Il Potere della Consapevolezza
( La Grande Liberazione della Mente )
Maggio 2011 Merano
Ven. Geshe Gedun Tharchin
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INDICE
Il Potere della Consapevolezza
Bardo Thos-grol - I primi cinque
ostacoli alla liberazione della mente
Bardo Thos-grol - I tre ultimi ostacoli
alla liberazione della mente
***
Bardo Thos-grol
I primi cinque ostacoli alla liberazione della mente
Grazie a tutti per questo incontro in cui ci
prefiggiamo di coltivare il gioiello che esaudisce tutti i desideri, terreni e
spirituali, e che non si può acquistare in un supermercato e nemmeno nella più
prestigiosa gioielleria, lo si trova solo in noi stessi ed è l’inestimabile
tesoro che ogni essere umano possiede naturalmente.
Non è necessario scavare freneticamente e con forza
per trovarlo, dobbiamo unicamente essere spontanei, rilassati, una disposizione
che in tibetano è definita Rang-pa, che significa
essere semplici nella propria naturalezza e Nel-so, che rivela uno stato di rilassamento; queste sono le due condizioni
insite nella natura umana in corpo, respiro e mente e costituiscono la pratica
fondamentale per la ricerca interiore della preziosa gemma che ci permette di sperimentare
concretamente in corpo e mente l’appagamento di tutti i desideri.
Mente e corpo non sono due entità separate o
peggio, contrapposte, ma sono perfettamente correlate e interdipendenti, vi è
una reale trasformazione del corpo nello spirito e dello spirito nel corpo, non
esiste alcuna divisione tra fisica e metafisica, come è stato anche comprovato
dalla scienza moderna e già anticamente affermato nel buddismo con la
descrizione del corpo di arcobaleno.
È importante meditare con questa visione unitaria
di sé in rilassamento e naturalezza senza frapporre alcuna ingannevole
separazione, il corpo fisico e quello spirituale sono il laboratorio in cui
emerge l’essenza della nostra esistenza, del nostro respiro, della nostra
mente.
Queste non sono fantasie, sogni, ma concreti
risultati ottenibili nella meditazione consapevole, rilassata, naturale, sia in
questa vita che in ciò che verrà.
Eppure è così difficile per noi distendere la mente
e di conseguenza il respiro e ancor meno il corpo, ecco perché siamo sempre
stanchi.
I principali ostacoli dell’agitazione incessante
che limita la nostra esistenza sono espressi in tibetano con due parole Rewa e Topga, sinteticamente unificate nel termine Re-To; Rewa può essere tradotto con “aspettativa”, è quella
tensione verso ogni evento presente e futuro, di questa vita come delle
prossime, e che ci lascerà morire in uno stato di continua attesa e a cui inoltre
si somma il secondo ostacolo, Topga, il dubbio, la diffidenza, la paura.
Un altro termine è Namg-to, pensiero illusorio, che indica la nostra
propensione a costruire seppur su basi di per sé veritiere, edifici di carta,
completamente ingannevoli, e da tale visione errata derivano le paure, i demoni
che condizionano tutta la nostra esistenza.
Il più potente yogi tibetano, Milarepa, che ha
conquistato pienamente il valore spirituale del Dharma, affermava che qualsiasi
nemico è unicamente il risultato delle nostre fabbricazioni illusorie.
La maggior parte delle artificiose aspettative che innalziamo
sono irrealizzabili, inconsistenti, così come le paure, i dubbi, i sospetti,
tutto è esclusivo frutto delle nostre fantasie.
Per non cadere in ulteriori imbrogli è importantissimo
imparare a distinguere le aspettative dalle aspirazioni e i dubbi dalle giuste
domande. Se non abbiamo una chiara visione di questa sostanziale differenza
cadremo nell’inganno dei desideri e dei dubbi che elaborano false domande. È
dunque indispensabile essere sempre vigili e analizzare consapevolmente la
propria interiorità con concentrazione, moralità e saggezza. Aspettative e
dubbi sono il risultato dell’assenza di queste qualità.
L’aspirazione che conduce alla giusta domanda è
fondata sulla cosciente concentrazione in moralità e saggezza, è la via che
induce rilassamento di mente e corpo nel loro stato naturale, mentre tutte le false
aspettative incrementano l’agitazione, l’insoddisfazione.
La pratica spirituale non è un’entità avulsa dalla
vita quotidiana, è anzi sua sostanziale parte integrante anche nell’azione più
irrilevante; si tratta di un lavoro faticoso che richiede perseveranza,
entusiasmo, consapevolezza e laddove le difficoltà sono maggiori tanto più si
concretizzano opportunità di crescita della spiritualità più vera.
Non è affatto necessario andare in India o in
Tibet, in monasteri o eremi, l’autentica pratica spirituale è qui e ora nelle
complessità delle relazioni familiari, di lavoro, e proprio quando i problemi
sono più gravi e gli impedimenti paiono insormontabili si realizza il centro
della pratica spirituale, la manifestazione del suo insostituibile e
fondamentale valore, saper riconoscere questo aspetto è conoscere il senso autentico
dell’esistenza umana.
Gli ostacoli maggiori sono dunque i pensieri
illusori pregni di Re-To, aspettativa, dubbi, sospetti, e possono essere
superati soltanto nella paziente, quotidiana, pratica spirituale fondata sulla
consapevolezza delle aspirazioni che pongono le giuste domande.
Le condizioni della vita sono diverse per ogni
individuo, ma i valori spirituali sono assolutamente equanimi per tutti gli
esseri umani e ognuno ha le stesse opportunità per conquistarli.
Il testo che sto consultando è il “Bar-do Thos-grol” che letteralmente significa -Liberazione della mente tramite l’ascolto
di questi versi-, però tradotto impropriamente
nelle lingue occidentali con il titolo più misterioso e accattivante «Il Libro
Tibetano dei Morti» certamente sull’onda del più famoso testo egizio.
Il Bar-do è lo stato intermedio tra la vita appena
conclusa e quella che verrà
La preghiera di Invocazione per la liberazione nel pericoloso sentiero del Bar-do[1] recita:
“Saluto
rispettosamente la moltitudine di Guru, Deva, Dākini.
Possa il loro
grande amore esserci di guida sul sentiero.
Ahimè, mentre in
preda alla profonda illusione,
Sto vagando
nella trasmigrazione,
Possano i
maestri nella linea di trasmissione guidarmi
E la moltitudine
delle Dākini loro compagne seguirmi
Sulla luminosa
via, al di là di ogni distrazione,
Dell’ascoltare
l’insegnamento, della riflessione, della meditazione.
Chiedo di
superare il pericoloso sentiero dello spaventoso Bar-do
E di essere condotto
allo stato di Buddha
Totalmente
perfezionato.
Ahimè, mentre in
preda alla rabbia feroce
Sto vagando
nella trasmigrazione,
Possa il
Vittorioso Vajrasattva guidarmi
E la sua
compagna Buddha Locanā seguirmi
Sulla via di
luce della Chiara Saggezza dello Specchio.
Chiedo di
superare il pericoloso sentiero dello spaventoso Bar-do
E di essere
condotto allo stato di Buddha
Totalmente
perfezionato.
Ahimè, mentre in
preda al forte orgoglio
Sto vagando
nella trasmigrazione,
Possa il
Vittorioso Ratnasambhava guidarmi
E la sua
compagna Mamākī seguirmi,
Sulla via di
luce della Chiara Saggezza dell’Uguaglianza.
Chiedo di
superare il pericoloso sentiero dello spaventoso Bar-do
E di essere
condotto allo stato di Buddha
Totalmente
perfezionato.
Ahimè, mentre in
preda al forte attaccamento
Sto vagando
nella trasmigrazione,
Possa il beato
Amitābha guidarmi
E la sua
compagna Pāndaravāsinī seguirmi,
Sulla via di
luce della Chiara Saggezza Discriminante.
Chiedo di
superare il pericoloso sentiero dello spaventoso Bar-do
E di essere
condotto allo stato di Buddha
Totalmente
perfezionato.
Ahimè, mentre in
preda alla feroce gelosia
Sto vagando
nella trasmigrazione,
Possa il beato
Amoghasiddhi guidarmi
Ela sua compagna
Samaya Tārā seguirmi
Sulla via di
luce della Chiara Saggezza che realizza le Azioni.
Chiedo di
superare il pericoloso sentiero dello spaventoso Bar-do
E di essere
condotto allo stato di Buddha
Totalmente
perfezionato.
Ahimè, mentre in
preda alla profonda ignoranza
Sto vagando
nella trasmigrazione,
Possa il
Vittorioso Vairocana guidarmi
E la sua
compagna Dhātu Iśvarī seguirmi
Sulla via di
luce della Chiara Saggezza dei Dharmadhātu.
Chiedo di
superare il pericoloso sentiero dello spaventoso Bar-do
E di essere
condotto allo stato di Buddha
Totalmente
perfezionato.
Ahimè,
mentre in preda alle intense visioni illusorie
Sto
vagando nella trasmigrazione,
Possa
la moltitudine dei Vittoriosi pacifici e feroci guidarmi
E
la moltitudine delle Dhātu Iśvarī irate seguirmi
Sulla
via di luce dell’abbandono delle visioni paurose e terrifiche.
Chiedo
di superare il pericoloso sentiero dello spaventoso Bar-do
E
di essere condotto allo stato di Buddha
Totalmente
perfezionato.
Ahimè,
mentre in preda alle forti tracce karmiche
Sto
vagando nella trasmigrazione,
Possano
gli Eroi Possessori della Saggezza guidarmi
E
la moltitudine delle Dākini loro consorti seguirmi
Sulla
via di luce della Chiara Saggezza Innata.
Chiedo
di superare il pericoloso sentiero dello spaventoso Bar-do
E
di essere condotto allo stato di Buddha
Totalmente
perfezionato.
Che
l’elemento spazio non mi appaia come nemico,
Possa
io vedere la Pura Dimensione del Buddha Blu.
Che
l’elemento acqua non mi appaia come nemico,
Possa
io vedere la Pura Dimensione del Buddha Bianco.
Che
l’elemento terra non mi appaia come nemico,
Possa
io vedere la Pura Dimensione del Buddha Giallo.
Che
l’elemento fuoco non mi appaia come nemico,
Possa
io vedere la Pura Dimensione del Buddha Rosso.
Che
l’elemento aria non mi appaia come nemico,
Possa
io vedere la Pura Dimensione del Buddha Verde.
Che
suoni,luci e raggi non mi appaiano come nemici,
Possa
io vedere la Pura Dimensione delle infinite forme pacifiche e feroci.
Che
gli elementi dell’arcobaleno non mi appaiano come nemici,
Possa
io vedere le Pure Dimensioni di tutti i Buddha.
Per
il potere dei Maestri della linea di trasmissione,
Per
la compassione della moltitudine delle divinità,
Le
infinite forme pacifiche e feroci,
Per
l’energia delle mie pure intenzioni,
Possa,
qualsiasi cosa abbia io ora invocato, realizzarsi.”
***
Analizziamo ora in dettaglio ogni verso:
“Ahimè, mentre in preda alla profonda illusione,
Sto
vagando nella trasmigrazione,
Possano
i maestri nella linea di trasmissione guidarmi
E
la moltitudine delle Dākini loro compagne seguirmi,
Sulla
luminosa via, al di là di ogni distrazione,
Dell’ascoltare
l’insegnamento, della riflessione, della meditazione.
Chiedo
di superare il pericoloso sentiero dello spaventoso Bar-do
E
di essere condotto allo stato di Buddha
Totalmente
perfezionato.”
Il punto importante è -in
preda alla profonda illusione- riferito a
quello stato che ci impedisce di assaporare il senso di questa meravigliosa
esistenza, che ci rende confusi, agitati, affannati in una corsa senza meta, completamente
soggiogati all’inganno di aspettative e dubbi, ostacoli enormi, superabili solo
nell’ascolto fermo, tranquillo, senza fretta, dell’insegnamento con riflessione
e meditazione.
Il Bar-do è letteralmente lo stato intermedio della
morte fisica, ma può anche intendersi come passaggio che si verifica in ogni
fase della vita, qualsiasi istante è Bar-do.
Il secondo verso affronta l’ostacolo della rabbia:
“Ahimè,
mentre in preda alla rabbia feroce
Sto vagando
nella trasmigrazione,
Possa il
Vittorioso Vajrasattva guidarmi
E la sua
compagna Buddha Locanā seguirmi
Sulla via di
luce della Chiara Saggezza dello Specchio.”
La trasmigrazione è il passaggio, il cambiamento di
una condizione, e la rabbia, in qualsiasi circostanza, è un elemento dominante,
sempre presente nelle nostre relazioni, può essere di minor intensità o
totalmente devastante, in ogni caso preclude ogni possibilità di rilassamento
naturale, di calma.
Domanda: Scusa per l’interruzione, ma
vorrei un chiarimento: se io accolgo pacificamente l’illusione e la rabbia pur
vedendole per quello che sono, in tutta la loro negatività, penso che sia
possibile elaborare un atteggiamento positivo in quanto ne prendo atto senza
lasciarmene sopraffare, posso osservarle in tutta la loro potenza e trarre
vantaggio da questa fonte di energia, oppure no?
Lama: Tutti i pensieri
illusori e distruttivi non sono mai postivi in sé, ma quando la rabbia non è
così feroce da rendere ciechi, sordi, totalmente schiavi e, soprattutto, se ne
ha consapevolezza, può essere modificata perché come già dicevamo prima,
laddove la confusione, i problemi, le difficoltà sono emergenti tanto maggiori
sono le opportunità di trasformare se stessi. La presenza della consapevolezza
è fondamentale affinché si possano aprire le porte alla saggezza, alla moralità,
alla concentrazione, elementi indispensabili per trasformare la rabbia in
risorsa. In questo caso non si è più dominati, vittime della rabbia ma, al
contrario, si diventa conduttori della situazione in modo da incanalarla nella
giusta direzione facendola fruttare positivamente.
Il testo continua:
“Ahimè,
mentre in preda al forte orgoglio
Sto vagando
nella trasmigrazione,
Possa il
Vittorioso Ratnasambhava guidarmi
E la sua
compagna Mamākī seguirmi,
Sulla via di
luce della Chiara Saggezza dell’Uguaglianza.”
Per gestire e controllare l’illusione è necessario
concentrarsi nella riflessione e meditazione.
Per dominare la feroce rabbia è fondamentale
praticare la chiara saggezza dello specchio, è evidente, il suo riflesso nello
specchio ne mostra impietosamente tutti gli aspetti sgradevoli, è tanto brutta che
la stessa rabbia si spaventa e disgusta da simile visione.
Altro pensiero illusorio è l’orgoglio che spesso
confondiamo con il coraggio o la dignità mentre non ha nulla in comune con
queste qualità. L’orgoglio è l’inganno di una grandezza che non si possiede
affatto e deve dunque essere controllato alla luce della chiara saggezza
dell’uguaglianza, non esiste superiorità alcuna, tutti gli esseri sono
assolutamente uguali.
Un importante aspetto da rimarcare è la necessità
di comprendere bene la qualificazione che viene data ad ognuna di queste
emozioni: profonda illusione, feroce rabbia, forte
orgoglio, in quanto la loro presenza minima in noi rientra in una normalità della
vita facilmente controllabile e trasformabile in potenziale positivo, e
soltanto quando assumono caratteristiche di pesantezza, forza e ferocia sono
tutti assolutamente devastanti.
“Ahimè,
mentre in preda al forte attaccamento
Sto vagando
nella trasmigrazione,
Possa il beato
Amitābha guidarmi
E la sua
compagna Pāndaravāsinī seguirmi,
Sulla via di
luce della Chiara Saggezza Discriminante.”
Lo stesso vale per l’attaccamento, se è piccolo non
rappresenta un grande problema, ma quando è forte è necessario contrapporvi la luce
della chiara saggezza discriminante che implica la capacità di vedere la realtà
nella sua vera essenza, distinguendo la percezione ingannevole dalla verità.
“Ahimè,
mentre in preda alla feroce gelosia
Sto vagando
nella trasmigrazione,
Possa il beato
Amoghasiddhi guidarmi
Ela sua compagna
Samaya Tārā seguirmi
Sulla via di
luce della Chiara Saggezza che realizza le Azioni.”
Ugualmente la comune gelosia non è un problema, ma
quando diventa feroce è una vera tragedia ed è necessario contrapporvi subito
la luce della chiara saggezza che realizza le azioni secondo la giusta visione.
Questi sono cinque ostacoli che devono essere
affrontati con la forza della consapevolezza saggia che riconosce la realtà di
profonda illusione, rabbia feroce, forte orgoglio, forte attaccamento e feroce
gelosia.
Noi erroneamente riteniamo che la buona meditazione
debba necessariamente riferirsi a verità eccelse: Buddha, Dio, Guru, o sul
respiro, il che è certamente positivo, ma quando siamo assaliti da queste
cinque intense emozioni distruttive è il momento di meditare intensamente con
assoluta consapevolezza sulla loro realtà così da poterle dominare e non
esserne dominati.
Essere pienamente coscienti della confusione
dell’esistenza ci permette di mettere ordine in questo caos; mantenere
consapevolezza nei conflitti significa poterli superare e trasformare ogni
situazione problematica in positiva.
Domanda: A me è di grande aiuto, di
fronte a qualsiasi evento, attivare l’osservatore interiore che credo sia
simile al concetto di consapevolezza.
Lama: Cosa intendi per
osservatore interiore?
Domanda: Credo sia una forma di
consapevolezza, che però visualizzo come figura attiva e questo mi piace molto,
mi è più concretamente vicino.
Lama: Va bene.
Un elemento che non dobbiamo mai sottovalutare, e
non mi stancherò di ripeterlo, è la forma di gravità dei cinque ostacoli, non
stiamo parlando di blande emozioni, ma di profonda illusione, di rabbia feroce,
di forte orgoglio, di forte attaccamento e di feroce gelosia, perché proprio nella
loro potenza c’è il seme della distruzione letale, mentre è necessario imparare
a convivere con le loro ordinarie manifestazioni nella giusta misura, né troppo
né troppo poco, in quanto non sono ostacoli, ma parte integrante e inevitabile
della vita.
Non è bene farsi soggiogare dalle forti emozioni
che in questo caso sono realmente distruttive, ma non è nemmeno bene
cancellarle del tutto perché c’è il rischio di cadere nel nichilismo, nella
negazione della propria umanità, deve essere mantenuto il giusto livello. Voi
che ne dite?
Intervento: Dal libro in cui sono raccolte
le sperimentazioni del Dalai Lama con eminenti scienziati “Le emozioni distruttive” emerge chiaramente che la rabbia giustamente
controllata è stata uno dei motori fondamentali per l’evoluzione umana.
Lama: Certamente.
Domanda: Secondo me il pericolo di
emozioni quali rabbia, gelosia, attaccamento non è tanto intrinseco alle stesse,
quanto nella mia incapacità di riconoscerle, di avvertirne la presenza.
Lama: La consapevolezza è il
punto centrale poiché aiuta a controllare con saggezza l’intensità delle
emozioni negative e a trasformarle, perché come potremmo superare la rabbia
feroce se non sperimentassimo mai la rabbia, se non la sconoscessimo
pienamente? non si può affrontare qualcosa che non esiste, dunque per superare e
controllare la forza della rabbia, della gelosia, dell’attaccamento è
necessario provare rabbia, gelosia e attaccamento. Senza queste emozioni non
saremmo vivi, attori nel samsāra.
Il nostro modello non è dunque il Buddha illuminato
nel nirvāna, ma il Bodhisattva, incarnato in questo mondo samsarico con tutto
ciò che comporta, le emozioni e le sofferenze umane trasformate con la forza
della generosità, della compassione, della pazienza, dell’etica con
perseveranza, concentrazione e saggezza.
Dobbiamo prima di tutto essere consapevoli, vigili,
saper riconoscere le emozioni distruttive per poterle dominare e trasformare in
positive.
Il Bodhisattva corrisponde al Santo cristiano, sono
persone che esercitano incondizionatamente e prioritariamente la qualità
dell’altruismo, che hanno realizzato l’amore, la grande compassione, cioè lo
scopo principale di ogni vita umana, la vera conquista di sé, che non ha nulla
a che fare con il riconoscimento pubblico, le onorificenze ufficiali, i
certificati comprovanti grandi qualità. La vera santità è nascosta nel cuore,
non necessita di proclami, anzi li aborre e rifugge.
La conquista del sé è uno degli impegni più gravosi
della vita, è assai più semplice conquistare gli altri, ma essere Bodhisattva,
santi, significa raggiungere l’obiettivo finale, la gioia, la pace durature.
Tutti i conflitti hanno origine nell’incapacità di
conoscere la propria mente, nel vivere al di fuori di se stessi, totalmente
soggiogati dalle emozioni e dai condizionamenti esterni, e allora è necessario
porsi la domanda essenziale di come sia possibile conquistare realmente il
proprio sé.
La risposta è semplice, non c’è altro mezzo al di
fuori dell’amore incondizionato, generoso, autentico, illimitato, è necessario dimenticare
il proprio piccolo mondo egoistico per rivolgere ogni attenzione profonda,
saggia, priva del minimo calcolo agli altri che sono il nostro obiettivo
primario. Questa è la via del Bodhisattva.
Esiste anche una seconda via per combattere ed
eliminare in modo definitivo, assoluto, le emozioni conflittuali, quella
seguita dai Pratyeka, i praticanti solitari, però il loro obiettivo è essenzialmente
la liberazione individuale, con determinazione assoluta ad eliminare dalla
quotidianità ogni minima emozione disturbante.
La via dei Bodhisattva invece va oltre, è
incondizionatamente rivolta al bene altrui con amore illimitato e dunque
prevede con consapevole saggezza l’accoglienza delle emozioni umane.
I due percorsi rappresentano differenti approcci, entrambi
validi, ed è dunque necessario che ogni individuo esamini consapevolmente se
stesso e trovi la strada che gli è più consona affinché possa districarsi e aprirsi
un sentiero nella giungla della confusione e delle illusioni.
Domanda: È anche importante capire il
perché siamo finiti in questa giungla da cui è così difficile uscire.
Lama: Forse perché
abbiamo sbagliato strada, può essere? In realtà nessuno conosce le cause
iniziali, non è possibile dare una risposta. Alla domanda sull’inizio della
vita il Buddha non rispose, rimase assorto in un silenzio ben più eloquente.
Domanda: La vita è movimento e questo è
già un mistero in sé…
Lama: Il buddismo parla di
vacuità, il cristianesimo di Spirito Santo. Dharma, Chiara Luce, Dio, tutto
esprime lo stesso concetto fondamentale. Simile parallelismo si presenta pure
tra la visione della Trinità: Padre - Figlio - Spirito Santo,
e quella delle tre forme di Buddha: Dharmakāya, l’aspetto di
essenzialità, la saggezza della vacuità dell’illuminazione - Sambhogakāya
la saggezza della forma divina - Nirmānakāya il corpo di apparizione, la
saggezza della forma umana.
Tutto inizia e
finisce nello spazio, che non è la negazione dell’esistenza, il nulla, al
contrario è la più grande essenza, tutto è spazio, noi stessi, ogni cellula
dell’universo è spazio, anche la materia è spazio e tutto è interdipendente.
Questo concetto, indubbiamente non facile, è stato riconosciuto anche dalla
scienza moderna.
A livello
convenzionale la nostra capacità di percezione ci porta a classificare,
separare e distinguere gli elementi, ma a livello ultimo la correlazione,
l’interdipendenza, mostrano la vera unica essenza della realtà.
L’incapacità di
vedere al di là della realtà convenzionale che siamo in grado di percepire con
i nostri sensi ci porta a vagare disperatamente nel pericoloso labirinto della
giungla sconfinata della profonda illusione. Dobbiamo dunque mantenere sempre
vivo nell’approccio non dualistico, ma di saggezza, la consapevolezza delle due
verità, la verità convenzionale, relativa, individuale e la verità ultima,
della saggezza della vacuità.
Domanda: Quindi trovare il sé è raggiungere
l’equilibrio tra queste due realtà?
Lama: Certamente,
nella visione secondo saggezza si vivono le due verità contemporaneamente, e
questo è sufficiente al praticante solitario che, pur avendo nel cuore amore e
compassione, tende unicamente alla propria completa liberazione dalle emozioni
negative; il bodhisattva invece va oltre, alla saggezza aggiunge la qualità della
grande compassione, dell’amore incondizionato, della bodhicitta e soltanto in
questo modo rende possibile ed effettiva la conquista completa del sé e riesce
a vivere con le emozioni conflittuali, anzi le trasforma in potenzialità
positive in grado di aiutare gli altri.
Ognuno
di noi, pur non essendo un Bodhisattva, può avere piccole esperienze di questa opportunità
applicando in ogni atto un po’ di compassione e di amore, l’importante è non
avere né aspettative né diffidenze o paure che sul piano spirituale sono molto
pericolose, diventano veramente distruttive, mentre la capacità di gioire e
accontentarsi delle piccole qualità sono il nostro tesoro più prezioso, il vero paradiso.
In questa zona d’Italia, l’Alto Adige, siamo già in
paradiso, guardatevi intorno, le meravigliose montagne, gli stupendi e
irripetibili manifestazioni della natura, tutto è perfetto, si potrebbe
desiderare qualcosa di più bello? Questo è il paradiso reale non quello
sognato, immaginato, descritto nei modi più fantasiosi.
In Tibet la gente ama raccontare questa storia: «esisteva
anticamente un saggio eremita che viveva in assoluta semplicità e povertà a cui
venne posta questa domanda: “chi è
l’uomo più ricco e felice del Tibet?” e lui rispose
senza esitazione e serenamente “sono io”», ed era vero, perché lui era pienamente cosciente
della bellezza, dell’amore che tutto pervade, della propria interiorità, il suo
cuore era colmo, sereno, felice, che poteva desiderare di più? La sua vita era
piena, concretamente ricca non utopica.
L’aspettativa, così come il sospetto, la diffidenza,
la paura, sono autentici veleni per la crescita spirituale, impariamo a godere
con entusiasmo e gioia di ciò che abbiamo, della bellezza come delle difficoltà
che ci aiutano a crescere e ad aprire il cuore agli altri, questo è il prezioso
gioiello o che esaudisce tutti i desideri.
(la sessione si conclude con breve una meditazione)
***
Bardo Thos-grol
Gli ultimi tre ostacoli alla liberazione della mente
Riprendiamo le nostre riflessioni procedendo
nell’analisi del testo del Bar-do:
“Ahimè,
mentre in preda alla profonda ignoranza
Sto vagando
nella trasmigrazione,
Possa il
Vittorioso Vairocana guidarmi
E la sua
compagna Dhātu Iśvarī seguirmi
Sulla via di
luce della Chiara Saggezza dei Dharmadhātu.”
Ecco un nuovo ostacolo, la profonda ignoranza, che
si può contrastare soltanto con la luce di chiara saggezza del Dharmadhātu[2],
un termine sanscrito articolato e profondo, intraducibile nelle lingue
occidentali, dharma significa letteralmente insieme di fenomeni e dhātu
potrebbe essere spiegato con stile, modo di essere, origine, classificazione.
Dharmadhātu ha un significato vasto e complesso,
accoglie un insieme, lo stile, l’origine, il modo di essere, la natura ultima
dei fenomeni.
Dunque da cosa deriva l’ignoranza? dalla mancanza
della luce di chiara saggezza dei Dharmadhātu.
Come ricorderete esistono due verità dei fenomeni,
la verità relativa - convenzionale - e la verità assoluta - ultima - a cui
appartiene il Dharmadhātu, che noi non riusciamo a vedere in quanto annebbiati
dall’ignoranza.
“Ahimè, mentre in preda alle intense visioni illusorie
Sto
vagando nella trasmigrazione,
Possa
la moltitudine dei Vittoriosi pacifici e feroci guidarmi
E
la moltitudine delle Dhātu Iśvarī irate seguirmi
Sulla
via di luce dell’abbandono delle visioni paurose e terrifiche.”
Le visioni illusorie dipendono dal livello più
sottile della profonda ignoranza.
“Ahimè, mentre in preda alle forti tracce karmiche
Sto
vagando nella trasmigrazione,
Possano
gli Eroi Possessori della Saggezza guidarmi
E
la moltitudine delle Dākini loro consorti seguirmi
Sulla
via di luce della Chiara Saggezza Innata.”
Qui si scende ad un piano ancora più sottile e si approda
all’ultimo livello, delle tracce karmiche, e dunque è indispensabile attivare
in ogni passaggio il giusto antidoto affinché il processo di purificazione
della mente sia completo, non è necessario fare null’altro, invece la più
grande illusione, l’inganno più pericoloso, è la nostra frenesia nel voler incessantemente
fabbricare, realizzare qualcosa, continuare a salire per raggiungere chissà
quali elevate mete spirituali, mentre non ha alcun senso salire alla rinfusa,
senza sapere dove andare, al contrario, bisogna concentrarsi per non inciampare
e scendere sempre più nella profondità della propria mente per ripulirla
realmente e renderla finalmente limpida.
Il percorso della spiritualità non deve essere
ostacolato da costruzioni faticose, ma semplicemente deve abbandonare ogni
zavorra e ritornare pulito, libero, alla natura originaria della mente, al
Dharmadhātu.
È semplice, eppure così difficile, pare di essere
sempre allo stesso punto a causa delle forti tracce karmiche. A questo
proposito è emblematica questa antica narrazione: “Buddha aveva un nipote che
non sapeva come liberarsi da forte attaccamento e profonda ignoranza, così gli
ordinò di lucidare le scarpe di tutti i monaci; terminata questa umile mansione
lo incaricò di pulire bene il pavimento di terra battuta, cosa che il ragazzo
compì diligentemente, ma non appena pensava di aver finito doveva subito
ricominciare perché la terra smossa lo aveva nuovamente sporcato.”
È una bella metafora per indicare la potenza delle
forti tracce karmiche che sono l’ostacolo più sottile e a cui senza stancarci dobbiamo
contrapporre la Chiara Saggezza Innata, in modo da riuscire a vedere la realtà,
illuminati dalla luce della qualità già naturalmente esistente nella mente, sebbene
oscurata dalle forti tracce karmiche.
Dobbiamo dunque sempre vigilare con Chiara Saggezza
Innata sui vari livelli di oscurazioni mentali determinati da: profonda
illusione, rabbia feroce, forte orgoglio, forte attaccamento, feroce gelosia,
profonda ignoranza, intense visioni illusorie, forti tracce karmiche.
La Chiara Saggezza Innata emerge dalla natura
originale dei fenomeni, Dharmadhātu, che a sua volta scaturisce dalla Chiara
Saggezza che Realizza le Azioni, e poi dalla Chiara Saggezza Discriminante,
dalla Chiara Saggezza dell’Uguaglianza, dalla Chiara Saggezza dello Specchio
per giungere infine alla base che è la luminosa via dell’ascoltare
l’insegnamento, della riflessione, della meditazione.
Questo ultimo aspetto è il primo fondamentale
gradino da cui non si può prescindere, né pensare di poterlo applicare
velocemente o con superficialità; meditare è in sé semplice, ma è necessario
riflettere, capire ciò che si è ascoltato, studiato, approfondito in ogni
dettaglio, altrimenti tutto si riduce ad un ulteriore aumento illusorio della
confusione in cui siamo impantanati.
È inutile affannarsi nel tentativo di costruire
qualcosa, la chiara saggezza originaria è già presente nella nostra mente e ne
possiamo avere la giusta visione soltanto procedendo lentamente e
consapevolmente nella conoscenza, una dopo l’altra, di queste otto luminose
saggezze che eliminano gli inquinanti ostacoli karmici.
Domanda: Si tratta solo di tracce
karmiche negative o anche positive?
Lama: Entrambe, perché sono
comunque elementi samsarici e quindi oscurano la Saggezza Innata.
Domanda: Un bambino nato bene, educato
adeguatamente, è ugualmente soggetto al karma nella sua infanzia?
Lama: Questi fattori esterni
non hanno alcuna rilevanza sul suo bagaglio karmico, tutto dipende dal
condizionamento interiore, dal suo livello di coscienza, di spirito, di anima.
Le tracce karmiche sono assolutamente personali, nessuno può determinarle
dall’esterno.
Domanda: Non mi sono espresso bene: il
bambino, nella sua infanzia è già cosciente della presenza di tracce karmiche,
oppure no? e se si, a che età inizia questa consapevolezza?
Lama: Non si può sapere, né
dare una definizione valida per tutti allo stesso modo, ognuno matura la
consapevolezza in base ai tanti fattori personali influenzati dagli
innumerevoli condizionamenti contingenti. Il karma è un argomento molto difficile
da trattare, è estremamente sottile, il rischio di cadere in trappole ancora
più inquinanti è molto forte.
Domanda: Come si possono tagliere le
tracce karmiche?
Lama: Non è così semplice né
automatico, anzi pensare di poterlo fare meccanicamente può essere molto
pericoloso. Lo strumento per procedere è la luce di chiara saggezza,
metaforicamente raffigurata in Mañjuśrī, il Bodhisattva che è il principio
stesso della saggezza di tutti i Buddha.
Il percorso di
purificazione delle tracce karmiche è lento, graduale e profondo inizia dal
livello più grossolano, poi scende a quello medio e infine giunge al livello
più sottile, ma la chiara saggezza da sola non basta, deve essere unita
all’amore e alla compassione affinché possa concretizzarsi l’autentico obiettivo
finale che consiste nell’abbandono o conquista del sé.
La Saggezza e
la Bodhicitta sono gli strumenti che permettono la definitiva purificazione
delle tracce karmiche.
La pratica del
Dharma è difficile, significa accogliere l’attitudine di puro amore e lasciar
andare, liberare, il proprio sé, ribaltando completamente la concezione
socialmente corrente che induce invece ad afferrarlo, ad agire esclusivamente
per se stessi, per il proprio benessere, con il risultato di rinchiudersi in un
ambito gretto, meschino, limitato, privo di qualsiasi possibilità di salvezza.
Domanda: Vorrei sapere, secondo la tua
esperienza personale, quali sicurezze hai acquisito per la tua vita?
Lama: Nessuna, la mia
sicurezza è non avere sicurezze, l’unica certezza è l’impermanenza, pensare
poter trattenere qualcosa come stabile, sicuro, definitivo è una grande
illusione. Penso che sia importante vivere il momento presente con amore e
compassione, abbandonando se stessi, null’altro.
Domanda: Ma tu hai mai sofferto per una
perdita, e come?
Lama: Certamente, come tutti, il
dolore umano fisico o dei sentimenti non è eliminato, solo nel Dharma lo si
vive pienamente in modo armonico, con equanimità, perché si è davvero liberi
dalla sofferenza derivante dalle forti emozioni dell’attaccamento, della
rabbia, dell’ignoranza.
Domanda: Non hai risposto alla mia
domanda, io vorrei sapere, concretamente, se tu hai mai sofferto per la perdita
di qualcosa o qualcuno, ad esempio un gatto…
Lama: Come dicevo il dolore in
sé è uguale, ciò che ne determina la qualità è il grado di attaccamento. La
pratica quotidiana di riflessione, meditazione sull’impermanenza rende più
consapevoli e aiuta a ridurre l’attaccamento.
Domanda: Io ho difficoltà a capire
questo meccanismo del karma, quando si nasce si ha già un bagaglio di karma
positivo e negativo? Però mi sembra che se si superano i limiti della coscienza
individuale sia possibile avvertire l’interconnessione e la compenetrazione tra
trascendente e immanente, e questa è una percezione davvero miracolosa e mi
induce a pensare che, avendo oltrepassato i confini soggettivi, sia
realizzabile il naturale superamento delle negatività.
Lama: Va bene. Oggi abbiamo
affrontato vari argomenti, ma dobbiamo saper risalire alla fonte degli
ostacoli, riconoscere la causa della sofferenza; il problema della vita non è
il dolore, bensì il forte attaccamento, la profonda illusione, la rabbia
feroce, il forte orgoglio, la feroce gelosia, la profonda ignoranza, le intense
visioni illusorie, le forti tracce karmiche.
Buddha conobbe la
sofferenza in ogni suo aspetto e per questo nel suo insegnamento ribadì con
determinazione la necessità di imparare a riconoscere le sue vere cause per
poterla superare. Nella vita umana, malgrado la comune percezione, il dolore
più grande non è quello evidente, di impatto immediato come la perdita di
persone care, in quanto questa è una pena palpabile, ravvisabile e dunque vincibile,
invece la sofferenza apparentemente invisibile, omnipervasiva, costantemente
presente, è il vero dramma, la sofferenza più devastante, perché non la si
riconosce affatto, si avverte in ogni istante dell’esistenza l’insoddisfazione,
il peso, la stanchezza, la tristezza incessante che tutto pervade senza sapere cosa
sia, dove risiedano le sue cause.
Per questo il
Buddha distinse tre livelli di sofferenza: la sofferenza della sofferenza, più
evidente, grossolana, - la sofferenza del cambiamento, più sottile, - e, infine,
la sofferenza omnipervasiva, molto sottile, la più pericolosa, difficile da identificare
e dunque da fronteggiare.
Domanda: Possiamo affermare che la
sofferenza omnipervasiva è il risultato della nostra incapacità di vivere con
consapevolezza il presente?
Lama: Certo, la
consapevolezza di ogni istante, del qui e ora, è l’indispensabile punto di
partenza per liberarsi da questa oppressione.
Domanda: Se siamo consapevoli del
momento che stiamo vivendo abbiamo la possibilità di stabilire il grado di
sofferenza, ad esempio di fronte alla rabbia se decidiamo di persistere e
peggiorare questa attitudine soffriremo di più.
Lama: Chiaro.
Domanda: Prima, sulla tua personale
sofferenza non mi hai risposto e allora ti chiedo: cosa è per te una grande e
rara gioia?
Lama: Nell’esistenza umana
in realtà non può esserci grande e rara gioia perché la natura
dell’impermanenza è sofferenza, dolore. Il momento di felicità esaltante è
brevissimo, finito, non può essere lo scopo della vita. Nella pratica del
Dharma cerchiamo invece l’equilibrio, la gioia profonda dell’equanimità che
imprime il senso ad ogni istante, ne dà il valore spirituale, duraturo, non
fuggevole.
Ciò non significa non godere serenamente
delle cose buone, la compagnia degli amici, un buon pasto, ma sono lieti
istanti passeggeri che si alternano ad altri meno piacevoli o dolorosi, e tutti
devono essere presi per ciò che sono nella loro impermanenza. Il senso della
vita è altrove, lo si trova nella consapevolezza profonda che tocca il nostro
cuore, la nostra anima, la conquista del sé tramite il suo abbandono, nel
lasciarsi pervadere incondizionatamente da amore e compassione.
Quello che comunemente definiamo
felicità, grande gioia, invece è un’illusione che si ferma ad un livello
estremamente superficiale e non produce alcun risultato. Lo scopo della vita
non è proteggere se stessi, ma scoprire il centro del sé con amore e compassione
e aprirlo all’universo intero in uno stato di perfetta equanimità.
Domanda: Io penso che la funzione di un
maestro non sia quello di dare risposte, ma di aiutare a confrontarsi con il
proprio sé, come faceva Krishnamurti, di dare indicazioni su come procedere.
Domanda: Forse è lo stesso atteggiamento
che noi genitori dovremmo avere con i nostri figli, seguendo le istruzioni del
maestro.
Lama: Non credo affatto che il
maestro debba assumere un ruolo primario nella vita delle persone, aiuta, è
importante, prezioso, ma ogni comprensione, ogni decisione non può che essere
assolutamente personale. L’ idea di maestro che impartisce lezioni e
direttive ad allievi ubbidienti che scrupolosamente eseguiranno alla lettera è
assolutamente sterile e fuorviante, non lascia maturare, crescere, non rende
autonomi. Questa concezione, presente ovunque, è pericolosa e uccide la
spiritualità invece di potenziarla, impedisce alle persone di diventare adulti
e di agire per realizzare lo scopo principale della vita umana che è la conquista
della libertà interiore.
Ora fermiamoci brevemente per meditare,
completamente rilassati, senza sforzo, lasciando liberi mente e corpo nel loro
stato naturale, abbandoniamo i pensieri e disponiamoci pacificamente e
serenamente con apertura del cuore.
(segue meditazione)
Allora, in sintesi, cosa concludereste da questo
incontro?
Risposta: Che è necessario trovare
l’essenza dell’esistenza, ma senza aspettative…
Bene, gli ostacoli maggiori per il raggiungimento
di qualsiasi obiettivo sono sia l’aspettativa di qualcosa, che il dubbio, la
paura, di perderla. Non è facile, perché i condizionamenti esterni sono
comunque molto pressanti, quindi è necessario mantenere attiva e vigile la
consapevolezza e imparare ad andare all’essenza delle cose, a semplificarle, a
liberarsi dall’attaccamento al sé, a conquistare la natura originaria della
mente.
La meditazione, la preghiera per il bene altrui
sono strumenti fondamentali in questo processo di liberazione e di conquista.
La preghiera a Dio, al Buddha, finalizzata ad
ottenimenti per sé, a risolvere i problemi personali, non ha molto senso è
vuota, limitata, ma la preghiera altruistica che anela alla felicità, alla
liberazione di tutti, fondata sulle aspirazioni amorevoli, muove energie
incredibili e ha immediate ricadute sul nostro benessere, ci guarisce, ci rende
gioiosi, pieni, completi.
Nell’odierna società sempre più persone abbandonano
la rispettive religioni, voi vi siete mai chiesti il perché? Questo è il
risultato dell’incapacità delle gerarchie religiose di adeguarsi alle nuove
necessità e alla mutata sensibilità e intelligenza di questa epoca,
preferiscono rimanere ancorati sul terreno falsamente sicuro delle leggi
privilegiando espressioni di pratica antiche, puramente formali, ma
coreograficamente appariscenti, poco impegnative e affascinanti.
Tutto ciò però è la morte della spiritualità,
dell’autentica religiosità, e le danze i canti, i vari riti, sono manifestazioni
esteriori che anticamente avevano una loro perfetta funzione, ma per noi sono
soltanto vuoti spettacoli, piacevolmente mondani, ma privi di ogni significato.
Adesso è il momento di liberarsi da tutte queste
forme esteriori, cariche di inutili orpelli e andare al centro della questione,
dobbiamo seriamente concentrarci sull’essenza della spiritualità, meditare con
lucidità, pregare con la giusta aspirazione per la felicità, per la liberazione
di tutti gli esseri.
La meditazione e la preghiera non devono essere
praticate con l’aspettativa di risposte a personali richieste, desideri, ma
sono rivolte alla purificazione del cuore, così da sviluppare in noi la
consapevolezza, la capacità di concentrarci sulla semplicità dell’esistenza con
amore, compassione, moralità, saggezza, non occorre altro.
Stiamo vivendo in un’epoca molto difficile, oscura,
e non c’è altra soluzione per contrapporvisi che la spiritualità, concreta,
quotidiana, applicata in ogni azione, coscientemente, con compassione e
saggezza.
Grazie a tutti per la vostra pazienza, coraggio e
determinazione. Concludiamo con la dedica dei meriti accumulati in questi due
giorni di pratica di Dharma per il beneficio di tutti gli esseri senzienti,
visibili e invisibili, nati e non nati.
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