Sunday, 29 July 2012

IL FUTURO DI GANDHI - A sessant'anni dalla scomparsa, 30 gennaio 1948.



PRIMO CONVEGNO NAZIONALE
IL FUTURO DI GANDHI
A sessant'anni dalla scomparsa (30 gennaio 1948)

Il Centro per la Pace del Comune di Bolzano
Sala di Rappresentanza del Comune
Vicolo Gumer, 7 - BOLZANO
Mercoledì 30 gennaio 2008

***
LA PROSPETTIVA INTER-RELIGIOSA DI GANDHI


Ven. Geshe Gedun Tharchin

The best of men always accept the best of teachings, whenever and wherever it may of found, in religion, moral, culture, or in the lives of individuals… And now the best of men, Mahatma Gandhi, has come to us with this best of gifts from the west.” By Ravindranath Tagore


Fede alla ricerca della comprensione

Cercare la verità è una naturale aspirazione umana, un risultato dell'intelligenza e della mente umane: queste qualità rendono gli esseri umani superiori agli animali. Tuttavia, le differenti condizioni umane rappresentano molte diverse esperienze e conoscenze e queste portano con sé varietà di vite e reciproche interazioni tra soggetti ed oggetti; ognuno ha, quindi, molti strumenti per investigare fatti e verità, al meglio delle proprie capacità. Di conseguenza, il riconoscimento delle realtà e del vero modo di ricercare esse sono i principi generali per fondare una religione, una fede o un Dharma.

Effettivamente, Buddha stesso insegnò le Quattro Nobili Verità nel suo primo discorso. I molti fondatori religiosi credevano che la Verità è il solo fenomeno che può soddisfare il naturale umano desiderio. Loro credevano che lo stato ultimo della felicità della mente è realizzabile, e che gli esseri umani hanno il potenziale sufficiente per raggiungerlo tramite le proprie esperienze. Inoltre loro credevano che ogni essere umano è responsabile del piacere degli altri e che il benessere di un essere umano deve considerare come bene gli altri.

Loro credevano anche che lo stato naturale delle cose è basato su una ed ultima realtà. Per esempio Buddha dice che la realtà ultima è la vacuità, giacché tutti i fenomeni sono vuoti di un'esistenza intrinseca in loro stessi. Gesù dice che l'universo è una creazione di un ultimo vero Padre.
Di conseguenza tutti i fondatori religiosi avevano una pura e gentile motivazione e i loro insegnamenti divennero questa grande risorsa per la felicità umana. 

Quindi io credo che rispettivamente ogni religione ha il potenziale di dare gli opportuni insegnamenti per guadagnare la pace della mente, se seguita come un'eccezionale sentiero spirituale. Naturalmente ogni essere umano ha il diritto e la possibilità di addestrarsi con tutte le diverse religioni affinché sviluppi una pratica religiosa organica e personale. Io non intendo dire né che tutte le religioni dovrebbero essere unificate, né che tutti gli esseri umani dovrebbero studiare e praticare tutte le religioni. Bensì, io sto sottolineando un importante concetto: le persone non dovrebbero considerare le religioni come contrapposte l'un l'altra o intoccabili.
Le persone devono considerare le religioni come risorse di felicità e non come la distruzione di essa.

Ogni qualvolta il nome di una religione diventa sinonimo di distruzione, ciò non accade per causa della religione o del suo fondatore, ma a causa delle persone che fraintendono il significato e l'uso della religione.

Ma come portare tutte le differenti religioni insieme negli studi e nella pratica di un singolo essere umano? Io vorrei spiegarlo qui parlando di Gandhi e della sua vita. Gandhi nacque in una famiglia Hindu e fu educato sia in Occidente sia in Oriente. Accanto ai suoi studi accademici, egli considerò la pratica religiosa come un grande compito della sua vita e studiò le differenti religioni ogni volta e dovunque ne aveva l'opportunità. Egli praticò religioni diverse appena poteva. Noi consideriamo Gandhi come un mente veramente grande e intelligente, mossa da pura conoscenza umana
Lui credeva che il valore di una religione ha fondamento sulle basilari buone qualità umane. Per valori umani intendo mente compassionevole e senso del perdono. Se qualcuno fallisce in queste qualità umane basilari, lui o lei non otterrà mai alcun beneficio da una fede religiosa.
Perciò coltivare i valori umani fondamentali è il primo dovere di una persona religiosa. Le qualità umane fondamentali sono la porta per iniziare una genuina pratica religiosa.
Allo scopo di raccogliere differenti studi religiosi in una sola vita umana, una persona dovrebbe capire i concetti delle diverse religioni e, per questo, i seguaci delle varie religioni dovrebbero incontrarsi e studiare insieme per il beneficio e la comprensione reciproci.
Questa è la principale ragione per cui promuovere il dialogo e gli incontri interreligiosi è molto importante nel mondo odierno.

Io considero la vita di Gandhi e il suo insegnamento come la migliore via e motivazione per attuare un così importante compito. A causa dell'assenza di un'apertura e di buon cuore, molte persone del mondo oggi soffrono per sentimenti di insoddisfazione, malinconia e senso di insicurezza. Così, promuovere valori umani più profondi è un insegnamento di cui oggi il mondo ha bisogno.
Inoltre, la promozione di un'armonia tra le diverse religioni è essenziale per sviluppare le umane qualità. Allo scolpo di sviluppare una reale armonia tra le differenti religioni, base di una reciproca comprensione, noi dobbiamo promuovere maggiore comunicazione e interazione tra quelle diverse religioni. Perciò oggi il dialogo interreligioso è un compito e un bisogno essenziale.

I valori umani essenziali stanno a significare che per sua natura, effettivamente ognuno ha lo stesso desiderio di felicità e stesso diritto di realizzarlo. Un'altra verità è che la felicità dipende dall'aiuto degli altri o dal loro supporto, e dalla loro gentilezza. Quindi, giacché noi siamo esseri umani in una società umana, dobbiamo vivere nello sforzo comune del reciproco beneficio. Di conseguenza, noi dobbiamo occuparci o dovremmo pensare al benessere degli altri, avere il cuore aperto e capire la realtà


Gandhi e le religioni del mondo

Consideriamo Gandhi come un uomo universale che aveva una fede costante negli immortali valori umani e denunciava tutti i tipi di barriere: geografica, razziale, culturale ecc.
Riguardo alle diverse religioni nel mondo egli credeva profondamente che: "Tutte le religioni hanno una sorgente e nessun uomo ha il diritto di dire che la sua è la migliore, o che sia la sola vera forma di credo".

L'induismo di Gandhi era una religione con una prospettiva universale. Egli si lasciò influenzare da tutte le culture, e rifiutò di ridurre la sua eredità culturale a una visione ristretta della vita e degli eventi. Gandhi credeva nella grandezza di tutte le religioni. Egli dice: "Io credo la verità fondamentale di tutte le grandi religioni del mondo". Ogni qualvolta Gandhi ne aveva l'opportunità, egli citava le sacre scritture Hindu, Islamiche e cristiane alle riunioni di preghiera. Gandhi provava a capire e adottava ogni cosa che trovava essere di valore nelle altre religioni. Lui credeva in tutti i grandi profeti e santi. Lui proclama: "Il mio induismo non è settario. Esso include tutto ciò che io so essere il meglio nell'Islamismo, nel Cristianesimo, nel Buddismo e Zoroastrismo".
Gandhi non separava mai la sua religione dal resto della sua vita. Egli dice: "Io non conosco alcuna religione a parte l'attività umana".

Gandhi era un uomo politico che regolava la sua vita politica sui dettami dei principi morali e religiosi e in base alla voce della coscienza. Thomas Matron riconosce un appropriato tributo a Gandhi, quando dice: "Per Gandhi, strano che possa sembrarci, l'azione politica deve essere la sua vera natura di religioso, nel senso che, essa doveva essere permeata dai principi di saggezza religiosa e psicologica. Separare religione e politica era agli occhi di Gandhi "follia", perché per Gandhi, la politica è fondata interamente su una religiosa interpretazione della realtà della vita e della condizione dell'uomo nel mondo".

Nella prospettiva di Gandhi "Dio" e "Verità" hanno la stessa denotazione. Perciò l'asserzione "Dio è Verità" può essere convertita semplicemente senza cadere in errore. Il significato psicologico di questa citazione è rilevante. Dopo "Crossed the Sahara of atheism", Gandhi accettò l'idea di Dio delle religioni del mondo.

Dalla vita di Gandhi, io sono sicuro che le persone che vogliono trovare la soluzione per l'armonia delle religioni del mondo, possono imparare il modo migliore per studiare, praticare e promuovere la pace del mondo e la Fratellanza Universale.


Spiritualità di Gandhi

Gli esseri umani possono differire nelle dimensioni, nei colori e nelle qualità, nei beni materiali, nei talenti e nelle disposizioni, tuttavia l’anima nascosta dietro la crosta terrena è una ed è identica per tutti gli uomini e le donne. È come un grande albero che possiede innumerevoli foglie e rami attraverso ognuno dei quali pulsa la medesima vita. Nonostante, quindi, l’universo sia pieno di infinita varietà, vi è una fondamentale unità che abbraccia ogni cosa, sottostante la diversità esterna. Dal momento che sia gli esseri umani sia gli esseri non umani appartengono ad una comune discendenza, penso che sia bene realizzare la fraternità o identità non solo tra gli esseri detti umani, ma con tutte le forme della vita. Tutta la vita è essenzialmente una e nessun essere può essere sfruttato dall’uomo per i suoi interessi.

Tutti crediamo nella Verità e quella che esiste veramente è fonte unica, spirituale, primordiale dello stesso universo. Non si tratta di un’unità che distrugge la diversità, ma di un’unità che pervade la diversità. È l’immutabile sostrato di tutti i cambiamenti. È una realtà che permea tutto, in cui ogni cosa vive, un potere misterioso dietro la molteplicità e le mutazioni nell’universo. Questo potere è la base di tutte le cose esistenti.

C’è una legge che governa e dimora in ogni cosa dell’universo. Questa legge particolare governa le diverse sfere dell’universo, che sono i differenti modi d’azione di quest’unica Legge. Questa Legge è la Verità o Dio stesso. La legge di Dio e Dio non sono cose differenti e il Dio senza forma assume forma per il suo devoto. L’uomo tenta di comprendere Dio, che trascende la parola e la ragione, dandogli nomi e forme. Vi sono tanti nomi di Dio quanti sono coloro che parlano di Dio. “Se fosse possibile per la lingua umana dare la definizione più completa di Dio, arriverei alla conclusione che per me Dio è Verità”, dice Gandhi. Lui identificava la Realtà con Dio e Dio con la Verità. Verità è il nome più adatto a Dio per lui.

Vi è un livello di conoscenza superiore dove conoscere è diventare e l’esistenza e la verità sono la stessa cosa. La Verità coincide con la Realtà e si riferisce al principio primo d’essere in tutte le cose. Niente è o esiste nella realtà eccetto la Verità. Questo è forse il motivo per cui Verità è per Gandhi il nome più importante di Dio. La Verità è sempre Soggetto e mai oggetto, cioè qualcosa di opposto e di diverso da ciò che conosce. Quindi la Verità deve essere realizzata più che conosciuta. Nel suo senso più profondo la Verità è uno stato d’essere.

La Verità assoluta non ha bisogno di prove. Essa trascende il tempo e la storia ed è al di là della percezione e della descrizione. Come il sole risplende della sua propria luce, così la Verità Assoluta risplende della sua propria luce ed è la prova di se stessa. È presupposta da tutte le realtà relative, temporali e percepibili. È alla luce della Verità ultima che verità minori possono essere comprese.

La parola Dio è stata compresa in modi diversi da persone con diversi retroterra e numerosi crimini sono stati commessi nel nome di Dio. Quindi i cosiddetti non credenti ed atei sono convinti che l’idea tradizionale di Dio è qualcosa di cui dubitare. Ma anche coloro che negano l’esistenza di Dio non negano la necessità e il potere della verità. Per rispettare questo fatto possiamo dire che la Verità è Dio, che abbraccia tutti, compresi gli atei che cercano e seguono la verità, non importa in che forma la percepiscono.

La Verità assoluta è al di là della parola e della ragione. La purezza del cuore è essenziale per la percezione della Verità. Solo un uomo che è “più umile della polvere” può vedere la Verità. Quindi la purezza di vita è essenziale per l’intuizione della Verità. La chiarezza dell’intuizione si basa sulla purezza del cuore. L’etica e la metafisica sono intimamente collegate. L’una implica e sostiene l’altra. La vita e la forma del pensiero sono una sola cosa. Questa è l’essenza della filosofia di vita e uno deve dimostrarla attraverso la propria vita.

La Verità e l’Amore sono inseparabili e si presuppongono reciprocamente. L’Amore è l’espressione della Verità nel mondo dei fenomeni. La Verità assoluta che è la somma totale di tutte le verità relative è la Realtà Ultima. Essa è una ed è al di là della comprensione umana. Tuttavia non è totalmente inconoscibile. Si rivela nella natura e nell’uomo come la legge dell’amore. Così la legge dell’amore è l’espressione mondana della Legge Suprema, la Verità. L’amore che abbraccia ogni cosa è l’espressione terrena della Realtà Ultima, l’“Unità di tutta la vita”. Amare è vivere la verità. Quindi l’amore possiede uno status metafisico che è uguale a quello della verità.

In breve, la realtà ontologica ultima: la Verità è Dio e rivela se stessa nel mondo fenomenico come la legge dell’Amore, della Pace, che diviene la legge della filosofia di vita. La Pace può essere vissuta solo dal coraggioso e da colui che non ha paura. La Verità si rivela nell’uomo come la “voce interiore”, che deve essere luce al suo cammino e guida alla sua vita. La voce della coscienza è infallibile solo quando è il risultato di una vita pura e disciplinata. Così, la verità metafisica non può essere separata dalla verità morale. Solo un cercatore onesto con un cuore puro può avere la visione della Verità. Per lui o lei Verità è Dio. La Verità è Amore e Coscienza. La Verità è etica e moralità; la Verità è mancanza di paura. La Verità è la Luce e la Vita. La Verità è Dio, Allah, Iswara, Buddha, ecc.


Conclusione

Penso che un Buddista puro possa essere allo stesso tempo un Cristiano puro, un Musulmano puro, un Induista puro, ecc... o vice versa. Quindi, per rendere la religione un sistema efficace nella nostra vita, c’è bisogno di fare delle modifiche di quando in quando alle sue interpretazioni, che dovrebbero adattarsi al mondo e alla società contemporanea.

Sia in termini di religione, sia di politica e di cultura, dovrebbe esservi un consenso tra i vari gruppi per poter trovare un terreno comune pur conservando le differenze. Cioè, nella ricerca degli interessi e degli scopi comuni, non dovrebbe essere ostacolata l’esistenza di diversi modi di pensare e di fare le cose. Allo stesso modo, i membri di una medesima famiglia possono pensare e fare le cose in modi diversi. In questo spirito, il Buddha disse: “Gli esseri senzienti hanno varie predisposizioni, ma hanno tutti il potenziale per realizzare il sentiero”.

Veramente le religioni non sono in conflitto tra loro, né vi è alcun problema con le divinità che vengono onorate. L’opposizione e il conflitto esistono solo a causa delle interpretazioni errate degli esseri umani. Quindi, quando si trova che un passaggio in una sacra scrittura è in conflitto con la pace umana, sarebbe bene dargli una nuova interpretazione.
Se gli uomini riuscissero a trovare un terreno comune rispettando le differenze, a proteggere l’ambiente spirituale e a rispettarsi e tollerarsi l’un l’altro, allora la pace potrebbe prevalere in questo nuovo secolo. Questa è l’idea che dovrebbe darci la speranza di un mondo migliore nel futuro.

Ad un livello ultimo, la creazione di pace e sicurezza nel nostro pianeta dipende da una trasformazione interiore nella vita degli individui. Come afferma la costituzione dell’Unesco: “Poiché la guerre cominciano nelle menti degli uomini, è nelle menti degli uomini che le difese della pace devono essere costruite.” Un senso di responsabilità, volto a cercare di sviluppare il nostro potenziale per la creazione di azioni positive, costituisce il nostro miglioramento personale e l’inizio di una più ampia trasformazione del pianeta.

Per me Gandhi, come anche Cristo, Gautam Buddha, Krishna e tutti gli altri avatar sono da considerarsi un’emanazione di Dio per guidare l’umanità verso il sentiero della pace e della verità nel nostro tempo. L’esempio luminoso della vita di Gandhi, maestro di pace individuale e globale per l’umanità resterà nel cuore di tutti gli esseri umani per lungo tempo e nel mondo del terzo millennio ci sarà ancora più bisogno del raggio della sua saggezza.


Preghiamo per la pace e l’armonia di tutto il genere umano.


Lama Geshe Gedun Tharchin
__________________________
Guida spirituale
ISTITUTO LAMRIM ROMA






Il Māhamudhrā



Serie di lezione tenuta al Istituto Lamrim, Roma
Meditazione di Māhamudhrā
Geshe Gedun Tharchin
Roma 2007

La ragione del nostro incontro è la ricerca del significato della vita, un passaggio affatto scontato e spesso problematico, in quanto tendenzialmente riteniamo obiettivi primari, da conquistare con qualsiasi mezzo, gli ottenimenti materiali e la soddisfazione dei desideri mondani.

A volte incontriamo persone a cui apparentemente non manca nulla per avere felicità, sono sani, agiati, in una condizione di benessere generale, eppure vivono in perenne stato di smarrimento e di incertezza verso un futuro che temono e preferiscono ignorare, rimuovono tutto ciò che non cade materialmente nel cerchio della loro comprensione, decidono di eliminare ogni dubbio e negano drasticamente qualsiasi possibile continuità.
Se non si muore improvvisamente a causa di un incidente, ma si sperimenta nell’agonia il processo della fine è possibile avere nell’ultimo istante la percezione della vita futura, però è ormai troppo tardi, manca il tempo per riflettere e allora si è assaliti da una disperata tristezza. Per questo è importante approfondire e analizzare oggi cosa potrebbe rimanere dopo questa forma di esistenza, anche se si tratta di fenomeni che fanno parte di una realtà oscura, non visibile direttamente, a cui ci si può avvicinare solo tramite realizzazioni superiori che però, non essendo ancora state raggiunte, sono accessibili unicamente tramite il ragionamento. Non si tratta di un ragionamento ordinario, ma della costruzione logica di un pensiero che si fonda su percezioni limpide in quanto la logica non è esclusiva prerogativa dell’intelletto, riguarda anche la capacità di avvertire in modo esplicito e autentico gli eventi.

Le argomentazioni logiche devono basarsi sulla percezione diretta che, a sua volta, diventa la prova dell’autenticità della deduzione intellettiva.

Sono dunque tre le tappe di approccio alla conoscenza della realtà:
  1. La conoscenza basata sulla percezione diretta;
  2. La conoscenza basata sulla logica deduttiva, a sua volta fondata sulla percezione diretta;
  3. La conoscenza basata sulle realizzazioni ottenute tramite la percezione diretta e la logica deduttiva.
Consideriamo ad esempio la fiducia nelle reincarnazioni, una persona che vi creda può tentare di chiarire questa idea a se stessa e agli altri, ma quali strumenti possiede per convincere che ciò corrisponda al vero? come si può dimostrare che la mente di un neonato, o di un feto ancora in formazione, sia la manifestazione di un precedente continuum mentale?

Certamente non è possibile averne con immediatezza una visione accertata, però si può procedere logicamente confrontando la propria affermazione con una realtà analoga, ad esempio osservando che la mente di questo momento è l’imprescindibile risultato della mente del momento precedente, poiché se non fosse esistita ieri non potrebbe esserci nemmeno oggi. Lo stesso procedimento vale per la mente neonata, e questa è una percezione diretta che supporta la concezione deduttiva del passaggio di vita in vita.
Ogni conoscenza nasce dal dubbio che, anche se in parte è negativo in quanto tende a negare l’esistenza di un evento, possiede un secondo aspetto positivo, seppur minimo, e affinché la positività prevalga sulla negatività è necessario applicare il ragionamento.

Analizziamo le forme presenti nella mente attuale e compariamole a quelle dello stato iniziale di questa vita, possiamo così constatare che le qualità mentali di ora sono analoghe alle precedenti e, procedendo a ritroso in questo movimento, deduciamo che lo stesso processo può essere applicato ad un continuum mentale che si trasferisce da un’esistenza all’altra.

Il dubbio ingenera il ragionamento sulla similitudine mantenuta dalla mente nelle diverse fasi della vita esistenza e da questo si desume l’esistenza di un continuum mentale che avanza di momento in momento, di vita in vita.

Domanda: Scusa Geshe, se anche comprendo che la mia mente attuale è simile a quella dell’infanzia ad esempio, come posso dedurre che ciò sia valido per vite precedenti?

Lama: Perché non ci sono differenze, la mente di oggi è il risultato di quella dell’inizio che a sua volta non può che essere il risultato di quella che l’ha preceduta; vi è una continuità ininterrotta del processo mentale con impronte che altrimenti non potrebbe potrebbero manifestarsi né prima né tantomeno oggi.

Domanda: Però è un’ipotesi, non può essere certezza…..

Lama: Con questo ragionamento intendiamo andare al di là delle certezze, dei dogmi enunciati da qualsiasi religione, applicando un procedimento logico, assolutamente libero da condizionamenti, che può portare a credere o no nell’esistenza di vite passate e future.

L’argomento di oggi sarebbe la mente primordiale, ma se non comprendiamo il continuum mentale che passa di vita in vita, come possiamo addentrarci nello stato originale della mente?
Nell’istante in cui si afferma che la mente, il continuum mentale, è senza inizio, qual è il punto in cui si colloca la mente primordiale? Generalmente si pensa che riferendosi allo stato primordiale della mente si debba ritornare ad un’epoca lontanissima, ma in realtà non sappiamo nulla e ogni tentativo di fissare un tempo genera soltanto confusione.

La caratteristica della mente è davvero interessante, essa può coprire un ciclo infinito, come afferrare il tutto in un unico momento, l’universo intero può essere contenuto dalla mente in questo stesso istante.
La nostra mente è un fenomeno veramente inspiegabile, e non è necessario cercare miracoli all’esterno, già semplicemente osservandola possiamo assistere ad un evento veramente misterioso.

Sono molti gli oggetti di meditazione consigliati, ma il livello più elevato è relativo alla meditazione sulla natura della mente, in sanscrito: “Māhamudhrā”, tradotto nelle lingue occidentali in “Grande Sigillo”, ma nel contesto odierno è inteso come meditazione sulla vera natura della mente, la sua realtà ultima.

La meditazione di Māhamudhrā si articola in due fasi, nella prima ci rilassiamo focalizzandoci sulla natura convenzionale della mente, mentre nella seconda ci concentriamo sulla sua natura ultima.
Gli occidentali, sempre frettolosi, impazienti e perennemente agitati, si illudono di potersi appropriare facilmente di tecniche superefficienti che consentano l’immediato accesso alla meditazione sulla natura della mente, ma ciò è assolutamente impossibile, il cammino per acquisire tale capacità è lungo e necessità prima di tutto di un’adeguata e paziente preparazione della mente attraverso le pratiche preliminari atte a creare le giuste condizioni.

A questo punto, però, è necessario fare chiarezza sul significato delle “pratiche preliminari”, perché il primo fraintendimento consiste nel considerarle semplicemente una sequela di compiti da eseguire prima di affrontare la pratica vera e propria, persuasi che soltanto dopo aver completato la recitazione di un prestabilito numero di mantra, o la quantità di prosternazioni prescritte, o altro ancora, si sia autorizzati a procedere.

È una concezione tradizionale, in sé positiva, a patto però che non sia limitata a un computo aritmetico e meccanicistico di tipo quantitativo e nemmeno si devono considerare queste pratiche come fenomeno preventivo definito entro un arco temporale, al contrario sono sempre presenti, costantemente mantenute in concomitanza con qualsiasi altra pratica. Dunque, quali sono le pratiche preliminari?
La pratica preliminare fondamentale è la grande compassione, ogni nostra preghiera, azione, intenzione, ne deve essere permeata. La grande compassione rientra nell’ambito dell’etica che fa parte dei tre addestramenti superiori: della moralità, della concentrazione e della saggezza.
  1. L’addestramento superiore della moralità si fonda sulla compassione universale;
  2. L’addestramento superiore della concentrazione si colloca al primo livello del Māhamudhrā, ovvero la concentrazione sulla mente;
  3. L’addestramento superiore della saggezza appartiene al secondo livello del Māhamudhrā e consiste nella contemplazione della realtà ultima della mente.
La grande compassione è l’indicazione primaria enfatizzata da tutte le tradizioni religiose, buddhista, cristiana, islamica, ebraica…. ed è una norma applicata anche da coloro che non sono affatto religiosi, anzi spesso i non credenti sono i più generosi nell’applicazione di questa qualità umana. La grande compassione è sconfinata, non ha limite, non soggiace all’autorità di nulla e di nessuno, è un infinito dono della natura stessa, ed è fondamentale perché fino a quando la mente-cuore non è completamente aperta è impossibile accogliervi il Māhamudhrā. Aprire la mente-cuore è l’azione più importante della nostra vita, è l’attività della grande compassione, la prima pratica preliminare.

Oggi stiamo affrontando semplicemente il significato sostanziale delle pratiche preliminari senza addentrarci nel complesso labirinto delle tradizioni che prescrivono precise modalità e rituali; recitare il mantra o la preghiera del Padre nostro ha esattamente lo stesso valore. Pensare che le pratiche preliminari presuppongano la necessità di imitare i tibetani nel modo di vestire, nella recitazione dei mantra, nei loro atteggiamenti esteriori è proprio sciocco e suscita immancabile ilarità in oriente perché è evidentemente qualcosa di assolutamente estraneo alla cultura occidentale. Ognuno deve praticare secondo le proprie tradizioni. L’attitudine non discriminate, la capacità di vedere l’autenticità della pratica in ogni religione e cultura appartiene al vero Māhamudhrā.

Le pratiche preliminari sono dunque fondamentali per poter sviluppare la concentrazione sulla mente e realizzarne la natura e consistono nella compassione, nell’amore e nella forza che vi applichiamo.
Il secondo livello del Māhamudhrā è particolarmente bello, finalmente non rivolgiamo più l’attenzione all’esterno, distratti dai giudizi su qualcuno o qualcosa, ma restiamo concentrati in noi stessi, nella natura della mente. La difficoltà di questa pratica consiste proprio nell’osservazione della mente da parte della mente stessa. Generalmente attiviamo due fattori: soggetto e oggetto, la mente, il soggetto, medita su un oggetto esterno; invece nel secondo livello di Māhamudhrā il fenomeno è unico perché la mente è contemporaneamente soggetto e oggetto e contempla se stessa.

Questo è il miglior metodo di conoscenza perché nel momento in cui la mente si concentra su se stessa non è più distratta da passato o futuro, decadono naturalmente valutazioni, giudizi, aspettative o paure, è completamente libera da ogni preoccupazione.

Malgrado ciò i pensieri continuano ad affacciarsi alla mente nel tentativo di distrarla e la migliore risposta è la non risposta, così come ha dimostrato inconfutabilmente il Mahātmā Gandhi che in ogni circostanza, anche la più dura, ha mantenuto inalterata l’attitudine equanime e pacifica della non violenza.

Se vogliamo trovare ad ogni costo una risposta agli infiniti pensieri che affollano la mente sprechiamo una quantità enorme di energie e di tempo senza ottenere altro che un peggioramento dell’agitazione e confusione mentale. Non bisogna rispondere, ma neppure ignorare, semplicemente si deve osservare il fenomeno con un equilibrato distacco. Nelle tradizioni Theravāda o Zen si insiste particolarmente sulla obbligatorietà di lasciar andare, di permettere che gli eventi siano nel modo in cui sono senza forzare, senza contrapporsi, è la stessa pratica contemplata nello Dzogchen, nel Māhamudhrā, cambiano le terminologie, ma la sostanza è la stessa, non si risponde né si ignora, si osserva rispettosamente.

Cosa succede nel momento in cui non opponiamo resistenza e ci limitiamo a scrutare e con rispetto i nostri pensieri? Ci accorgiamo che sono come bolle di sapone che non appena formate svaniscono, scoppiano da sole. In questo modo si autoeliminano sia passato che futuro e resta soltanto la vacuità del momento presente, che non significa mancanza di coscienza come se stessimo dormendo, al contrario la nostra mente è particolarmente lucida, chiara come il sole che risplende nel cielo, malgrado le nuvole che lo offuscano momentaneamente.

La mente è anche simile ad un fiume che scorre regolarmente, nemmeno smosso dagli uccelli che si tuffano, dai pesci che nuotano o dalle pietre lanciate nell’acqua, rimane ferma, per nulla turbata dai molti pensieri, raggiunge la calma, la pace.

Un ulteriore passo nel Māhamudhrā è dato dalla ricerca della mente, dov’è? Pare naturale che sia qui, ma se la cerchiamo non la troviamo. Questa investigazione appartiene al Lhagtong, ovvero alla visione del livello superiore della mente, una pratica preceduta da quella di Shine, o calmo dimorare, che porta alla sua pacificazione.

Per poterci dedicare a queste due pratiche dobbiamo preventivamente aver predisposto la mente con i preliminari dell’amore, della compassione e della rinuncia.
Questo argomento meriterebbe una lunga riflessione, ma per ora è bene fermarsi, chiarire e approfondire quanto detto, dunque risponderò alle vostre domande, poi mediteremo insieme.

Domanda: Le sofferenze o disabilità fisiche possono interferire o addirittura impedire la capacità di osservazione della mente?

Lama: No, le condizioni del corpo in questo caso sono assolutamente ininfluenti, siamo ad un livello che travalica i limiti fisici.

Domanda: Le emozioni molto forti, sia positive che negative, possono essere un ostacolo?

Lama: Tutte le emozioni appartengono alla categoria dei pensieri che emergono ininterrottamente durante la pratica e dunque dobbiamo imparare ad osservarle con rispetto nella compassione maturata nella pratica preliminare, senza indugiarvi e mantenendo il dovuto distacco.
Ricordate i tre livelli della pratica: 
  1. Preliminari di amore e compassione;
  2. Calmo dimorare della mente;
  3. La realizzazione dell’osservazione e la ricerca della mente.
Queste tre tappe sono fondamentali, prima di tutto dobbiamo sviluppare e aprire il cuore alla grande compassione, capaci di concentrarci sulla mente mantenendola in uno stato di calma serena e profonda ed essere così pronti ad impegnarci a cercarla, una pratica che corrisponde all’osservazione della sua realtà ultima.

Prima di disporci a qualsiasi pratica dobbiamo compiere un atto di fiducia e prendere rifugio nei tre gioielli, Buddha, Dharma e Sangha, che per i cristiani potrebbero corrispondere alla Trinità o in altre tradizioni ad Esseri superiori. E’ un attitudine fondamentale che implica la disponibilità incondizionata ad affidarci alla guida che ci accompagnerà per tutto il percorso.

Per aiutarci ad espandere la grande compassione leggeremo insieme gli “Otto Versi di Trasformazione della Mente” (V: testi annessi pag. I), poi mediteremo per sviluppare la calma mentale e infine leggeremo il “Sūtra della Perfezione della Saggezza” conosciuto come Sūtra del Cuore” (V. testi annessi pag. II) che appartiene alla terza fase della pratica.

Seguono letture e meditazione

La prima pratica preliminare al Māhamudhrā è dunque la gentilezza amorevole, la grande compassione, la seconda la calma dimorante, la terza la realizzazione della mente, e tutte e tre sono contenute e descritte nel Sūtra del Cuore che è l’essenza di tutti i Prajñāpāramitāsūtra, basilare insegnamento Māhamudhrā.
Non cercate in testi rari e complessi il significato del Māhamudhrā, il Sūtra del Cuore contiene ed esprime tutto ciò che esiste da tempo senza inizio, non necessita di altra spiegazione, è completo e a disposizione di chiunque. Non esistono nel buddhismo insegnamenti segreti gestiti da pochi eletti, questo è un ulteriore inganno, una grande illusione, la pratica del Dharma è accessibile a tutti in modo assolutamente equanime, la sua realizzazione dipende unicamente dalla personale capacità e impegno. Il Dharma non è qualcosa che cala dall’alto, né una benedizione del maestro, né un vassoio di dolci, è una preziosa potenzialità posseduta in eguale misura da ogni essere vivente.

Il Māhamudhrā appartiene ai fenomeni dell’universo, è l’essenza stessa di tutto ciò che vi è contenuto, dunque la nostra mente è in questa essenza. Il Māhamudhrā semplifica la realtà, non la complica, e noi in questa pratica diveniamo persone più semplici, umili, gioiose, perché la nostra vita è lineare, priva di sovrastrutture complicate e disturbanti. Nel momento in cui meditiamo sulla mente stiamo meditando sul tutto e questo è magnifico. Domare la mente è domare ogni cosa.

Questa è stata una breve ma essenziale introduzione alla pratica di Māhamudhrā che è bene non scordare e applicare in qualsiasi circostanza, da soli, con amici, così da passare dalla fase del dubbio a quella della convinzione e da questa alla realizzazione.

Ora dedichiamo i meriti accumulati in questa giornata di Dharma a beneficio di tutti gli esseri senzienti e affinché la pace si diffonda sul pianeta.




La Scienza del Buddhismo

La Scienza del Buddhismo
Venerabile Ghesce Gedun Tharchin

Da una conferenza tenuta a Roma il 21 novembre 2010

Oggi mi è stato chiesto di tenere una breve conferenza sul tema della scienza del buddhismo. Non so esattamente cosa significhi dire “Scienza Buddhista” nel contesto sociale e culturale dell’Occidente.
Nella lingua tibetana abbiamo un termine spesso usato nelle nostre Scritture, “Nang Don Rig Pa”. Questa è una espressione molto formale per indicare il buddhismo. Una traduzione letterale in inglese o italiano sarebbe “Scienza Buddhista”, ma il significato va ben oltre. Preso alla lettera “Nang Don” significa “Significato e valore interiore” e Rig Pa sta per “l’arte dell’apprendere”. Pertanto l’interpretazione letterale dovrebbe essere “Le arti per apprendere il significato ed il valore interiore”. Questo è ciò che il buddhismo e la scienza buddhista significano per i Tibetani.
Effettivamente il buddismo è una cultura straniera per i tibetani, perché fu adottata dall’India, dalla Cina e dal Nepal, tra 8° e 11° secolo. Durante il regno dell’imperatore tibetano Song Tsan Gampo le sue due mogli straniere, una principessa cinese ed una nepalese, costruirono i primi due tempi buddisti, il Jo Khang ed il Ramo Che a Lhasa. Essi furono costruiti per proteggere le statue del Buddha che erano state date loro dai genitori. Se uno guarda indietro nel tempo, è veramente un caso strano quello di come il buddismo arrivò per la prima volta nel Tibet!
Nell’ottavo secolo il Tibet era già una società civilmente avanzata culturalmente e politicamente. Il paese aveva successo e riusciva a competere con i paesi confinanti. I tibetani accolsero il buddismo come “Nang Don Rig Pa” ovvero come l’arte di apprendere il valore ed il significato interiore delle cose piuttosto che come una religione come noi la consideriamo in Occidente. Purtroppo col passare del tempo tutta la cultura, storia ed economia del Tibet è finito sotto la dominazione della gerarchia buddista, un po’ alla stessa maniera dell’impero romano quando finì sotto la dominazione della chiesa cristiana.
Detto questo, il vero significato del Dharma è di come il Buddha abbia fatto esperienza e realizzato in se stesso il valore e significato interiore, intrinseco della vita. Ne dette la dimostrazione agli altri per guarire l’umanità ed il mondo dalle malattie inflitte dai tre veleni della vita, l’ignoranza, l’attaccamento e l’odio.
L’arte buddhista di apprendere il valore e significato interiore della vita consiste essenzialmente di quelli che si chiamano i tre più alti principi. Questi sono la moralità, la concentrazione e la saggezza. L’addestramento a questi principi trasformano la vita umana che viene vissuta sanamente e realisticamente e col tempo eliminano completamente i veleni, conducendo ad uno stato che si chiama nirvana, una vita completamente libera dai tre veleni dei quali abbiamo parlato.
Se vogliamo iniziare il sentiero del Nang Dan Rig Pa (l’arte dell’apprendere i valori e significati interiori o intrinseci) dobbiamo cominciare riflettendo su certi aspetti fondamentali:
  • Perché vi sono tanti dolori e sofferenze nella vita umana?
  • Esistono delle cause per questi dolori e sofferenze?
  • Esiste la possibilità di vivere senza dolore e sofferenza?
  • Quale sarebbe la via migliore per ottenere questo?
Per porre queste domande in maniera giusta dobbiamo essere in una condizione spirituale di unità fra chi chiede e la risposta.
Dobbiamo noi stessi essere il medico, il paziente e l’infermiera. Questo sta alla base della ricerca per comprendere e realizzare il vero significato della vita. Storicamente il Signore Buddha ha riassunto tutta la sua realizzazione in queste quattro domande. Questa mappa per trovare il significato interiore si chiama “Le Quattro Nobili Verità”-
Per avvicinarci a questa ricerca iniziamo analizzando la prima Nobile Verità, la Verità della sofferenza Questo è un punto cruciale di meditazione e riflessione. Dobbiamo confrontarci con questo aspetto entro noi stessi, sperimentando nella massima profondità i nostri dolori e le nostre sofferenze.
Nell’applicare il Nang Don Rig Pa dobbiamo rinunciare a tutta la nostra comprensione intellettuale del dolore e della sofferenza. Dobbiamo semplicemente e direttamente “toccare” i dolori e le sofferenze di ogni giorno che passa. Veniamo costantemente torturati e non siamo riusciti a trovare una via d’uscita. Non vi è alcuno sbocco per il defatigante lavoro del nostro mondo interiore.
Però la nobile verità della sofferenza non è la sofferenza stessa. La sofferenza della quale parliamo è nella dimensione psichica e spirituale. Essa ha a che fare con pensieri e concetti erronei. Questa verità è insita nella sofferenza ma non è uguale ad essa. Il dolore è la fonte dalla quale attingiamo la verità della sofferenza. Vi è qualcosa alla quale la sofferenza si affida per avere potere su di noi ed è molto importante sapere cosa sia questa cosa se vogliamo liberarci da essa.
La scoperta e la realizzazione della verità della sofferenza ci porta naturalmente al suo sollievo. Possiamo dire che il fuoco brucia il legno, ma possiamo anche dire che il legno crea il fuoco. Il potenziale per il fuoco è inerente al legno. Così anche, mentre lo sperimentare la verità della sofferenza pone fine alla sofferenza, il potenziale per esserne sollevati risiede nella sofferenza stessa.
Un analisi di questo tipo ci porta alla seconda domanda: Quale è la causa della nostra sofferenza?
Sofferenze psicologiche e spirituali sono probabilmente i frutti di errati concetti con riguardo alla felicità che sono interconnessi ai nostri pensieri erronei. Nel buddismo vi sono quattro concetti erronei che guidano questo processo.
Noi percepiamo:
  1. Cose impure come pure;
  2. Sofferenza come felicità;
  3. Impermanenza come permanenza;
  4. Cose che non hanno un sé come sé concreti.
Questi pensieri erronei ed idee sbagliate producono un mondo illusorio che sta alla base delle miserie psicologiche umane.
Ma è possibile una felicità pura e durevole? Per rispondere a questa domanda dobbiamo riflettere sul nirvana, uno stato mentale o dimensione psicologica nella quale uno può vivere in uno stato indolore, libero dalla sofferenza. Quando ci rendiamo conto del fatto che la nostra mente attuale può essere trasformata in uno stato mentale “nirvana” questo significa che abbiamo stabilito la base del nostro viaggio verso il valore ed il significato interiore.
Una volta stabilito il fatto che la fine della sofferenza è realizzabile, procediamo per esaminare quali misure dobbiamo implementare per approdare allo stato di “nirvana”. Questo è ciò che chiamiamo “La Via della Nirvana”, quei percorsi di addestramento ad alto livello, che potremmo chiamare in lingua più semplice:
Semplicità (rinuncia), amore e comprensione, concentrazione su uno stato mentale focalizzato che può dirigere la sua energia sull’obbiettivo desiderato per intensificare la nostra capacità mentale per meglio affrontare i problemi.
La saggezza derivante da visioni corrette – come le Nobili Verità già esposte – che ci permettono di vedere la sofferenza come sofferenza, l’impuro come impuro, l’impermanente come impermanente ed ciò che è privo di sé come privo di sé.
La realizzazione di queste tre facoltà della mente porrà fine ai nostri dolori e sofferenze psicologici e ci permetterà di ottenere una libertà piena e completa che potremo dedicare alla pace globale ed alla felicità universale dell’uomo che includa tutto gli esseri senzienti.
Riuscire a realizzare i valori ed il significato interiori può essere molto facile purchè uno vi si dedichi con forte determinazione ed interessamento autentico. Non è né una mera espressione filosofica né un trucco psicologico. E’ una maniera pratica e molto solida per risolvere la sofferenza umana in tutti noi. Fondato sull’amore indiscriminato e la saggezza indiscriminata, esso viene riconosciuto sotto il nome di Dharma, Sanatana Dharma, lo Spirito Santo e tanti altri nomi. Ma nessuna parola ne può descrivere il vero significato. Uno ne può soltanto fare l’esperienza entro se stesso attraverso la forza della sua stessa determinazione e diligenza.
Buddha ha detto “Tu stesso sei tanto il tuo maestro quanto il tuo nemico” e “ I Buddha non possono eliminare le azioni negative o sollevare l’umanità dalla sofferenza. I Buddha non possono trasferire la loro realizzazione ad altri. I Buddha liberano gli esseri senzienti solo mostrando loro la Verità. “Inoltre” disse Buddha “Vi ho mostrato il sentiero per la libertà, ma se volete veramente trovarlo dovete trovarlo entro voi stessi”.


Nota: Testo originale in Inglese pubblicato sul rivista "The Middle Way Journal of the Buddhist Society, London - November 2011."

Buddhist Science

Venerable Geshe Gedun Tharchin
From a talk given in Rome 21 Novembre 2010