La
pratica di Consapevolezza
della
Visione superiore
Geshe
Lharampa Lama Gedun Tharchin
4
- 5 maggio 2019
MERANO
****
Prima
sessione
Buon
giorno a tutti, per me è sempre un grande piacere tornare qui e
condividere con voi la pratica del Dharma, la realtà fondamentale
nell’esistenza di ognuno, questo termine è di origine sanscrita,
l’antico linguaggio sacro indiano, e poi è stato tradotto nei
diversi paesi del mondo in molti modi, sia in oriente che in
occidente, ma ovunque indica l’essenza più profonda e nascosta del
proprio cuore, del proprio essere, è linfa indispensabile per una
vita significativa.
Il
nostro compito è riscoprire questa essenza in noi stessi, che è il
reale universo, la ricerca che deve essere rivolta all’interiorità
più profonda e vera, mai all’esterno e questa prassi in tibetano è
detta “Chö”,
mentre in occidente nessuno è ancora riuscito a trovare un termine
corrispondente, perciò abbiamo difficoltà a comprendere la natura
vera del Dharma.
Un
grande studioso tibetano, Vasubandhu, conosciuto come il secondo
Buddha, ha elaborato la sua opera più importante l’-Abhidharmakósa-
che è tuttora una pietra miliare “Chös-mngon-pa’imdzod”,
tradotta
come “Tesoro della conoscenza”, ed è un punto di riferimento
fondamentale per lo studio di tutti i fenomeni dell’universo
suddivisi in 5 gruppi a loro volta articolati in 75 categorie al fine
di descrivere tutti i fenomeni in modo preciso e dettagliato.
Quando
vogliamo definire il Dharma in italiano ci riferiamo al messaggio del
Buddha come ben specificato in un verso dell’Abhidharmakósa che
indica la sacralità dell’insegnamento del Buddha presentato in
duplice forma, la prima è riferita alla trasmissione verbale e la
seconda alla realizzazione appropriata della parola tramite la
pratica.
Chö,
l’insegnamento
orale, non significa registrazione di un messaggio, non è google,
youtube, o qualunque altro artificio che possa presentarsi con le più
fantasiose pratiche, non è nemmeno la ripetizione a pappagallo di
preghiere di cui non si comprende il significato, ma indica la
trasmissione del senso profondo, radicale, dell’insegnamento con
attenzione e sensibilità alla cultura contemporanea, vera, viva. Una
lettura letterale dei testi antichi è insensata, incomprensibile,
deve essere trasposta nel tempo presente, deve essere compresa
nell’essenza autentica e vera così da poter praticare il Dharma in
consapevolezza e potenza.
Il
cammino del Dharma inizia dal punto di partenza della nostra
crescita, è la comprensione, il riconoscimento della propria
potenzialità di libertà umana, è il seme del Dharma, la natura del
Buddha, la purezza dell’anima. Questa è la risorsa fondamentale
per trasformare l’universo nella ricerca del nostro universo
interiore, la terra pura in cui non c’è più rabbia, odio,
ignoranza, paura, angoscia, depressione, attaccamento, morte,
malattia.
Non
c’è niente, nulla è più condizionato da ciò che noi in genere
rincorriamo e a cui ci afferriamo interpretandone i falsi segnali
come felicità, allegria, soddisfazione, e nemmeno ciò che
consideriamo negativo, doloroso, tutte queste fuorvianti emozioni
sono ostacoli, confusione, mentre se troviamo la nostra terra
scopriamo la purezza incontaminata dello spirito, dell’anima che va
oltre tutta questa inconsistenza mondana.
Il
Dharma è la terra pura della via di mezzo in cui c’è solo
armonia, senza conflitti, contraddizioni, guerre né interiori né
esteriori, ed è la base essenziale di ogni spiritualità, buddhismo,
induismo, cristianesimo, islamismo, ebraismo e altro ancora, è il
valore umano universale.
La
via di mezzo si sviluppa nell’armonia di ogni istante
dell’esistenza, nella purezza dell’anima, questa è l’essenza
del messaggio che il Buddha ha voluto trasmettere, è ciò che libera
dai condizionamenti di gioia e di sofferenza, due facce indivisibili
della stessa medaglia, e lo strumento per conquistare questa pace,
per vivere il Dharma, è la meditazione.
Meditare
deriva dal latino e significa riflettere, pensare con grande
attenzione, curare, è dunque la base imprescindibile di ogni azione
umana, della crescita nel Dharma che supera ogni ignoranza,
attaccamento, avversione, rabbia, trasformando tutte queste emozioni
in autentica energia e così l’attaccamento non si afferra
sterilmente a un io-mio fasulli, ma si trasforma in amore, poiché è
importante comprendere che tutto è necessario anche ciò che
apparentemente si presenta come negativo e che tendiamo a rifiutare,
perché non potrebbe esistere amore senza moto di attaccamento, così
come non potremmo sperimentare la gioia senza l’esperienza della
sofferenza.
Il
sentiero del Dharma non è un percorso asettico su un duro e piatto
cemento e nemmeno è possibile intraprendere il cammino con tensione
nella rigida determinazione di sconfiggere tutto ciò che
identifichiamo come nemico, sia interiore che esteriore, poiché in
questo modo cadremmo nella più pericolosa illusione di poter
conquistare tramite la volontà il nirvāna, di essere finalmente
riusciti a sconfiggere definitivamente ogni attaccamento all’ego
combattuto con ogni mezzo.
Questa
falsa convinzione è la menzogna peggiore in cui possiamo incappare,
è assurda e ottiene unicamente il risultato esattamente opposto,
invece il sentiero del Dharma è morbido, cede lievemente ad ogni
passo sull’umida terra fertile in cui tutto è vivo, presente, sia
il positivo che il negativo, e in cui ogni cosa può essere
trasformata in meravigliosa energia vitale, non c’è nulla da
combattere, nulla da respingere, nulla a cui aggrapparsi con
bramosia, ma tutto si apre nella bellezza dell’umanità, dell’amore
vero in quella armonia di ogni istante in cui si realizza nel
profondo una piccola illuminazione.
Il
più grave inganno nella pratica spirituale è quello di aver
raggiunto presunte realizzazioni, piccole o grandi, se ad esempio
pensiamo di aver fatto una buona meditazione perché abbiamo
sperimentato sensazioni pseudo-mistiche, siamo caduti nella
gigantesca trappola che ci fa retrocedere sul sentiero perché
abbiamo semplicemente nutrito e potenziato il falso ego di cui
diventiamo ancora più schiavi.
Il
Dharma invece è umile, non ha nemmeno bisogno di insegnamenti, è
già insito in noi, ne possiamo scoprire l’essenza nella
meditazione pura, nel vipaśyanā, parola che significa “vedere
oltre”, cioè saper superare l’apparenza e avere occhi che sanno
guardare al di là di ciò che è normalmente tangibile a corpo e
mente. Se non abbiamo questa capacità di andare al di là di ciò
che crediamo reale il nostro ego cresce a dismisura, ne siamo
completamente dominati.
Non
possiamo pensare di poter vivere senza l’ego, è una presenza
costante e ne dobbiamo avere chiara consapevolezza imparando però a
vederlo al di là della sua allettante e ingannevole apparenza che ci
illude immancabilmente di aver raggiunto realizzazioni, di essere
importanti agli occhi del mondo.
Soltanto
con la consapevole conoscenza dell’ego abbiamo abbandonato ogni
certezza fasulla e abbiamo l’umile chiarezza di affrontare senza
paura e continuamente la domanda essenziale dell’esistenza: - chi
realmente siamo? come possiamo cercare di agire nel miglior modo
possibile in ogni circostanza e istante della vita? - Questa
consapevolezza sempre in primo piano, è la natura di Buddha,
l’armonia della via di mezzo che ci fa procedere con la giusta
lentezza, gioia, pace, serenità, senza dover conquistare nel tempo
più breve nessun obiettivo. Questo è il cammino sul sentiero della
terra pura.
Il
Dharma è nel momento presente, non è una conquista che possiamo
rimandare o che si realizzerà magicamente domani, è essere
nell’illuminazione qui e ora, in ogni piccolo gesto, parola,
pensiero, è la beatitudine, l’illuminazione dell’universo
interiore connesso al Tutto nell’armonia priva di dualismo.
Seconda
sessione
Prima
abbiamo presentato il concetto fondamentale di Dharma e ora leggiamo
il testo che ne indica la pratica per percorrere il sentiero con
spirito vigile. Non mi addentrerò in spiegazioni perché abbiamo già
affrontato questi argomenti molte volte e potete trovare nel mio blog
tutti i documenti relativi.
Cominciamo
con la presa di rifugio:
PRESA
DI RIFUGIO
Nel
Buddha, nel Dharma e nel Sangha
Prendo
rifugio fino a raggiungere l’Illuminazione
Per
i meriti acquisiti con la pratica della generosità e delle altre
perfezioni
Possa
io al più presto raggiungere l’illuminazione per il beneficio di
tutti gli esseri senzienti.
***
OFFERTA
DEL MANDALA BREVE
Offro
questa terra aspersa con profumo e cosparsa di fiori,
ornata
del Monte Meru, dai quattro continenti, dal sole e dalla luna
e
visualizzata come un campo di Buddha.
Possano
tutti gli esseri gioire di questo reame completamente puro.
YDAM,
GURU,RATNA MANDALAKAM, NYRIATAIAMI
I
QUATTRO PENSIERI INCOMMENSURABILI
Possano
tutti gli esseri senzienti avere la felicità e le sue cause.
Possano
tutti gli esseri senzienti essere liberi dalla sofferenza e dalle sue
cause.
Possano
tutti gli esseri senzienti avere la gioia della grande beatitudine.
Possano
tutti gli esseri senzienti avere l’equanimità che è libera dai
due estremi di essere vicini ad alcuni e lontani da altri.
Recitiamo
ora il mantra di Vajrasattva, di cui non c’è testo né in tibetano
né in italiano , ma solo in sanscrito:
MANTRA
DI VAJRASATTVA
OM
VAJRASATTVA SAMAYA
MANU
PALA YA
VAJRASATTVA
TENOPA TISHTA DRIDHO
ME
BHAWA
SUTO
KAYO ME BHAWA
SUPO
KAYO ME BHAWA
ANURAKTO
ME BHAWA
SARWA
SIDDHI ME PRAYATSA
SARVA
KARMA SU TSA ME
TSIT
TAM SHRIYAM KURU HUNG
HA
HA HA HA HO
BHAGAVAN
SARWA TATHAGATA VAJRA
MAME
MUTSA
VAJRA
BHAWA
MAHA
SAMAYA SATTVA
AH
HUNG PHE
E
ora dedichiamo i meriti a beneficio di tutti gli esseri senzienti:
Preghiera
di dedica al termine della sessione di meditazione
A
causa di queste virtù,
possa
io diventare un Guru-Buddha
e
guidare in questo stato
ogni
essere vivente senza alcuna eccezione.
Possa
la mente preziosa dell'Illuminazione
non
ancora sorta, sorgere e svilupparsi,
e
quella già sviluppata possa non diminuire mai,
ma
accrescersi sempre più.
GHE-UA’
DI-YI GNIUR-DU-DAG
LAMA
SANGHIE DRUP GHIUR NE’
DRO-UA’
CIG-CHIANG MA-LÜ-PA’
DE-YI-SA’
LA GÖ PAR-SCIO'.
CIANG-CIUB
SEM-CIOG RINPOCE’
MA-CHIE
PA-NAM CHIE-GHIUR-CIG
CHIE’-PA
GNIAM-PA ME-PA-YANG
GON-NE
GON-DÜ PEL-UAR-SCIO'
Ora
leggeremo i versi per generare la Bodhicitta che si suddivide in due
aspetti, la Bodhicitta convenzionale e la Bodhicitta ultima.
La
Bodhicitta convenzionale è l’attitudine della nostra mente che
anela all’illuminazione per poter essere di beneficio a tutti gli
esseri senzienti attraverso lo sviluppo della grande compassione; la
Bodhicitta ultima è nella grande compassione la visione profonda, la
visione della vacuità, della realtà ultima.
Questi
due aspetti di Bodhicitta sono inscindibilmente interconnessi, sono
il cuore del Dharma, essenza fondamentale nel nostro continuum
mentale per poter coltivare la natura del Buddha.
Generare
la Bodhicitta
Con
il desiderio di liberare tutti gli esseri,
Fino
al raggiungimento dell’essenza dell’illuminazione
Prenderò
sempre rifugio
Nel
Buddha, nel Dharma, nel Sangha.
Con
saggezza, amore e compassione
Mi
sforzerò di recare beneficio agli esseri senzienti.
Stando
davanti ai Buddha,
Genero
la mente della completa illuminazione.
E
fino a quando esisteranno gli esseri senzienti,
Fino
a quel momento io resterò
Per
disperdere le sofferenze degli esseri
(segue
breve meditazione)
È
molto importante mantenere ininterrottamente questa consapevolezza
mentale, meditare, far sorgere lo spirito di Bodhicitta. La nostra
vita quotidiana nel samsāra è come una faticosa, ma gioiosa,
camminata su queste splendide montagne fino a quando raggiungiamo il
piccolo confortevole rifugio in cui riposare.
Noi
spesso inventiamo, costruiamo castelli di sofferenza basati su
fondamenta totalmente inesistenti, la vita è faticosa, certo, ma
gioiosa, ricca di bellezza, di avventura. Vivere nel samsāra con
questa consapevolezza è essere nel Dharma, è la via del Dharma.
Nel
buddhismo tibetano Vajrāyana sono indicati più approcci al Dharma
nel rispetto delle diverse tipologie di praticanti che percorrono
sentieri consoni alla loro capacità e sensibilità, abbiamo così i
sentieri: degli Uditori, dei Buddha solitari, dei Bodhisattva, del
Mantrayāna, degli yoga nelle varie manifestazioni e non si tratta di
strade diverse, ma di varie tappe o strade parallele che si unificano
alla fine alla stessa grande via, l’importante è avere la pura
visione profonda e sin dall’inizio riconoscere in noi la
potenzialità della buddhità.
La
visione pura è la via del Dharma, la nostra vita samsarica dunque
non è un percorso di sofferenza, ma l’opportunità di vivere
nell’armonia del Dharma, saper riconoscere in noi la natura di
Buddha.
E
quali ostacoli possiamo incontrare nel cammino per raggiungere la
visione pura, la visione profonda?
Risposta: Sono
le nostre proiezioni mentali, l’attaccamento, l’avversione, il
karma.
Lama: C’è
tutto, non manca nulla, ma come detto prima non c’è una risposta
immediata, la risposta è nel cammino, nella ricerca, così da
arrivare lentamente, un passo alla volta.
Tutte
le cose che hai elencato sono vere, ma l’ostacolo centrale è il
nostro ego, confuso e ingombrante con la sua concezione distorta
della vera natura della realtà, è la percezione intrinseca di un
falso sé da cui scaturisce ogni egoismo.
È
molto difficile descrivere con poche parole questa condizione e
l’unica via per avere una visione reale di ciò che è l’ego è
la meditazione che non ha verità predefinite, ma si pone
costantemente domande e non si stanca mai di ricercare pazientemente.
Noi
non dobbiamo studiare cos’è la vacuità, bensì studiare
l’osservazione dell’ego, la saggezza che realizza la visione
dell’ego, perché se non ne abbiamo una comprensione vera, non
riusciremo mai a liberarci dagli inganni dell’ego.
L’ego
osserva la realtà in modo esattamente contrario alla sua vera
essenza, ad esempio l’impermanenza è la caratteristica di ogni
fenomeno, invece l’ego vede ogni elemento come permanente e da qui
nascono tutte le costruzioni mentali assurde riguardo ad un futuro da
consolidare nelle sue sicurezze di permanenza. Solo nella meditazione
si raggiunge la consapevolezza che ci fa scoprire la vera condizione
di impermanenza della realtà.
L’ego
non deve mai essere respinto come nemico, ma trasformato tramite la
meditazione in elemento che ci permette di avere una visione più
chiara della realtà, di comprendere e scoprire in noi il concetto
sottile del Dharma in tutta la sua preziosa intangibile essenza.
Avete
domande? o comunque dite cosa pensate in merito agli argomenti
trattati sinora.
Interventi: -
A me a colpito molto questo concetto di gioia nella pratica del
Dharma, perché avevo sempre focalizzato l’attenzione
esclusivamente sulla sofferenza, sulla prima nobile verità della
sofferenza, senza andare oltre… - Per me è stato considerevole
sentire che tutti possediamo la natura di Buddha, questo mi permette
di superare le paure, di avere fiducia nel procedere… - Si anche
per me è importante ricordare sempre che abbiamo la natura di Buddha
così da considerare il samsāra come gioiosa avventura… - È molto
interessante vedere la meditazione come strumento, anzi come
mediatore tra l’ego e la realtà al fine di raggiungere una visione
pura.
Lama: È
davvero rilevante questa condivisione di opinioni che ci permette di
conoscere le sfaccettature della comprensione e visone reciproca dei
concetti che affrontiamo insieme, perché ogni persona è diversa
dall’altra, ha le sue impronte mentali, e il confronto è sempre
proficuo, è fondamentale dialogare con gli altri per poter
comunicare consapevolmente anche con se stessi.
Nel
Bodhisattvacaryāvatāra di Śāntideva c’è una frase
importantissima: “Nelle
tenebre quando cade un fulmine si illumina in un istante ogni cosa”
e così avviene nella mente umana, se quando camminiamo nel samsāra
non abbiamo consapevolezza di ciò che facciamo è come se
procedessimo al buio, a tentoni, inciampiamo e cadiamo continuamente,
ma sufficiente un solo attimo di consapevolezza del Dharma perché
tutto il sentiero sia illuminato.
Ogni
persona nella sua vita può sperimentare seppur brevemente questi
lampi di illuminazione, non è necessario alcuno sforzo, alcuno
studio particolare anche se lo studio, la meditazione, la pratica,
sono necessari perché ci danno gli strumenti che ci permettono di
imparare a riconoscere simili momenti di grazia, che invece quasi
sempre passano inosservati a tutti coloro che corrono insensatamente
e inconsapevolmente nell’affanno samsarico.
La
luce c’è comunque per tutti, ma spesso non si ha la capacità di
vederla, di riconoscerla, poiché si è sempre vissuti nel buio senza
essersi mai impegnati per approfondire, comprendere, osservare la
bellezza intorno e dentro di noi, così quando la luce arriva
improvvisamente se ne resta accecati senza poter vedere più nulla,
nemmeno il buio.
Nella
consapevolezza del Dharma con la meditazione invece si impara a
vedere anche nell’oscurità, si sa camminare nel buio e tutta la
fatica del vivere quotidiano può essere trasformata in gioia, in
beatitudine.
Un
solo breve lampo di illuminazione è più che sufficiente, non deve
esserci sempre, dobbiamo imparare a riconoscere e a cogliere questo
momento e trasformare ogni cosa, procedere consapevolmente nella via
di mezzo. Questo è il vero cammino del samsāra, non si tratta di
attendere miracoli, ma semplicemente di vivere ogni giorno nella
pienezza, nella consapevolezza della preziosità del samsāra
trasformando la fatica stressante in gioia feconda, in vita
armoniosa.
Terza
sessione
Prima
di riprendere la discussione pratichiamo insieme la meditazione nella
consapevolezza del respiro concentrandoci su ogni inspirazione ed
espirazione, con corpo e mente rilassati, godiamo di questi momenti
di beatitudine nel Dharma, una pausa per riposare dalla fatica e
rinnovare le proprie energie.
(segue
meditazione)
È
importante osservare consapevolmente il ritmo del respiro, base per
qualsiasi tipo di meditazione, semplicemente questo, non occorre
nessun’altra complicazione. La mente segue in totale armonia il
respiro generando energia positiva e bruciando quella negativa.
La
nostra essenza non si esaurisce a livello grossolano del corpo, si
esprime anche su un piano più sottile in cui sviluppa nelle varie
tipologie di yoga una grande armoniosa energia, per questo la
concentrazione sul respiro è fondamentale e porta alla visione
profonda, alla conoscenza, alla chiarezza e purezza mentale.
La
conoscenza non può venire dall’esterno poiché soltanto noi in
questo cammino interiore siamo la guida di noi stessi, il Buddha è
estremamente chiaro e inequivocabile su questo punto, eppure rimane
assolutamente inascoltato, infatti tutti cerchiamo maestri a cui
affidare ciecamente, pigramente le nostre coscienze spesso in modo
superstizioso senza nemmeno tentare un timido approccio al necessario
dialogo essenziale con il nostro maestro interiore. Questa è
autentica e pericolosa ignavia spirituale.
Quando
il Buddha ha lasciato il corpo ha espressamente indicato nel sūtra
del Parinirvāna di non voler incaricare nessun successore
eccellente, ma di lasciare semplicemente a disposizione di tutti,
indiscriminatamente, le sue parole, affinché ognuno le possa
valutare, accogliere o meno secondo le proprie necessità,
null’altro.
La
vita del Buddha è il suo messaggio, ma ciò non significa dover
copiare pedestremente ciò che lui fece, al contrario, ognuno deve
coglierne l’essenza da vivere secondo le proprie capacità,
assumendosene la piena responsabilità.
Non
ci sono scorciatoie, magie, per raggiungere al più presto
l’illuminazione, solo chi non ha capito nulla del messaggio del
Buddha cade in questo inganno, perché soltanto nella via lenta del
Dharma, con la meditazione, si possono superare armoniosamente tutti
i problemi, gli ostacoli del samsāra e raggiungere una reale
crescita interiore.
Generalmente
quando si parla di meditazione se ne considerano due tipi, la
meditazione sul singolo punto e la meditazione analitica e quando ci
si addentra nella concentrazione molto profonda in cui l’io non
esiste più si raggiunge quello stato di beatitudine che chiamiamo
samādhi.
Tutto
qui, non servono cerimonie, iniziazioni, pratiche complesse, rituali
coreografici, solo la meditazione è realmente proficua, tutto il
resto sono illusioni che nutrono l’ego, ma spiritualmente sono
sterili.
Milarepa,
uno dei più grandi mistici del buddhismo tibetano, viveva in una
grotta, si nutriva di ortiche e non aveva bisogno di null’altro che
della meditazione profonda in cui raggiunse la realizzazione dei tre
kāya: Dharmakāya, Nirmānakāya e Sambhogakāya, i tre corpi a
livello sottile di cui tutti, oltre al corpo fisico, siamo
costituiti: corpo di saggezza, corpo di illuminazione e corpo di
manifestazione.
Attraverso
il respiro del livello grossolano arriviamo al respiro del livello
sottile e da questo andiamo oltre e giungiamo al livello ancora più
sottile dell’energia indistruttibile del vento primordiale detta
anche indistruttibile mente primordiale e quando si giunge a questo
stadio si è liberi da ogni condizionamento del livello grossolano e
di quello sottile, si è nello stato di saggezza della vacuità, si
conosce la vera realtà dei fenomeni.
Possiamo
dire tante cose sulla natura ultima della mente, il Buddha ha
affrontato l’argomento nella Prajñāpāramitā, un’analisi
contenuta in 12 volumi di cui esistono innumerevoli commentari e
traduzioni, ma come spiegare dall’esterno con parole in sé
necessariamente limitate, una realtà così profonda e interiore? -
impossibile. Ognuno deve porre la giusta domanda e ricercare la
giusta risposta in se stesso, nella propria natura di Buddha, nella
vacuità della propria mente che non è la mente concettuale, ma la
mente sottile, la mente primordiale.
Fondamentale
dunque nella pratica del Dharma è conoscere, tramite la profonda
meditazione interiore, quale sia il giusto punto di partenza, noi
invece generalmente preferiamo affidarci per prima cosa alla
devozione del guru, lasciandoci condurre come pecore sonnolente senza
alcuno sforzo da parte nostra in coreografici rituali e preghiere di
cui oltretutto non comprendiamo minimamente il senso, invece la
devozione al guru dovrebbe essere proprio l’ultimo punto, un
riconoscimento possibile solo dopo aver realizzato il vero abbandono
del sé, tramite tutti i passaggi personali di ricerca e
trasformazione interiore. Nel Lam Rim questa prassi emerge in modo
chiaro ed evidente, non ci possono essere scorciatoie né deleghe, il
percorso deve essere compiuto individualmente passo dopo passo, senza
saltare nemmeno il gradino più piccolo.
Solo
con la visione profonda, non dualistica, la visione dello spazio nel
Dharmadhātu, la realtà ultima di tutti i fenomeni, compresi la
propria mente, il proprio sé possiamo realizzare il sentiero del
Dharma, mentre al di fuori di questa visione tutto ciò che facciamo,
diciamo e pensiamo resta su un piano superficiale, non realizzato,
confuso.
La
visione profonda del Dharmadhātu è realizzata dai Bodhisattva nella
Bodhicitta convenzionale e nella Bodhicitta ultima, cresciute nel
fango del samsāra come il fiore di loto ed emerse in tutto lo
splendore e purezza, questa è l’inscindibile interdipendenza tra
samsāra e nirvāna, ed è un percorso alla portata di tutti.
Ci
sono persone normalissime, che vivono in mezzo alla confusione del
samsāra e con molte sofferenze, ma sono costantemente concentrate
nella meditazione per poter essere di aiuto agli altri e trasformano
la loro stessa sofferenza in opportunità per sviluppare la
Bodhicitta, la grande compassione. Questa è la bellezza del Dharma,
la qualità innata del cuore umano.
Ora
analizziamo un aspetto molto interessante:
“Se
non possiedi la saggezza che comprende la vera natura delle cose
Sebbene
tu abbia sviluppato la rinuncia e il Bodhicitta (convenzionale)
La
radice del samsāra non può essere estirpata.
Quindi
impegnati intensamente per realizzare l’origine interdipendente”
Domanda: che
significa l’origine interdipendente?
Lama: Nulla
può esistere in modo totalmente autosufficiente, autonomo, nemmeno
la particella infinitesimale mai scoperta. La natura vera di ogni
fenomeno è intrinseca, non può essere una qualità esterna
all’evento e la sua essenza di vacuità si rivela tramite la
correlazione interdipendente con il tutto. Non esiste nemmeno la più
piccola molecola che possa essere separata da altro, questa tazza che
noi vediamo così solida con le sue peculiarità in realtà è
costituita dall’interrelazione inseparabile di innumerevoli fattori
interconnessi, atomi infiniti, e da chi manualmente ne ha dato una
determinata forma, uso e caratteristica.
Ogni
fenomeno è formato dal’interconnessione di molteplici fattori e da
tale interdipendenza si forma un fenomeno e da questo un altro, a
così via, nulla può esistere al di fuori dell’interdipendenza. Il
nostro sé, il nostro io, la nostra mente può essere soltanto
nell’interdipendenza di fenomeni che la costituiscono. Tutto esiste
solo in questo modo.
“Colui
che vede come inevitabile la realtà di causa effetto di tutti i
fenomeni nel samsāra e nel nirvāna
Distrugge
totalmente ogni percezione errata (dell’ego)
E’
entrato nel sentiero che compiace il Buddha”
Quando
comprendiamo la natura di tutti i fenomeni nel samsāra e nel nirvāna
abbiamo compreso la natura dell’origine interdipendente senza più
essere ingannati dalla percezione errata dell’ego, vediamo a
livello sottile la vacuità del tutto, senza più dualismo, abbiamo
la visione profonda.
E
non si deve mai lasciare la via di mezzo, sarebbe un fatale errore
pensare di dover combattere insensatamente la visione della realtà
nella sua apparenza in quanto questa è la realtà convenzionale, il
punto di inizio imprescindibile per poter giungere alla conoscenza
della realtà ultima, entrambe sono necessarie e inseparabili,
costituiscono un’unica visione, la realtà convenzionale realizza
la conoscenza dell’origine interdipendente di tutti i fenomeni e la
realtà ultima ne osserva la vacuità. Se noi invece continuiamo a
vederle come entità separate significa che dobbiamo ancora
realizzare la saggezza.
La
conoscenza della realtà così come appare con la consapevolezza
dell’interdipendenza di ogni fenomeno soggetto alla legge karmica
di causa effetto è elemento fondamentale che ci permette di
realizzare la saggezza che vede la realtà nella sua natura ultima di
vacuità.
Questo
è l’insegnamento del Buddha, non la contabilità dei mantra
recitati, delle prosternazioni o di altri artifici, e la descrizione
delle due realtà, convenzionale e ultima, è chiaramente spiegata
nel testo fondamentale del famoso maestro Lama Tsong Khapa che ha
approfondito e interpretato pienamente il pensiero della filosofia
Mādhyamika di Nāgārjuna:
I
tre Aspetti Principali del Sentiero
Testo
insegnato dall’erudito monaco Lobsang (Tsong
Khapa )
a Tsa Kho Vonpo Ngawang Drakpa.
“Porgo
omaggio ai venerabili Lama.
Spiegherò,
come meglio posso,
il
significato essenziale di tutte le Scritture del Buddha,
il
sentiero lodato dagli eccellenti Bodhisattva,
la
via d’accesso per il fortunato che anela alla liberazione.
Coloro
che non sono attaccati ai piaceri dell’esistenza mondana,
coloro
che si sforzano per rendere utili le circostanze favorevoli e la
fortuna,
coloro
che propendono per il sentiero che compiace Buddha ,
questi
fortunati dovrebbero ascoltare con mente attenta.
Senza
una rinuncia completamente pura,
non
vi è modo di frenare l’ardente ricerca di piaceri nell’oceano
dell’esistenza.
Inoltre,
l’attaccamento all’esistenza ciclica imprigiona completamente gli
esseri incarnati.
Quindi,
sin dall’inizio, bisognerebbe cercare di realizzare la rinuncia.
Le
circostanze favorevoli e la fortuna sono difficili da ottenere
e
la vita non è lunga,
familiarizzando
con ciò, si elimina l’attaccamento alle apparenze di questa vita.
Riflettendo
costantemente sul karma e sui suoi inevitabili effetti
e
sulle sofferenze del samsara,
si
elimina l’attaccamento alle apparenze delle vite future.
Se,
avendo meditato in tal modo, non nasce nessun desiderio
per
i piaceri dell’esistenza ciclica,
e
se costantemente, giorno e notte, sorge un’aspirazione alla
liberazione,
allora
la rinuncia è stata generata.
Tuttavia,
se questa rinuncia non viene unita alla generazione
di
una completa aspirazione alla più alta illuminazione,
non
diverrà causa della meravigliosa beatitudine dell’insuperabile
Bodhi.
Perciò
il saggio dovrebbe generare il supremo Bodhicitta.
Gli
esseri samsarici vengono trascinati dalla corrente dei quattro
potenti fiumi,
sono
legati con le strette catene del karma, difficile da eliminare,
sono
entrati nella gabbia di ferro dell’attaccamento al Sé,
sono
completamente oscurati dalle fitte tenebre dell’ignoranza,
nascono
nell’esistenza senza limiti, e nelle loro nascite
vengono
incessantemente torturati dalle tre sofferenze.
Riflettendo
in tal modo circa la condizione delle madri che si trovano in tale
stato,
genera
la suprema intenzione altruistica di divenire un Risvegliato.
Se
non possiedi la saggezza che comprende la vera natura delle cose,
sebbene
tu abbia sviluppato la rinuncia e il Bodhicitta,
la
radice del samsara non può essere estirpata.
Quindi,
impegnati intensamente per realizzare l’origine interdipendente.
Colui
che vede come inevitabile la realtà di causa ed effetto di tutti i
fenomeni
nel
samsara e nel nirvana,
distrugge
totalmente ogni percezione errata
ed
è entrato nel sentiero che compiace i Buddha.
Fin
quando le due realizzazioni, quella delle apparenze,
ovvero
l’inevitabilità dell’origine interdipendente
e
quella della Vacuità, ovvero la non-asserzione,
vengono
considerate separate, non vi è ancora la realizzazione
del
pensiero di Buddha Sakyamuni.
Quando
le due realizzazioni esistono simultaneamente, senza alternarsi,
e
la semplice percezione dell’inevitabilità dell’origine
interdipendente eliminerà
la
concezione di un’esistenza intrinseca,
allora
l’analisi della visione è completa.”
E’
molto bello esplorare insieme questi aspetti, constatare come la
potenzialità anche del più piccolo atomo abbia in sé lo stesso
valore dell’infinito, non vi è alcuna differenza, il piccolo è il
più grande e viceversa, noi stessi verifichiamo la nostra natura
interdipendente e vacuità.
Domani
continueremo ad approfondire questi concetti e sarà interessante
conoscere le vostre riflessioni, domande, discussione e concludiamo
dedicando i meriti a beneficio di tutti gli esseri senzienti.
Quarta
sessione
Iniziamo
quest’ultima sessione di lavoro insieme con la preghiere della
pratica per sviluppare la Bodhicitta
(segue
recitazione)
Ieri
abbiamo lungamente parlato del significato della parola “Dharma”
perché noi siamo qui per praticare il Dharma e dunque dobbiamo
averne chiara conoscenza.
Il
Dharma sostanzialmente sottintende due cose, la prima è la
comprensione e trasmissione del senso profondo del pensiero del
Buddha tramite parole, scritti, studi, e la seconda è la sua
realizzazione, che si traduce in Bodhicitta convenzionale e
Bodhicitta ultima che è la saggezza, la realizzazione della realtà
ultima dei fenomeni, del Dharmadhātu.
Tutto
ciò che facciamo momento per momento nel samsāra con consapevolezza
è Dharma, il percorso della vita che realizza nella quotidianità la
Bodhicitta. La vita nel Dharma è semplice, non complicata, non
sovraccaricata da inutile stress da noi stessi costruito.
Il
messaggio di ogni autentico cammino spirituale, sia di Buddha o di
Cristo o altro ancora è uno solo: l’Amore,
quello vero, purificato dall’inutile sofferenza prodotta dagli
egoismi, da tutte quelle sovrastrutture inutili e dannose che
offuscano la mente e annebbiano la vista, ma che noi amiamo tanto e
costruiamo mattoncino su mattoncino vanificando ogni possibilità di
vita autentica. Il Dharma è vita, le complicazioni da noi create il
suo esatto contrario.
La
radice della Bodhicitta è la natura di Buddha, il soffio vitale
dello Spirito santo, lo stato della mente risvegliata.
Nell’attivazione della nostra potenzialità di sviluppo della
natura di Buddha camminiamo nel campo del Buddha, nel Dharma che ci
libera dall’ignoranza dalle oscurazioni mentali, dagli ostacoli, al
contrario senza Bodhicitta non si può fare nulla.
La
natura di Buddha, il nostro Buddha, Dharma, Sangha, è in noi, non è
qualcosa di esterno e il nostro Dharma è prima di tutto imparare a
riconoscere in noi questa natura di Buddha, e qual è lo strumento
che ci introduce a tale conoscenza? - Il Lag-Tong, la visione
profonda della natura della propria mente sottile, primordiale, ma
purtroppo in genere noi ci accontentiamo della sola mente grossolana
che è come pallidi raggi che ci permettono di intravvedere
confusamente, e nemmeno sempre, la possibilità di una luce potente
che tutto illumina all’infinito, senza però averne alcuna reale
visione.
Tutta
la confusione che ci condiziona così pesantemente non è qualcosa
che viene dal di fuori, è prodotta intermante dalla nostra mente a
noi totalmente sconosciuta, estranea.
Conoscere
la mente la sua realtà ultima significa realizzare il Dharma, la
stessa mente è la vera liberazione illimitata, la nostra protezione,
che non deve essere intesa secondo l’usuale approccio dualistico
come sempre facciamo, la protezione non è rivolta ad un pericolo
esterno, ma è la liberazione interiore, la realizzazione di sé.
Buddha,
Dharma e Sangha nella natura della nostra mente sono la protezione.
Proteggiamo la mente dal karma realizzando il Dharma interiore,
conoscendo e vivendo il valore della propria natura di Buddha. Io non
sono questa confusione che è altro da me, ma se non la so
distinguere ne resto imbrigliato, divento depresso, mi identifico con
essa. La sofferenza, l’euforia, le problematiche varie, ecc… sono
tutte nostre costruzioni mentali dualistiche e fittizie.
La
fede è fiducia in se stessi, nelle possibilità della mente
illimitata, non esiste nessuna sicurezza dogmatica precostituita che
ci faccia stare saldamente ancorati a certezze inesistenti; proprio
in questi giorni il Dalai Lama raccomanda di lasciare andare tutto
ciò che nel passato era ritenuto dottrina fondamentale e vincolante
e di concentrarsi sulla vacuità. I tempi sono cambiati e la fede
autentica deve essere compresa e attuata in sintonia con il presente
e non ripetuta pappagallescamente e comodamente secondo le visioni
del passato che allora erano perfettamente adeguate, ma oggi non più
corrispondenti alla cultura e all’evoluzione dei tempi.
Oggi
l’insegnamento radicale del Buddha è la vacuità, concetto già
studiato nel passato, Nāgārjuna ne è maestro, ma a quei tempi si
riteneva che potesse essere assimilato solo da pochi grandi studiosi
e dunque considerato pericoloso per coloro che non fossero stati
adeguatamente capaci di comprenderlo, così come era rischioso
tentare di afferrare un serpente senza conoscerne la pericolosità e
le sue reazioni.
Ma
oggi la situazione è ben diversa, non ci sono più confini
nell’interscambio di conoscenze e tutti hanno le possibilità e
capacità per valutare, capire, accedere a qualsiasi livello di
insegnamento. Le superstizioni o la paura dell’inferno, utilizzate
indiscriminatamente da tutte le religioni nel passato, oggi non hanno
più alcun peso, per questo il saggio Dalai Lama, persona
estremamente intelligente e colta, esorta tutti a lasciare il passato
alla storia e ad impegnarsi invece seriamente nell’approfondimento
privo di qualsiasi timore della realtà fondamentale -la Vacuità-
poiché senza la conoscenza della vacuità è impossibile conoscere
la propria natura di Buddha, la vacuità della natura della propria
mente.
La
vacuità della mente, esclude la non esistenza della mente e la si
ottiene nelle tre forme di Dharmakāya: il Dharmakāya causale, il
Dharmakāya che si sviluppa nel cammino di Bodhicitta e il Dharmakāya
ultimo che realizza il frutto.
Il
Dharmakāya causale si basa sulla necessità di conoscenza della
vacuità della mente grossolana, della mente sottile e della mente
primordiale. All’inizio noi conosciamo soltanto la mente apparente,
grossolana, e man mano ci si addentra in questa conoscenza si
realizza il Dharmakāya del cammino e alla fine quando la nostra
mente primordiale è così risvegliata si realizza il Dharmakāya del
frutto, la natura del Buddha, la vacuità della mente.
La
vacuità della mente non è un concetto nichilista, è la visione
stessa della impermanenza della mente, come l’acqua di un fiume che
scorre ininterrottamente, ma che non è mai la stessa pur essendo
sempre acqua della stessa fonte, allo stesso modo esistenza e non
esistenza vanno di pari passo nella visione non dualistica.
Domanda: Come
possiamo descrivere il continuum mentale nell’evoluzione del mio
karma ad esempio?
Lama: Non
esiste alcun “mio”, quello che noi crediamo mio o io è
un’illusione che ci imprigiona in una gabbia in cui tutto appare
statico, limitato, permanente, invece tutto scorre come l’acqua del
fiume, tutto cambia, tutto è vacuo nella sua impermanenza.
Le
varie interpretazioni che vengono date negli insegnamenti non sono
differenze sostanziali alla radice, semplicemente approfondiscono
maggiormente un particolare aspetto interpretativo della visione
della mente, così nel buddhismo ci sono diversi tipi di praticanti a
seconda della corrente filosofica a loro più consona, c’è chi
amplifica il tantra e chi invece non lo ritiene necessario, chi si
dedica completamente alla realizzazione di Bodhicitta e chi invece
non la crede importante, per questo già nel passato ci sono stati
infiniti dibattiti tra le diverse scuole, tutti proficui e necessari
per potenziare una maggiore capacità di comprensione.
Noi
qui ci concentriamo sull’autoprotezione, costruiamo gli anticorpi
interiori che ci proteggono da tutte le malattie dell’anima, da
tutte le sofferenze, gli ostacoli, tramite la liberazione della mente
nella Bodhicitta sino a scoprire la pura natura di Buddha in noi.
Le
strade per realizzare la vacuità sono varie nel buddhismo, i primi
tre veicoli sono: il veicolo degli Uditori, il veicolo dei Praticanti
solitari e il veicolo dei Bodhisattva poi c’è il veicolo Vajrāyana
direttamente connesso con la Bodhicitta il veicolo Mahāyāna,
Kriyātantra, Caryātantra, Yogatantra e Anuttarayogatantra.
Il
veicolo degli Uditori è fondato sulla mente di non attaccamento, il
secondo, dei Buddha solitari è ugualmente basato sul non
attaccamento ma con particolare attenzione ad evitare ogni
contaminazione con il mondo esteriore e infine il veicolo dei
Bodhisattva implica lo sviluppo della Bodhicitta per il bene di tutti
gli esseri senzienti.
Nella
Bodhicitta matura la propria natura di Buddha. I tre veicoli
tantrici: del metodo, della saggezza, dell’unione realizzano
l’unificazione inscindibile di metodo e saggezza indispensabile nel
cammino interiore. Il metodo è la Bodhicitta convenzionale e la
saggezza è la Bodhicitta ultima, il risveglio completo nella mente
primordiale.
La
presentazione dell’intero sentiero Vajrāyana è decritta in
numerosi e importantissimi testi delle scuole buddiste, il Lam Rim in
particolare presenta il panorama completo dettagliatamente illustrato
nei volumi del grande maestro Lama Tzong Khapa e nella scuola
filosofica della Mādhyamika di Nāgārjuna.
L’argomento
è vastissimo e profondo e io qui ho cercato solo di presentarvi una
sintesi, e vi prego quindi di darmi il vostro parere e indicarmi
quali sono i lati più complessi che necessitano maggior
approfondimento.
Domanda: Io
vorrei capire meglio quali sono questi tantra di cui hai parlato
perché non ho capito bene i nomi.
Lama: Sono
quattro forme di tantra, il primo è il Kriyātantra che significa
azione, poi seguono Caryātantra, Yogatantra e Anuttarayogatantra.
Domanda: Hai
parlato di diversità nel buddhismo, quante e quali sono?
Lama: Nel
buddhismo tibetano ci sono quattro importanti scuole che affrontano e
approfondiscono aspetti differenti, ma che alla fine non sono mai in
contrapposizione con quelli sviluppate dalle diverse correnti, così
come ci sono le diversificazione sviluppate nei vari paesi secondo le
loro radici culturali.
Domanda: Volevo
tornare su una frase che hai detto ieri perché non mi è affatto
chiaro il concetto: “se
comprenderai che la vacuità appare come causa ed effetto non sarai
preda delle visioni estremiste”, ma
come fa la vacuità avere una causa e un effetto?
Lama: Non
afferma una causa effetto intrinseca alla vacuità, ma si riferisce
alla sua apparenza relativa a ogni fenomeno che diventa causa della
conoscenza della non esistenza del fenomeno in modo estremo,
assoluto, e questa conoscenza produce effetto della conoscenza di
vacuità.
Domanda: Io
cerco sempre di capire le cose a livello concettuale e dunque non
riesco proprio a trovare una connessione tra l’interdipendenza dei
fenomeni e la vacuità. A livello meditativo forse in alcuni momenti
se ne può avere intuizione, ma la conoscenza è altra cosa, che
fare?
Lama: Immaginiamo
che la nostra vita sia il cammino su una particella di atomo, nella
nostra immaginazione il percorso è lunghissimo, ma nella realtà noi
camminiamo su una singola particella di atomo eppure ogni singolo
atomo è tutti gli atomi, è lo spazio della realtà ultima dei
fenomeni, la mente primordiale che va al di là della nostra
percezione apparente. Noi non dobbiamo complicarci la vita cercare
soluzioni razionalmente perfette, dobbiamo semplicemente meditare
respirando con consapevolezza, questo è il mezzo per realizzare
Bodhicitta e Saggezza, tutto il resto è fardello inutile.
Vi
ringrazio davvero per le vostre domande e per questa condivisione,
alla fine il Dharma può essere anche definito come gioia del cuore,
il segno della presenza del Dharma nella nostra esistenza è proprio
questa gioia limpida, profonda, calma, anche quando ci sembra di non
riuscire a comprendere perfettamente a livello razionale, non
importa, il Dharma, è comunque la realtà in cui stiamo camminando.
Nella
visione profonda, nella consapevolezza dell’interdipendenza di
tutti i fenomeni si vive pienamente ogni istante con la gioia
profonda nel cuore e tutto è realmente Dharma, lasciamo andare
quindi ogni inutile aspettativa, tutte le complicazioni intellettuali
che ci allontanano dalla nostra pura essenza.
Vi
ringrazio davvero per questi due giorni trascorsi insieme con la
gioia del cuore e dedichiamo la nostra pratica per la pace nel mondo
e a beneficio di tutti gli esseri senzienti.
Grazie
a tutti.
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