Tuesday 18 September 2018

LA MENTE NEL BUDDHISMO TIBETANO

















La Mente nel Buddhismo Tibetano







Lama Geshe G. Tharchin Lharampa

Ritiro residenziale 
1 - 3 giugno 2018
Solanas di Sinnai - Cagliari








Prima Sessione

Buon giorno a tutti, siamo qui per rendere la nostra vita più significativa, non solo per noi stessi, ma per tutti gli esseri e per l’intero universo.
Iniziamo con le preghiere della triplice pratica quotidiana per predisporci nella tranquillità alla meditazione:

Rendere Omaggio

Maestro, Bhagavān, Tathāgata, Buddha perfettamente e completamente risvegliato. A te, dotato di sapienza e retta condotta, che hai raggiunto la sapienza eretta condotta, che hai raggiunto la beatitudine, Conoscitore dell’Universo, Guida degli esseri ordinari che devono essere domati, Maestro di tutti gli dei e degli uomini, Bhagavān, Buddha Glorioso, vittorioso Śākyamuni, rendo omaggio, porgo offerte e in te prendo rifugio.

Quando tu, timoniere degli uomini, sei nato,
Hai fatto sette passi su questa grande terra e hai detto:
In questo mondo sono supremo”
A te, che persino allora eri saggio, rendo omaggio.

Corpo completamente puro, forma sommamente bella,
Oceano di saggezza, simile ad una montagna aurea,
Gloria che risplende nei tre mondi,
A te, Protettore Supremo, rendo Omaggio.

Caratterizzato dai segni supremi, dal volto simile alla luna candida,
Del colore dell’oro, a te rendo omaggio.
I tre mondi non sono come te, che sei immacolato.
A te, impareggiabile saggio, rendo omaggio.

Protettore ricco di grande compassione,
Maestro onnisciente, dotato di ogni realizzazione sulla conoscenza,
Campo di qualità e meriti vasti come l’oceano,
A te, Tathāgata, rendo omaggio.

Rendo omaggio al Dharma che porta pace,
Che attraverso la purezza libera l’attaccamento,
Che attraverso la virtù libera dai regni inferiori,
Che è l’unico, supremo significato ultimo.

Rendo Omaggio al Sangha,
Che dalla libertà insegna il sentiero verso la libertà,
Perseverando nelle pratiche pure,
Sacro campo dotato di qualità positive.
***
Recitazione del Sūtra

Non commettere azioni non virtuose,
Accumulare virtù e bontà,
Domare la propria mente:
Questo è l’insegnamento del Buddha.

Come una stella, un miraggio, una lampada,
illusioni, gocce di rugiada, bolle, sogni, lampi e nuvole:
Guarda in questo modo tutti i fenomeni condizionati

***

Dedica

Avendo conseguito lo stato dell’onniscienza tramite questi meriti,
E così sottomettendo il nemico causa delle afflizioni,
Possa io liberare gli esseri migratori dall’oceano dell’esistenza,
Scossi dalle onde dell’invecchiamento, della malattia e della morte.


L’obiettivo di queste preghiere preliminari è quello di preparare la propria mente in un’attitudine di omaggio a tutti gli esseri attraverso l’omaggio a Buddha, Dharma e Sangha e nella prima parte del sūtra vi è contenuto l’intero insegnamento del Buddha nella pratica della moralità, della concentrazione, della meditazione e della saggezza, che sono le principali qualità umane che dobbiamo coltivare sin dalla nascita e ogni giorno con particolare cura.
Nella seconda parte il sūtra tratta della visione, della percezione concreta che noi abbiamo di tutti i fenomeni che si presentano nella nostra vita e che dobbiamo riconoscere nella loro natura illusoria.
Ciò che percepiamo come permanente è in realtà impermanente e ciò che definiamo solido non lo è affatto, per questo è così importante riconoscere questa nostra visione distorta ed essere consapevoli della realtà fluttuante e mai statica di qualsiasi fenomeno, tutto è impermanente.
Noi invece ci fermiamo esclusivamente all’apparenza, viviamo tutta la vita nell’inganno, in un sogno che consideriamo realtà indiscutibile, concreta, vera, e schiavi dell’illusione di questa visione distorta siamo inesorabilmente vittime di dolore, insoddisfazione, frustrazione.
Il grande scienziato e filosofo Einstein aveva compreso pienamente l’impermanenza di tutti i fenomeni dell’universo, compreso il tempo che noi invece vediamo rigidamente in un susseguirsi di frazioni distinte, mentre nella realtà tale modalità non esiste affatto.
Abbiamo consapevolezza della natura impermanente di tutti i fenomeni dell’universo? Questa è la vera domanda che dobbiamo porci e la risposta la possiamo trovare unicamente in noi stessi, attraverso una costante ininterrotta personale ricerca, certamente con l’ausilio degli insegnamenti dei maestri eccellenti, ma soltanto nella profondità di noi stessi possiamo trovare il senso ultimo della realtà.
La recita del sūtra si conclude con la dedica, che deve essere ripetuta, interiorizzata profondamente ogni giorno perché esprime il senso profondo del nostro essere qui che fonda l’agire quotidiano nella visione realistica dell’esistenza, nella moralità, nella compassione, nella concentrazione, nella saggezza. La nostra esistenza, se non fosse condivisa, estesa con questa attitudine a tutti gli esseri, sarebbe completamente vana, priva di significato.
Tutti vogliamo fuggire dal samsāra, ma sarebbe davvero sciocco pensare di poterlo fare coltivando unicamente la propria individualità, il proprio ego, siamo tutti un unico corpo, inscindibilmente interconnessi e soltanto in questa relazione possiamo realizzare la tanto desiderata liberazione.
Noi viviamo come se fossimo unici e concretamente permanenti, ma già nello stesso momento della nascita inizia il processo di invecchiamento e di morte, milioni di cellule, come gocce di rugiada, nascono e muoiono in un istante anche se noi non ce ne accorgiamo.
Dunque la domanda che sorge spontanea è: “Cosa vogliamo noi dalla vita?” e l’unica risposta sensata è: “Non vogliamo nulla”, poiché tutto ciò che pensiamo di volere in realtà non esiste, è frutto della nostra distorta visione illusoria.
Chi vuole tutte queste cose come permanenti concrete reali? Il nostro gigantesco IO, ma lo stesso io non esiste.
E’ importante questa domanda perché solo chi se la pone può essere consapevole e vedere l’inganno intrinseco nella visione errata della realtà.
Adesso fermiamoci un momento nella meditazione per consolidare in noi stessi queste riflessioni sentendole vitali nella profondità della nostra umanità, facendone esperienza nella mente e nel corpo.
Iniziamo a concentrarci sulla mente consapevole del proprio valore di amore e compassione, sull’essenzialità di concentrazione, meditazione e saggezza, nell’integrazione con la visione pura della realtà impermanente e vacua.
La mente di consapevolezza con le quattro caratteristiche: compassione, concentrazione, saggezza e la visione dell’impermanenza, della vacuità dei fenomeni deve essere integrata nel nostro respiro, nel ritmo di inspirazione ed espirazione che nutre ogni cellula del nostro corpo e in cui tutto si trasforma in bontà, pace, armonia.

segue meditazione guidata:

Abbiamo fatto un buon lavoro con questa meditazione di unione di corpo e spirito nella propria mente, il senso, la direzione della nostra esistenza, questo è il Dharma.
Dharma non significa volare nella stratosfera, ballare con le divinità, levitare, essere preveggenti o tutte le altre fantasie così affascinanti, quanto menzognere, nulla di tutto ciò, Dharma è il vivere la quotidianità illuminata dall’armonia con se stessi e con gli altri con consapevolezza nella concentrazione dei valori di ogni istante, nell’amore, nella compassione, nella saggezza della visione pura. Vivere in questa luce è avere nella mano la lampada che illumina ogni passo che ci fa procedere sereni nel cammino della vita.

(segue dibattito)

Domanda: Se il tempo non esiste come giustifichiamo il karma?
Domanda: Il principio di causa effetto non significa che necessariamente deve esistere un prima e un dopo?
Lama: Tutto ciò che è stato detto: Karma, tempo, verità convenzionale e verità ultima, rientrano nella pratica della spiritualità la cui motivazione principale è la ricerca nella visione più ampia dell’armonia, della pace, nel compimento interiore in cui è possibile risolvere consapevolmente la fatica, il dolore, le difficoltà, i conflitti, le contraddizioni che sono parte della vita stessa, ogni giorno. Riconoscere che non siamo isole, ma in relazione con il tutto e inntale armonica consapevolezza si produce una vera rivoluzione interiore e le strade per realizzare questo obiettivo sono molteplici, tutto dipende dalle condizioni, dal contesto in cui ci troviamo.
Per approfondire i concetti accennati oggi è davvero fondamentale lo studio del testo di Nāgārjuna: “Prajñānāmamūlamadhyamakakārikā”, ovvero: “Le stanze radice della via di mezzo”, opera basilare della Mādhyamica.
Siamo qui per studiare la mente, un argomento davvero difficile, missione impossibile, in quanto cerchiamo la mente che è difficilissima da trovare anche perché istantaneamente ci ancoriamo a un’infinità di illusioni.
La ricerca della mente finisce nel vuoto, perché la mente stessa è per sua natura vuoto, intangibile e immateriale.
La mente è coscienza, è un fenomeno sottile la cui natura è luminosità. Per usare una metafora potremmo visualizzare la mente principale come un tronco da cui si formano e crescono i rami della mente secondaria.
La mente secondaria, si forma dunque in base all’impulso che riceve dal tronco di questo albero e dipende inevitabilmente dalle diverse condizioni che sono costitutive e determinanti nello stato della mente principale.
Questo percorso è la stessa luminosità della mente. Su questa luminosità ci sono diverse interpretazioni possibili, in genere si intende definire che la sua stessa natura è luce, un’altra interpretazione identifica la luminosità della mente nella sua capacità di riflettere come uno specchio la luminosità dei fenomeni presenti nella propria interiorità, gli occhi della mente sono in grado di vedere con chiarezza.
Questa coscienza luminosa riguarda tutti i tipi di menti, sia principale che secondaria, ed è il Dharma, ciò che purifica, trasforma la mente stessa con la luce interiore.
La pratica del Dharma purifica la mente trasformandola nell’intrinseca natura di compassione, moralità, concentrazione, e saggezza della visione pura.
Sono moltissimi gli insegnamenti su come trasformare la nostra mente, soprattutto la mente principale, nella sua natura di compassione, di concentrazione e contemplazione, di saggezza, e ciò non significa controllare, vincere le emozioni quali la rabbia ad esempio perché questo non avrebbe alcun senso, una battaglia impossibile e controproducente, perché noi dobbiamo liberare la mente e non incatenarla ulteriormente alle varie emozioni.
Senza alcuna battaglia noi troviamo la via di una reale pace interiore, solo applicando un’autodisciplina con ripetizione, meditazione, concentrazione, saggezza, così che divenga una prassi abituale che ci rende capaci di osservare la realtà nella sua essenza.
Questa è la vera natura della mente, la sua potenzialità originaria di risorsa infinita in cui tutto diventa stato di beatitudine nella libertà e che si può concretamente sperimentare nella meditazione, seppur breve.
Il nostro lavoro di ricerca, di conoscenza della mente nella meditazione è una reale purificazione interiore ed esteriore.
Seconda Sessione

Siamo nuovamente qui per cercare di costruire insieme qualcosa di utile e significativo per riconoscere e conquistare il valore della nostra vita, vedere il gioiello prezioso, il limpido cristallo della nostra mente, indistruttibile e infinito, risorsa di pace profonda per noi stessi e per gli altri.
La mente-cuore, Citta / Cit in sanscrito, è intrinseca ad ogni pratica volta alla spiritualità, è un fenomeno che non può essere ricercato nella materia, non lo si vede e non lo si tocca, né lo si può collocare in alcun luogo, eppure è assolutamente reale, estremamente sottile, intangibile, così potente da smuovere l’universo intero.
Grazie all’intelligenza umana possiamo e dobbiamo fare questa ricerca, un intenso e ininterrotto lavoro interiore con attenzione agli studi, alle analisi e soprattutto nella contemplazione e nella profondità meditativa, in questo modo potremo sviluppare al meglio le nostre potenzialità che ci liberano dal nostro stesso ego.
Questo è il Dharma, la via che ci affranca dalle catene dell’ego e da tutte le sofferenze che ne derivano. Il nirvāna è liberazione, qui e ora.
Erroneamente pensiamo al nirvāna come a qualcosa di affascinante e irraggiungibile, uno stato di perfezione che potrà avvenire in un lontano futuro, rigorosamente dopo la morte fisica, con una rigida definizione del tempo, ma tale aspettativa fondata sulla paura è totale illusione.
Il futuro si costruisce nel presente, questa è la realtà che viviamo e forgiamo, qui e ora, dobbiamo cambiare il presente e non il futuro.
Pratichiamo il Dharma per attuare il progetto della vita umana, trasformiamo la mente in ogni momento presente, e non perdiamoci in sogni pindarici di una perfezione futura.
Rendo omaggio al Dharma che porta pace,
che attraverso la purezza libera dall’attaccamento,
che attraverso la virtù libera dai regni inferiori,
ed è unico supremo significato ultimo.”
Questa è la natura di pace che nella sua purezza libera dalla sofferenza dell’attaccamento, perché il problema non è l’attaccamento in sé, ma le conseguenze che inevitabilmente determina.
La natura di pace si esprime nella sua purezza di moralità, di compassione, di amore senza attaccamento alcuno, nella libertà da ogni illusione, dall’insoddisfazione strisciante e onnipresente.
Il Dharma, unico supremo significato ultimo è il senso stesso della nostra esistenza, una roccia che lavorata adeguatamente rivela il diamante che vi è incorporato, una mente di pace, e questo è il nostro lavoro quotidiano.
Noi confondiamo il Dharma con l’ego e nutriamo smodatamente quest’ultimo da cui pensiamo illusoriamente di trarre molte soddisfazioni, mentre in realtà avviene l’esatto contrario, il Dharma invece dà pace, visione di luce, ma non gratifica in alcun modo l’ego meschino e gretto, il Dharma è vera liberazione dalle catene dell’ego ed esige pazienza, compassione, moralità, saggezza.
Adesso fermiamoci un momento per meditare, così come abbiamo fatto ieri, concentriamo la mente sul nostro respiro che soffia in tutte le cellule del corpo e osserviamo la mente del Dharma con compassione, concentrazione e saggezza, trasformando corpo e mente nella natura di Dharma.

(segue meditazione)

Cercare la mente, riconoscerne la natura, vederla, domarla, trasformarla è un lavoro che non riguarda la mente secondaria, bensì la mente principale in stretta correlazione con i cinque sensi.
I sensi in realtà sono sei, ma iniziamo dai cinque più comuni e che sono attivati dalle circostanze che si manifestano nell’incontro di tre fenomeni: oggetto - soggetto - coscienza, ad esempio gli occhi (soggetto) vedono l’oggetto e riconoscendolo ne hanno coscienza, così come con l’udito ascoltiamo parole e ne riconosciamo il senso e così via, e questo è il livello più grossolano della mente principale.
Poi abbiamo il sesto senso, che non è più collegato con gli strumenti fisici che permettono il funzionamento dei cinque sensi, bensì direttamente con la coscienza ed è più sottile, questo ci avvicina maggiormente alla risposta che ci poniamo sempre: “Dov’è la mente?”
Il sesto senso ha caratteristiche che si articolano su più livelli tra loro collegati: il corpo sottile, il corpo estremamente sottile, e il corpo grossolano e questi sono i gradini in cui si manifesta la coscienza che ci fa definire il concetto di mente.
Nel buddhismo lo studio della mente è estremamente articolato anche con sfumature distinte nelle diverse scuole, tradizioni, origini locali.
Nello Dzogchen la mente è Rigpa, nelle pratiche Kagyüpa e Gelugpa abbiamo la mente di Mahāmudrā, della Chiara Luce, e questo diverso linguaggio o specificazione espressiva dipende unicamente dalle differenti tradizioni, formazioni, condizioni dell’ambiente esteriore, in ogni caso questa mente sottile, primordiale, patrimonio dell’antica cultura indiana, risiede indistintamente nel corpo primordiale.
Quindi il nostro lavoro oggi, non consiste nel dover comprendere e identificarsi con una di queste diverse tradizioni, lignaggi, bensì indica di rivolgere la nostra ricerca qui e ora tramite la meditazione e l’obiettivo fondamentale, il Dharma.
Oggi per noi non hanno alcun significato particolare le definizioni risultanti dalle ricerche antiche sviluppatasi soprattutto nel buddhismo tibetano: mente primordiale, grande risveglio, mente completa, grande gesto, questi sono termini, ma ciò che deve divenire parte di noi oggi è la ricerca, già condivisa anche nell’antichità, del corpo primordiale, intangibile, sottile come della mente primordiale ed entrambi sono inscindibilmente uniti nella sottile mente del Dharma che si esprime nel Dharmakāya, corpo del Buddha corpo illuminato, nel Sambhogakāya corpo originale della mente risvegliata, nel Nirmānakāya che è la manifestazione fisica della mente risvegliata. Questo è il mistero della natura della mente.
Nello svolgimento delle normali attività quotidiane noi siamo completamente dipendenti dai cinque sensi che occupano l’intera coscienza e dunque la mente e il corpo primordiali sono in pausa, e in questa coscienza limitata alla percezione sensoriale sorgono tutte le emozioni conseguenti: attaccamento, piacere, dispiacere, giudizi dualistici e tutto diventa problematico e confuso.
Nell’attaccamento si consolida l’ego, l’ignoranza e l’avversione che possono essere superati soltanto con la sesta coscienza, senso che è assolutamente indipendente dagli altri cinque.
Il sesto senso è strettamente collegato allo stato della coscienza consapevole, emerge nel silenzio interiore, nella meditazione, nella mente principale in cui tutto è armonicamente disciplinato, equilibrato e porta naturalmente ad agire per sviluppare la compassione, al controllo consapevole dei cinque sensi.
Con questo lavoro raggiungiamo il controllo e la consapevolezza del corpo, delle sensazioni, della mente, dei cinque sensi e di tutto ciò che ne consegue, è un cammino libero poiché la verità è una terra senza sentieri.
La coscienza esiste in ognuno dei sei sensi, quella legata ai primi cinque è grossolana e pesante poiché occupa praticamente tutta la vita nella quotidianità delle varie mansioni, ma con la sesta coscienza in grado di comprendere la realtà e nella consapevolezza è possibile ordinare e controllare le altre cinque, trasformare noi stessi e ciò che è fuori di noi e siamo in stretto collegamento con la coscienza sottile, primordiale.
Concludiamo questa giornata di lavoro così intenso con la dedica dei meriti maturati affinché tutti gli esseri ne possano godere i benefici.
Terza sessione

Iniziamo la giornata con la recitazione delle preghiere della Triplice Pratica Quotidiana”
(seguono preghiere)

Spesso citiamo Krishnamurti, un grande mistico che rifuggiva da tutte le illusioni e non si stancava di richiamarci alla realtà priva degli inganni delle false sicurezze, ricordandoci che “la verità è un terreno senza sentieri” e può affermarsi soltanto nella libertà che nasce dall’interiorità di ognuno.
La verità si forma nello spazio della propria mente e cuore e dunque il nostro compito non è rivolto all’esterno, bensì alla conoscenza di sé e da ciò dipende la soluzione a tutti i problemi, alla sofferenza, al dolore che incontriamo nel cammino. Dobbiamo procedere un passo dopo l’altro con consapevolezza, presenza mentale, perseveranza, senza perdere tempo nell’illusione, nella delusione, nella sofferenza, nei problemi, nella confusione, condizioni inevitabili e pur sempre presenti, l’importante però è non perdervi né tempo né energia nel tentativo di uscirne.
Il nostro lavoro dunque, quello che cercheremo di iniziare insieme in questi giorni, è un amorevole e discreta cura della mente che deve essere continuativa in ogni istante della giornata e per tutta la vita. La mente è simile ad una pianticella che deve essere coltivata, annaffiata, posta nella luce adeguata, ma mai costretta né forzata e soltanto così potrà crescere, maturare e fiorire armoniosamente nella pace, nel giusto tempo.
Nella convulsione caotica della vita moderna, abbiamo completamente perso la mente, la dobbiamo dunque ritrovare, non cercandola nel passato, né proiettandola nel futuro, né volendola controllare, ma semplicemente lasciarla venire per riportarla nella sua casa e prendercene cura qui e ora, ad ogni istante.
Questa mente è molto potente, può distruggere tutto quanto possediamo o pensiamo di aver acquisito saldamente in un solo brevissimo istante, così come in un istante può farci trovare tutta la bellezza luminosa e la bontà.
Le potenzialità della mente non possono essere paragonate con nessun altro fenomeno sulla terra, essa ha infinite risorse di pace, beatitudine, gioia, serenità, rilassamento, ma altrettanto può essere causa di distruzione dell’intero nostro mondo e universo interiore, quello importantissimo che non è osservabile con i cinque sensi, bensì soltanto grazie al sesto senso e che è infinitamente più grande di quello materiale percepibile soltanto dai cinque sensi.
E’ molto importante distinguere, senza mai confonderli, i due mondi, quello materiale sperimentato con i cinque sensi e il mondo sottile con cui veniamo in contatto tramite il sesto senso.
Il sesto senso è infinitamente più potente e pertanto anche le sofferenze e le criticità che percepiamo suo tramite sono di conseguenza notevolmente maggiori a quelle che sperimentiamo nel mondo materiale attraverso i cinque sensi.
Questa distinzione è fondamentale poiché con il sesto senso noi abbiamo la capacità di saper riconoscere e valorizzare ogni esperienza che viviamo nella quotidianità, sia di sofferenza che di felicità e tale sensibilità acuta è una grande risorsa per la crescita umana.
Sono molteplici le percezioni del sesto senso che può essere osservato da diverse angolature e specificità: quelle della neuroscienza o della psicoanalisi di Gustav Jung che molto si è addentrato nello studio della mente e dello spirito, o del buddhismo o di qualsiasi altra filosofia e religione, e tutte sono importanti e complementari, ma bisogna stare attenti a non identificarsi integralmente con nessuna di esse, espressione di determinate condizioni.
Ogni generazione deve trovare la propria chiave di lettura, secondo il proprio tempo e la propria maturazione e che dunque non può mai diventare la fotocopia di nessun’altra per quanto buona possa essere.
Ogni generazione ha la responsabilità di rinnovare la propria cultura, civiltà, conoscenza, questa è l’unica via per trasformare se stessi e trovare la saggezza, la compassione, nel rinnovamento ci connettiamo consapevolmente con la vita autentica, non ci adagiamo pigramente sul lavoro altrui, anche se indubbiamente è validissimo e può essere di considerevole stimolo, ma abbiamo il dovere di andare avanti di costruire il nuovo.
Nel buddhismo c’è un sūtra fondamentale, il dialogo avvenuto nello stato di profonda meditazione mentale, samādhi, tra Buddha, Śāripūtra e Avalokiteśvara. Nel samādhi vi è assoluta concentrazione in cui i cinque sensi sono dormienti, non emergono, mentre è attivo e operante unicamente il sesto senso.
In questo dialogo profondo e non verbale Buddha non dice cosa fare o non fare, ma dalla purezza della sua mente-cuore sgorga naturalmente la visione chiara che propone in forma di domanda.

Il Cuore della Perfezione della Saggezza
Il titolo sanscrito è : Bhagavati Prajna Paramita Hrdaya

La traduzione italiana di questo testo è stata redatta dall’ Istituto Lam Rim di Roma dal testo originale in tibetano e con l’ausilio delle traduzioni inglesi

Così una volta udii:
Il Bhagavan dimorava a Rajagrha, presso il Picco dell’Avvoltoio, con un gran numero di Arhat e un gran numero di Bodhisattva e a quel tempo il Bhagavan era entrato nell’assorbimento meditativo sulla varietà dei fenomeni chiamato “percezione profonda”. In quello stesso tempo, l’arya Avalokiteśvara, il Bodhisattva mahasattva, era assorto nella stessa pratica della profonda perfezione della saggezza e vide che anche i cinque aggregati sono vuoti di natura intrinseca.
Quindi, tramite l’ispirazione del Buddha, il venerabile bikshu Śāripūtra si rivolse all’arya Avalokitesvara, il Bodhisattva mahasattva e gli disse: “come deve addestrarsi un figlio o figlia del lignaggio dei Bodhisattva, che desideri impegnarsi nella pratica della profonda perfezione della saggezza?”
Quando fu detto questo, l’arya Avalokiteśvara, il Bodhisattva mahasattva, rispose al venerabile bikshu Śāripūtra e disse: “Śāripūtra, ogni figlio o figlia del lignaggio dei Bodhisattva, che desideri impegnarsi nella pratica della profonda perfezione della saggezza, dovrebbe vedere chiaramente nel seguente modo: dovrebbe vedere distintamente che anche i cinque aggregati sono vuoti di natura intrinseca”.
“La forma è vuota, la vacuità è forma; la vacuità non è altro che forma, la forma non è altro che vacuità. Allo stesso modo sono vuote le sensazioni, le percezioni, le formazioni mentali e la coscienza. Quindi, Śāripūtra, tutti i fenomeni sono vacuità; essi sono privi di caratteristiche peculiari; non sono nati, non cessano; non sono contaminati, non sono incontaminati; non sono incompleti e non sono completi.”
“Quindi, Śāripūtra, nella vacuità non c’è forma, né sensazioni, né percezioni, né formazioni mentali, né coscienza. Non c’è occhio, né orecchio, né naso, né lingua, né corpo, né mente. Non c’è forma, né suono, né odore, né gusto, né oggetti concreti, né oggetti mentali. Non c’è nessun elemento visivo, così fino a nessun elemento mentale fino a includere nessun elemento della coscienza mentale. Non c’è ignoranza, non c’è estinzione dell’ignoranza, e così fino a nessun invecchiamento e morte, e nessuna estinzione dell’invecchiamento e della morte. Allo stesso modo, non c’è sofferenza, origine, cessazione o sentiero; non c’è saggezza, né ottenimento e neppure mancanza di ottenimento.”
“Quindi, Śāripūtra, poiché i Bodhisattva non hanno ottenimenti, si basano e dimorano nella perfezione della saggezza. Non avendo oscuramenti nelle loro menti, essi non hanno paura, ed essendo andati totalmente oltre l’errore, essi raggiungono la meta finale: il nirvana. Tutti i Buddha che dimorano nei tre tempi hanno ottenuto il pieno risveglio dell’insuperabile, perfetta illuminazione, basandosi su questa profonda perfezione della saggezza”.
“Quindi, si dovrebbe sapere che il mantra della perfezione della saggezza – il mantra della grande conoscenza, il mantra supremo, il mantra uguale a ciò che non ha uguale, il mantra che fa tacere tutte le sofferenze – è vero perché non è ingannevole. Si proclama il mantra della perfezione della saggezza:
TADYATHA GATE’ GATE’ PARAGATE’ PARASAMGATE’ BODHI SVAHA
Śāripūtra, così i Bodhisattva mahasattva dovrebbero addestrarsi alla profonda perfezione della saggezza”.
Quindi, il Bhagavan si svegliò dal suo assorbimento meditativo e lodò l’arya Avalokitesvara, il Bodhisattva mahasattva, dicendo che era eccellente.
“Eccellente! Eccellente! Figlio del lignaggio dei Bodhisattva, è proprio così; dovrebbe essere così. Bisogna praticare la profonda perfezione della saggezza proprio così come hai rivelato. Perciò anche i Tathagata se ne rallegreranno”.
Come il Bhagavan pronunciò queste parole, il venerabile bikshu Śāripūtra, l’arya Avalokiteśvara, il Bodhisattva mahasattva, insieme all’intera assemblea, inclusi i mondi degli dei, degli umani, degli asura e dei gandharva, tutti gioirono e lodarono ciò che il Bhagavan aveva detto.
***
E’ importante soffermarsi sulla parte in cui parla dei cinque aggregati: -Forma, Sensazione, Percezione, Formazione mentale e Coscienza- che comprendono tutti i fenomeni della nostra esistenza.
La forma è un fenomeno materiale, fisico; la sensazione un fattore mentale della mente secondaria; la percezione è il riconoscimento di un fenomeno, è un fattore mentale; così come lo è la formazione mentale costruita sulle percezioni dei cinque sensi e comprende tutti i fenomeni; e infine la coscienza della mente principale.
Ogni essere umano è dunque l’insieme imprescindibile dei cinque aggregati.
Quindi, Śāripūtra, tutti i fenomeni sono vacuità; essi sono privi di caratteristiche peculiari; non sono nati, non cessano; non sono contaminati, non sono incontaminati; non sono incompleti e non sono completi”, questa è la giusta condizione della via di mezzo.
Quindi, Śāripūtra, nella vacuità non c’è forma, né sensazioni, né percezioni, né formazioni mentali, né coscienza.” i cinque aggregati che formano l’esistenza umana, ma non sono identificabili limitatamente all’io, bensì costituiscono la coscienza e questa sottile distinzione è importante.
Un altro passo fondamentale è: “Non c’è occhio, né orecchio, né naso, né lingua, né corpo, né mente”, i sei sensi e continua: “Non c’è forma, né suono, né odore, né gusto, né oggetti concreti, né oggetti mentali. Non c’è nessun elemento visivo, così fino a nessun elemento mentale fino a includere nessun elemento della coscienza mentale.” e la nostra difficoltà è soprattutto nel comprendere queste ultime distinzioni riguardo la mente, gli oggetti mentali e la coscienza del sesto senso.
Gli oggetti mentali sono tutti quelli che vanno oltre la percezione dei cinque sensi che non sanno coglierli e sono percepibili solo a livello di sesto senso. Quando noi meditiamo, ad esempio la vacuità, contempliamo un oggetto mentale.
Fermiamoci ora per qualche momento, concentriamoci nell’interiorità profonda, con consapevolezza nella ricerca dell’oggetto mentale, il sesto senso, la coscienza e l’elemento della coscienza mentale.

(segue meditazione)

Qui insieme dunque dobbiamo approfondire gli elementi basilari contenuti nel sūtra del cuore, come se fossimo nel dialogo tra Śāripūtra e Avalokiteśvara.
Nella consapevole saggezza, amore, compassione ci si apre alla comprensione della natura ultima dei fenomeni e non tutti i momenti sono uguali poiché molto dipende dalle circostanze e c’è un giusto momento per tutto, senza alcuna forzatura da parte nostra.
Con il sesto senso, o sesta coscienza, osserviamo l’oggetto mentale, l’elemento della coscienza mentale e ci addentriamo nella conoscenza della mente principale nel continuum mentale.
La mente principale nella coscienza mentale è a un livello più sottile rispetto alla coscienza sensoriale e si muove su diversi livelli, nella sua relazione con il corpo fisico, grossolano diventa coscienza grossolana, con il corpo sottile coscienza sottile e con il corpo più sottile coscienza più sottile. Questo movimento è costantemente presente nella nostra esistenza.
La coscienza mentale a livello grossolano è per noi più facilmente percepibile grazie alla coscienza sensoriale che, oltre i cinque sensi, manda un messaggio al sesto senso.
Il corpo fisico, grossolano è costituito dai quattro elementi, fuoco, terra, aria e acqua e tramite questi si crea la coscienza sensoriale che manda informazioni, messaggi alla sesta coscienza o sesto senso.
Nel decadimento fisico in cui gli elementi costitutivi decadono si ha dunque anche una riduzione della coscienza mentale a livello grossolano, ciò che conta è avere sempre consapevolezza di queste interconnessioni costanti consapevolezza che tutto cambia in continuazione, è un divenire creativo, un rinnovamento necessario per passare dai livelli grossolani a quelli sempre più sottili.
La consapevolezza di questi livelli di coscienza è estremamente importante poiché accresce la nostra energia, la potenzialità di comprensione a livello sottile, è il processo di raffinazione della nostra coscienza.
Attraverso la meditazione, il Dharma, possiamo davvero giungere a livelli sottili di liberazione, con saggezza, consapevolezza, amore, con la coscienza immersa nella natura della verità assoluta.
Nella purificazione del corpo nei suoi cinque elementi passiamo da un corpo grossolano a quello più sottile e parallelamente avviene lo stesso processo nella mente, attraverso la consapevolezza di questo processo di crescita si giunge alla conoscenza della mente sottile.
La liberazione dalle sensazioni date dei cinque elementi e l’acquisizione del sesto senso significa liberarsi sempre più dall’attaccamento all’ego dominante, è autentica sottile liberazione, ma il processo deve essere sempre più raffinato, sottile, altrimenti si cade nell’inganno e l’ego ne esce ulteriormente rafforzato e solido facendoci sprofondare sempre più nelle sabbie mobili del samsāra.
Giungere alla liberazione della mente avendo lasciato ogni bramosia, significa non avere più alcun attaccamento né agli oggetti materiali, né soprattutto a quelli spirituali a cui l’ego si aggrappa ancor più saldamente, voler raggiungere l’illuminazione, il nirvāna, inganno gigantesco in quanto è soltanto attaccamento che potenzia all’infinito l’ego stesso.
Questo processo è stato trattato in modo mirabilmente chiaro da Krishnamurti.
La realtà ultima, la vacuità, è oggetto mentale percepibile soltanto nella pura compassione.
Quarta sessione

Abbiamo visto insieme come per la crescita umana sia necessario questo viaggio dalla mente grossolana alla mente sottile, dal corpo grossolano al corpo sottile.
A livello grossolano corpo e mente sono entità distinte, ma a livello sottile sono inseparabili nella loro natura e nello spazio.
La natura di Chiara Luce è intrinsecamente presente ad ogni livello della mente, anche se non si manifesta in tutte le circostanze, a volte sorge in modo assolutamente naturale e inaspettato, mentre in altre fa capolino solo in seguito ad una profonda meditazione, quindi ciò che cerchiamo di imparare in questi giorni è la meditazione concentrata sulla mente nel suo viaggio dalla mente grossolana a quella sottile.
Nella meditazione su questo viaggio mentale, quando osserviamo la mente grossolana ci pare di percepirla scissa in due manifestazioni, oggettiva e soggettiva, ma in realtà è sempre un’unica mente e ne abbiamo consapevolezza a livello di mente sottile, poiché superiamo la concezione dualistica della realtà.
In questa profonda meditazione, samādhi, era l’assemblea dei monaci riunita con il Buddha nel dialogo mentale del Sūtra del Cuore concentrato sulla vacuità di tutti i fenomeni.
Nella meditazione dobbiamo dunque concentrarci sulla vacuità di tutti i fenomeni, non solo sulla vacuità della mente, ma anche sulla vacuità della forma, della sensazione, della percezione, fino alla vacuità della coscienza che diventa così sempre più sottile, concentrata e raffinatissima.
Il nostro riferimento in questa pratica di samādhi è il sūtra del cuore che tratta la questione più elevata dell’esistenza umana.
Essere nel samādhi significa penetrare nella coscienza profonda del sé autentico con la consapevolezza che il sé non è l’io, l’ego, verso il quale dobbiamo sempre essere vigili e severi poiché è il ladro in costante attività che ci può privare di tutte le nostre buone virtù, della pace, della bellezza, del senso profondo della vita.
La consapevolezza della presenza dell’ego è l’unico strumento che ci permette di controllarlo, di renderlo inattivo, ed è questo un fondamentale oggetto di meditazione.
Il problema è comprendere cos’è l’ego che noi non conosciamo affatto e che non riconosciamo mai e proprio per questo è difficile applicarci correttamente alla realizzazione del non-ego, anattā.
Forse sarebbe opportuno dedicare molto tempo e tanti seminari alla consapevolezza dell’ego poiché questo è il primo, fondamentale, imprescindibile passo da compiere, il secondo è intervenire sul controllo dell’ego, sulla vanificazione della sua incessante attività e ciò si può ottenere soltanto con la pratica della compassione, dell’amore, e ciò significa che il compito più importante per noi è lo sviluppo della nostra mente di Bodhicitta.
Questa Bodhicitta diventa samādhi, mente del risveglio, la grande compassione che realizza la saggezza della realtà ultima di tutti i fenomeni.
Nel samādhi tutti noi abbiamo i valori di Compassione, Bodhicitta e Saggezza che però non sono pienamente maturi, realizzati, ma sono ancora a livello infantile.
Queste qualità sono aspetti della natura della mente che renderanno possibile la conoscenza della realtà ultima dei fenomeni, la visione nella Chiara Luce e quando si realizza la completezza del samādhi in tutti i cinque stadi di sviluppo della Bodhicitta si realizza il mantra:
TADYATHA GATE’ GATE’ PARAGATE’ PARASAMGATE’ BODHI SVAHA”
Il primo gaté corrisponde al livello di forte comprensione, benché non ancora completa, della grande compassione e della saggezza.
Il secondo gaté non è solo la comprensione della realtà ultima, ma è una conoscenza profonda e a questo livello l’ego non ha più alcun potere, non può più interferire.
Paragaté è l’abbandono della percezione ordinaria nella meditazione della realtà ultima dei fenomeni in modo intuitivo, è la pratica degli Āria, i praticanti di livello superiore.
Parasamgaté è la visione stabile, non dualistica, senza contraddizione, della vera natura di interdipendenza dei fenomeni, della legge del karma.
Bodhi Svaha è la natura della mente nella visione chiara, quando si è completamente liberi dall’ego, nello stato di buddhità
Questo è il processo graduale verso la liberazione dall’ego che condiziona ogni aspetto della nostra esistenza e il primo passo è la consapevolezza, riconoscere l’ego per quello che è con tutto il suo bagaglio di limitazioni, di sofferenza, di problemi e di insoddisfazione.
Possiamo dare diversi nomi allo stato dell’essere nel sūtra del cuore: Rigpa, Dzogchen, Mahāmudrā, che significano il grande gesto, grande luce, cioè essere nel profondo samādhi della Bodhicitta, della grande compassione, della saggezza, ma le differenti definizioni non sono importanti e derivano semplicemente dalla diversità delle correnti e scuole, la realtà è una, la stessa per tutti, semplicemente essere nella purezza del samādhi, liberati dai condizionamenti grossolani, non occorre null’altro.
Il lavoro fatto insieme in questi giorni ha portato molti frutti e di questo vi ringrazio infinitamente, la vostra dedizione al Dharma è molto importante, offriamo dunque i meriti accumulati per il beneficio di tutti gli esseri senzienti.


Dedica e preghiera conclusiva
(Composta da Geshe Gedun Tharchin il 3 novembre 2000 - versione originale in tibetano)

La Vittoriosa tradizione dei Buddha come fondamento di Pace e Felicità,
Medicina per illuminare le sofferenze di tutti gli esseri senzienti,
Tesoro che realizza le speranze
degli esseri viventi dei tre reami,
Gioiello che soddisfa simultaneamente i desideri propri e altrui.

Dal profondo del mio cuore porgo il mio rispetto ai Maestri,
che mi hanno indicato senza errori i metodi per seguire
il Percorso Fondamentale, come affidarmi ad una guida spirituale
fino a raggiungere, tramite la pace, la completa Illuminazione.

(x 3) Possano tutti gli esseri, e noi stessi, incontrare la felicità
Realizzando la rinuncia, la mente del non-attaccamento,
il Bodhicitta, la mente altruistica verso infiniti esseri senzienti,
la Vacuità, la massima visione della Chiara Luce.



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