Tuesday 18 September 2012

ENTRARE NEL MAHAYANA - Gedun Tharchin


LA VIA DEL NIRVANA
Il Dharma del Buddha
2003
Lama Geshe Gedun Tharchin 


9° ENTRARE NEL MAHAYANA

Dal punto di vista buddhista la cosa più significativa che possiamo trarre dalla nostra vita umana è l’altruismo, la mente altruistica, i pensieri altruistici e le azioni altruistiche. Sicuramente ci sono tanti altri aspetti che hanno un senso nella vita ma la cosa che ha il significato più elevato è l’azione altruistica.

L’argomento di questo capitolo ha come tema «Entrare nel Mahayana». Dal punto di vista letterale Mahayana è composto da Maha che vuol dire «grande» e Yana che vuol dire «veicolo», quindi Mahayana vuol significare il grande veicolo. E’ come un jumbo jet: ci sono aerei che possono portare soltanto dieci persone, altri che ne possono portare cinquanta, mentre il jumbo ne può portare anche duecentocinquanta. Il Mahayana è come un jumbo jet, è come un veicolo che può portare molte persone da un posto fino a dove si desidera arrivare. Entrare nel Mahayana vuol dire anche assumersi la responsabilità di portare questa enorme moltitudine di persone da una condizione di disastro a una condizione più piacevole. Non è così semplice, anzi è piuttosto difficile da affrontare perché entrare nel Mahayana vuol dire accollarsi la responsabilità di tutti gli esseri senzienti. Per questa ragione il Mahayana viene chiamato il Grande Veicolo. Non è il nome di un libro, di una scuola, di un ordine, ma è piuttosto uno stato mentale che ci porta a prenderci la responsabilità di tutti gli esseri senzienti. E’ definito grande perché ha, appunto, un obiettivo ambizioso: soddisfare tutti gli esseri senzienti. Ci sono moltissime qualità, moltissimi argomenti contenuti nella grandezza del Mahayana. Non rappresenta solo un oggetto da visualizzare per la meditazione, ma implica azioni pratiche e concrete.

Noi soffriamo, patiamo l’angoscia, sentiamo molto stress dentro noi e la causa di tutto questo è il fatto di avere una coscienza debole di noi stessi. La causa è quella che in termini tecnici viene definita chiusura mentale o mente ristretta. E’ come se fossimo chiusi in una stanza molto piccola, senza porte e senza finestre e senza alcuna possibilità di far entrare o uscire aria, di avere contatti o di ospitare altre persone. Entriamo in questo spazio ristretto perché ci sentiamo al sicuro, ma ciò ci creerà in seguito gravi problemi. Quindi, bisogna espandere questo luogo, bisogna aprire porte e finestre per far entrare aria fresca e metterci in contatto con i nostri simili. Questo è ciò di cui abbiamo veramente bisogno e solo così potremo respirare meglio. Per questo motivo tale stato mentale è definito Il Grande Veicolo.

Tale attitudine è la quintessenza del pensiero e del sentiero di Buddha che ci porterà verso la liberazione finale. Aprirsi a tutti gli esseri senzienti, assumersi la responsabilità di tutti gli esseri senzienti, questo è ciò che noi chiamiamo la Mente dell’Illuminazione e, in Sanscrito, Bodhicitta, dove Bodhi vuol dire Illuminazione e Citta Mente. Essere devoti all’immagine del Buddha o del Bodhisattva non significa essere devoti alla sua rappresentazione plastica o pittorica ma, piuttosto, consacrarsi a una profonda attitudine altruistica.

Nei testi Mahayana è scritto che è difficile riconoscere quelli che hanno questo tipo di attitudine mentale da quelli che non ce l’hanno ed è per questo che ogni essere vivente è oggetto di devozione e di rispetto. Da questo atteggiamento mentale si creano le basi per la Bodhicitta, la mente altruistica, e una delle caratteristiche peculiari della Bodhicitta è il rispetto e la devozione verso tutti gli esseri viventi.

La responsabilità nei confronti degli esseri viventi non è quell’atteggiamento per cui guardiamo gli altri dall’alto in basso ma è un’attitudine con la quale ci poniamo di fronte al nostro maestro, ai nostri genitori, agli anziani. Ed è per questo che nella pratica della Bodhicitta si recita il verso «Possa io essere il servo di tutti gli esseri viventi». Quindi i Bodhisattva, coloro che possiedono la Bodhicitta, sono quegli individui che si considerano a un livello inferiore rispetto agli altri. Io penso che se cerchiamo, se guardiamo bene, anche nella società attuale si possono trovare dei Bodhisattva. Non è soltanto una figura ideale, essi sono anche presenti nella storia. Le istituzioni religiose oggi sono molto diverse da come erano in origine e, chiaramente, se rivolgiamo lo sguardo a un’alta autorità religiosa di qualsiasi tradizione: cristiana, islamica o buddhista, pensiamo che quest’autorità debba avere delle qualità speciali ma spesso non è così. Possono anche avere troni, macchine e veicoli speciali, ma sono i Bodhisattva, coloro che hanno la mente altruistica, quelli che dovrebbero essere considerati persone di livello elevato e a cui fare riferimento. In verità i religiosi dovrebbero essere coloro che si considerano servi di tutti gli altri e che pongono i propri simili ad un livello superiore a loro stessi. Qualche volta il Papa, quando va a visitare qualche terra straniera, quando scende dall’aereo bacia la terra. Penso che questo sia un gesto molto umile perché chinarsi per terra è una tradizione molto antica. Stiamo parlando di entrare nel Mahayana e il Mahayana non è una sorta di stato speciale, un ordine di cui si indossa un adesivo, un’etichetta con su scritto «Sono Mahayana». Al contrario, il Mahayana è un’attitudine mentale molto particolare. Nei testi classici, quando si parla della Bodhicitta, la mente dell’Illuminazione, essa viene definita come lo stato mentale di colui che vuole raggiungere l’Illuminazione per poter servire tutti gli esseri senzienti. Quindi possiamo dire che la Bodhicitta è la combinazione di due differenti attitudini mentali. L’attitudine causativa della Bodhicitta è quella di colui che vuole servire tutti gli esseri viventi, quindi l’umiltà è la prima attitudine mentale. Ciò vuol dire assumere la posizione più bassa e diventare il servitore di tutti gli altri. Come si può servire questa enorme moltitudine di esseri viventi? Chiaramente allo stato attuale è impossibile. Possiamo fare l’esempio di un bambino che vede la madre cadere in un pozzo. In quel momento il suo desiderio è quello di aiutarla in tutti i modi ma per lui è impossibile. Questa è quindi la forza causativa della Bodhicitta, della mente altruistica; perché tutti gli esseri senzienti hanno qualche tipo di problema, siamo esseri deboli. Stiamo tutti soffrendo nel Samsara. Siamo deboli e impossibilitati ad aiutare gli altri, anche le persone che ci sono care, come nostra madre. L’unica maniera che abbiamo per poterlo fare è ottenere l’Illuminazione perché essa è l’unica possibilità che abbiamo per accrescere il nostro potere e aiutare tutti gli esseri senzienti.

Questo tipo di Mente così aperta è chiamata Il Grande Veicolo e, se ne entriamo in possesso, ci liberiamo dei problemi perché capiamo che il nostro singolo dilemma è nulla in confronto alla massa enorme dei problemi degli altri. Questo è il segreto della Bodhicitta.

Normalmente non consideriamo i problemi degli altri, guardiamo solo i nostri e li consideriamo enormi; ma se ci focalizzassimo su quelli degli altri esseri il nostro piccolo problema diventerebbe insignificante; questa è la mente di Bodhicitta. Sviluppare questa attitudine mentale ci porta, in un certo senso, anche dei vantaggi ma normalmente ignoriamo questa attitudine; non è facile, ma anche soltanto apprendere questo principio è il primo passo.
Anche solo conoscerne la natura ci dona una grande speranza, un grande coraggio, e distrugge la grande ignoranza che alberga in noi.

C’è una storia nella tradizione tibetana che penso, ma non ne sono certo, provenga dai Sutra, e che parla di due rane: una che vive in un piccolo stagno e l’altra che vive nell’oceano. Un giorno quella che vive nell’Oceano si reca dall’altra rana e rimane colpita da quel piccolo stagno. Quella che viveva nello stagno, vedendo affacciarsi l’altra rana e avendo paura che venisse ad occupare il suo territorio, le chiede: «Tu da dove vieni?» e l’altra: «Vengo dall’Oceano». «Quanto è grande questo Oceano? Forse quanto un quarto di questo stagno?», «No, è molto più grande» rispose la rana dell’oceano. Quella dello stagno continuò «Forse metà di questo stagno?», «No, molto più grande» ribadì la rana dell’oceano, «Allora potrebbe essere tre quarti di questo stagno?», «No, è molto più grande». Allora la rana dello stagno meravigliata chiese: «Ma è grande come questo mio stagno?», «No, è molto più grande». «Questo è impossibile. Devo vedere, non posso credere a quanto mi dici». Allora la rana dell’Oceano le disse: «Vieni con me, ti mostrerò l’Oceano». Arrivati sulle rive dell’oceano la rana dello stagno vedendo questa enorme massa d’acqua senza confini, come fosse un grande cielo, disse: «Ma dove è il tuo stagno?», «Tutto quello che vedi, tutto questo cielo è il mio stagno» e la rana dello stagno rimase scioccata, meravigliata.

La mente del Bodhicitta è come l’oceano mentre la nostra mente è come un piccolo stagno. Abbiamo sempre paura, siamo sempre ansiosi. E’ difficile credere che esista una mente così vasta qual è quella di Bodhicitta. Anche oggi, l’America ha paura delle forme di vita che vengono da un altro pianeta. E anche il Consiglio di Sicurezza Mondiale ne ha paura: teme che altre vite possano avere una tecnologia più avanzata della nostra.

Anche noi siamo vittima di questa forma di ignoranza. Fatichiamo a immaginare che esista un tale tipo di attitudine mentale: come è possibile immaginare che esista un’Illuminazione che permetta di aiutare tutta la moltitudine degli esseri viventi?

Attualmente ci sono così tanti conflitti: tra l’America e l’Iraq, fra il Pakistan e l’India, che penso sarebbe una buona cosa se venissero gli alieni, così questi paesi ritroverebbero la pace. Infatti tutte queste nazioni si considerano come la rana dello stagno, tutte credono di essere la più grande e non vedono l’oceano dell’universo. Ieri ho ricevuto una e-mail da Chandapalo, l’abate del Monastero Santacittarama, vicino Roma, in cui mi informava delle nuove minacce che la Cina ha rivolto nei confronti di Taiwan. Gli ho mandato un e-mail di risposta dicendo che ci sono molti conflitti nel mondo e altrettante crisi, povertà e carestie e penso che questo mondo andrà incontro alla distruzione. Alla fine, fra tutte le diverse comunità che si combattono, penso che i vincitori saranno i musulmani. Questo è detto nel Kalachakra Tantra. C’è stato infatti un gruppo di studiosi indiani buddisti che, pur avendo un background indù, hanno studiato il Kalachakra Tantra e hanno detto che c’è un punto in questo testo in cui si dice che la Mecca, la capitale spirituale dell’Islam, regnerà su tutta la terra. Il motivo, nei testi tibetani, non è molto chiaro ma l’edizione rivisitata da questi studiosi indiani appare molto chiara e genera inquietudine. Per questo credo che ci siano molti tibetani, e anche molti occidentali, che sperano che prima che questo mondo venga distrutto si possa rinascere nel regno di Shambala. Shambala è la terra pura, il paradiso del Kalachacra Tantra. Inoltre nel Kalachakra Tantra è anche scritto che, alla fine di tutte le battaglie, il regno di Shambala risulterà vincitore e conquisterà la Mecca. Per questo molta gente spera di rinascere a Shambala, perché alla fine sarà quella che vincerà su tutto. La guerra di Shambala è una specie di guerra santa e si dice che se si rimane morti nella battaglia finale si rinascerà nel paradiso di Shambala. Comunque io non mi sento molto attratto da Shambala, sono molto più attratto da Tushita, il paradiso del Buddha Maitreya, che invece è nella tradizione della scuola Gelukpa.

E, siccome adesso abito nella sede della Fondazione Maitreya, vuol dire che in un certo senso le mie pratiche funzionano, perché Maitreya è il padrone del regno di Tushita. Considerate tutto ciò come un’innocua burla ai danni di Chandapalo.

In fin dei conti l’essenza di Shambala o di Tushita è la Bodhicitta, la mente dell’Illuminazione. Se guardiamo il razzo che va sulla Luna ci rendiamo conto che il suo propulsore sviluppa l’energia necessaria, ed è quella che gli dà il potere. Quel potere, per noi, è la Bodhicitta. Le intenzioni, le motivazioni sono come preghiere e così noi sviluppiamo l’intenzione di andare in questi Paradisi, Shambala o Tushita o anche il Regno di Dio, che sono il frutto di tale pensiero.

L’essenziale per arrivare a questi traguardi è la Bodhicitta, senza la quale non si arriva da nessuna parte. La Bodhicitta, la mente altruistica, la mente dell’Illuminazione, è il potenziale che ci permette di raggiungere qualsiasi posto vogliamo. E’ per questo che la meditazione può essere usata nella pratica buddhista, nella pratica cristiana e anche in quella musulmana. La mente altruistica può essere abbinata a qualsiasi tipo di preghiera. Quest’ultima indica la meta e indicarla non vuol dire essere già là ma avere la possibilità di raggiungerla. Se io voglio arrivare a Zurigo non posso arrivarci soltanto pregando ventiquattrore su ventiquattro: «Voglio andare a Zurigo, voglio andare a Zurigo». Se non è possibile arrivare a Napoli o a Zurigo pregando solamente, come è possibile arrivare in Paradiso che è ben più lontano? Per arrivare in queste città bisogna prendere il treno, o l’aereo, o anche soltanto andare a piedi, quella è la Bodhicitta, la mente altruistica. Se si ha denaro si può raggiungere l’India, New York, qualsiasi posto, senza problemi. Il denaro rappresenta la Bodhicitta. Il denaro della Bodhicitta è ciò che ci permette di raggiungere il Paradiso, qualsiasi terra felice. Quindi sviluppare Bodhicitta non è cosa facile, ma è importante anche soltanto cercare di coglierla e di vederla.

«La Via della Liberazione» è un testo del Dalai Lama che spiega in maniera molto semplice come praticare Bodhicitta. Per esempio, quando io guardo San Francesco e analizzo la sua vita, capisco che egli è stato un autentico Bodhisattva. Nei santuari francescani ci sono queste piccole celle per la meditazione e sono come quelle descritte nel Vinaya, il trattato che contiene le regole monastiche del canone Buddista. Il termine Bodhicitta non esiste nella terminologia cristiana ma io penso che nella pratica essa vi sia veramente.


Thursday 13 September 2012

Le sei paramità



LA VIA DEL NIRVANA
Il Dharma del Buddha
2003
Lama Geshe Gedun Tharchin 


19° Le sei paramità



16-17 giugno 2000



Presa di Rifugio


Vi sono 3 gradi per l'essenza della presa di Rifugio:

1) realizzare, comprendere, la ragione per la quale si prende rifugio nei Tre Gioielli.

Riconoscere la natura di sofferenza del samsara; in questo sono comprese le prime due Nobili Verità: esistenza della sofferenza e della causa della sofferenza.
Realizzare che Buddha, Dharma e Shanga sono l'unico mezzo che si trova al di fuori della sfera della sofferenza: le ultime due Nobili Verità, l'esistenza di un sentiero che porta fuori dalla sofferenza e l'esistenza della cessazione della sofferenza.
Il Rifugio non vuol dire altro che realizzare le Quattro Nobili Verità, questa è l'essenza. Realizzare le Quattro Nobili Verità è la base per prendere Rifugio.

2) due aspetti della presa di Rifugio:
nei Tre Gioielli interni

nei Tre Gioielli esterni
I Tre Gioielli esterni indicano:
Il Buddha storico; un Buddha è tutti i Buddha, tutti i Buddha, in essenza, sono un Buddha. La benedizione è sempre uguale, meditare più Buddha non vuol dire avere più benedizioni.
Il Dharma, l'insegnamento dei Buddha, che è anche la loro realizzazione.
Il Shanga; i Buddha esterni sono anche il Shanga, nel Shanga ci sono esseri che non sono ancora Buddha: sono i Bodhisattva, gli Arhat e gli Arya. La realizzazione di tutti questi esseri è il Sangha. Dharma significa realizzazione del Buddha e del Sangha.
Sono rappresentazioni, ciò che possiamo vedere. Non prendiamo rifugio nelle immagini poste sull'altare, ma in ciò che esse rappresentano, non bisogna confondere i due livelli.
I Tre Gioielli esterni sono fonte di ispirazione, non dobbiamo pensare che ci perdonino o che ci portino in una terra pura, questo è contrario alla filosofia buddhista. Siamo noi che dobbiamo lavorare per la nostra illuminazione, non c'è nessuno che ci porta lì, questa è ignoranza; pregare un Buddha affinché ci porti a Shambala è un ostacolo per la saggezza.
Il buddhismo non è un sentiero di preghiera, ma di saggezza e realizzazione, non è un sentiero di credenza, ma di comprensione.
Quando non sappiamo come sono le cose allora “abbiamo fede” in qualcosa; nel buddhismo, invece, c'è ricerca, comprensione delle cose e poi, la pratica.
C'è un nesso causale: quando comprendiamo le qualità dei Buddha otteniamo la benedizione.
La benedizione, nel buddhismo, non è qualcosa che riceviamo direttamente dall'esterno, ma è parte della nostra comprensione, non è come il gelato o le caramelline che certi lama mi davano quando ero piccolo.




I Tre Gioielli interiori:
Come si prende rifugio in essi? È difficile, io in questo non ho ancora realizzazioni. Il rifugio nei tre Gioielli interiori è la radice del buddhismo; le persone pensano: “faccio un po' di prostrazioni, sono buddhista”, ma non è così. Non abbiamo ancora in noi i Tre Gioielli interiori, ma abbiamo la natura del Buddha, ce l'hanno tutti gli esseri, non solo i buddisti, quindi io dico che tutti gli esseri stanno praticando il buddhismo, perché qualunque aspetto positivo della loro mente scaturisce dalla loro natura di Buddha. Una natura che è nostra, non ci viene data da un Buddha. Natura di Buddha = natura della mente.
Lo sviluppo completo di questa natura è l'illuminazione.
Prima o poi la natura di Buddha si realizzerà, è solo questione di tempo; sta a noi decidere se realizzarci in un tempo più vicino o più lontano, Buddha non ci costringe ad illuminarci adesso, è una nostra scelta
Il Buddha dice: “tu stesso sei il tuo salvatore, non io”. Non esiste il salvatore che fa il lavoro al posto nostro, c'è la nostra dignità e la nostra responsabilità della salvezza, questa è l'illuminazione; se dipendiamo da qualcos'altro non c'è libertà.
Se non si capisce questo si fa solo confusione, riguardo al buddhismo.
Comprendere le qualità dei Tre Gioielli ci permette di comprendere e maturare la nostra potenzialità.

Prendere rifugio nella nostra realizzazione attraverso la compassione, così si raggiunge l'illuminazione.

3) La visualizzazione: ha carattere simbolico. Il Buddha che ci benedice è solo un bel sogno, non è la pratica.
1. livello esteriore- Tre Gioielli esterni

2. livello interiore- Tre Gioielli interiori - questo è fondamentale

3. livello simbolico- visualizzazione
Una buona pratica è una combinazione di questi tre livelli.
Come posso comprendere Buddha, Dharma e Shanga? Attraverso le Quattro Nobili Verità, è l'unica strada. In un sutra Buddha dice: “Chi vede il Buddha vede il Dharma, chi vede l'interdipendenza di tutti i fenomeni vede il Dharma”. Questo è il punto essenziale, non vedere la forma del Buddha, ma le sue qualità interiori; questo vale anche per il Dharma e il Shanga.
Prendere rifugio nei Tre Gioielli esterni è anche un atto di ammirazione. Ci fa comprendere che siamo in grado di essere liberi, di realizzarci. Questo ci dà un'enorme dignità.

Generazione di Bodhicitta - la motivazione


Bodhi = Buddha, illuminazione; Cìtta = mente
La mente che aspira all'illuminazione ha una sola causa, una sola ragione: il desiderio altruistico, raggiungere l'illuminazione per il beneficio di tutti gli esseri. Aspirare all'illuminazione per un beneficio personale è una motivazione egoistica, non è la base, è una contraddizione.
Se non ci si può prendere la responsabilità di tutti gli esseri, allora sarebbe meglio fermarsi all'aspirazione della liberazione dal samsara, cioè il sentiero degli Arhat, l'Hinayana. La base per questo sentiero è la rinuncia a tutti i conforti samsarici, compreso il desiderio di andare a Shambala: è sbagliato, è samsarico.
E' ridicolo pensare che il sentiero Hinayana sia inferiore, è riduttivo. Gli italiani sono molto fissati sulle scuole, i lignaggi, …"è il mio lignaggio" ecc. E' assurdo, è un grande errore. Il Buddha è uno, quello è il lignaggio. Tutto questo è causa di settarismo, divisioni, è un grande ostacolo per la diffusione del buddhismo in Italia e la sua pratica effettiva.
Lo sviluppo della mente di Bodhicitta deve essere graduale. Esistono tre livelli:

1. veicolo mondano - Lokayana - aspirare ad una rinascita migliore

2. veicolo della rinuncia - Hinayana - aspirare alla liberazione dal samsara

3. veicolo della bodhicitta - Mahayana - aspirare all'illuminazione per il beneficio di tutti gli esseri
La pratica delle 6 Paramita è un sentiero completo per praticare il Dharma, ed è comune a tutti i sentieri.

L'attitudine del Bodhisattva è la compassione; la rabbia è l'opposto della compassione. Compassione e rabbia sono come i due piatti di una bilancia: quando uno sale l'altro scende. Noi ci arrabbiamo facilmente.
Dobbiamo smettere di cercare Buddha e Bodhisattva in qualche individuo particolare, ma lavorare con la mente per individuare negli altri, tutti, le qualità del Buddha. Buddha e Bodhisattva esistono in tutti i gruppi umani, in tutte le religioni; li possiamo trovare anche tra gli animali, ma sono difficili da riconoscere, è come riconoscere un fuoco sotto terra. Ci sono teorie buddhiste che affermano che ogni essere è prezioso allo stesso modo del Buddha.
Shantideva, nel Bodhicaryavatara, dice che dobbiamo inchinarci davanti ad ogni essere come al Buddha. Il motivo per cui ci dobbiamo prostrare è che il Buddha ci ha insegnato il Dharma, e, attraverso questo, noi possiamo sviluppare compassione e Bodhicitta. Se non ci fosse alcun essere, né la loro sofferenza, noi non avremmo modo di praticare la gentilezza amorevole e la compassione.
Quando ci capita un problema dobbiamo dire: bene! Dobbiamo riflettere e non agitarci immediatamente. La nostra vita dipende in parte dal karma, e in questo caso non possiamo intervenire, e in parte dal nostro sforzo; ma anche i nostri sforzi non sono completamente responsabili di ciò che ci capita, questo dipende anche dai cinque elementi. Quando piove o c'è il sole, fa caldo o freddo, noi non possiamo fare nulla, perché arrabbiarci e lamentarci? Quando guardiamo questi fenomeni possiamo vedere l'impermanenza e la trasformazione della natura, ma essi non sono la causa dei nostri problemi. Queste sono le condizioni naturali, poi c'è il karma determinato dalle azioni compiute in vite precedenti, ed è molto difficile da spiegare. Il karma determina la nostra condizione di vita attuale.
Non dobbiamo prendere seriamente ciò che ci accade, avere un atteggiamento di attaccamento. C'è la pioggia, ma non dobbiamo esserne disturbati. Gli osservanti dovrebbero riflettere su queste condizioni naturali ed ottenere una realizzazione al riguardo. Allo stesso modo dovremmo agire nei confronti del karma: io sono tibetano e non posso diventare italiano, posso tingermi i capelli e cambiare il colore degli occhi, ma li rovinerei e continuerei ad essere tibetano.
Cosa possiamo cambiare? Solo la mente, questo è interessante.
Anche altre cose possono cambiare: i nostri studi, le condizioni materiali ma, anche in questo caso, non possiamo cambiare proprio tutto e se vogliamo diventare ricchi come Berlusconi è improbabile che ci riusciremo, quello è il karma di Berlusconi. Comunque anche Berlusconi non può diventare ghesce.
Non bisogna lasciarsi impressionare dal potere gerarchico; in me hanno lasciato una grande impressione molte persone umili e povere in mezzo alla gente comune. Il buddhismo non dipende dalle istituzioni, dalle gerarchie, dai monasteri, ecc., ma dalla disposizione naturale di ognuno di noi. Illuminazione, Bodhicitta e Nirvana non sono facili, il rango di una persona non determina nessuno di essi.
La compassione è l'essenza di ogni religione, e il buddhismo la enfatizza molto. Sviluppare la compassione significa ridurre il nostro ego, semplificare la nostra mente; alla fine di questo processo non avremo più bisogno di nulla, e questo significa completo soddisfacimento, mancanza di desiderio, e saremo al di là della sofferenza.
Sviluppare la mente porta alla tranquillità, tranquilli quando ci alziamo, quando mangiamo, lavoriamo ecc., a loro volta le nostre attività quotidiane possono influire sullo sviluppo mentale, altrimenti uno è tranquillo solo quando medita, ma così non serve a nulla.
E' particolarmente importante, nel buddhismo, vedere come le cose sono, osservare la compassione non volando come un uccello, ma restando sulla terra nella nostra condizione naturale. Questo tipo di realizzazione è importante applicarlo alla nostra vita quotidiana. Se non comprendiamo questa relazione, faremo degli errori.

Il metodo per praticare si basa su tre aspetti:

1. accumulare meriti attraverso la pratica delle 6 Paramita: questo produce in noi l'illuminazione, ma l'illuminazione non è per noi, per uno scopo personale, è per gli altri.
2. raggiungere l'illuminazione
3. portare gli altri esseri all'illuminazione
Come posso sviluppare l'attitudine alla bodhicitta? Attraverso la compassione e la gentilezza amorevole, che sono il prodotto dello sviluppo della rinuncia.
La rinuncia come si può raggiungere? E' sviluppata dall'attitudine di ottenere una condizione di vita migliore nella prossima rinascita.
1. Lokayana
2. Hinayana
3. Mahayana
Passo per passo, questo è il sentiero buddhista.
Poi c'è un altro sentiero trascendentale che fa raggiungere l'illuminazione in una vita e senza sforzo: è la magia! È il sentiero buddhista della magia! (risa)
Sia Milarepa che Buddha Sakyamuni hanno raggiunto l'illuminazione in una vita con molto sforzo e grande coraggio. Dobbiamo essere dotati dello stesso coraggio, non ci sono altre strade.
Bodhicitta, cuore aperto verso tutti gli esseri senza discriminazione, con un senso di cura verso tutti gli esseri e l'avere a cuore la loro sofferenza. Questo è l'unico modo per eliminare la nostra sofferenza.
La nostra felicità dipende dagli altri, e per ottenerla dobbiamo dare noi stessi per gli altri. Questa è l'attitudine di bodhicitta, è distante da noi, ma sapere che è così è già una gran cosa, apre le nostre possibilità.

I 4 incommensurabili:

Sentiero dello sviluppo della motivazione, dei mezzi, gli esercizi attraverso i quali possiamo espandere la bodhicitta:
1. equanimità - è difficile sviluppare compassione verso uno che ci ha ferito, offeso, o verso qualcuno per il quale proviamo attaccamento, o che ci è indifferente. Dobbiamo considerare tutti come un'unica categoria, e sviluppare equanimità e un certo distacco verso di loro. Se non ci riusciamo, almeno prendiamoci cura di loro allo stesso modo.
2. gentilezza amorevole incommensurabile - dopo aver sviluppato la compassione, immaginiamo di condurre tutti gli esseri alla felicità e alla causa della felicità. Quando si parla di felicità non ci si riferisce alla felicità mondana, ma alla beatitudine del Nirvana. L'unica felicità è quella che scaturisce dalla pratica del Dharma, possiamo anche chiamarla beatitudine del Nirvana o del Dharma. La felicità mondana, vestiti, cibo, ricchezza ecc., ha la natura della sofferenza. La vera felicità è la cessazione della sofferenza, e questo è il sentiero del Nirvana.
3. equanimità della compassione - significa che tutti gli esseri possono essere separati dalla sofferenza del samsara.
4. equanimità della gioia -augurare agli esseri di non essere mai separati dalla felicità priva di sofferenza, questo contiene sia la compassione che la gioia.
Questo è un training mentale per lo sviluppo di bodhicitta.
Dopo la meditazione dobbiamo diventare almeno superficialmente un Bodhisattva, altrimenti la nostra pratica non ha alcun significato. Se abbiamo fatto nostra questa attitudine, non c'è più possibilità che ci arrabbiamo; e non è qualcosa che ci viene dato da qualcuno al di fuori, ma appartiene alla natura della nostra mente, che è il nostro protettore, dal punto di vista della realtà ultima.
In alcuni testi si dice che “tu sei Buddha da tempo senza inizio, ma non hai ancora riconosciuto la tua natura”, questo non è possibile, se sei un essere senziente non sei un buddha, ma si può interpretare dicendo che c'è un potenziale per la buddhità. Soltanto Samantabhadra è stato Buddha da tempo senza inizio; se fossimo tutti Buddha fin dall'inizio saremmo tutti Samantabhadra.
Se uno è un Buddha sa di essere Buddha, se non sa di essere Buddha non è Buddha.

Shantideva, nel Bodhisattvacaryavatara, fa questo esempio, a proposito della possibilità di praticare il Dharma: “è un'opportunità molto rara, come un lampo di luce che vediamo nella notte, in questo modo, raramente, la mente virtuosa appare, ed è dovuto alla grazia particolare dei Buddha.” Se dividiamo la nostra mente in due parti, una occupata da pensieri virtuosi e una da pensieri non virtuosi, vediamo che la parte virtuosa è come la luce di un baleno rispetto a quella non virtuosa, è molto raro che abbiamo pensieri positivi virtuosi, e nel momento in cui questa mente appare noi siamo veramente una persona positiva, quando si allontana emerge la nostra parte negativa, anche la nostra faccia cambia. La nostra parte positiva è molto debole e povera, e la parte negativa è molto potente, quindi il nostro lavoro, che è quello di capovolgere questi due poli, non è assolutamente facile, ma solo in questo modo troveremo la pace.
“Non esiste nient'altro che bodhicitta per contrastare la presenza di pensieri negativi” (Shantideva).
Quando trascorriamo del tempo con la nostra mente positiva destiamo ammirazione, sfruttiamo in modo positivo la nostra esistenza.
Il Dharma possiede tre caratteristiche. E' virtuoso:
1. all'inizio
2. nel mezzo
3. alla fine
non c'è nulla che possa nuocere a qualcuno all'interno del Dharma.
Se, attraverso il Dharma, vogliamo ottenere dei beni mondani, sarà molto difficile ottenerli, non è questa la via. Se si pratica il Dharma non c'è pericolo che non si ottengano cibo e protezione attraverso di esso, non si può diventare ricchi come Berlusconi, ma neanche poveri. Se uno è molto ricco o molto povero non può praticare il Dharma. Questa è la via di mezzo insegnata dal Buddha.
Praticare il Dharma puro significa sviluppare una mente pura, purificare la nostra mente e mantenerla pura. Se la nostra mente è pura e pulita, saremo individui puri e puliti, più felici, più in salute; staremo meglio complessivamente, è un po' come farsi una doccia. Se pratichiamo il Dharma al fine di ottenere beni materiali, questo Dharma sarà contaminato, la nostra mente non sarà pura, né a suo agio. La pratica del Dharma è stata anche definita “purificazione dalle illusioni della mente”.
Non possiamo dire di fare tutto quanto in modo positivo, perché non siamo ancora Buddha; possiamo solo aumentare le azioni positive. L'importante, adesso, è essere consapevoli di cosa sia positivo e cosa negativo. Non è giusto arrabbiarsi quando qualcuno ci dice che non facciamo le cose in modo corretto.
L'appagamento è importante anche con il Dharma. Questo è il ventunesimo secolo, è un tempo molto difficile, il fatto che noi dedichiamo un po' di tempo a qualcosa di positivo è molto ammirevole. La vita in Occidente è ad un livello molto alto, ma per mantenerlo dobbiamo guadagnare molto e quindi, lavorare molto. Il fatto che dedichiamo un po' di tempo a purificare la nostra mente è molto positivo. Ci sono persone che vanno al mare, oggi, non fanno niente di male, ma la loro è un'attività neutra; il fatto che noi siamo qui è una cosa positiva, stiamo cercando di migliorare il nostro stile di vita, è un grande lavoro. Quando la gente torna dal mare è dispiaciuta, quando si torna da un centro di Dharma si è più rilassati e il beneficio dura anche il giorno successivo, perché si sviluppano le qualità spirituali.

Riassunto: - presa di rifugio nei tre gioielli

- come prendere rifugio: non è una sorta di battesimo buddhista, nel buddhismo non c'è il battesimo. Tutti sono inerentemente buddhisti, perché tutti hanno la mente di Buddha; purificare questa mente è la pratica del buddhismo. Non c'è alcuna cerimonia per diventare buddhista, non c'è bisogno di copiare da altre tradizioni e perdere una caratteristica del buddhismo stesso; non esiste l'idea di conversione, non esiste neanche un termine per definirla così come è intesa nel cristianesimo. Il tratto autentico del buddhismo è la presa di rifugio interiore, per confermare la volontà di purificazione della mente, questo è lo scopo della nostra vita.
- Per quale motivo prendere rifugio: -lo sviluppo di Bodhicitta. Mente pura = mente altruistica; mente impura = mente egocentrica. È un concetto diverso da quello di “peccato”, perché il fatto di avere o meno una mente pura è una nostra scelta, dipende da noi e nessuno ci punirà per aver scelto una mente impura. Buddha ha detto: “Tu sei il tuo maestro oppure il tuo nemico”. Nessuno ci può spingere, forzare ad avere una mente pura, siamo indipendenti. Il massimo livello della mente altruistica è la Bodhicitta. Anche se non abbiamo la possibilità di sviluppare completamente la Bodhicitta, è importante aspirare ad essa, sviluppare ammirazione verso questo tipo di mente.
- I 4 incommensurabili - processo della pratica dello sviluppo di Bodhicitta. Per recitare i 4 incommensurabili impieghiamo poco tempo, ma per meditare su di essi abbiamo bisogno di mesi.

La preghiera in 7 rami:

È comune a tutte le tradizioni ed è importante per eliminare le negatività e accumulare meriti.
Venne pronunciata dal Buddha nel “Sutra delle azioni corrette”. Possiamo trovarla sia nel Bodhisattvacaryavatara di Shantideva, sia nel Ratnavali di Nagarjuna.
Rendere omaggio
Presentare le offerte
Purificare le negatività
Ammirazione
Chiedere insegnamenti al Buddha e ad altri maestri illuminati
Chiedere benedizioni
Dedica dei meriti
Il suono degli strumenti fa parte di questa preghiera, specialmente al momento delle offerte. Questa è una delle principali preghiere preliminari.

Offerta del mandala:

Offrire il corpo, quello che ci appartiene e la nostra virtù. A chi? Nella tradizione al nostro Guru, ai tre Gioielli, alle divinità, poi al Buddha; ma questo tipo di offerta non è chiaro per me, anche l'immagine del cosmo stesso, con i continenti…non è così chiara. In qualsiasi modo si sia prestato fede a ciò che è stato scritto nel passato, adesso dobbiamo adeguarlo ai tempi, non dobbiamo fare una fotocopia del passato, ma occuparci dell'essenza.
La rappresentazione cosmologica buddhista può non essere così accettabile, può darsi che qualcuno veda il cosmo così, i tibetani non erano in grado di disegnare neanche la cartina del loro paese, come potevano rappresentare l'universo? Penso che ci siano delle contraddizioni.
I tibetani pensano di avere la cartina per raggiungere Shambala: è impossibile! Se non sapevano come disegnare la cartina della Cina o dell'India, o quella per raggiungere Lhasa, come potevano disegnarne una per andare a Shambala? Probabilmente tutto questo è da prendere in modo simbolico; ma in Tibet l'hanno considerato reale e ci hanno creduto, questo è stato uno dei motivi della rovina del Tibet. Abbiamo una bellissima parte della nostra cultura che riguarda il Buddha, Marpa, Lotsawa, che trascorse 20 anni in India, o Atisha, e il re di allora sacrificò la sua vita per invitarlo in Tibet. Ma molte persone non hanno neanche fatto questa fatica di andare in India.
Il Mandala è qualcosa di simbolico, non dobbiamo prenderlo come una mappa dell'universo.
È molto difficile cogliere l'essenza del vero buddhismo.

Ci avviciniamo al nocciolo di questo corso:

Le sei Paramita


Milarepa dice che “le sei Paramita contengono tutto l'insegnamento buddhista. Per coloro che praticano il Dharma la ricchezza è solo una causa di distrazione. Colui che darà via tutti i suoi beni materiali rinascerà come principe del cielo (cioè avrà condizioni molto favorevoli alla pratica). Nobile è colui che pratica la generosità”. Milarepa dà insegnamenti estremamente pratici, in poche parole. “La moralità è la sola che conduce alla liberazione, e tutti i praticanti buddhisti dovrebbero praticarla.” La pazienza è la virtù di cui il Buddha si occupò in modo particolare: “E' un vestito difficile da indossare, ma tutti i meriti si sviluppano nel momento in cui viene indossato. La diligenza è il sentiero breve che conduce alla liberazione, senza di essa nulla può essere fatto.
Questi 4 meriti sono indispensabili.
La concentrazione è un insegnamento che sta tra saggezza e accumulazione dei meriti. Tramite la concentrazione tutte le distrazioni vengono allontanate.”
Una caratteristica di Milarepa è che il suo insegnamento è la sua vita, viene riconosciuto anche in ambito Theravada, dove, generalmente, la tradizione tibetana è considerata strana: i cappelli di diversi colori… e così via. Milarepa era un upasika, persona laica, non ordinata. La sua vita è il modello attraverso cui praticare il buddhismo tibetano; quando guardo alla vita di Milarepa non vedo mai che lui si sia seduto su di un trono, o che si sia messo un particolare cappello.

Il quinto capitolo del Bodhicaryavatara è un condensato, contiene un'esposizione cadenzata delle paramita.
Stanza 9 - Se la perfezione della generosità consiste nel rendere l'universo libero dalla povertà, come possono averla conquistata i Protettori precedenti, se il mondo è ancora oggi sempre povero?
Stanza 10 - Si dice che la perfezione della generosità derivi dall'atteggiamento mentale di lasciare a tutte le persone tutto quello che si ha, insieme con il frutto di quell'atto. Perciò la perfezione è l'atteggiamento mentale stesso.
La generosità, si dice qui, è uno stato mentale e la sua pratica, quindi, non dipende da cose esteriori; se pensiamo che generosità significhi colmare tutti i bisogni materiali di tutti gli esseri, allora in che modo dobbiamo considerare l'azione di tutti i Buddha, che hanno portato a termine la sua pratica, visto che la povertà è rimasta? È uno stato mentale che consiste nella consapevolezza del risultato del portare beneficio agli altri (il buddhismo è comprendere). Non dipende da quanto uno possiede, si può non avere nulla e praticare ugualmente la generosità, non dipende da una condizione esterna.
Nel Lam Rim di Lama Tzong Khapa la generosità è “la gemma che esaudisce tutti i desideri. È ciò che può tagliare il cappio delle nostre miserie, è l'azione dei Bodhisattva che può espandere il potere del nostro cuore. È il modo per diffondere la nostra buona reputazione.” Ne derivano cinque benefici principali. Milarepa parla anche degli svantaggi del non praticare la generosità.
Anche se facciamo una piccola offerta materiale ad una persona molto povera, meritiamo ammirazione.
L'oggetto della pratica sono le cose da donare: il corpo, i beni materiali e l'accumulazione di meriti nei tre tempi, presente - passato - futuro. È molto importante che queste tre cose siano dedicate al beneficio degli altri esseri; non è impossibile, anche nella nostra società ci sono persone che fanno questo. Oppure ci sono persone che hanno il desiderio di donare ma, a volte, hanno difficoltà a metterlo in pratica, incontrano degli ostacoli nel progredire su questo sentiero; probabilmente sono persone che non hanno un approccio corretto con questa pratica. Ci sono anche persone che traggono benefici egoistici dalla generosità degli altri e ne scoraggiano la pratica, in questa società non c'è molto spazio per i Bodhisattva. Per praticare l'intento del Bodhisattva bisogna avere molto coraggio e determinazione, come Buddha Sakyamuni e Milarepa.
Oggi ci sono maestri che dicono: “io ti posso dare l'illuminazione all'istante”, non è possibile, è un altro tipo di illuminazione, non quella di cui parla Buddha Sakyamuni.
Anche donare il Buddha è generosità, anche donare il nostro tempo: questo ci libera dalla nostra avarizia e attaccamento. Se dico cento volte “questo orologio è mio”, quando lo perdo è come se lo perdessi cento volte; se non ho sviluppato attaccamento, anche se perdo l'orologio, non cambierà niente, io non cambio, sono sempre lo stesso.
Stanza 11 - Dove si potrebbero portare i pesci e le altre creature in modo che io non possa ucciderli? Tuttavia, si conviene che raggiungere l'atteggiamento mentale di astenersi dagli atti del mondo è la perfezione della moralità.
La disciplina etica è, parimenti, uno stato della mente che preserva le virtù etiche. Non uccidere non vuol dire che dobbiamo proibire il compimento di qualsiasi azione dell'uccidere nel mondo, rendere il mondo perfetto, si tratta sempre di un'attitudine mentale che ci impedisce di compiere questa azione.


Ci sono tre modi per praticar la generosità:
1. generosità del Dharma; riguarda più che altro gli insegnamenti di Dharma, ma vi sono inclusi anche i consigli e i suggerimenti che noi praticanti possiamo dare agli altri. Il coinvolgere gli altri, in modo indiretto, nelle nostre azioni virtuose. Tutto retto da una motivazione altruistica, senza aspettative riguardo ad una ricompensa. Questo è il fondamento per la pratica di una generosità pura. Si dà unicamente per il beneficio degli altri. Trasmettere delle conoscenze o educare, ma non dobbiamo andare dalle persone e dare consigli senza che loro chiedano.
2. generosità del donare oggetti materiali
3. generosità di protezione; ad esempio proteggere la vita di altre persone o animali.

Moralità - atteggiamento mentale del non recare danni agli altri, disciplina di mente - corpo - parola. In tibetano ci sono due traduzioni per il termine sanscrito shila, moralità: letteralmente è sil-to, cioè raggiungere freschezza, tecnicamente è tsultrim , cioè norme etiche.
Lo stress è dovuto ad un eccesso di energie negative, quando abbiamo realizzato la moralità evitiamo le azioni negative che danneggiano gli altri, e questo ci fa raggiungere la pace mentale. Quando si parla dell'etica buddhista si parla subito dei 5 precetti, che sono contemplati sia dalle persone ordinate che dai laici, e delle 10 azioni virtuose: sono consigliabili non solo per i buddhisti, ma per tutti. Non necessariamente chi segue queste regole è buddhista. Non seguendo tali regole rechiamo danno direttamente e indirettamente agli altri e a noi stessi. Per chi accetta i 5 precetti le 10 azioni virtuose sono fondamentali. Io, come insegnante di Dharma, non potrei parlare di questi 5 precetti a persone che non li hanno presi, è un dogma del Vinaya .
Ci sono 3 tipi di voti:
1. di pratimoksa
2. tantrici
3. del bodhisattva
I primi due non si possono spiegare senza che prima si siano presi; è una cosa difficile, non so che trucco ci sia, ogni tanto il buddhismo fa dei trucchi… ci sarà una ragione.
I voti del bodhisattva, invece, bisogna spiegarli prima di darli, sono i più autentici.
I voti di pratimoksa sono di due tipi:
a) laici - uomini (upasika) - donne (upasaka)
b) monaci
Ogni categoria ha 5 precetti, ma se ne può prendere anche solo uno, o due, tre, quattro. Se si prendono tutti e cinque i precetti si è upasika pieno, un gradino più su ci sono gli upasika completi, sono pochissimi; Milarepa era un upasika completo, Marpa un upasika pieno: la differenza tra i due è che Marpa era sposato.
C'è una differenza tra le 10 azioni virtuose e i 5 precetti: uno dei precetti, “non assumere intossicanti”, non compare tra le 10 azioni. Bere alcolici non è, in sé, un'azione negativa ma, come dice Buddha Sakyamuni, assumere queste sostanze può spingere a compiere azioni che recano danno a noi e agli altri.
Gli altri 4 precetti vengono chiamati “precetti radice”, sono considerati azioni importanti, virtuose, perché ci aiutano a non compiere azioni negative, recando danno.
Stanza 12 - Quante persone malvagie, senza fine come il cielo, posso io uccidere? Ma quando l'atteggiamento mentale dell'ira è ucciso, ucciso è ogni nemico.

La pazienza. Quando diciamo “vedo questa persona e mi nasce la collera” l'errore non è in quella persona, ma nella nostra mente. Se volessimo eliminare dal mondo tutti gli oggetti della nostra rabbia il lavoro non avrebbe mai fine, facciamo prima ad eliminare la collera.
Stanza 13 - Dov'è tanto cuoio da coprire il mondo intero? Il vasto mondo può essere coperto con il cuoio che basta per un paio di scarpe soltanto.
Questo è un mezzo molto abile, da parte di Shantideva, per spiegare il concetto della pazienza. Se vogliamo proteggerci da attacchi esterni dobbiamo indossare l'abito della pazienza.
Stanza 15 - Anche con l'aiuto di corpo e parola, una mente ottusa non dà nessun frutto che regga il paragone con quello prodotto dalla sola mente acuta, come il raggiungimento dello stato degli dei di Brahma.

Perseveranza.
Stanza 16 - L'onnisciente ha dichiarato che ogni recitazione e austerità, pur se praticare per un lungo periodo, sono del tutto inutili se la mente è concentrata su qualcos'altro o è ottusa.

Concentrazione, essenziale per rendere efficace la pratica.
Stanza 17 - Coloro che non hanno sviluppato questa mente, che è nascosta e contiene la somma intera del Dharma, girano in cerchio invano tentando di ottenere la felicità e distruggere la sofferenza.

Saggezza, la conoscenza della comprensione del segreto della mente.
Che cos'è il segreto della mente? È molto difficile. Tutta la sofferenza, la nostra sofferenza, il male, il bene, la felicità, l'infelicità dipendono dalla nostra mente, se sappiamo questo, non c'è bisogno di trovare soluzione ai nostri problemi; se siamo coscienti di questo possiamo cambiare le cose molto facilmente. Spesso noi consideriamo le difficoltà come qualcosa che arriva dall'esterno, così ci troviamo sempre in difficoltà, perché il nostro obiettivo e la strada che percorriamo sono diversi. Causa di ciò è l'ignoranza, è il segno che non siamo ancora Buddha.
L'attitudine dei Bodhisattva è di non diventare Buddha troppo presto, desiderano rinascere per poter aiutare gli esseri, quindi non vogliono eliminare queste afflizioni, ma, grazie al loro alto grado di sviluppo mentale, le sfruttano come mezzo abile per questo scopo.
Il problema non è quello di non essere un Buddha, ma di non riuscire ad evolvere, a svilupparci. Anche se ci si sviluppa poco per volta va bene. Tutto dipende dalla nostra mente: cambiando la mente si cambia tutto. Per noi è difficile da accettare.
Stanza 18 - Perciò dovrei governare e sorvegliare bene la mia mente. Se lascio andare il voto di sorvegliare la mente, che ne sarà dei miei tanti altri voti?
Non bisogna fare altro sforzo che proteggere la propria mente.

Scendiamo più in dettaglio per quanto riguarda la pazienza: è contrapposta alla rabbia.
Capitolo 6 - stanza 1- Questa adorazione dei Sugata, la generosità, la buona condotta osservata nel corso di migliaia di eoni: l'odio distrugge tutto ciò.
Non c'è altra azione negativa che quella della rabbia che può distruggere tanto.
Stanza 2 - Non c'è male uguale all'odio, non c'è pratica spirituale uguale alla pazienza. Perciò con vari mezzi, con grande sforzo, si sviluppi la pazienza.
Non esiste altra pratica come quella della pazienza. E non è facile distruggere la rabbia.
Stanza 3 - La mente non trova pace, né gioisce di piacere o diletto, né si addormenta, né si sente sicura finchè il dardo dell'odio è conficcato nel cuore.
Stanza 9 - Che io non turbi il sentimento di gioia partecipe, anche all'arrivo di qualcosa estremamente sgradito. Non c'è nulla di desiderabile nello stato di frustrazione; al contrario, ciò che è salutare viene trascurato.
La rabbia non ci aiuta, con essa non raggiungiamo l'illuminazione.
Stanza 16 - Freddo, caldo, pioggia e vento, viaggio e malattia prigione e percosse: non bisognerebbe essere troppo sensibili al riguardo. Altrimenti l'angoscia peggiora.
A che scopo arrabbiarci se le cose non si possono risolvere? A che scopo se si possono risolvere?

Perseveranza, sforzo gioioso: lo sforzo che non ci procura alcun tipo di difficoltà. La molla che ci fa sviluppare la perseveranza è la comprensione del risultato che la pratica di questa paramita ci procurerà. Ci vuole costanza, non è facile.

E' importante mettere molta energia nella pratica delle sei paramita. Si può praticare una paramita per volta, oppure, in modo più completo, tutte e sei:
generosità delle generosità
etica della generosità
pazienza della generosità
perseveranza della generosità
concentrazione della generosità
saggezza della generosità
e così via.
La pratica della generosità ha due livelli:
1. livello relativo o convenzionale:sapere che cosa dare e a chi; ai monaci, per esempio, non è appropriato offrire cibo dopo mezzogiorno; non è corretto donare armi ecc.
2. livello assoluto: la natura di vacuità della generosità. Quando pratichiamo questa paramita sono coinvolti tre aspetti
donatore
destinatario
oggetto
dobbiamo meditare la natura vuota di questi tre aspetti.
La saggezza è l'occhio di tutte le paramita, senza di essa le paramita sono cieche. Se durante un atto di generosità guardo solo al livello relativo e non a quello ultimo sono ancora immerso nel samsara, e la mia sarà una generosità molto superficiale.
All'inizio è più facile riflettere su questi due livelli separatamente ma, se riusciamo a integrare il livello ultimo nella pratica, questo costituirà un antidoto all'attaccamento al sé, che è l'ignoranza fondamentale. Con il livello relativo sviluppiamo solo la compassione, ma questa non diventa un antidoto. Dharmakirti, un maestro di logica, dice che l'allenamento mentale è positivo, ma non tocca l'ignoranza fondamentale. Per superare quest'ultima c'è bisogno della saggezza che realizza la vacuità, ed è la sesta paramita.
Le prime due paramita sono più adatte a sviluppare la compassione, le altre a sviluppare la saggezza, ma si possono praticare tutte in combinazione e diventano 36 aspetti principali della pratica (6 per 6).
Milarepa ha detto che la pratica delle sei paramita contiene la pratica di tutto il Dharma.
La concentrazione è indispensabile per la realizzazione della saggezza autentica (la-tong = visione profonda): vedere una cosa con modalità che vanno al di là dei concetti ordinari. Quando abbiamo sviluppato una autentica shinè, dobbiamo sviluppare una autentica visione profonda, finchè non l'avremo fatto non avremo modo di affrontare l'ignoranza fondamentale.
Etica, generosità e pazienza sono comuni a tutte le religioni. Perseveranza, concentrazione e saggezza, o visione profonda, sono caratteristiche del buddhismo. Se vogliamo sperimentare la pratica buddhista dobbiamo cercare questo livello, della visione profonda.
Come si può riflettere sulla natura ultima dei fenomeni? Con la meditazione.
La meditazione è un fattore chiave, e, in questo caso, c'è bisogno di un'osservazione di tipo analitico. Quando vediamo un oggetto vediamo solo le sue caratteristiche generiche, non andiamo in profondità, ci attacchiamo ad esso e creiamo un'illusione. La visione profonda permette di andare oltre gli aspetti generici e di percepire l'oggetto in modo dettagliato e sotto molteplici aspetti. Buddha ha praticato le sei paramita meditando sui fenomeni in questo modo.
Tutto dipende dallo sforzo della nostra volontà.