Trovare
il senso della vita
e la
pace interiore in un mondo stressante
Ven.
Lama Gedun Tharchin
Geshe
Lharampa
***
28
- 29 maggio 2016
Centro
Buddhista Mandala Deualing
MERANO
INDICE
Compito
di Dharma in un mondo stressante pag. 5
I
tre Mondi: Esteriore, Interiore, Alternativo pag. 8
Mahāmudrā
– Essere senza essere pag. 11
Compito
di Dharma in un mondo stressante
***
Buona
sera, iniziamo questo incontro in modo un po’ diverso, oggi Lorenz
ha chiesto di prendere rifugio e quindi parteciperemo tutti a questa
piccola cerimonia che simbolicamente indica l’impegno a percorrere
un cammino spirituale, una scelta libera di praticare il Dharma.
Seguiremo
la tradizione tibetana in cui si prende rifugio nei tre gioielli con
l’assunzione di impegno alla pratica di Dharma manifestando
espressa fiducia in Buddha Dharma e Sangha e divenendo in questo
modo, anche formalmente, membri del Sangha dei laici. I voti dei
monaci invece sono maggiori e più dettagliatamente inerenti ad un
particolare tipo di vita e dunque il loro Sangha è altro.
Prendere
rifugio nel Buddha è una dichiarazione di fiducia nel maestro, che
non è esclusivamente il Buddha, ma può essere qualsiasi guida
spirituale, Gesù Cristo ad esempio.
Prendere
rifugio nel Dharma indica l’adesione al sentiero indicato dai
maestri e tutte le tradizioni spirituali hanno il Dharma.
Prendere
rifugio nel Sangha implica il riconoscimento degli amici con cui
condividiamo passo dopo passo lo stesso cammino.
Questi
tre consensi costituiscono la nostra protezione poiché sono per noi
la giusta guida, il giusto percorso, i giusti compagni, da oggi fino
al nostro ultimo istante su questa terra.
Alla
fine dedichiamo i meriti acquisiti a beneficio di tutti gli esseri
senzienti.
(segue
la cerimonia, semplicissima e particolarmente toccante, con la
benedizione di rifugio a Lorenz e a tutti i presenti)
Siamo
tutti benedetti!... e come Sangha oggi siamo qui per condividere il
Dharma che ci condurrà allo stato di Buddha, che non è qualcosa di
miracoloso o di magico, ma semplicemente è ciò che ci fa essere
stabili in uno stato mentale privo di conflitti e pervaso di pace, di
armonia.
Raggiungere
lo stato della mente di Buddha, di illuminazione, non significa
essere ormai definitivamente illuminati, in una condizione di
beatitudine perenne, questa è soltanto l’ingannevole illusione
dell’illuminazione, noi vorremmo essere permanentemente felici, non
più toccati da sofferenze e tensioni, sempre sorridenti e beotamente
allegri, ma non può essere, non è realistico e nemmeno opportuno
per la nostra umanità ed è proprio questo abbaglio la causa prima
della nostra insoddisfazione e scontentezza.
Dobbiamo
essere lucidi anche nella formulazione dei nostri desideri, ciò che
vogliamo è un po’ di serenità, un po’ di felicità, imparando
ad apprezzare ciò che ci è necessario e che abbiamo, nulla di più.
La
sofferenza della fame è data dalla mancanza di cibo e così la
sofferenza della vita è data dalla non conoscenza e mancanza
dell’intrinseco valore della vita stessa. Quando ci perdiamo nelle
fantasie e non sappiamo vedere ciò che è evidentissimo davanti a
noi, il senso della vita, siamo insoddisfatti, perduti
nell’ingannevole stato che ci rende sempre più affamati e
limitati.
È
importante riconoscere ciò che desideriamo realmente, la stessa
aspirazione a raggiungere l’illuminazione può essere fonte di
fraintendimenti e di inganni ancora più grandi, non si tratta di
diventare super eroi, Buddha non era un superman, questa visione è
orribile, Buddha era un essere umano esattamente come noi e
raggiungere la buddhità significa semplicemente vivere pienamente e
consapevolmente il valore dell’esistenza.
Lo
stato di Buddha, illuminato, come quello di non-Buddha, ordinario,
sono tra loro interdipendenti, parte della stessa natura, l’uno
esiste grazie all’esistenza dell’altro, e questo vale in ogni
condizione. Se non si prova la sofferenza non si potrà nemmeno
gustare la felicità, la gioia.
La
sofferenza dunque non è intrinsecamente negativa, è un fenomeno
naturale che non si può ignorare o eliminare, bensì lo si deve
accogliere come parte dell’esistenza autentica e trasformarlo in
positivo.
Noi
soffriamo non a motivo del fenomeno della sofferenza, ma a causa
dell’insufficienza del valore interiore della serenità profonda
capace di vedere la realtà nella sua interezza e immensità. Ci
armiamo fino ai denti con la volontà di combattere contro tutto ciò
che nell’immediato percepiamo spiacevole e in questo modo
alimentiamo a dismisura la sensazione di sofferenza e
insoddisfazione.
Pensare
che lo stato di Buddha sia essere sempre felici è davvero una
catastrofica illusione, è impossibile, e non sarebbe nemmeno
positivo, per questo è necessario avere la visione chiara di ciò
che significa trovare lo stato di Buddha nella profondità di noi
stessi.
Dunque
avere lo stato di Buddha che significa?
Risposte: Avere
la mente calma; essere senza conflitti; essere in pace;
Lama: Raggiungere
lo stato di Buddha significa osservare, riconoscere il proprio sé
più profondo, autentico, sottile, ultimo. Unicamente questa
coscienza è felicità reale, profonda, stabile anche nella
sofferenza, è una condizione ricca di conoscenza, di possibilità.
La
pratica del Dharma, la meditazione, è arricchimento della
potenzialità umana che ci permette di superare positivamente,
costruttivamente, tutte le difficoltà che inevitabilmente
incontriamo nel corso dell’esistenza e che anzi rendono proficue e
attive le nostre capacità umane.
La
pace, la serenità, non sono il risultato della mancanza di
difficoltà e di problemi, questi ci saranno sempre, bensì
dall’assenza della paura della sofferenza.
Il
coraggio del Buddha è proprio la liberazione da ogni timore,
l’accoglimento consapevole degli eventi dell’esistenza così come
sono, senza volerli negare, rifiutare, allontanare.
La
nostra paura ha due origini fondamentali, una è l’incapacità ad
affrontare le difficoltà e l’altra è la non conoscenza,
l’ignoranza della loro natura.
Con
la conoscenza e la capacità tutto è possibile, la paura è
naturalmente dissolta e in questo coraggio si trova armonia, gioia,
stabilità, soddisfazione, felicità in qualsiasi circostanza della
vita.
Lo
stato di Buddha dunque non è nulla di miracoloso, di magico, di
trascendentale, è semplicemente la coscienza della capacità
interiore di superare qualsiasi ostacolo, di conoscere e sviluppare
le proprie potenzialità umane.
Questa
è la risposta all’argomento di oggi “Come
trovare la pace interiore in un mondo stressante”.
Non serve sforzarsi di cercare la pace quando già siamo tranquilli,
allegri, quando le circostanze sono perfettamente felici, ma è
necessario conoscere sviluppare le capacità di superare le
difficoltà proprio quando queste si presentano, quando c’è lo
stress, ma come si conquista questa pace?
Risposte: Con
la meditazione…;
calmando
la mente…;
non
creando conflitti interiori e accentando la situazione…;
trovando
la serenità nell’affrontare i problemi di tutti i giorni…;
non
lasciandosi influenzare…;
sapersi
fermare per osservare se stessi…;
conoscere
la realtà delle cose…; accentando il presente…;
azzerando
tutto…;
saper
riconoscere il valore della vita nel momento presente, del qui e ora,
indipendentemente dalla circostanza esteriore, felice o dolorosa e
questo è possibile sono nella relazione con l’altro…;
accettare
le difficoltà…;
non
scagliare la seconda freccia…;
cercare
di star bene con se stessi senza creare conflitti…;
fermarsi
e rientrare in se stessi indirizzando le positività all’esterno,
verso gli altri…
Lama: Tutto
vero.
I
tre Mondi
Esteriore,
Interiore, Alternativo
***
Quando
oggi parliamo di mondo stressante non intendiamo una condizione
esteriore, ambientale, concreta, ma soprattutto ci riferiamo alla
nostra psiche che è estremamente stressata, assai più di quella dei
popoli antichi.
A
questo punto è necessario aver ben presente che noi apparteniamo a
tre mondi.
La
nostra esistenza si sviluppa in un mondo interiore, che riguarda la
nostra psiche, e in un mondo esteriore che comprende tutto il
contesto di vita, lo stesso ambiente in cui agiamo quotidianamente e
che stiamo distruggendo ignorando gli appelli sempre più pressanti
degli ecologisti, a cui peraltro si contrappongono anche alcuni
settori scientifici e soprattutto gli economisti che, in nome della
perversa legge di mercato, procedono con assoluta indifferenza e
incoscienza.
Il
mondo esteriore crea confusione che penetra nella nostra mente, nel
mondo interiore ed entrambi fisicamente producono tanto stress da cui
ci volgiamo liberare, ma la possibilità ci è data unicamente dal
terzo mondo, quello alternativo.
Non
possiamo illuderci di modificare le situazioni esteriori che
producono incessantemente stress e confusione a livello interiore
senza peraltro offrirci alcun reale strumento d’azione e dunque il
nostro laboratorio è sul piano alternativo in cui far crescere la
saggezza con la meditazione, la concentrazione, la capacità, il
valore spirituale.
Non
si rinnega nulla, né si combatte contro qualcosa, tutto è parte
dell’esistenza e come tale deve essere pienamente vissuto, ma solo
sul piano alternativo troviamo la giusta attitudine rispetto agli
eventi proposti dagli altri due livelli, esteriore ed interiore.
Il
mondo esteriore è quello in cui viviamo, ma non è nostro, non ci
appartiene, siamo nel mondo, ma non del mondo, non ne siamo suoi
schiavi, ma lo diventiamo e ne siamo totalmente stressati nella
misura in cui lo percepiamo come nostra proprietà.
La
liberazione da questo tipo di attaccamento cresciuto nei mondi
esterno ed interno ci permette di essere nello stato di Buddha, nel
mondo alternativo in cui esistiamo in modo autentico, senza
condizionamenti della mente discorsiva e non assoggettati alle
circostanze ambientali e in cui costruiamo la vera pace interiore
liberata da ogni stress.
Domanda: Non
è una fuga? Non è scappare dai problemi cercando rifugio in una
realtà alternativa?
Lama: Il
mondo alternativo è la condizione in cui affrontare tutti i problemi
nella loro completezza, è esattamente il contrario della fuga.
Domanda: Forse
non è chiarissimo il concetto di mondo alternativo, perché credo
che per noi questa parola abbia un significato diverso.
Lama: Sostanzialmente
il mondo alternativo è la visione della meditazione.
Intervento: La
visione della meditazione che porta alla conoscenza del sé autentico
e che ci permette di vivere nel mondo senza esserne schiavi.
Intervento: La
via di mezzo…
Lama: La
via di mezzo è una soluzione per diminuire i problemi che però
possono essere superati soltanto sul piano alternativo, con la
visione della realtà che si sviluppa tramite la meditazione, la
conoscenza, la realizzazione.
Per
esempio una persona che medita sull’amore e la compassione e li
realizza avrà in quel contesto una visione del mondo completamente
trasformata, benché ritornando alla quotidianità carica di tutti i
problemi e lo stress ritroverà la visione ordinaria.
Dunque
questa persona ha avuto esperienze diverse a livelli differenti,
entrambi perfetti e completi, e sta a lei scegliere in quale dei due
vuole vivere.
La
vita può essere vissuta nella pienezza autentica dell’essere, con
la visione meditativa, oppure fermarsi alla superficie, all’apparenza
recitando come un attore un ruolo imposto dal contesto ordinario.
Domanda: Come
posso capire quando sono realmente me stessa o quando recito
assumendo un ruolo, perché se questo può essere scontato durante la
meditazione, nella quotidianità non lo è affatto, ad esempio
quando in tribunale devo difendere una causa l’atteggiamento è
assolutamente diverso, significa che qui sono un attore e mentre
medito no?
Intervento: L’alternativa
è non essere esclusivamente né in un modo né nell’altro perché
in entrambe le situazioni si è un attore, ma l’alternativa è
appunto quella di trovare la via di mezzo, la soluzione.
Lama: Il
concetto è abbastanza complesso, ma è importante capire che tutti
i livelli sono in sé perfetti in quanto reali, ciò che fa la
differenza è che tu puoi scegliere il tuo livello di vita, dove vuoi
essere, nel mondo alternativo o in quello esteriore.
Domanda: Ma
io non credo che questo sia realizzabile o, se si, come?
Intervento: Il
mondo reale tu lo prendi così com’è e lo vivi pienamente, fai
tutto ciò che devi, però interiormente sei libera, il tuo sé è
libero, non ne è schiavo, vede le cose, le valuta con il sé
interiore, profondo, svincolato da tutto per cui tu sei in una
condizione di mondo alternativo pur non perdendo nemmeno un istante
di quello che è il mondo esteriore e questo si realizza nella
relazione con gli altri, perché al di fuori di queste relazioni non
si raggiunge alcuna consapevolezza del sé libero e in questo modo il
problema si dissolve naturalmente da se stesso e in realtà non vi è
più alcuna contraddizione nel proprio essere.
Intervento: Certo,
altrimenti si vivrebbe in una condizione schizofrenica.
Intervento: E’
chiaro che io posso fare un percorso in cui cerco di portare il mio
vero sé dove vorrei, però sappiamo benissimo che siamo bombardati
da milioni di virus in un quotidiano molto impegnativo e soltanto una
micro particella del mondo alternativo è presente in quello
esteriore.
Intervento: Vero,
però con la meditazione si acquisisce ogni giorno un livello
maggiore di quell’equilibrio che porta a essere naturalmente e
serenamente il mondo alternativo pur vivendo totalmente il mondo
reale.
Domanda: Il
sé non può essere libero, svincolato da tutto poiché è sempre
interdipendente?
Lama: L’interdipendenza
è la corretta condizione della libertà. Non esiste nessun fenomeno
indipendente, quindi la libertà è il frutto dell’interdipendenza.
Grazie alla natura di interdipendenza è possibile raggiungere la
libertà.
Domanda: Quindi
se io accetto la realtà come interdipendente realizzo la libertà?
Lama: Certo.
Domanda: Il
mondo alternativo è una realtà che ognuno crea da se stesso nella
propria mente meditando o riflettendo forse perché insoddisfatto dal
mondo esteriore e quindi desideroso di costruirsene uno diverso, di
fantasia, che magari poi aiuta a realizzare ciò che si desidera?
Lama: Il
mondo alternativo non è finalizzato a ottenere realizzazioni nel
mondo materiale, è una condizione che permette di superare
costruttivamente le tensioni sempre presenti nel mondo esteriore, ma
crea lo spazio necessario per affrontare lo stress in modo rilassato,
tranquillo, aperto, vanificandone la pressione che paralizza e rende
tutto arduo.
La
meditazione è fondamentale per fare spazio interiore, acquisire la
consapevolezza di una visione diversa della realtà, questo è il
mondo alternativo.
In
questa triplice dimensione, di mondo esteriore, interiore e
alternativo non vi è alcuna contrapposizione in quanto noi non siamo
soltanto costituiti da materia, ma altrettanto da mente e da spirito
e dunque il corpo deve rispettare le leggi del mondo materiale, la
mentre quelle del mondo interiore e lo spirito, o anima, o coscienza
sottile, quelle spirituali del mondo alternativo e tutti e tre si
completano.
Se
volessimo escludere una di queste dimensioni che costituiscono la
nostra essenza saremmo incompleti, condannati all’insoddisfazione e
perennemente stressati, ecco perché la meditazione diventa
essenziale, ci aiuta a vedere noi stessi in questa realtà
tridimensionale e a vivere pienamente in equanime armonia le tre
condizioni.
Ora
una breve pausa.
Mahāmudrā
Essere
senza essere
***
La
sessione riprende con una breve meditazione.
(segue
meditazione)
La
meditazione è “essere
senza essere”,
semplicemente dimorare in sé naturalmente, sciolti da ogni vincolo,
consapevoli che tutte le cose sono come immagini di sogno, illusioni.
Essere
presenti a se stessi in ogni circostanza non significa affatto cedere
all’inganno di voler fuggire dal mondo carico di stress, al
contrario è accogliere la verità della visione della realtà,
poiché anche tutto ciò che regola il mondo fisico è realtà e
come tale non deve essere rinnegato, ma osservato nella giusta
prospettiva, in quella dimensione che la meditazione mostra.
Così
possiamo affrontare lo stress senza stress, perché lo stress è
oggettivamente reale, ma soggettivamente lo si può evitare, tutto
dipende dalla corretta visione dell’io.
Le
svariate distinzioni: sofferenza e non sofferenza, felicità e non
felicità, pace e non pace… sono soltanto concetti inventati
artificiosamente in quanto sono espressioni della stessa realtà,
dove c’è l’una coesiste l’altra, naturalmente.
Tutti
le costruzioni mentali: oggi sono felice, domani soffrirò ecc…
sono il risultato delle nostre illusioni e per abbandonare questo
fraintendimento ingannevole non serve né felicità, né sofferenza,
né nessun altra costruzione mentale.
La
meditazione dunque è fondamentale e in particolare nella scuola
Vajrā-yana si basa prima di tutto sulla consapevolezza della vacuità
del sé e per questo ogni pratica inizia con la recita del mantra
relativo di “Sunyata” (vacuità ) che si esprime con la sillaba
OM.
Om
significa
essenza di corpo, parola e mente, la mia essenza che non è diversa
da quella del Buddha, è una condizione equanimemente universale sul
piano spirituale, sottile, nel mondo alternativo.
Nella
formulazione del mantra si ripete spesso “io” che sottintende la
natura stessa della vacuità di tutti i fenomeni privi di esistenza
intrinseca.
Dicendo
“io e mio” affermiamo la vacuità di ogni cosa che è la realtà
ultima della nostro essere e infondiamo grandezza e importanza a
questa espressione nella misura in cui siamo coscienti della realtà
dell’io e mio nella sua vacuità e quindi illimitatezza. Noi
imprimiamo il valore alla nostra esistenza, ne determiniamo la
grandezza o la piccolezza, tutto l’universo vi può essere
contenuto o dissolto nella vacuità dell’io, nell’essenza del sé.
Questo
è il mondo alternativo in cui possiamo sperimentare, creare o
limitare ogni essenza, la scelta è nostra ed è illimitata.
In
questa consapevolezza abbiamo contatti con i mondi mentale e
materiale in ogni loro espressione, ma nella realtà profonda,
personale, intima dell’io viviamo nel mondo alternativo, ed è
fondamentale averne costante consapevolezza in qualsiasi circostanza
e se spesso si è distolti dalle varie necessarie attività
quotidiane, è necessario ritrovare questa conoscenza nel silenzio
della meditazione che insegna ad utilizzare interamente le proprie
risorse anche quando si incontrano ostacoli e difficoltà.
Domanda: Potremmo
dire che il mondo ordinario, esteriore coincide con la realtà
convenzionale, mentre il mondo alternativo con la realtà ultima?
Lama: Tutto
dipende dalle proprie scelte, capacità e impegno, trovare la propria
essenza nel mondo alternativo non significa rinnegare o limitare il
mondo esterno in cui al contrario ci si approccia completamente, i
due mondi non sono contrapposti, anzi la piena consapevolezza e
responsabilità nel mondo alternativo permette di muoversi
correttamente nel mondo ordinario.
Il
mondo alternativo è saper vedere la realtà vacua del sé e quindi
poter vedere tutte lo cose del mondo esteriore con piena coscienza di
osservarne l’immagine, l’illusione da noi costruita.
Ordinariamente invece non ci soffermiamo mai su questo aspetto e
sopravvalutiamo il nostro giudizio conferendogli una certezza
inesistente e questo uno dei tanti motivi di conflitto, ognuna delle
parti crede di possedere la verità ed entrambi sbagliano in un grave
fraintendimento.
La
natura ultima dell’io, di tutti gli esseri e di tutti i fenomeni è
la loro intrinseca vacuità, questa consapevolezza è ciò che
permette di vivere pienamente nel mondo concreto, materiale, senza
essere di quel mondo, con una conoscenza risvegliata che è la stessa
del Buddha, null’altro, non c’è niente da combattere, da
inibire, da negare, al contrario si tratta semplicemente di saper
vedere al di là dell’apparenza illusoria, senza conferire
concretezze e certezze inesistenti.
Questa
è la grande liberazione dall’illusione del sé, la natura vera del
nirvāna non è altro che vacuità, non si tratta di cercare
null’altro, di cacciare la sofferenza, la rabbia, o quant’altro,
di fare guerre contro qualcosa o qualcuno, semplicemente è
comprendere l’essenza profonda della realtà, il Mahāmudrā, il
grande gesto.
Domanda: La
vacuità del mio io significa che devo vedere me stesso costantemente
interconnesso con l’universo in continuo cambiamento e dunque privo
di ogni possibilità di attaccamento a qualcosa di statico? Io ho
capito così, o ci sono altre spiegazioni?
Interventi: -
Il nostro piccolo sé egocentrico e ristretto si trasforma e si
espande nell’inclusione degli altri, del mondo, dell’universo;
Nella
realtà convenzionale questo sé è sempre presente come riferimento,
mentre nel mondo alternativo è possibile essere più liberi dal suo
condizionamento;
È
una questione di consapevolezza, riconoscerlo per quello che è fa la
differenza;
Ad
esempio, la realtà è che io ho mal di pancia, è un dato di fatto,
ma il fraintendimento dell’ego mi fa dire “povero me che ho mal
di pancia, come sono sfortunato, di chi è la colpa…” e in questo
modo aggiungo sofferenza a sofferenza a causa della visione
illusoria.
Lama: La
vacuità è realizzata nel Mahāmudrā,
il grande gesto,
che significa abbracciare tutti i fenomeni che indistintamente sono
in sé misteriosi, compreso l’attaccamento, l’odio, l’ego e
dunque non devono essere avversati come nemici. È assurdo voler
eliminare l’ego, nel Mahāmudrā il concetto di pro e contro non
esiste, ogni fenomeno si dissolve nella propria natura, si realizza e
vive nella propria realtà.
Dobbiamo
meditare il Mahāmudrā secondo le condizioni di questa realtà in
cui viviamo oggi, non voler essere fotocopie dei guru di un tempo che
in Tibet potevano vivere su una montagna senza dover far nulla poiché
altri provvedevano alla loro sopravvivenza, ma nella società moderna
questo non è più possibile e nemmeno sensato, non corrisponde alle
esigenze attuali.
Le
vecchie storie sono affascinanti, ma prenderle come modello è
proprio sciocco, è totale mancanza di saggezza, noi dobbiamo vivere
pienamente secondo le condizioni di questo tempo, praticare il
Mahāmudrā qui e ora con consapevolezza, non con la nostalgica
fantasia di poter ottenere tutto senza pensare e agire in prima
persona, ma delegando ogni responsabilità a coreografi e rituali
antichi quasi fossimo fotocopie dei meditanti del passato.
Buddha
dice chiaramente che ognuno è unico responsabile di se stesso e
delle proprie realizzazioni e indica il sentiero da seguire passo
dopo passo, gradino dopo gradino, restando nella via di mezzo, senza
mai abbandonare la pratica del Dharma che può essere vissuta solo
nell’accoglienza delle circostanze concretamente presenti.
Dunque,
come praticare il Mahāmudrā?
Bisogna
cogliere le opportunità offerte da tutti i momenti non carichi di
impegni e sapersi fermare a meditare, senza irrigidirsi nei legacci
mentali di schematiche formalità predefinite che non hanno alcun
senso.
La
meditazione è aperta, libera, non necessità di alcuna
formalizzazione, può avvenire in molti modi utilizzando le
moltissime facoltà di cui disponiamo: la conoscenza, la cultura, la
scienza, l’arte, la filosofia, la metafisica, la psicologia,
l’antropologia, la musica. Abbiamo tutto a disposizione occorre
solo la nostra personale adesione, impegno, ricerca, lavoro.
La
meditazione di Mahāmudrā, per noi oggi, in Italia, deve dunque
sorgere dalla grande cultura occidentale e non scimmiottare
meccanicamente formule dell’antico Tibet, abbiamo tutto a
disposizione, usiamolo.
Intervento: Mi
piace molto questa impostazione viva della meditazione legata al
presente, alla vita quotidiana e non come fuga dalla realtà per
cercare soluzioni in situazioni illusorie e lontane.
Lama: Mahāmudrā
è vedere le cose come sono nella loro profonda realtà senza
fermarsi ad un giudizio superficiale e ingannevole. Mahāmudrā
è il grande gesto,
che però è stato tradotto in modo sbagliato con “grande sigillo”,
una formula che non ha alcun significato, non c’è nulla a cui
apporre un timbro, un sigillo, eppure continua ancora a essere
tramandata in questo modo insensato.
C’è
un aneddoto molto divertente a proposito di traduzioni sbagliate, che
in genere avvengono con un duplice passaggio prima dal tibetano
all’inglese e poi all’italiano, così in una di queste, relativa
all’accumulazione di meriti, risulterebbe che per raggiungere
l’illuminazione dovremmo accumulare meriti per tre
incalcolabili eoni,
ma se sono incalcolabili come possono essere tre?
Questo
è solo un piccolo esempio di numerosissimi e anche gravi errori di
traduzione dovuti all’ ottusità di volersi attenere rigidamente
alla lettera antica senza peraltro comprendere il significato nelle
varie sfumature della lingua originale. Bisogna usare l’intelligenza
anche nella meditazione e interpretazione dei testi, per questo
dobbiamo realizzare il Mahāmudrā con l’impegno e
l’approfondimento personale utilizzando tutte le opportunità e le
condizioni della società qui e ora.
Ho
parlato molto e adesso ognuno di voi condivida ciò che pensa a
riguardo.
Interventi: -
Credo che sia davvero importante per non cadere in errori e
fraintendimenti nella pratica del Dharma potersi confrontare nel
Sangha;
-
Si, è indispensabile imparare a meditare con intelligenza attingendo
alle proprie radici e cultura, mentre tendenzialmente troviamo più
comodo affidarci ad antichi rituali e schemi così da non pensare
profondamente al senso stesso della meditazione;
-
Io insisterei sulla necessità di approfondire e sviluppare il
concetto dell’interdipendenza perché tutti i conflitti e le grandi
ingiustizie sociali presenti nel mondo derivano dalla falsa visione
di sé come entità isolata e autonoma. Questa errata visione produce
fenomeni drammatici come la condizione dei profughi che devono
abbandonare le loro terre trasformate da noi in un inferno;
-
A me ha molto colpito il messaggio di dover essere elastici, aperti
perché mi sento autorizzato ad ascoltare con più attenzione me
stesso, ciò che nasce dal cuore, senza dover delegare a modelli
esterni la pratica;
-
Mi soffermo sul concetto che non può esistere la gioia senza
sofferenza e viceversa poiché spesso dimentichiamo questa condizione
umana, ad esempio rispetto profughi che vengono in Europa noi che ora
stiamo bene abbiamo rimosso completamente le sofferenze
dell’emigrazione e delle guerre che i nostri padri hanno vissuto;
-
A me è piaciuta particolarmente la spiegazione del mondo
alternativo, una via accessibile che ci permette di maturare
umanamente e vivere in modo più autentico;
-
Io ho colto la necessità di poter vivere nella semplicità
sbarazzandosi di tutte le sovrastrutture inutili che il consumismo
tende ad imporre con ogni mezzo senza interruzione;
-
Mi ha colpito il discorso del dover uscire dagli schemi per restare
nella realtà quotidiana consapevolmente così da saper riconoscere
la via del mondo alternativo, che non è contradditorio ma
consequenziale e saper dunque andare nella semplicità all’essenza
delle cose liberati da formule e schemi preconcetti;
-
Io devo dire che già dallo scorso anno, quando ti ho sentito per la
prima volta, sono stata colpita da questa modalità decisamente fuori
dagli schemi tradizionali e attualissima di spiegare il Dharma e
apprezzo particolarmente il concetto di meditazione calata nelle
condizioni attuali che diventa realtà viva e che nella sua bellezza
crea uno stupore che libera davvero la mente. Questa modalità di
pratica spoglia da amuleti e sicurezze fasulle è veramente un dono
grandissimo e ti ringrazio.
Lama: La
ricchezza della cultura risiede nella nostra anima e se vi
aggiungiamo i valori del Dharma allora la nostra pratica diventa
veramente meravigliosa. Abbiamo dunque la possibilità di vivere
questa bellezza ogni giorno trasformando qualsiasi evento nello
spirito del Dharma, nella semplicità, senza bisogno di nessun
rituale né di magie.
Domani
festeggeremo insieme il Vesak e oggi concludiamo con la recitazione
del mantra di Vajrasattva, per purificarci dagli errori ritornando
alla purezza naturale.
Grazie
a tutti......