Saturday 22 February 2020

བོད་ལྕགས་བྱི་ ༢༡༤༧ ལོ་གསར་ལ་བཀྲིས་བདེ་ལེགས་ཞུ། Happy Tibetan New Year of Mouse-Iron 2147, Felice Anno Tibetano del Topo-Metallo 2147 


བོད་ལྕགས་བྱི་ ༢༡༤༧ ལོ་གསར་ལ་བཀྲིས་བདེ་ལེགས་ཞུ། 
Happy Tibetan New Year of Mouse-Iron 2147
Felice Anno Tibetano del Topo-Metallo 2147 




ཚེ་རིང་ནད་མེད་ཚེ་བསོད་རྒྱས་པ་དང་།  མཐའ་དམག་དུས་འཁྲུག་ཞི་ནས། རྒྱལ་ཁམས་བདེ་ཞིང་སྐྱིད་པའི་སྨོན་འདུན་བཅས། དགའ་བྱང་ལྷ་རམས་པ་དགེ་བཤེས་དགེ་འདུན་མཐར་ཕྱིན་ནས།

Monday 10 February 2020

IL NOBILE OTTUPLICE SENTIERO DEL DHARMA





IL NOBILE OTTUPLICE SENTIERO DEL DHARMA


GESHE LHARAMPA GEDUN THARCHIN
27 OTTOBRE 2019 
CENTRO KIMANI 
BASSANO DEL GRAPPA 
VENETO
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Oggi è una giornata particolare perché è la ricorrenza di “Diwali” la festa della Luce che in India è tanto importante quanto in occidente lo è il Natale, e si celebra ogni anno negli ultimi giorni di ottobre per concludersi a novembre secondo il calendario lunare in cui l’energia fisica e spirituale coincide con il movimento cosmico costituito dalle fasi che iniziano con la luna nuova, poi crescente, piena, e infine calante. Questo periodo è considerato particolarmente potente in quanto genera un considerevole rafforzamento di tutte le energie personali, fisiche, psicologiche, spirituali che si integrano con quelle dell’ambiente circostante, in pratica il cosmo interiore si armonizza pienamente con il cosmo esteriore.
In tutte le religioni orientali queste fasi lunari di novembre sono considerate particolarmente proficue alla pratica spirituale e favoriscono la trasformazione interiore potenziando gli effetti di qualsiasi azione virtuosa. Diwali significa lampada, luce interiore che purifica l’anima, il cosmo, l’illuminazione. Luce è la prima parola che è stata usata per definire Dio.
E la fiamma della lampada può ardere e illuminare solo grazie alla presenza dell’aria, e questo ci mostra come il primo elemento da vivere in modo consapevole sia proprio il respiro, il fondamentale soffio vitale. Il respiro è la base su cui fondare tutto, la stessa esistenza e dunque per crescere umanamente non si può respirare in modo inconsapevole, ma è essenziale meditare concentrandosi sul movimento di inspirazione ed espirazione, poiché senza aria la fiamma della lampada non può ardere e, altrettanto, se il vento è eccessivo la fiamma viene spenta bruscamente, il giusto, cosciente equilibrio nell’armonia è base essenziale su cui tutto si fonda armoniosamente.
Ma cos’è questa lampada che dà luce, calore e senso alla vita umana? È la compassione, l’amore. Senza amore e compassione il nostro cuore si indurisce come pietra inerte nell’aridità oscura, nella tristezza, nella rigidità sterile. Allora per accendere e alimentare la fiamma di questa lampada dobbiamo lasciarci sprofondare nel ritmo del respiro, che dilata il cuore, apre ogni cellula del corpo, ci rende amorevoli, consapevolmente fraterni, naturalmente compassionevoli.
Il seme di amore e compassione è innato nel cuore umano, non è necessario faticare per trovarlo, né acquistarlo a caro prezzo, è totalmente gratuito, già presente, lo dobbiamo solo far germogliare, coltivare con attenzione e cura, dolcemente, gustando la grande bellezza di questa luce, l’essenza della mente, la natura di Buddha.
Dalla lampada di amore e compassione sprigiona la fiamma della saggezza. In genere pensiamo che saggezza, intelligenza, conoscenza, capacità siano unicamente il risultato di un duro e faticoso percorso di ricerca, di studio e, anche se certamente questo impegno è necessario all’approfondimento di queste qualità, esse sono già insite in noi e scaturiscono spontaneamente dalla nostra compassione.
In genere il nostro unico obiettivo, quasi un chiodo fissato ossessivamente nella bramosia dell’ego, è raggiungere l’illuminazione al più presto possibile, senza particolare impegno possibilmente, ma per miracolosa trasmissione e così costruiamo castelli fantasiosi, inventiamo rituali e magie di ogni tipo senza ovviamente ottenere alcun risultato e, al contrario incrementando ostacoli e confusione. Invece l’illuminazione è la realtà più semplice, pulita, sgombra da qualsiasi costruzione esteriore, è naturalmente la vera essenza del cuore umano.
L’illuminazione è la pura semplicità, il valore umano in cui siamo finalmente liberati da quell’ego che è il fautore di tutti i conflitti, paure, inganni che ci incatenano nella sofferenza. L’ego è lo schiavista che ci soggioga alla percezione di un “io” che in realtà non esiste in quanto è l’illusione che sorge dall’inconsapevolezza del sé.
Per raggiungere lo stato di illuminazione è necessario liberarsi dall’ego illusorio e lo si può fare soltanto tramite l’armonia di amore, saggezza, compassione, siamo così naturalmente liberi nello spazio infinito in cui ci possiamo muovere senza più le catene dei condizionamenti dell’ingombrante, ingannevole ego.
Questo è il significato della festività di Diwali, una giornata di meditazione nella luce interiore, poiché la meditazione è lo strumento di base per realizzare saggezza e compassione, e dunque ora insieme ne sperimentiamo subito la potenza ad iniziare dalla consapevolezza del respiro in ogni movimento di inspirazione ed espirazione. Da questa concentrazione consapevole sul respiro sorgono naturalmente compassione e amore da cui scaturisce la saggezza e dalla saggezza emerge il riconoscimento della propria natura purificata, spoglia e splendente particella nell’universo. Sperimentiamo dunque consapevolmente questa semplicità pronti ad immergerci spontaneamente, senza alcuno sforzo, nella meditazione.
(segue meditazione)
Il respiro nella consapevolezza dà risultati ben diversi dal respiro inconsapevole, nella consapevolezza troviamo l’armonia di una mente che, non più chiusa nella consueta rigidità, diventa pacifica, aperta, elastica, stabilmente saggia. La saggezza è la conoscenza della verità ultima, la conoscenza dell’autentico sé e per questo è imprescindibile il nutrimento della sorgente di amore, compassione, saggezza.
Nel buddhismo il lavoro principale consiste nella conquista di se stessi, la capacità di osservarci come realmente siamo, senza le pesanti illusioni in cui costantemente ci crogioliamo, invece nella consapevolezza di sé sviluppiamo gioiosamente e spontaneamente il desiderio di compassione, armonia, allontanandoci sempre più dagli ordinari ostacoli di rabbia, odio, avidità, rancori.
L’incoscienza del respiro ci fa vivere in un limbo confusionale è la causa principale del non controllo di noi stessi, se cominciamo invece ad essere consapevoli del respiro impariamo poco alla volta a vedere la realtà senza più questi miraggi ingannevoli, siamo sempre più lucidi e coscienti di ciò che in realtà siamo.
Armonia non significa essere sempre serafici e contenti, si può altrettanto vivere ogni emozione dolorosa poiché anche la rabbia, l’attaccamento e altro possono essere importanti in quanto possiedono potenzialità positive, però è necessario imparare ad averne conoscenza nella visione non dualistica in quanto la verità non ha mai un unico polo, ma si realizza nell’equilibrio di entrambi i poli opposti, ecco perché l’armonia umana, la vera saggezza può essere realizzata solo nella via di mezzo o Mādhyamika, la filosofia spiegata dettagliatamente dal grande maestro indiano Nāgārjuna.
La via di mezzo deve essere applicata sempre, in qualsiasi circostanza, è il contesto in cui si costruisce la giusta misura, l’equilibrio della saggezza che conosce la verità convenzionale, una conoscenza che può avvenire solo nella consapevolezza di ogni azione, pensiero, parola, interiore e dell’ambiente esteriore. Nella via di mezzo si cammina in quell’unico percorso che può portare alla conoscenza della verità ultima.
Abbiamo già affrontato un argomento particolarmente intenso analizzando i vari passaggi per giungere alla retta visione della saggezza. Tutto ciò si realizza secondo i fondamentali insegnamenti del Buddha, le Quattro Nobili Verità e l’Ottuplice Sentiero.
Il primo insegnamento dato dal Buddha a Benares dopo aver raggiunto l’illuminazione e è imperniato sulla realtà comune a tutti gli esseri,quella della sofferenza ed è articolato nell’analisi di quattro passaggi, le “Quattro nobili Verità”.
La prima nobile verità, facilmente comprensibile, è la -Verità della Sofferenza- è così presentata dal Buddha: “Ecco, o monaci, la nobile verità sulla sofferenza: la nascita è sofferenza, la vecchiaia è sofferenza, la morte è sofferenza, essere unito a ciò che non si ama è sofferenza, essere separato da ciò che si ama è sofferenza, non ottenere ciò che si desidera è sofferenza. Riassumendo i cinque aggregati dell’attaccamento sono sofferenza.” e questa sofferenza si articola a sua volta in tre livelli, il primo livello, più semplice, è la sofferenza della sofferenza, facilmente individuabile in un preciso dolore: mal di testa, di denti, una malattia, è la constatazione di un’imprescindibile realtà umana, il secondo livello riguarda invece la sofferenza del cambiamento è un po’ più profondo e sottile e riguarda tutto ciò a cui noi ci afferriamo come se fosse permanentemente positivo, mentre in realtà è quanto mai effimero e impermanente, ad esempio riguarda tutto ciò che a prima vista può anche apparire appagante, gratificante, desiderabile come mangiare smodatamente cibi gustosi, fumare, bere alcool, assumere droghe per chissà quali viaggi psichedelici, ma le cui conseguenze si presentano immediatamente come intensa sofferenza. Infine il terzo livello, molto sottile, è la sofferenza del condizionamento o sofferenza pervasiva, onnipresente, è quell’insoddisfazione, senso di vuoto, sempre presente anche nei momenti di grande momentanea felicità. La prima nobile verità della sofferenza è sia convenzionale, quella che sperimentiamo nel quotidiano, che ultima.
La seconda nobile verità è -La verità sull’origine della Sofferenza- è così presentata dal Buddha: “Ecco, o monaci, la nobile verità sull’origine della sofferenza. È questa sete che produce la rinascita, il ri-divenire, che legata a un’avidità passionale che trova nuovo piacere qui e là, ossia sete di piaceri dei sensi, quella dell’esistenza e del divenire e quella della non-esistenza”. Nell’indagine sulla causa dell’insorgere della sofferenza si riscontrano essenzialmente due fattori determinanti, il primo è il karma e il secondo l’ignoranza fondamentale che ingenera continuamente le illusioni che confondono la mente e impediscono ogni conoscenza della verità a causa di attaccamento, avversione, bramosia, odio.
Il karma, già riconosciuto dalle antichissime religioni pre-esistenti al buddhismo, è il risultato diretto delle nostre azioni fisiche, verbali e mentali e può essere negativo, positivo o neutro, quest’ultimo è relativo alle azioni che compiamo incoscientemente, senza alcuna volontà. La consapevolezza di ogni azione, fisica verbale e mentale è essenziale la senso stesso dell’esistenza altrimenti ci sono solo sprechi inutili o dannosi e a tale proposito io racconto sempre la storia di un antico Geshe Kadampa, persona analfabeta, molto semplice, e grande meditatore. Ogni giorno lui raccoglieva una quantità di pietre bianche e una di pietre nere e, giunto a sera, si soffermava ad analizzare tutte le intenzioni che avevano motivato le sue azioni in quella giornata e per ogni azione negativa metteva una pietra nera mentre per quella positiva una bianca. All’inizio la montagnola di pietre nere era di gran lunga più alta di quella di pietre bianche, ma poi man mano che la sua consapevolezza si affinava la montagna di pietre bianche aumentava e diminuiva quella di pietre nere. Questa è la pratica del karma, imparare ad osservare e valutare le proprie intenzioni così da modificare i propri pensieri, liberando la mente da quelli inutili e negativi, inevitabile causa di sofferenza.
Il Buddha, avendo così riconosciuto la seconda nobile verità dell’origine della sofferenza ha proseguito nell’approfondimento per conoscere come poter eliminare queste cause ed è giunto così alla realizzazione della terza nobile verità, -La verità della Cessazione della Sofferenza- “Ecco, o monaci, la nobile verità sulla cessazione della sofferenza. È la cessazione completa di questa sete, abbandonarla, rinunciare ad essa, liberarsene, staccarsene” Dall’eliminazione delle cause che producono sofferenza sorge automaticamente la quarta nobile verità, -La Verità del Sentiero che porta alla cessazione della causa della sofferenza- ed è così insegnato dal Buddha: “Ecco, o monaci, la nobile verità sulla via che conduce alla cessazione della sofferenza. È il Nobile Ottuplice Sentiero, ossia la retta visione, il retto pensare, la retta parola, la retta azione, il retto mezzo di sussistenza, il retto sforzo, la retta attenzione o consapevolezza, il retto raccoglimento o concentrazione.”
L’Ottuplice Sentiero, si sviluppa fondamentalmente nei tre addestramenti fondamentali di moralità, concentrazione e saggezza. I primi due passi di questo sentiero, Retta Visione e Retto Pensiero appartengono alla pratica della saggezza, il terzo quarto e quinto, la Retta Parola, la Retta Azione e il Retto modo di Sussistenza sono invece parte della pratica della moralità e tutti gli otto passi appartengono alla pratica della concentrazione o conoscenza superiore e devono essere attuati in piena consapevolezza.
La Retta Visione è la visione della saggezza che ci mostra la realtà completa, ripulita da tutte le illusioni e dagli inganni che ci impediscono qualsiasi conoscenza presentandoci solo una piccolissima e distorta parte della realtà, cioè esclusivamente quella che passa attraverso i nostri sensi ordinari. Ad esempio noi spesso ci entusiasmiamo all’idea della compassione, ci sentiamo appagati del provare sentimenti altruistici, facciamo volontariato e siamo contenti di essere compassionevoli verso gli altri, percepiamo tutta la gratificazione di essere buoni e ci crogioliamo nella certezza di aver prodotto karma positivo, ma la realtà è ben diversa, questo indica semplicemente che abbiamo attaccamento verso la compassione, siamo compiaciuti di noi stessi e nutrito ulteriormente in modo abnorme il nostro ego, perché siamo capaci di vedere solo una parte di questa situazione, ma non la sua realtà completa, non ne abbiamo ancora la retta visione. Nella retta visione invece, l’ego non ha nessuna ricompensa, ma il sé autentico è in grado di andare oltre la visione della realtà convenzionale e può osservare la verità ultima, senza più dualismi.
Il secondo passaggio, Il Retto Pensiero, indica la necessità e capacità di pensare con consapevolezza. Un buon esempio ci è offerto da Krishnamurti che elaborava concetti essenziali, profondissimi e completi e prima di esprimerli pensava ogni elemento con acuta e totale consapevolezza. È fondamentale non disperdersi in pensieri futili, inutili, ma saper selezionare solo quelli necessari rimanendovi consapevolmente concentrati, questo è il nutrimento per l’evoluzione della mente.
La Retta Parola deve dunque essere valutata con grande consapevolezza così da essere espressa con assoluta chiarezza ed essenzialità, priva di confusione e di inutili appesantimenti, perché si deve trasmettere un messaggio senza sprechi, senza cadere nell’illusione di dover accumulare karma, rimanere nella leggerezza della purezza, nella semplicità di un’eloquenza fertile, libera da attaccamento, ignoranza, senza creare nessun karma. Le nostre giornate invece sono generalmente stracolme di inutili parole che appesantiscono, stancano, svuotano di contenuti ogni realtà e sono un grande ostacolo alla liberazione del sé, che invece può progredire solo se conosciamo consapevolmente il valore di ogni parola detta.
Anche per la Retta Azione vale lo stesso principio, di consapevolezza, purezza dell’intenzione, senza il dannosissimo e illusorio attaccamento all’idea di creare buon karma, di sentirsi importanti e buoni quando compiamo una qualsiasi azione a favore degli altri, che è solo normalità, mentre noi immediatamente ci crogioliamo nel compiacimento della nostra presunta compassione, generosità e bontà, mentre in realtà questa è la peggior illusione e alimentazione del nostro ego. Siamo tutti nella stessa barca e l’aiutarci a vicenda è solo normalità, nulla di eccezionale. La prima causa della sofferenza è questa ignoranza fondamentale che ci impedisce di vedere la realtà nella sua purezza e ci induce invece ad aggrapparci sempre più fortemente allo smisurato ego, alle illusioni di un’immagine di sé assolutamente inesistente.
Il Retto modo di Sussistenza, seppur in relazione con le differenti situazioni individuali, deve essere sempre applicato secondo le giuste ed eque modalità per procurarsi i mezzi necessari per la propria vita senza prevaricazioni, egoismi, avidità, attaccamenti insensati, bramosie. Non si può trarre sostentamento da attività che possono essere potenzialmente nocive ad altri, come ad esempio la produzione e commercializzazione di armi.
I tre successivi passi, Retto Sforzo, Retta Consapevolezza, Retta Concentrazione appartengono alla pratica della concentrazione.
Il Retto Sforzo non significa,fatica, tensione volontaristica assolutamente inutile, ma semplicemente intelligente meditazione nella saggezza, restare concentrati con equilibrio, consapevolezza e vigilanza. Lo stesso vale per le pratiche di Retta Consapevolezza e Retta concentrazione, la pratica sul singolo punto che consiste nel raggiungere la liberazione dai condizionamenti del corpo materiale, poi dalle sovrastrutture inutili della parola, e infine dalle illusioni della mente grossolana e questa è la via che porta alla liberazione dalla sofferenza, è raggiungibile solo con il superamento dell’ignoranza dell’attaccamento al sé tramite la meditazione che realizza concentrazione e saggezza.
Possiamo concludere il nostro lavoro con la dedica dei meriti a beneficio di tutti gli esseri senzienti.
Grazie a tutti.

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