Compleanno di Sua Santità Tenzin GyatsoXIV° Dalai Lama
6 luglio 2005
Porgiamo un particolare benvenuto ai nuovi amici che sono con noi nel giorno del compleanno del Dalai Lama Tenzin Gyatso.
Altri
nuovi amici, che ancora non ho incontrato di persona, mi hanno chiesto
telefonicamente di celebrare il loro matrimonio con rito buddhista e li
ho invitati a venire oggi per conoscerci e parlare, perché in Tibet non
esiste una cerimonia di matrimonio anche se ora, comprendendo le
esigenze nate dall’interscambio di popoli di vari paesi e la necessità
di poter documentare e ricevere un riconoscimento pubblico, parecchi
maestri buddhisti in varie parti del mondo hanno iniziato ad impartire
alla coppia una benedizione per l’unità e l’armonia.
Se
esistesse un preciso rituale di matrimonio buddhista questo
consisterebbe nell’impegno a prendere rifugio nei tre gioielli e ad
assumere i voti dei cinque precetti.
Chissà
se questi amici verranno o se avranno cambiato idea? Questo è parte
della natura impermanente dei fenomeni ed è sempre Dharma.
Il Dharma si fonda sulla natura impermanente della realtà, non lo dobbiamo scordare mai, altrimenti non progrediremo.
La
soluzione di ogni difficoltà e problema si realizza solo nella
consapevolezza della natura impermanente delle cose, ed è fondamentale
mantenerla chiara in noi soprattutto nell’ultimo atto della vita in cui
saremo completamenti soli, nessun amico, nessun parente, ci potrà
accompagnare e per questo dobbiamo cominciare a prepararci sin d’ora.
Non
si trova il Dharma nella ricerca di una vita eterna, sarebbe una
contraddizione di termini, non si può rincorrere l’idea di una felicità
permanente quando la natura stessa della realtà è impermanente.
Dobbiamo
dunque addestrarci nella conoscenza del processo della natura
impermanente della realtà, altrimenti rischiamo di impegnarci
inutilmente in una moltitudine di preghiere e di pratiche con lo scopo
esclusivo di ottenere in questa vita un “meglio” di cui non conosciamo
nemmeno la natura, ma questa vita passa troppo velocemente.
Io
ho superato i quarant’anni e sono sbalordito di come siano fuggiti in
fretta, solo ieri ne avevo quattordici, mi sembra di avere appena
lasciato la mia casa per andare in monastero nel sud dell’India. Ricordo
il distacco dai genitori alla frontiera, un dolore che sembra
insopportabile ed è freschissimo nella mia memoria, come se fosse appena
accaduto, e ogni volta che ritorno a casa ho la sensazione di essere
stato sempre là, l’unica differenza rispetto alle precedenti partenze è
che oggi c’è minor sofferenza perché è diminuito l’attaccamento.
Questo
dimostra che la liberazione non è radicata nelle cose materiali, nella
casa, nella famiglia, ma nel distacco mentale, nell’addestramento della
mente ad affrontare, momento per momento, la natura impermanente della
realtà, il cammino verso la saggezza.
Il
Dharma, che non ha nulla a che vedere con effetti speciali come volare
liberi nel cielo, o possedere il terzo occhio, è semplicemente essere in
grado di guardare in faccia la realtà senza paura, è la saggezza.
Condividere questo tipo di passione, di sensibilità, con la saggezza
costituisce la compassione.
La
spiritualità, il Dharma e la pace interiore sono le nostre grandi vere
necessità, le conquiste dell’esistenza umana, un argomento inesauribile,
tanto che in centootto volumi tibetani sono raccolte le parole del
Buddha e tutte riconducono alla stessa essenza della realtà.
La
situazione economica e sociale vissuta dalla mia famiglia è
paragonabile a quella attuale del Sudan meridionale, eppure io oggi vivo
in Italia, un paese tra i più sviluppati, un vero paradiso per me!.. e
quando torno in Nepal le persone incuriosite mi chiedono tante notizie
sulle condizioni in occidente e ne sono così ammirati che pensano che
io, per il solo fatto di stare in Europa, debba essere necessariamente
un grande Lama, un grande maestro, perché già sto vivendo con gli
dei!...
La
mia esperienza è davvero straordinaria, ero partito da una situazione
piena di difficoltà, di incertezze e precarietà e nonostante questo ho
potuto ricevere un buon livello di educazione e di istruzione e sono in
una condizione che mi permette di affrontare nuove sfide e trovare altre
possibilità per procedere nelle vite future. Questo rappresenta la
condizione umana e il Dharma è appunto la possibilità e capacità che
l’uomo ha di impegnarsi per guadagnare e conquistare se stesso.
Non
si tratta di accumulare beni materiali come il denaro o il potere, ma
di conquistare la ricchezza che deve essere intesa per il beneficio
degli altri, così da poter diventare fonte infinita di felicità per gli
altri.
Non
si tratta nemmeno di dover diventare ricchi, famosi ad ogni costo, ed
essere talmente affaccendati da avere centinaia di segretari per poi
ritrovarsi completamente pazzi.
Durante
il primo anno a Roma cercavo il modo per mantenermi e un mio amico
indiano, prete, mi disse che finché ero vestito così non avrei mai avuto
nessun lavoro, per prima cosa dovevo almeno cambiare l’abito. La sua
preoccupazione era sincera e disinteressata, sapeva da dove venivo,
conosceva perfettamente la situazione indiana, e mi regalò un paio di
scarpe, un dono per me preziosissimo e che utilizzai fino alla fine.
Chissà, se avessi seguito il suo consiglio avrei anche potuto trovare un
buon impiego, forse come professore, o uomo d’affari, o magari
diventare un uomo politico che in Italia ha la capacità di inventare un
nuovo slogan ogni giorno, in ogni caso avrei solo accumulato stress, un
ottimo metodo per impazzire, ma il Dharma è al di fuori di tutte queste
cose, è altro.
Il Dharma è conoscenza, comprensione, saggezza, sperimentazione della realtà.
Oggi
è il 6 luglio, compleanno del Dalai Lama, ha settant’anni e per onorare
questa ricorrenza ho preparato alcuni piatti tibetani che, a
conclusione della giornata, potremo condividere in serenità.
Il
Dalai Lama non deve essere visto come un individuo nella sua
singolarità, ma come il frutto del karma del popolo tibetano e, adesso
che le condizioni sono mutate profondamente, è necessario cominciare a
considerare il Dalai Lama come il frutto del karma della popolazione
globale.
Il
bambino indicato come Dalai Lama, all’età di due anni, non aveva alcuna
pretesa in tal senso, non ha chiesto questo incarico, è stato
individuato, cercato e scelto dal popolo tibetano che lo ha designato
come Dalai Lama.
I
tibetani credono che sia un’emanazione del Buddha della compassione, e
questo fa di lui realmente un’emanazione del Buddha della compassione
perché le cose non esistono di per sé, ma secondo l’imputazione che ne
diamo.
Poiché
noi lo riconosciamo, lo designiamo, lo imputiamo come Buddha della
compassione, lui lo deve essere, non può esistere altrimenti. Il XIV°
Dalai Lama risponde pienamente a questa aspettativa e tutti noi dobbiamo
essere infinitamente grati alla grandezza di questa persona.
Quando
si dice che Sua Santità è l’emanazione del Buddha della compassione non
si afferma che il suo comportamento sia al di là dell’umano, al
contrario, il suo comportamento è insito nella categoria del
comportamento umano, ma ha la funzione di essere ispirazione ed esempio
delle qualità migliori degli esseri umani.
Incontrandolo
vediamo una persona come tutti noi, con le difficoltà che ogni essere
umano deve affrontare, la grande differenza è nella sua capacità di
affrontare ogni situazione, sempre, per il beneficio di tutti gli
esseri.
Adesso
vi farò ascoltare la registrazione della voce del Dalai Lama che oggi
ha pronunciato un magnifico discorso in tibetano, poi lo commenterò.
Grazie ai mezzi moderni abbiamo potuto ascoltare questa registrazione,
la tecnologia se usata in modo appropriato è utilissima, se se ne abusa
può invece diventare estremamente pericolosa.
(segue discorso- sintesi: ).
«Sua
Santità ha esordito ringraziando chi sta festeggiando il suo compleanno
nel mondo, a coloro che vivono nelle regioni himalayane, in Mongolia, a
oriente e a occidente. Oggi a Dharamsala è una giornata di piogge
monsoniche abbondanti, quindi molte persone per ascoltare le sue parole
erano all’aperto, sotto qualche ombrello e il Dalai Lama scherzando ha
detto che questa pioggia sarebbe stata una benedizione per coloro che la
stavano prendendo.
Ripensando
a questi settanta anni di esistenza, alle tante le esperienze di gioia e
di dolore, Sua Santità non ha dubbi nel verificare che tutte queste
emozioni derivano esclusivamente dall’io, dal sentimento del sé.
La
propria felicità, il proprio dolore, nascono dall’io, così come la
sofferenza e la felicità altrui, ed è dunque chiaro che gli insegnamenti
del Buddha di amore e compassione hanno una loro ragione di essere, una
loro verità.
Al
di là del fatto che un individuo possa avere fede o meno, essere
credente o no, la natura della realtà fa si che amore e compassione
siano l’unica possibilità di liberazione dalla sofferenza.
Il
Dalai Lama continua dicendo che da piccolo era ovviamente interessato
soprattutto ai giochi, ma crescendo si è appassionato sempre più al
Dharma e con le esperienze della vita ha compreso la fondamentale
importanza del buon cuore e di quanto una chiusura mentale conduca
soltanto alla depressione e alla sofferenza. Questo va al di là
dall’appartenenza o meno ad una religione, il buon cuore e una mente
aperta sono sempre di beneficio alla felicità propria e altrui, e
nell’arco della sua vita ha fortemente voluto assumere questo
atteggiamento e incessantemente dato agli altri lo stesso consiglio. E’
un atteggiamento completamente benefico e così finché sarà in vita lui
non smetterà mai di proporlo a tutti perché il beneficio è
immediatamente evidente.
Le
celebrazioni, i rituali e le preghiere che le comunità tibetane nel
mondo stanno eseguendo in questi giorni in suo onore sono dedicate
interamente al beneficio degli esseri senzienti.
Il
Dalai Lama ci tiene particolarmente a precisare che lui è innanzitutto
un essere umano, poi un buddhista, e infine un monaco tibetano e Dalai
Lama; sono tre diversi livelli del suo modo di esistere e comportano
che:
come essere umano abbia la responsabilità del bene di tutti gli altri esseri senzienti;
come buddhista la
responsabilità di avere profondo rispetto nei confronti di qualsiasi
altra religione e di attuare i principali scopi della sua esistenza,
portare beneficio e armonia agli esseri umani e armonia tra le varie
concezioni religiose, che devono essere onorate con devozione perché più
religioni esistono e più aumenta la possibilità che siano di beneficio
agli esseri umani.
Infine, come monaco tibetano e Dalai Lama la
sua responsabilità è la protezione del popolo tibetano che lo considera
un dio, un salvatore, per questo deve cercare di fare sempre del suo
meglio, e a questo punto aggiunge considerazioni legate particolarmente
alla situazione socio politica interna dei tibetani e, proprio perché il
Dalai Lama, come tutti gli altri non è un essere permanente, ma
impermanente, raccomanda che i tibetani comincino a prepararsi per poter
scegliere il loro prossimo capo attraverso strumenti democratici.
Finché lui sarà in vita avrà la responsabilità di cercare di ottenere
per i tibetani una certa forma di libertà, ma i tibetani comunque devono
sin d’ora lavorare affinché nel futuro possano eleggere
democraticamente chi li dovrà rappresentare.
Concludendo
ha ringraziato nuovamente i partecipanti alla celebrazione di
Dharamsala che sono stati così pazienti e tolleranti nei confronti della
pioggia e della scomodità del luogo, la piazza è piccola e molto
affollata.»
Sono
magnifici i due aspetti ricordati dal Dalai Lama che riguardano
rispettivamente i suoi doveri di essere umano che deve vivere ed essere
di beneficio agli altri, e di buddhista, che deve portare armonia e pace
con grande rispetto verso ogni religione.
La
verità del messaggio di amore e compassione è la natura stessa della
realtà e vivendo in essa non si può essere altro che felici.
L’unico
modo per produrre felicità è quello di rimanere nella realtà e non di
scappare, che invece è la nostra prima istintiva reazione, eppure non
c’è modo di fuggire dalla realtà, quindi meglio affrontarla,
confrontarci con essa ed esserne contenti, altrimenti non faremo altro
che moltiplicare le sofferenze.
E’
veramente bello che il Dalai Lama, nel giorno del suo settantesimo
compleanno, non parli della propria grandezza o delle cose realizzate,
ma semplicemente, come sempre, parla di Dharma, della incommensurabile
grandezza del Dharma e sono veramente felice di aver avuto l’opportunità
di ascoltare questo messaggio dalla sua voce e di poterlo condividere
con voi.
Il
Dalai Lama è davvero un essere unico, ed è bene non porsi
nell’aspettativa di poterne vedere un altro; c’è stato un unico Gandhi,
un unico Gesù, un unico Buddha, e c’è un unico quattordicesimo Dalai
Lama, né il primo, né il secondo, né il quindicesimo, sono stati o
saranno simili al quattordicesimo Dalai Lama. Noi siamo immensamente
privilegiati ad essere suoi contemporanei e a poter condividere la sua
vita e il suo messaggio, non eravamo presenti ai tempi di Gesù, Buddha o
Gandhi ma abbiamo la gioia di esserlo con il quattordicesimo Dalai
Lama, è un dono prezioso e raro.
Immaginiamo,
se ai tempi di Gesù lo avessimo incontrato, che cosa avremmo fatto?
Nulla di più o di meno di ciò che faremmo trovandoci alla presenza del
Dalai Lama. Io mi sento particolarmente fortunato perché ho potuto avere
con Sua Santità quattro colloqui privati, e di fronte a lui provavo una
tale emozione da essere intimidito e impacciato, mentre da parte sua il
Dalai Lama si presenta sempre con grande cordialità e calore, come un
essere umano semplice e comune.
Ma
attenzione, è importante questa diversità di atteggiamenti, da parte
nostra deve esserci un profondo rispetto, mentre lui nella sua
semplicità e cordialità nel volersi avvicinare a noi come persona comune
ci fa un grande regalo.
Se
entrambi ci confrontassimo come persone comuni sarebbe una riunione
sterile da cui non scaturirebbe nulla, invece così è un magnifico
incontro spirituale ricco di doni rari ed è stupendo che il Dalai Lama
possa presentare se stesso come essere comune mentre noi onoriamo e
percepiamo in lui il Buddha.
Considero
i colloqui avuti con lui eccezionali e doni preziosissimi ricevuti in
questa esistenza. Questa è la vita, inutile crearsi complicazioni, basta
godere semplicemente di ciò che si ha, ottenendo così la felicità.
Il
Dharma è esattamente l’opposto, non c’è né un partito unico, né tanti
partiti, c’è solo l’individuo che con l’attitudine della bodhicitta dona
agli altri divenendo causa di felicità per sé e per gli esseri
senzienti. E’ umanesimo, il senso dell’umano.
Un esempio opposto è offerto dal Dalai Lama che è un capo politico, ma parla di Dharma.
Ora festeggiamo insieme, con un buon the e dolci tibetani, il compleanno di sua sanità il quattordicesimo Dalai Lama.