro della divinità non sta nel recitare e contare i mantra, ma sta nel meditare sui tre aspetti principali del sentiero usando lo yoga della divinità. Ritiro (in tibetano nyen pa) significa avvicinarsi. Spesso la gente pensa che "avvicinarsi alla divinità" significhi vedere la divinità come esistente di per sé, individuale e protettrice. Sua Santità ha ribadito l'erroneità di questo concetto... questo tipo di ritiro potrebbe creare un'attitudine anche più fortemente egocentrata. Quindi egli preferisce considerare nyen pa nel contesto di avvicinarsi alla buddhità, all'illuminazione, alla mente onnisciente. Ha detto che molti in ritiro non fanno altro che contare i mantra e quando sono stanchi, la sola cosa che sanno fare è prendersi un po' di riposo! In questo modo nessun reale nyen pa può avvenire!

L'ultimo giorno c'è stata un puja di lunga vita per il Dalai Lama e uno tsog (pasto rituale). Questa volta Sua Santità ha celebrato lo tsog solo con il pane, senza vino e carne. Generalmente i lama credono che una cerimonia tsog deve avere tre sostanze: un po' di pane, vino e carne, che è un po' simile a come si celebra la messa. Questa volta la saggezza di Sua Santità, il suo abile modo di fare, il suo approccio non dogmatico e la sua grande conoscenza hanno dato una fantastica lezione su come celebrare uno tsog vegetariano e senza alcool.

Alla conclusione dell'evento Sua Santità ha detto che la pratica fondamentale degli insegnamenti del Buddha, bodhicitta e la visione della vacuità, dovrebbe essere enfatizzata dentro ognuno di noi con la motivazione di svilupparla realmente. Se si praticano questi mezzi usandoli come un pratico aiuto in alcune situazioni critiche, si può ben sentire che il Dharma aiuta a risolvere i problemi. Tuttavia se non si applicano gli insegnamenti, anche se si medita sullo yoga della divinità, quando si ha un mal di testa, si sente male alla testa, se si ha mal di stomaco si sente dolore allo stomaco. Quindi si potrebbe pensare che lo yoga della divinità non aiuti a risolvere i problemi. Ci si dovrebbe sforzare a meditare su bodhicitta e la visio­ne della vacuità che praticamente aiutano a risolvere i problemi e a ridurli a qualche momento critico della vita!



Friday 31 August 2012

Dovè la mente?


Dovè la mente? 

Geshe Gedun Tharchin


Dov’è la mente? Questo è il problema principale da affrontare, la mente è invisibile, senza forma, si presenta come fenomeno psicologico, di pensiero, è l’aspetto più difficile da comprendere, non è maneggevole, eppure tutta la nostra felicità o infelicità dipendono dalla mente, per questo è fondamentale saperla riconoscere, dunque meditare. La connessione tra la meditazione e la mente è basilare così come lo è il legame tra i concetti, l’immaginazione, i pensieri con la struttura biochimica del corpo, perché lo stato biologico condiziona inevitabilmente quello mentale.

Poiché in Europa viviamo in una società avanzata culturalmente, scientificamente, tecnologicamente, siamo in grado di analizzare i fattori biochimici del corpo e la loro influenza sullo stato meditativo, un armonico funzionamento fisiologico favorisce una buona meditazione. E’ sorprendente constatare come alcune reazioni emotive siano determinate da precise condizioni fisiche. Nella mia cultura, nei miei studi, si tendeva a considerare esclusivamente l’aspetto mentale e psicologico degli eventi, incluse le emozioni, mentre ora sappiamo che questo non è l’unico fattore che le determina, anche il corpo ha il suo peso.

Anche nelle antiche tradizioni si riconosceva che alcune reazioni potevano sorgere su una base fisiologica, ma mancava la capacità di analizzarle scientificamente, ora invece se ne può misurare e comprovare l’influsso sullo stato mentale, emotivo e persino spirituale. Se negli insegnamenti classici si insegna a riconoscere e distinguere le tendenze positive dalle negative e a lavorare su se stessi per trasformare le emozioni eccessive, la tecnologia moderna pare disporre di strumenti in grado di valutare il livello di infelicità o infelicità dei soggetti, di codificare ogni stato d’animo, incrociando tutte le variabili sino a poter stabilire la personalità buona o cattiva e le tendenze individuali.

Non c’è però contraddizione tra il procedimento tradizionale della mente e quello della scienza moderna, entrambe sono presenti, sia la componente più strettamente legata alla reazione fisiologica che quella emotiva elaborata su un piano mentale. Ogniqualvolta ritorno a casa e incontro i miei genitori mi sento felice, ma quando devo lasciarli la tristezza è profonda e sul piano mentale questo è giustificato dal distacco, dalla lacerazione affettiva, ma anche sul piano biologico avvengono reazioni che spesso non sono sufficientemente prese in considerazione.

Questo è un aspetto sottile su cui ragionare per poter comprendere cosa sia in realtà la mente, quando si è felici si dice “questa è la mente”, e altrettanto quando si è infelici, ad esempio tutti parlano della telepatia, ma non è detto che si tratti di un fatto solo mentale, potrebbe dipendere anche da elementi fisici che determinano una comunicazione molecolare senza fili tra le persone. La scienza oggi offre maggiori strumenti per analizzare e comprendere questi fenomeni e prenderne atto non significa affatto entrare in contraddizione con i procedimenti tradizionali classici, al contrario, esaminando i due aspetti nella loro complementarietà sarà più facile comprendere la natura dei fenomeni, come si formano e perché.

La radice della felicità o dell’infelicità affonda in noi stessi e soltanto nella costruzione di un equilibrio, frutto dell’elaborazione mentale delle reazioni emotive, sarà possibile controllare l’aspetto biochimico affinché non divenga predominante.

Il corpo, secondo le antiche definizioni tradizionali, è costituito dai quattro elementi fondamentali: terra, acqua, fuoco e aria, differenti e tra loro in costante antagonismo, ciò rende impossibile la stabilità della materia in una condizione di quiete e di serenità; sul piano fisico il caos e la confusione sono costanti, il cambiamento è ininterrotto, lo sviluppo di un bambino è visibile giorno per giorno e altrettanto l’energia incontrollabile dell’adolescente, anche l’adulto cambia continuamente giungendo alla vecchiaia e infine alla morte, come può questo corpo, in una situazione di perenne mutamento, trovare pace, serenità, equilibrio? Impossibile, persino nelle scritture antiche si dice che se anche si vivesse in un palazzo dorato, non sarebbe possibile avere felicità e pace, anzi maggiori sono le comodità del corpo più grande è la confusione della mente. 

La vera questione da affrontare è: cos’è la mente? cosa sono queste emozioni piacevoli o spiacevoli che influenzano così pesantemente il proprio stato, che natura ha tutto questo?
Sottostante a questo sentirsi bene o male, come si colloca questa aggressiva percezione di io, di essere pesantemente presente in ogni situazione eppure altrettanto indefinibile, imprendibile, che cosa è dunque questo io? è la cosa più misteriosa in noi, quando si cerca di afferrarlo scompare, ma quando non se ne ha coscienza ricompare prepotentemente. E’ un fenomeno sorprendente, come un magnifico arcobaleno ben visibile, ma se si tenta di afferrarlo non c’è nulla da ghermire.

Questo senso dell’io che ci fa dire:“io sto bene… io sto male… io sono così… io sono in un altro modo…” cos’è? da dove viene? perché è soggetto costantemente alla pressione di dover essere il migliore, in ogni aspetto fantastico, superiore?

Nell’insegnamento spirituale classico la domanda su cosa sia l’io in tutte le sue manifestazioni è fondamentale. Potremmo considerare questa presenza prepotente e manifesta fin dalla nascita come il peccato originale, ovunque si vada si è protetti dalla maschera di questo io.


Se subiamo un’aggressione non diciamo: il corpo è stato battuto, il braccio è stato spezzato, la testa ha ricevuto percosse, ma: mi hanno picchiato, mi stanno uccidendo, io ho un dolore tremendo…” perché istintivamente siamo prevaricati da questo presunto me, dall’arrogante io con cui ci identifichiamo totalmente.

Tanto è maggiore l’emozione quanto più evidentemente si impone l’io, però se ne avessimo maturato una chiara consapevolezza saremmo in grado di riconoscerlo, di imparare ad osservarlo. Qui sta la radice del problema, ma la radice è sconosciuta e questo rappresenta un ulteriore problema, ecco perché l’ignoranza fondamentale è realmente la causa di tutti i problemi. 

L’ignoranza fondamentale è la non conoscenza del problema stesso, e per questo nelle scritture si insiste sulla necessità della realizzazione del sé, cioè di conoscere cosa esso realmente sia. Non conoscere la radice del problema significa non conoscere il problema stesso, e dunque non conoscere l’io, perché conoscendo l’io si conoscerebbe la radice del problema e se ne troverebbe la soluzione, ma questa conoscenza è ottenibile soltanto nella pratica della meditazione.

Nella meditazione è possibile giungere alla radice del problema, all’io, al sé e dunque alla mente stessa, non si tratta di meditare sulla mente degli altri, questo sarebbe davvero assurdo e impossibile, persino meditare su oggetti esterni è difficile, bensì di meditare sulla propria mente, un compito estremamente arduo visto che non se ne conosce l’essenza, e allora, come si può meditare su qualcosa di cui si ignora persino l’esistenza?

Da questi interrogativi risulta evidente come la nostra visione del mondo sia assolutamente illusoria. Generalmente si pensa che l’illusione sia una conoscenza falsa, ma in realtà non è così, l’illusione è non-conoscenza, se non si conosce nemmeno la propria mente com’è possibile conoscere ciò che la mente conosce? questa è l’illusione fondamentale e, non conoscendo la propria mente, come si può conoscere altro?