Wednesday, 18 December 2013

La Grande Liberazione della Mente - Bardo Thos-grol





Il Potere della Consapevolezza
( La Grande Liberazione della Mente )
Maggio 2011 Merano


Ven. Geshe  Gedun Tharchin



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INDICE

Il Potere della Consapevolezza


Bardo Thos-grol - I primi cinque ostacoli alla liberazione della mente

Bardo Thos-grol - I tre ultimi ostacoli alla liberazione della mente










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Bardo Thos-grol

I primi cinque ostacoli alla liberazione della mente


Grazie a tutti per questo incontro in cui ci prefiggiamo di coltivare il gioiello che esaudisce tutti i desideri, terreni e spirituali, e che non si può acquistare in un supermercato e nemmeno nella più prestigiosa gioielleria, lo si trova solo in noi stessi ed è l’inestimabile tesoro che ogni essere umano possiede naturalmente.
Non è necessario scavare freneticamente e con forza per trovarlo, dobbiamo unicamente essere spontanei, rilassati, una disposizione che in tibetano è definita Rang-pa, che significa essere semplici nella propria naturalezza e Nel-so, che rivela uno stato di rilassamento; queste sono le due condizioni insite nella natura umana in corpo, respiro e mente e costituiscono la pratica fondamentale per la ricerca interiore della preziosa gemma che ci permette di sperimentare concretamente in corpo e mente l’appagamento di tutti i desideri.
Mente e corpo non sono due entità separate o peggio, contrapposte, ma sono perfettamente correlate e interdipendenti, vi è una reale trasformazione del corpo nello spirito e dello spirito nel corpo, non esiste alcuna divisione tra fisica e metafisica, come è stato anche comprovato dalla scienza moderna e già anticamente affermato nel buddismo con la descrizione del corpo di arcobaleno.
È importante meditare con questa visione unitaria di sé in rilassamento e naturalezza senza frapporre alcuna ingannevole separazione, il corpo fisico e quello spirituale sono il laboratorio in cui emerge l’essenza della nostra esistenza, del nostro respiro, della nostra mente.
Queste non sono fantasie, sogni, ma concreti risultati ottenibili nella meditazione consapevole, rilassata, naturale, sia in questa vita che in ciò che verrà.
Eppure è così difficile per noi distendere la mente e di conseguenza il respiro e ancor meno il corpo, ecco perché siamo sempre stanchi.
I principali ostacoli dell’agitazione incessante che limita la nostra esistenza sono espressi in tibetano con due parole Rewa e Topga, sinteticamente unificate nel termine Re-To; Rewa può essere tradotto con “aspettativa”, è quella tensione verso ogni evento presente e futuro, di questa vita come delle prossime, e che ci lascerà morire in uno stato di continua attesa e a cui inoltre si somma il secondo ostacolo, Topga, il dubbio, la diffidenza, la paura.
Un altro termine è Namg-to, pensiero illusorio, che indica la nostra propensione a costruire seppur su basi di per sé veritiere, edifici di carta, completamente ingannevoli, e da tale visione errata derivano le paure, i demoni che condizionano tutta la nostra esistenza.
Il più potente yogi tibetano, Milarepa, che ha conquistato pienamente il valore spirituale del Dharma, affermava che qualsiasi nemico è unicamente il risultato delle nostre fabbricazioni illusorie.
La maggior parte delle artificiose aspettative che innalziamo sono irrealizzabili, inconsistenti, così come le paure, i dubbi, i sospetti, tutto è esclusivo frutto delle nostre fantasie.
Per non cadere in ulteriori imbrogli è importantissimo imparare a distinguere le aspettative dalle aspirazioni e i dubbi dalle giuste domande. Se non abbiamo una chiara visione di questa sostanziale differenza cadremo nell’inganno dei desideri e dei dubbi che elaborano false domande. È dunque indispensabile essere sempre vigili e analizzare consapevolmente la propria interiorità con concentrazione, moralità e saggezza. Aspettative e dubbi sono il risultato dell’assenza di queste qualità.
L’aspirazione che conduce alla giusta domanda è fondata sulla cosciente concentrazione in moralità e saggezza, è la via che induce rilassamento di mente e corpo nel loro stato naturale, mentre tutte le false aspettative incrementano l’agitazione, l’insoddisfazione.
La pratica spirituale non è un’entità avulsa dalla vita quotidiana, è anzi sua sostanziale parte integrante anche nell’azione più irrilevante; si tratta di un lavoro faticoso che richiede perseveranza, entusiasmo, consapevolezza e laddove le difficoltà sono maggiori tanto più si concretizzano opportunità di crescita della spiritualità più vera.
Non è affatto necessario andare in India o in Tibet, in monasteri o eremi, l’autentica pratica spirituale è qui e ora nelle complessità delle relazioni familiari, di lavoro, e proprio quando i problemi sono più gravi e gli impedimenti paiono insormontabili si realizza il centro della pratica spirituale, la manifestazione del suo insostituibile e fondamentale valore, saper riconoscere questo aspetto è conoscere il senso autentico dell’esistenza umana.
Gli ostacoli maggiori sono dunque i pensieri illusori pregni di Re-To, aspettativa, dubbi, sospetti, e possono essere superati soltanto nella paziente, quotidiana, pratica spirituale fondata sulla consapevolezza delle aspirazioni che pongono le giuste domande.
Le condizioni della vita sono diverse per ogni individuo, ma i valori spirituali sono assolutamente equanimi per tutti gli esseri umani e ognuno ha le stesse opportunità per conquistarli.
Il testo che sto consultando è il “Bar-do Thos-grol” che letteralmente significa -Liberazione della mente tramite l’ascolto di questi versi-, però tradotto impropriamente nelle lingue occidentali con il titolo più misterioso e accattivante «Il Libro Tibetano dei Morti» certamente sull’onda del più famoso testo egizio.
Il Bar-do è lo stato intermedio tra la vita appena conclusa e quella che verrà

La preghiera di Invocazione per la liberazione nel pericoloso sentiero del Bar-do[1] recita:
“Saluto rispettosamente la moltitudine di Guru, Deva, Dākini.
Possa il loro grande amore esserci di guida sul sentiero.

Ahimè, mentre in preda alla profonda illusione,
Sto vagando nella trasmigrazione,
Possano i maestri nella linea di trasmissione guidarmi
E la moltitudine delle Dākini loro compagne seguirmi
Sulla luminosa via, al di là di ogni distrazione,
Dell’ascoltare l’insegnamento, della riflessione, della meditazione.
Chiedo di superare il pericoloso sentiero dello spaventoso Bar-do
E di essere condotto allo stato di Buddha
Totalmente perfezionato.

Ahimè, mentre in preda alla rabbia feroce
Sto vagando nella trasmigrazione,
Possa il Vittorioso Vajrasattva guidarmi
E la sua compagna Buddha Locanā seguirmi
Sulla via di luce della Chiara Saggezza dello Specchio.
Chiedo di superare il pericoloso sentiero dello spaventoso Bar-do
E di essere condotto allo stato di Buddha
Totalmente perfezionato.

Ahimè, mentre in preda al forte orgoglio
Sto vagando nella trasmigrazione,
Possa il Vittorioso Ratnasambhava guidarmi
E la sua compagna Mamākī seguirmi,
Sulla via di luce della Chiara Saggezza dell’Uguaglianza.
Chiedo di superare il pericoloso sentiero dello spaventoso Bar-do
E di essere condotto allo stato di Buddha
Totalmente perfezionato.

Ahimè, mentre in preda al forte attaccamento
Sto vagando nella trasmigrazione,
Possa il beato Amitābha guidarmi
E la sua compagna Pāndaravāsinī seguirmi,
Sulla via di luce della Chiara Saggezza Discriminante.
Chiedo di superare il pericoloso sentiero dello spaventoso Bar-do
E di essere condotto allo stato di Buddha
Totalmente perfezionato.

Ahimè, mentre in preda alla feroce gelosia
Sto vagando nella trasmigrazione,
Possa il beato Amoghasiddhi guidarmi
Ela sua compagna Samaya Tārā seguirmi
Sulla via di luce della Chiara Saggezza che realizza le Azioni.
Chiedo di superare il pericoloso sentiero dello spaventoso Bar-do
E di essere condotto allo stato di Buddha
Totalmente perfezionato.

Ahimè, mentre in preda alla profonda ignoranza
Sto vagando nella trasmigrazione,
Possa il Vittorioso Vairocana guidarmi
E la sua compagna Dhātu Iśvarī seguirmi
Sulla via di luce della Chiara Saggezza dei Dharmadhātu.
Chiedo di superare il pericoloso sentiero dello spaventoso Bar-do
E di essere condotto allo stato di Buddha
Totalmente perfezionato.

Ahimè, mentre in preda alle intense visioni illusorie
Sto vagando nella trasmigrazione,
Possa la moltitudine dei Vittoriosi pacifici e feroci guidarmi
E la moltitudine delle Dhātu Iśvarī irate seguirmi
Sulla via di luce dell’abbandono delle visioni paurose e terrifiche.
Chiedo di superare il pericoloso sentiero dello spaventoso Bar-do
E di essere condotto allo stato di Buddha
Totalmente perfezionato.

Ahimè, mentre in preda alle forti tracce karmiche
Sto vagando nella trasmigrazione,
Possano gli Eroi Possessori della Saggezza guidarmi
E la moltitudine delle Dākini loro consorti seguirmi
Sulla via di luce della Chiara Saggezza Innata.

Chiedo di superare il pericoloso sentiero dello spaventoso Bar-do
E di essere condotto allo stato di Buddha
Totalmente perfezionato.

Che l’elemento spazio non mi appaia come nemico,
Possa io vedere la Pura Dimensione del Buddha Blu.

Che l’elemento acqua non mi appaia come nemico,
Possa io vedere la Pura Dimensione del Buddha Bianco.

Che l’elemento terra non mi appaia come nemico,
Possa io vedere la Pura Dimensione del Buddha Giallo.

Che l’elemento fuoco non mi appaia come nemico,
Possa io vedere la Pura Dimensione del Buddha Rosso.

Che l’elemento aria non mi appaia come nemico,
Possa io vedere la Pura Dimensione del Buddha Verde.

Che suoni,luci e raggi non mi appaiano come nemici,
Possa io vedere la Pura Dimensione delle infinite forme pacifiche e feroci.

Che gli elementi dell’arcobaleno non mi appaiano come nemici,
Possa io vedere le Pure Dimensioni di tutti i Buddha.

Per il potere dei Maestri della linea di trasmissione,
Per la compassione della moltitudine delle divinità,
Le infinite forme pacifiche e feroci,
Per l’energia delle mie pure intenzioni,
Possa, qualsiasi cosa abbia io ora invocato, realizzarsi.”

***

Analizziamo ora in dettaglio ogni verso:
“Ahimè, mentre in preda alla profonda illusione,
Sto vagando nella trasmigrazione,
Possano i maestri nella linea di trasmissione guidarmi
E la moltitudine delle Dākini loro compagne seguirmi,
Sulla luminosa via, al di là di ogni distrazione,
Dell’ascoltare l’insegnamento, della riflessione, della meditazione.
Chiedo di superare il pericoloso sentiero dello spaventoso Bar-do
E di essere condotto allo stato di Buddha
Totalmente perfezionato.”
Il punto importante è -in preda alla profonda illusione- riferito a quello stato che ci impedisce di assaporare il senso di questa meravigliosa esistenza, che ci rende confusi, agitati, affannati in una corsa senza meta, completamente soggiogati all’inganno di aspettative e dubbi, ostacoli enormi, superabili solo nell’ascolto fermo, tranquillo, senza fretta, dell’insegnamento con riflessione e meditazione.
Il Bar-do è letteralmente lo stato intermedio della morte fisica, ma può anche intendersi come passaggio che si verifica in ogni fase della vita, qualsiasi istante è Bar-do.
Il secondo verso affronta l’ostacolo della rabbia:
“Ahimè, mentre in preda alla rabbia feroce
Sto vagando nella trasmigrazione,
Possa il Vittorioso Vajrasattva guidarmi
E la sua compagna Buddha Locanā seguirmi
Sulla via di luce della Chiara Saggezza dello Specchio.”
La trasmigrazione è il passaggio, il cambiamento di una condizione, e la rabbia, in qualsiasi circostanza, è un elemento dominante, sempre presente nelle nostre relazioni, può essere di minor intensità o totalmente devastante, in ogni caso preclude ogni possibilità di rilassamento naturale, di calma.
Domanda:  Scusa per l’interruzione, ma vorrei un chiarimento: se io accolgo pacificamente l’illusione e la rabbia pur vedendole per quello che sono, in tutta la loro negatività, penso che sia possibile elaborare un atteggiamento positivo in quanto ne prendo atto senza lasciarmene sopraffare, posso osservarle in tutta la loro potenza e trarre vantaggio da questa fonte di energia, oppure no?
Lama:         Tutti i pensieri illusori e distruttivi non sono mai postivi in sé, ma quando la rabbia non è così feroce da rendere ciechi, sordi, totalmente schiavi e, soprattutto, se ne ha consapevolezza, può essere modificata perché come già dicevamo prima, laddove la confusione, i problemi, le difficoltà sono emergenti tanto maggiori sono le opportunità di trasformare se stessi. La presenza della consapevolezza è fondamentale affinché si possano aprire le porte alla saggezza, alla moralità, alla concentrazione, elementi indispensabili per trasformare la rabbia in risorsa. In questo caso non si è più dominati, vittime della rabbia ma, al contrario, si diventa conduttori della situazione in modo da incanalarla nella giusta direzione facendola fruttare positivamente.
Il testo continua:
“Ahimè, mentre in preda al forte orgoglio
Sto vagando nella trasmigrazione,
Possa il Vittorioso Ratnasambhava guidarmi
E la sua compagna Mamākī seguirmi,
Sulla via di luce della Chiara Saggezza dell’Uguaglianza.”
Per gestire e controllare l’illusione è necessario concentrarsi nella riflessione e meditazione.
Per dominare la feroce rabbia è fondamentale praticare la chiara saggezza dello specchio, è evidente, il suo riflesso nello specchio ne mostra impietosamente tutti gli aspetti sgradevoli, è tanto brutta che la stessa rabbia si spaventa e disgusta da simile visione.
Altro pensiero illusorio è l’orgoglio che spesso confondiamo con il coraggio o la dignità mentre non ha nulla in comune con queste qualità. L’orgoglio è l’inganno di una grandezza che non si possiede affatto e deve dunque essere controllato alla luce della chiara saggezza dell’uguaglianza, non esiste superiorità alcuna, tutti gli esseri sono assolutamente uguali.
Un importante aspetto da rimarcare è la necessità di comprendere bene la qualificazione che viene data ad ognuna di queste emozioni: profonda illusione, feroce rabbia, forte orgoglio, in quanto la loro presenza minima in noi rientra in una normalità della vita facilmente controllabile e trasformabile in potenziale positivo, e soltanto quando assumono caratteristiche di pesantezza, forza e ferocia sono tutti assolutamente devastanti.
“Ahimè, mentre in preda al forte attaccamento
Sto vagando nella trasmigrazione,
Possa il beato Amitābha guidarmi
E la sua compagna Pāndaravāsinī seguirmi,
Sulla via di luce della Chiara Saggezza Discriminante.”
Lo stesso vale per l’attaccamento, se è piccolo non rappresenta un grande problema, ma quando è forte è necessario contrapporvi la luce della chiara saggezza discriminante che implica la capacità di vedere la realtà nella sua vera essenza, distinguendo la percezione ingannevole dalla verità.
“Ahimè, mentre in preda alla feroce gelosia
Sto vagando nella trasmigrazione,
Possa il beato Amoghasiddhi guidarmi
Ela sua compagna Samaya Tārā seguirmi
Sulla via di luce della Chiara Saggezza che realizza le Azioni.”
Ugualmente la comune gelosia non è un problema, ma quando diventa feroce è una vera tragedia ed è necessario contrapporvi subito la luce della chiara saggezza che realizza le azioni secondo la giusta visione.
Questi sono cinque ostacoli che devono essere affrontati con la forza della consapevolezza saggia che riconosce la realtà di profonda illusione, rabbia feroce, forte orgoglio, forte attaccamento e feroce gelosia.
Noi erroneamente riteniamo che la buona meditazione debba necessariamente riferirsi a verità eccelse: Buddha, Dio, Guru, o sul respiro, il che è certamente positivo, ma quando siamo assaliti da queste cinque intense emozioni distruttive è il momento di meditare intensamente con assoluta consapevolezza sulla loro realtà così da poterle dominare e non esserne dominati.
Essere pienamente coscienti della confusione dell’esistenza ci permette di mettere ordine in questo caos; mantenere consapevolezza nei conflitti significa poterli superare e trasformare ogni situazione problematica in positiva.
Domanda:  A me è di grande aiuto, di fronte a qualsiasi evento, attivare l’osservatore interiore che credo sia simile al concetto di consapevolezza.
Lama:         Cosa intendi per osservatore interiore?
Domanda:  Credo sia una forma di consapevolezza, che però visualizzo come figura attiva e questo mi piace molto, mi è più concretamente vicino.
Lama:         Va bene.
Un elemento che non dobbiamo mai sottovalutare, e non mi stancherò di ripeterlo, è la forma di gravità dei cinque ostacoli, non stiamo parlando di blande emozioni, ma di profonda illusione, di rabbia feroce, di forte orgoglio, di forte attaccamento e di feroce gelosia, perché proprio nella loro potenza c’è il seme della distruzione letale, mentre è necessario imparare a convivere con le loro ordinarie manifestazioni nella giusta misura, né troppo né troppo poco, in quanto non sono ostacoli, ma parte integrante e inevitabile della vita.
Non è bene farsi soggiogare dalle forti emozioni che in questo caso sono realmente distruttive, ma non è nemmeno bene cancellarle del tutto perché c’è il rischio di cadere nel nichilismo, nella negazione della propria umanità, deve essere mantenuto il giusto livello. Voi che ne dite?
Intervento: Dal libro in cui sono raccolte le sperimentazioni del Dalai Lama con eminenti scienziati “Le emozioni distruttive” emerge chiaramente che la rabbia giustamente controllata è stata uno dei motori fondamentali per l’evoluzione umana.
Lama:         Certamente.
Domanda:  Secondo me il pericolo di emozioni quali rabbia, gelosia, attaccamento non è tanto intrinseco alle stesse, quanto nella mia incapacità di riconoscerle, di avvertirne la presenza.
Lama:         La consapevolezza è il punto centrale poiché aiuta a controllare con saggezza l’intensità delle emozioni negative e a trasformarle, perché come potremmo superare la rabbia feroce se non sperimentassimo mai la rabbia, se non la sconoscessimo pienamente? non si può affrontare qualcosa che non esiste, dunque per superare e controllare la forza della rabbia, della gelosia, dell’attaccamento è necessario provare rabbia, gelosia e attaccamento. Senza queste emozioni non saremmo vivi, attori nel samsāra.
Il nostro modello non è dunque il Buddha illuminato nel nirvāna, ma il Bodhisattva, incarnato in questo mondo samsarico con tutto ciò che comporta, le emozioni e le sofferenze umane trasformate con la forza della generosità, della compassione, della pazienza, dell’etica con perseveranza, concentrazione e saggezza.
Dobbiamo prima di tutto essere consapevoli, vigili, saper riconoscere le emozioni distruttive per poterle dominare e trasformare in positive.
Il Bodhisattva corrisponde al Santo cristiano, sono persone che esercitano incondizionatamente e prioritariamente la qualità dell’altruismo, che hanno realizzato l’amore, la grande compassione, cioè lo scopo principale di ogni vita umana, la vera conquista di sé, che non ha nulla a che fare con il riconoscimento pubblico, le onorificenze ufficiali, i certificati comprovanti grandi qualità. La vera santità è nascosta nel cuore, non necessita di proclami, anzi li aborre e rifugge.
La conquista del sé è uno degli impegni più gravosi della vita, è assai più semplice conquistare gli altri, ma essere Bodhisattva, santi, significa raggiungere l’obiettivo finale, la gioia, la pace durature.
Tutti i conflitti hanno origine nell’incapacità di conoscere la propria mente, nel vivere al di fuori di se stessi, totalmente soggiogati dalle emozioni e dai condizionamenti esterni, e allora è necessario porsi la domanda essenziale di come sia possibile conquistare realmente il proprio sé.
La risposta è semplice, non c’è altro mezzo al di fuori dell’amore incondizionato, generoso, autentico, illimitato, è necessario dimenticare il proprio piccolo mondo egoistico per rivolgere ogni attenzione profonda, saggia, priva del minimo calcolo agli altri che sono il nostro obiettivo primario. Questa è la via del Bodhisattva.
Esiste anche una seconda via per combattere ed eliminare in modo definitivo, assoluto, le emozioni conflittuali, quella seguita dai Pratyeka, i praticanti solitari, però il loro obiettivo è essenzialmente la liberazione individuale, con determinazione assoluta ad eliminare dalla quotidianità ogni minima emozione disturbante.
La via dei Bodhisattva invece va oltre, è incondizionatamente rivolta al bene altrui con amore illimitato e dunque prevede con consapevole saggezza l’accoglienza delle emozioni umane.
I due percorsi rappresentano differenti approcci, entrambi validi, ed è dunque necessario che ogni individuo esamini consapevolmente se stesso e trovi la strada che gli è più consona affinché possa districarsi e aprirsi un sentiero nella giungla della confusione e delle illusioni.
Domanda:  È anche importante capire il perché siamo finiti in questa giungla da cui è così difficile uscire.
Lama:         Forse perché abbiamo sbagliato strada, può essere? In realtà nessuno conosce le cause iniziali, non è possibile dare una risposta. Alla domanda sull’inizio della vita il Buddha non rispose, rimase assorto in un silenzio ben più eloquente.
Domanda:  La vita è movimento e questo è già un mistero in sé…
Lama:         Il buddismo parla di vacuità, il cristianesimo di Spirito Santo. Dharma, Chiara Luce, Dio, tutto esprime lo stesso concetto fondamentale. Simile parallelismo si presenta pure tra la visione della Trinità: Padre - Figlio - Spirito Santo, e quella delle tre forme di Buddha: Dharmakāya, l’aspetto di essenzialità, la saggezza della vacuità dell’illuminazione - Sambhogakāya la saggezza della forma divina - Nirmānakāya il corpo di apparizione, la saggezza della forma umana.
Tutto inizia e finisce nello spazio, che non è la negazione dell’esistenza, il nulla, al contrario è la più grande essenza, tutto è spazio, noi stessi, ogni cellula dell’universo è spazio, anche la materia è spazio e tutto è interdipendente. Questo concetto, indubbiamente non facile, è stato riconosciuto anche dalla scienza moderna.
A livello convenzionale la nostra capacità di percezione ci porta a classificare, separare e distinguere gli elementi, ma a livello ultimo la correlazione, l’interdipendenza, mostrano la vera unica essenza della realtà.
L’incapacità di vedere al di là della realtà convenzionale che siamo in grado di percepire con i nostri sensi ci porta a vagare disperatamente nel pericoloso labirinto della giungla sconfinata della profonda illusione. Dobbiamo dunque mantenere sempre vivo nell’approccio non dualistico, ma di saggezza, la consapevolezza delle due verità, la verità convenzionale, relativa, individuale e la verità ultima, della saggezza della vacuità.
Domanda:  Quindi trovare il sé è raggiungere l’equilibrio tra queste due realtà?
Lama:         Certamente, nella visione secondo saggezza si vivono le due verità contemporaneamente, e questo è sufficiente al praticante solitario che, pur avendo nel cuore amore e compassione, tende unicamente alla propria completa liberazione dalle emozioni negative; il bodhisattva invece va oltre, alla saggezza aggiunge la qualità della grande compassione, dell’amore incondizionato, della bodhicitta e soltanto in questo modo rende possibile ed effettiva la conquista completa del sé e riesce a vivere con le emozioni conflittuali, anzi le trasforma in potenzialità positive in grado di aiutare gli altri.
Ognuno di noi, pur non essendo un Bodhisattva, può avere piccole esperienze di questa opportunità applicando in ogni atto un po’ di compassione e di amore, l’importante è non avere né aspettative né diffidenze o paure che sul piano spirituale sono molto pericolose, diventano veramente distruttive, mentre la capacità di gioire e accontentarsi delle piccole qualità sono il nostro tesoro più prezioso, il vero paradiso.
In questa zona d’Italia, l’Alto Adige, siamo già in paradiso, guardatevi intorno, le meravigliose montagne, gli stupendi e irripetibili manifestazioni della natura, tutto è perfetto, si potrebbe desiderare qualcosa di più bello? Questo è il paradiso reale non quello sognato, immaginato, descritto nei modi più fantasiosi.
In Tibet la gente ama raccontare questa storia: «esisteva anticamente un saggio eremita che viveva in assoluta semplicità e povertà a cui venne posta questa domanda: “chi è l’uomo più ricco e felice del Tibet?” e lui rispose senza esitazione e serenamente “sono io”», ed era vero, perché lui era pienamente cosciente della bellezza, dell’amore che tutto pervade, della propria interiorità, il suo cuore era colmo, sereno, felice, che poteva desiderare di più? La sua vita era piena, concretamente ricca non utopica.
L’aspettativa, così come il sospetto, la diffidenza, la paura, sono autentici veleni per la crescita spirituale, impariamo a godere con entusiasmo e gioia di ciò che abbiamo, della bellezza come delle difficoltà che ci aiutano a crescere e ad aprire il cuore agli altri, questo è il prezioso gioiello o che esaudisce tutti i desideri.

(la sessione si conclude con breve una meditazione)
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Bardo Thos-grol

Gli ultimi tre ostacoli alla liberazione della mente


Riprendiamo le nostre riflessioni procedendo nell’analisi del testo del Bar-do:
“Ahimè, mentre in preda alla profonda ignoranza
Sto vagando nella trasmigrazione,
Possa il Vittorioso Vairocana guidarmi
E la sua compagna Dhātu Iśvarī seguirmi
Sulla via di luce della Chiara Saggezza dei Dharmadhātu.”
Ecco un nuovo ostacolo, la profonda ignoranza, che si può contrastare soltanto con la luce di chiara saggezza del Dharmadhātu[2], un termine sanscrito articolato e profondo, intraducibile nelle lingue occidentali, dharma significa letteralmente insieme di fenomeni e dhātu potrebbe essere spiegato con stile, modo di essere, origine, classificazione.
Dharmadhātu ha un significato vasto e complesso, accoglie un insieme, lo stile, l’origine, il modo di essere, la natura ultima dei fenomeni.
Dunque da cosa deriva l’ignoranza? dalla mancanza della luce di chiara saggezza dei Dharmadhātu.
Come ricorderete esistono due verità dei fenomeni, la verità relativa - convenzionale - e la verità assoluta - ultima - a cui appartiene il Dharmadhātu, che noi non riusciamo a vedere in quanto annebbiati dall’ignoranza.
“Ahimè, mentre in preda alle intense visioni illusorie
Sto vagando nella trasmigrazione,
Possa la moltitudine dei Vittoriosi pacifici e feroci guidarmi
E la moltitudine delle Dhātu Iśvarī irate seguirmi
Sulla via di luce dell’abbandono delle visioni paurose e terrifiche.”
Le visioni illusorie dipendono dal livello più sottile della profonda ignoranza.
“Ahimè, mentre in preda alle forti tracce karmiche
Sto vagando nella trasmigrazione,
Possano gli Eroi Possessori della Saggezza guidarmi
E la moltitudine delle Dākini loro consorti seguirmi
Sulla via di luce della Chiara Saggezza Innata.”
Qui si scende ad un piano ancora più sottile e si approda all’ultimo livello, delle tracce karmiche, e dunque è indispensabile attivare in ogni passaggio il giusto antidoto affinché il processo di purificazione della mente sia completo, non è necessario fare null’altro, invece la più grande illusione, l’inganno più pericoloso, è la nostra frenesia nel voler incessantemente fabbricare, realizzare qualcosa, continuare a salire per raggiungere chissà quali elevate mete spirituali, mentre non ha alcun senso salire alla rinfusa, senza sapere dove andare, al contrario, bisogna concentrarsi per non inciampare e scendere sempre più nella profondità della propria mente per ripulirla realmente e renderla finalmente limpida.
Il percorso della spiritualità non deve essere ostacolato da costruzioni faticose, ma semplicemente deve abbandonare ogni zavorra e ritornare pulito, libero, alla natura originaria della mente, al Dharmadhātu.
È semplice, eppure così difficile, pare di essere sempre allo stesso punto a causa delle forti tracce karmiche. A questo proposito è emblematica questa antica narrazione: “Buddha aveva un nipote che non sapeva come liberarsi da forte attaccamento e profonda ignoranza, così gli ordinò di lucidare le scarpe di tutti i monaci; terminata questa umile mansione lo incaricò di pulire bene il pavimento di terra battuta, cosa che il ragazzo compì diligentemente, ma non appena pensava di aver finito doveva subito ricominciare perché la terra smossa lo aveva nuovamente sporcato.”
È una bella metafora per indicare la potenza delle forti tracce karmiche che sono l’ostacolo più sottile e a cui senza stancarci dobbiamo contrapporre la Chiara Saggezza Innata, in modo da riuscire a vedere la realtà, illuminati dalla luce della qualità già naturalmente esistente nella mente, sebbene oscurata dalle forti tracce karmiche.
Dobbiamo dunque sempre vigilare con Chiara Saggezza Innata sui vari livelli di oscurazioni mentali determinati da: profonda illusione, rabbia feroce, forte orgoglio, forte attaccamento, feroce gelosia, profonda ignoranza, intense visioni illusorie, forti tracce karmiche.
La Chiara Saggezza Innata emerge dalla natura originale dei fenomeni, Dharmadhātu, che a sua volta scaturisce dalla Chiara Saggezza che Realizza le Azioni, e poi dalla Chiara Saggezza Discriminante, dalla Chiara Saggezza dell’Uguaglianza, dalla Chiara Saggezza dello Specchio per giungere infine alla base che è la luminosa via dell’ascoltare l’insegnamento, della riflessione, della meditazione.
Questo ultimo aspetto è il primo fondamentale gradino da cui non si può prescindere, né pensare di poterlo applicare velocemente o con superficialità; meditare è in sé semplice, ma è necessario riflettere, capire ciò che si è ascoltato, studiato, approfondito in ogni dettaglio, altrimenti tutto si riduce ad un ulteriore aumento illusorio della confusione in cui siamo impantanati.
È inutile affannarsi nel tentativo di costruire qualcosa, la chiara saggezza originaria è già presente nella nostra mente e ne possiamo avere la giusta visione soltanto procedendo lentamente e consapevolmente nella conoscenza, una dopo l’altra, di queste otto luminose saggezze che eliminano gli inquinanti ostacoli karmici.
Domanda:  Si tratta solo di tracce karmiche negative o anche positive?
Lama:         Entrambe, perché sono comunque elementi samsarici e quindi oscurano la Saggezza Innata.
Domanda:  Un bambino nato bene, educato adeguatamente, è ugualmente soggetto al karma nella sua infanzia?
Lama:         Questi fattori esterni non hanno alcuna rilevanza sul suo bagaglio karmico, tutto dipende dal condizionamento interiore, dal suo livello di coscienza, di spirito, di anima. Le tracce karmiche sono assolutamente personali, nessuno può determinarle dall’esterno.
Domanda:  Non mi sono espresso bene: il bambino, nella sua infanzia è già cosciente della presenza di tracce karmiche, oppure no? e se si, a che età inizia questa consapevolezza?
Lama:         Non si può sapere, né dare una definizione valida per tutti allo stesso modo, ognuno matura la consapevolezza in base ai tanti fattori personali influenzati dagli innumerevoli condizionamenti contingenti. Il karma è un argomento molto difficile da trattare, è estremamente sottile, il rischio di cadere in trappole ancora più inquinanti è molto forte.
Domanda:  Come si possono tagliere le tracce karmiche?
Lama:         Non è così semplice né automatico, anzi pensare di poterlo fare meccanicamente può essere molto pericoloso. Lo strumento per procedere è la luce di chiara saggezza, metaforicamente raffigurata in Mañjuśrī, il Bodhisattva che è il principio stesso della saggezza di tutti i Buddha.
Il percorso di purificazione delle tracce karmiche è lento, graduale e profondo inizia dal livello più grossolano, poi scende a quello medio e infine giunge al livello più sottile, ma la chiara saggezza da sola non basta, deve essere unita all’amore e alla compassione affinché possa concretizzarsi l’autentico obiettivo finale che consiste nell’abbandono o conquista del sé.
La Saggezza e la Bodhicitta sono gli strumenti che permettono la definitiva purificazione delle tracce karmiche.
La pratica del Dharma è difficile, significa accogliere l’attitudine di puro amore e lasciar andare, liberare, il proprio sé, ribaltando completamente la concezione socialmente corrente che induce invece ad afferrarlo, ad agire esclusivamente per se stessi, per il proprio benessere, con il risultato di rinchiudersi in un ambito gretto, meschino, limitato, privo di qualsiasi possibilità di salvezza.
Domanda:  Vorrei sapere, secondo la tua esperienza personale, quali sicurezze hai acquisito per la tua vita?
Lama:         Nessuna, la mia sicurezza è non avere sicurezze, l’unica certezza è l’impermanenza, pensare poter trattenere qualcosa come stabile, sicuro, definitivo è una grande illusione. Penso che sia importante vivere il momento presente con amore e compassione, abbandonando se stessi, null’altro.
Domanda:  Ma tu hai mai sofferto per una perdita, e come?
Lama:         Certamente, come tutti, il dolore umano fisico o dei sentimenti non è eliminato, solo nel Dharma lo si vive pienamente in modo armonico, con equanimità, perché si è davvero liberi dalla sofferenza derivante dalle forti emozioni dell’attaccamento, della rabbia, dell’ignoranza.
Domanda:  Non hai risposto alla mia domanda, io vorrei sapere, concretamente, se tu hai mai sofferto per la perdita di qualcosa o qualcuno, ad esempio un gatto…
Lama:         Come dicevo il dolore in sé è uguale, ciò che ne determina la qualità è il grado di attaccamento. La pratica quotidiana di riflessione, meditazione sull’impermanenza rende più consapevoli e aiuta a ridurre l’attaccamento.
Domanda:  Io ho difficoltà a capire questo meccanismo del karma, quando si nasce si ha già un bagaglio di karma positivo e negativo? Però mi sembra che se si superano i limiti della coscienza individuale sia possibile avvertire l’interconnessione e la compenetrazione tra trascendente e immanente, e questa è una percezione davvero miracolosa e mi induce a pensare che, avendo oltrepassato i confini soggettivi, sia realizzabile il naturale superamento delle negatività.
Lama:         Va bene. Oggi abbiamo affrontato vari argomenti, ma dobbiamo saper risalire alla fonte degli ostacoli, riconoscere la causa della sofferenza; il problema della vita non è il dolore, bensì il forte attaccamento, la profonda illusione, la rabbia feroce, il forte orgoglio, la feroce gelosia, la profonda ignoranza, le intense visioni illusorie, le forti tracce karmiche.
Buddha conobbe la sofferenza in ogni suo aspetto e per questo nel suo insegnamento ribadì con determinazione la necessità di imparare a riconoscere le sue vere cause per poterla superare. Nella vita umana, malgrado la comune percezione, il dolore più grande non è quello evidente, di impatto immediato come la perdita di persone care, in quanto questa è una pena palpabile, ravvisabile e dunque vincibile, invece la sofferenza apparentemente invisibile, omnipervasiva, costantemente presente, è il vero dramma, la sofferenza più devastante, perché non la si riconosce affatto, si avverte in ogni istante dell’esistenza l’insoddisfazione, il peso, la stanchezza, la tristezza incessante che tutto pervade senza sapere cosa sia, dove risiedano le sue cause.
Per questo il Buddha distinse tre livelli di sofferenza: la sofferenza della sofferenza, più evidente, grossolana, - la sofferenza del cambiamento, più sottile, - e, infine, la sofferenza omnipervasiva, molto sottile, la più pericolosa, difficile da identificare e dunque da fronteggiare.
Domanda:  Possiamo affermare che la sofferenza omnipervasiva è il risultato della nostra incapacità di vivere con consapevolezza il presente?
Lama:         Certo, la consapevolezza di ogni istante, del qui e ora, è l’indispensabile punto di partenza per liberarsi da questa oppressione.
Domanda:  Se siamo consapevoli del momento che stiamo vivendo abbiamo la possibilità di stabilire il grado di sofferenza, ad esempio di fronte alla rabbia se decidiamo di persistere e peggiorare questa attitudine soffriremo di più.
Lama:         Chiaro.
Domanda:  Prima, sulla tua personale sofferenza non mi hai risposto e allora ti chiedo: cosa è per te una grande e rara gioia?
Lama:         Nell’esistenza umana in realtà non può esserci grande e rara gioia perché la natura dell’impermanenza è sofferenza, dolore. Il momento di felicità esaltante è brevissimo, finito, non può essere lo scopo della vita. Nella pratica del Dharma cerchiamo invece l’equilibrio, la gioia profonda dell’equanimità che imprime il senso ad ogni istante, ne dà il valore spirituale, duraturo, non fuggevole.
Ciò non significa non godere serenamente delle cose buone, la compagnia degli amici, un buon pasto, ma sono lieti istanti passeggeri che si alternano ad altri meno piacevoli o dolorosi, e tutti devono essere presi per ciò che sono nella loro impermanenza. Il senso della vita è altrove, lo si trova nella consapevolezza profonda che tocca il nostro cuore, la nostra anima, la conquista del sé tramite il suo abbandono, nel lasciarsi pervadere incondizionatamente da amore e compassione.
Quello che comunemente definiamo felicità, grande gioia, invece è un’illusione che si ferma ad un livello estremamente superficiale e non produce alcun risultato. Lo scopo della vita non è proteggere se stessi, ma scoprire il centro del sé con amore e compassione e aprirlo all’universo intero in uno stato di perfetta equanimità.
Domanda:  Io penso che la funzione di un maestro non sia quello di dare risposte, ma di aiutare a confrontarsi con il proprio sé, come faceva Krishnamurti, di dare indicazioni su come procedere.
Domanda:  Forse è lo stesso atteggiamento che noi genitori dovremmo avere con i nostri figli, seguendo le istruzioni del maestro.
Lama:         Non credo affatto che il maestro debba assumere un ruolo primario nella vita delle persone, aiuta, è importante, prezioso, ma ogni comprensione, ogni decisione non può che essere assolutamente personale. L’ idea di maestro che impartisce lezioni e direttive ad allievi ubbidienti che scrupolosamente eseguiranno alla lettera è assolutamente sterile e fuorviante, non lascia maturare, crescere, non rende autonomi. Questa concezione, presente ovunque, è pericolosa e uccide la spiritualità invece di potenziarla, impedisce alle persone di diventare adulti e di agire per realizzare lo scopo principale della vita umana che è la conquista della libertà interiore.
Ora fermiamoci brevemente per meditare, completamente rilassati, senza sforzo, lasciando liberi mente e corpo nel loro stato naturale, abbandoniamo i pensieri e disponiamoci pacificamente e serenamente con apertura del cuore.

(segue meditazione)

Allora, in sintesi, cosa concludereste da questo incontro?
Risposta:    Che è necessario trovare l’essenza dell’esistenza, ma senza aspettative…
Bene, gli ostacoli maggiori per il raggiungimento di qualsiasi obiettivo sono sia l’aspettativa di qualcosa, che il dubbio, la paura, di perderla. Non è facile, perché i condizionamenti esterni sono comunque molto pressanti, quindi è necessario mantenere attiva e vigile la consapevolezza e imparare ad andare all’essenza delle cose, a semplificarle, a liberarsi dall’attaccamento al sé, a conquistare la natura originaria della mente.
La meditazione, la preghiera per il bene altrui sono strumenti fondamentali in questo processo di liberazione e di conquista.
La preghiera a Dio, al Buddha, finalizzata ad ottenimenti per sé, a risolvere i problemi personali, non ha molto senso è vuota, limitata, ma la preghiera altruistica che anela alla felicità, alla liberazione di tutti, fondata sulle aspirazioni amorevoli, muove energie incredibili e ha immediate ricadute sul nostro benessere, ci guarisce, ci rende gioiosi, pieni, completi.
Nell’odierna società sempre più persone abbandonano la rispettive religioni, voi vi siete mai chiesti il perché? Questo è il risultato dell’incapacità delle gerarchie religiose di adeguarsi alle nuove necessità e alla mutata sensibilità e intelligenza di questa epoca, preferiscono rimanere ancorati sul terreno falsamente sicuro delle leggi privilegiando espressioni di pratica antiche, puramente formali, ma coreograficamente appariscenti, poco impegnative e affascinanti.
Tutto ciò però è la morte della spiritualità, dell’autentica religiosità, e le danze i canti, i vari riti, sono manifestazioni esteriori che anticamente avevano una loro perfetta funzione, ma per noi sono soltanto vuoti spettacoli, piacevolmente mondani, ma privi di ogni significato.
Adesso è il momento di liberarsi da tutte queste forme esteriori, cariche di inutili orpelli e andare al centro della questione, dobbiamo seriamente concentrarci sull’essenza della spiritualità, meditare con lucidità, pregare con la giusta aspirazione per la felicità, per la liberazione di tutti gli esseri.
La meditazione e la preghiera non devono essere praticate con l’aspettativa di risposte a personali richieste, desideri, ma sono rivolte alla purificazione del cuore, così da sviluppare in noi la consapevolezza, la capacità di concentrarci sulla semplicità dell’esistenza con amore, compassione, moralità, saggezza, non occorre altro.
Stiamo vivendo in un’epoca molto difficile, oscura, e non c’è altra soluzione per contrapporvisi che la spiritualità, concreta, quotidiana, applicata in ogni azione, coscientemente, con compassione e saggezza.
Grazie a tutti per la vostra pazienza, coraggio e determinazione. Concludiamo con la dedica dei meriti accumulati in questi due giorni di pratica di Dharma per il beneficio di tutti gli esseri senzienti, visibili e invisibili, nati e non nati.

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[1] Il Libro Tibetano dei morti - a cura di Namkai Norbu - edizione Europa Libri
[2] Dharmadhātu : tradotto da Philippe Cornu, nel Dizionario Buddhista - edizione Mondadori - con: “spazio della realtà assoluta” - “dimensione o campo reale”.