Sviluppare
un Cuore Nuovo
MERANO
24 - 25 ottobre 2015
Ven.
Lama Gedun Tharchin
Geshe
Lharampa
***
INDICE
1° La
felicità nella luce interiore pag. 2
2° La
natura della mente pag. 8
3° Prendere
Rifugio in Buddha, Dharma e Sangha pag. 12
4° Generare
la mente di bodhicitta
pag. 16
5° I
quattro preliminari pag. 20
6° Tong
Len
e la perfezione del samsāra pag. 26
-Introduce
Massimo, saluta l’assemblea e ringrazia Geshe-la,
maestro da lungo tempo in questo Centro di Dharma, per la
disponibilità e condivisione dei suoi preziosi insegnamenti. Il tema
del seminario è “come sviluppare un cuore nuovo con la meditazione
Tong Len" che significa fondamentalmente “dare e prendere”,
un’antica pratica tibetana che consiste nell’attitudine mentale a
prendere su di sé incondizionatamente la sofferenza degli esseri
senzienti dando in cambio la propria gioia, le proprie qualità
virtuose, la propria pace e ogni bene. È una pratica molto potente e
dunque lascio la parola a Geshe-la. Grazie. -
*****
Sviluppare un Cuore Nuovo
1° La
felicità nella luce interiore
Buon
pomeriggio a tutti, vi invito a sentirvi felici, sereni, rilassati,
il motivo per cui siamo qui è “la felicità”. Ogni essere corre
da mattina a sera per cercare la felicità, una condizione condivisa
ovunque, espressa in ogni lingua con lo stesso significato, in
inglese si dice happiness,
in tedesco glück,
in tibetano Dye
kyid,
o, Dhe
wa.
Uno
tra i maggiori studiosi tibetani, Gedun Choephel, (1903-1951), famoso
poeta, avendo realizzato l’essenza dell’esistenza nella
quotidianità, scrisse un verso molto significativo: «le
formiche
(che nella credenza tibetana sono cieche) non
vedono, ma corrono verso la felicità, i vermi pur senza gambe
corrono verso la felicità, tutto il mondo corre verso la felicità,
come se tutti dovessero vincere una maratona».
Anche
noi siamo qui per cercare la felicità, ma il cammino non può essere
una corsa insensata, questa è la differenza sostanziale determinata
dalla consapevolezza. Siamo consapevoli di camminare verso la
felicità, ma non irresponsabilmente, conosciamo i giusti mezzi per
realizzare questo percorso.
Se
invece non abbiamo consapevolezza corriamo insensatamente per
ricercare una ipotetica felicità di cui non conosciamo assolutamente
nulla, senza comprendere né l’essenza della stessa, né dove
stiamo andando e l’unico risultato è un’immensa stanchezza e la
frustrazione del nonsenso di ciò che stiamo facendo.
Rimaniamo
in questo modo completamente immersi nell’infelicità, ma non per
colpa di qualcosa o di qualcuno, semplicemente a causa della nostra
mancanza di consapevolezza.
Il
percorso dharmico non è mai una gara, una competizione, un traguardo
da raggiungere nel minor tempo possibile, è un lento e costante
viaggio nel valore spirituale interiore, sempre più profondo e
presente a se stesso, qui e ora.
Tutto
ciò che costituisce il bagaglio naturale, culturale, geografico,
antropologico degli esseri umani, è parte di questo cammino fondato
sulla cosciente conoscenza di sé e di quanto ci circonda, è
nutrimento per il nostro autentico sé.
Dobbiamo
curare, alimentare il nostro sé, ma non gratificare il nostro ego
che, se potenziato senza alcun freno, produrrà soltanto ulteriore
aumento di vani desideri, di angoscia e di insoddisfazione costante.
Dunque
la nostra ricerca della felicità è qui e ora, nella consapevole
presenza mentale, non è una corsa, ma la lenta discesa in noi
stessi, nel nostro cuore, in questo stesso momento, non la si può
rimandare a poi, a domani. Dobbiamo valorizzare consapevolmente qui e
ora tutto ciò che sostenta il nostro cuore, la nostra anima.
L’indispensabile
strumento per addentrarsi in qualsiasi ambito, filosofico, buddhista,
di meditazione o altro è la consapevolezza, condizione
imprescindibile per poter realizzare realmente il nostro fondamentale
desiderio di felicità.
Lo
spirito della felicità consiste nel vivere con piena soddisfazione
il momento presente, qui e ora, sperimentare, sentire vivo ogni
istante, in questo modo ogni secondo diviene un vero laboratorio di
Dharma in cui realizzare il significato profondo dell’esistenza.
La
felicità che cerchiamo non è artificiosa superficiale apparenza,
bensì è la gioia profonda, autentica, stabile della felicità
originaria
che non necessita di essere coltivata in quanto esiste già nella
profondità del nostro cuore, è parte integrante della mente e
dell’anima.
La
felicità non è un prodotto esteriore, la natura del nostro cuore è
felicità, noi dobbiamo semplicemente riconoscerla e possiamo farlo
con la meditazione, accogliendola pienamente con consapevolezza,
punto focale nella pratica quotidiana.
La
felicità non si cerca, esiste già in noi; nella corrente buddhista
Dzogchen in particolare si afferma che nella nostra natura ultima
siamo già completamente illuminati, il che non significa possedere
tutte le realizzazioni del Buddha, bensì che la felicità
primordiale, la qualità della mente illuminata, è parte intrinseca
della nostra mente-cuore, della nostra anima, dobbiamo solo farla
emergere, riconoscerla.
Quando
la consapevolezza ci mostra questa realtà, tutte le sensazioni di
tristezza, di apatia, di oscuramento mentale, scompaiono
naturalmente, la luce annulla istantaneamente qualsiasi tenebra.
Viceversa,
senza consapevolezza, noi di fronte al buio che facciamo? Ci
affanniamo con enorme, inutile fatica nel volerlo cancellare, aspirar
via, ma questo è impossibile, potremo anche accendere una torcia o
una lampada, ma nella notte l’oscurità sarà sempre intorno a noi,
ineliminabile. Combattere la tenebra, il nemico esteriore, è solo
una assurda perdita di tempo, di energie e di vita e anzi ci
addentriamo sempre più nell’oscurità e nella totale confusione.
Nella
conoscenza filosofica della meditazione consapevole invece sappiamo
che il buio non deve essere cacciato in quanto la luce è già li, la
vediamo ben chiara senza aver alcun bisogno di cercare l’interruttore
per accenderla artificialmente.
Dobbiamo
semplicemente far emergere la luce che c’è in noi con la
meditazione, se non siamo consapevoli di questa realtà e rimaniamo
nella conoscenza errata, sbagliando inevitabilmente strada, ci
addentreremo sempre più nell’oscurità esteriore, in una crescente
confusione.
La
sapienza, la saggezza della giusta visione, è mossa dalla filosofia.
Un antico filosofo, non ricordo se latino o greco e di cui mi sfugge
il nome, affermava che:“per
sviluppare la saggezza è necessario filosofare”.
La meditazione è filosofia e nella meditazione emerge la luce che
annulla ogni oscuramento.
La
saggezza è parte innata della mente umana e soltanto la confusione
offusca e nasconde questa realtà.
Il
rilassamento, la pace, la serenità e la tranquillità mentale sono
caratteristiche della felicità, che non deve essere limitatamente
intesa come risultato della saggezza, in quanto la saggezza e la
meditazione sono in sé felicità; la felicità è sviluppare un
cuore nuovo.
Tutte
queste qualità sono innate nella mente umana, ugualmente presenti in
ogni essere, dunque sviluppare un cuore nuovo significa
richiamare la consapevolezza in grado di far emergere la saggezza
innata.
A
volte per ottenere questo scopo è necessario utilizzare qualche
strumento, applicare un metodo, seguire un’istruzione, questo è il
motivo per cui esistono più correnti, scuole, approcci diversificati
alla spiritualità espressi nelle varie religioni, filosofie, metodi
psicologici, modalità di meditazione, culture e tutte sono il
risultato della creatività umana, ma la motivazione reale è una
sola, uguale per tutti: - tirar fuori la luce della saggezza
originale, cosicché le ombre, le tenebre, scompaiano
automaticamente. -
E’
inutile dichiarare guerra al buio della notte, combatterlo
insensatamente, in questo modo non potrà mai essere eliminato,
soltanto la luce del giorno non è buio, dunque facciamo emergere
questa luce naturale che già esiste, senza affrontare inutili
battaglie dualistiche che sfiniscono senza portare alcun risultato,
anzi ricacciano nella confusione di una oscurità ancora più densa.
La
pratica del Dharma, la meditazione, la spiritualità non si attuano
con scontri tra opposti, bensì percorrono il sentiero lineare che
conduce a un auto-accrescimento, non esistono ostacoli esterni da
abbattere, è necessario semplicemente rivolgere attenzione a se
stessi nel silenzio e nella concentrazione meditativa che inizia
nella pace, continua nella pace e giunge alla pace, senza conflitti e
questa stessa meditazione è felicità.
Quando
meditiamo sperimentiamo concretamente nel corpo, nella mente, nello
spirito la felicità che è la medicina in grado di eliminare la
confusione, l’ottenebramento indotto dai problemi e dalle
inevitabili, ma non negative in sé, difficoltà quotidiane.
Per
imparare a meditare su come sviluppare un cuore nuovo
aiutiamoci riflettendo attentamente sul significato di queste
preghiere:
PRESA
DI RIFUGIO
Prendo
Rifugio fino all’Illuminazione nel Buddha,
nel Dharma
e nel Sangha.
Per i meriti acquisiti praticando la generosità e le altre
Perfezioni, possa io al più presto raggiungere l’Illuminazione per
il beneficio di tutti gli esseri senzienti.
OFFERTA
DEL MANDALA BREVE
Offro
questa terra aspersa con profumo e cosparsa di fiori,
ornata
del Monte Meru, dai quattro continenti,
dal
sole e dalla luna e visualizzata come un campo di Buddha.
Possano
tutti gli esseri gioire di questo reame completamente puro.
I
QUATTRO PENSIERI INCOMMENSURABILI
Possano
tutti gli esseri senzienti avere la felicità e le sue cause.
Possano
tutti gli esseri senzienti essere liberi dalla sofferenza e dalle sue
cause.
Possano
tutti gli esseri senzienti avere la gioia della grande beatitudine.
Possano
tutti gli esseri senzienti avere l’equanimità che è libera dai
due estremi di essere vicini ad alcuni e lontani da altri.
***
Ora
meditiamo insieme, restando completamente rilassati in una postura
comoda, naturale, senza contrazioni o rigidità e concentriamo
l’attenzione sullo scorrere profondo del respiro nel ritmo lento e
costante di inspirazione ed espirazione, ripuliamo la mente lasciando
andare i pensieri, senza afferrarli né combatterli.
Rileggerò
ancora una volta, lentamente i versi di ognuna di queste preghiere e
voi ascoltandoli meditate sul significato di ogni parola al fine di
realizzarli nel vostro continuum mentale:
(segue
meditazione)
Rientriamo
lentamente nello status naturale vigile. Com’è andata? Avete
sviluppato un cuore nuovo?
Risposte: «
si un po’…; ancora no…; ci abbiamo provato…; ci stiamo
lavorando…; non del tutto…; si, ma solo in questo momento…;
vediamo…, un po’ di gioia si…; un lavoro illimitato…; così
così…; con pazienza…; ho provato ad accendere la luce varie
volte, ma saltava sempre la corrente…; tutto bene…»
L’importante
è aver attivato questo laboratorio, lavorare per portare alla luce
la luce e non per combattere inutilmente il buio della notte.
Lavorare pacificamente, qui e ora, e non aspettare infinite vite
future per raggiungere un’illuminazione di fantasia. Siamo seguaci
del Buddha e dunque non ha alcun senso rimandare ad un ipotetico e
inafferrabile poi.
Il
Buddha non ha mai detto “mi illuminerò nelle vite che verranno”,
bensì con determinatezza non si è mosso fino a che nella
meditazione ininterrotta non ha trovato il senso della realtà, lo
stato dell’illuminazione.
Meditazione
significa produrre felicità qui e subito, se grande o piccola non
importa, è una qualità della mente che abbiamo sin dalla nascita e
la mente è fortissima, più potente di un’esplosione atomica. La
saggezza consiste proprio nel saper vedere questa potenzialità,
questa realtà al nostro interno, non è necessario morire per
acquisire tale saggezza, anzi pensare che solo morendo si possa
raggiungere il paradiso, il nirvāna, l’illuminazione è frutto di
ignoranza e la presunta saggezza che scaturisce dall’ignoranza è
la peggiore condizione, la più pericolosa.
La
meditazione, il Dharma sono la medicina che supera la morte, ogni
realizzazione si raggiunge qui e ora, tutto il resto è solo
fantasia, ignoranza, sciocco tentativo di quantificare, di tenere un
conteggio aggiornato delle pratiche per ottenere realizzazioni, ma la
spiritualità non è misurabile, è illimitata. La contabilità non
appartiene allo spirito, l’unica matematica che vale è quella di
Einstein, la legge della relatività.
Sviluppare
un nuovo cuore non sottintende che si debba sostituire quello vecchio
con un altro, bensì consiste semplicemente nell’attivare il
proprio cuore nella saggezza che possiede da sempre, modificare la
visione della quotidianità ponendo finalmente fine alle inutili
lamentazioni, ai piagnistei sterili, alle frustrazioni, e
impegnandosi invece a nutrirlo con tutto ciò che già possediamo: la
meditazione, la consapevolezza, l’amore, la compassione, la
generosità, trasformandolo così nel cuore di felicità.
Semplice,
il conto di quante vite occorreranno per raggiungere l’illuminazione,
dieci, venti o quante se ne vogliono, è proprio una sciocchezza,
l’obiettivo è qui e ora, Buddha non ha mai detto, “mi illuminerò
in una prossima vita”, ma “non mi muovo di qui fino a quando non
avrò raggiunto l’illuminazione, in questa vita, qui e ora” e
questo è coltivare la felicità.
Massimo,
in base alla tua cultura e formazione, come interpreti ciò di cui
abbiamo parlato oggi?
Risposta: Come
tu hai detto dobbiamo dare la priorità e praticare la consapevolezza
qui ed ora, in ogni momento della vita quotidiana, non solo nella
meditazione formale, ma in qualsiasi azione compiamo. Personalmente
non concepisco la felicità come qualcosa che deriva da un’esperienza
esterna, come potrebbe essere una vincita, o anche la meravigliosa
nascita di un figlio, perché questi eventi ti possono dare gioia per
un po’, ma poi si ritorna alle difficoltà della consueta routine,
non identifico dunque la felicità con gli eventi mondani, per quanto
belli possano essere, la vera felicità è uno stato interiore di
serenità indipendente dalle situazioni buone o cattive della vita di
tutti i giorni, e sarebbe importante mantenere ininterrottamente
questa consapevolezza.
Domanda: Il
concetto del “qui ed ora” è abbastanza chiaro, teoricamente
comprensibile e davvero auspicabile, però quando mi trovo in una
condizione difficile, complessa, dolorosa, che proprio non mi piace,
come applicarlo concretamente? In me è automatico pensare che forse
domani potrebbe andare meglio e quindi aggrapparmi alla speranza di
un futuro, tentando di dimenticare il presente. Riuscire a
metabolizzare il “qui e ora” quando si è nella gioia è facile,
ma quando ci si trova nel problema è veramente difficile,
indubbiamente la meditazione aiuterà, ma comunque il problema resta…
Lama: Non
è né facile, né difficile, in quanto le qualità della natura
umana sono già tutte presenti nella nostra mente. La positività in
noi è spontanea, mentre non lo sono affatto i contrasti. Tutti gli
ostacoli che incontriamo nel cammino, non sono realmente negativi in
sé, anzi accrescono le nostre capacità positive. La negatività
aumenta soltanto se noi ci poniamo nell’attitudine errata di
combattimento, di avversione. Non bisogna lottare e opporsi agli
ostacoli perché in questo modo li potenziamo, è invece necessario
concentrarsi nelle virtù positive e ognuno trova singolarmente in
questo modo la via per trovare la luce.
Intervento: Se
fossimo più consapevoli dell’impermanenza di fronte a una
situazione spiacevole sapremmo che non è infinita e basterebbe
sviluppare maggior pazienza e sopportazione per trasformare in
positiva e costruttiva qualsiasi condizione. Purtroppo invece questa
è la società della totale impazienza, mercificazione e
intolleranza.
Lama: Questa
è una società impaziente e confusa, certamente, ma l’illuminazione
non è fuggire dalla confusione, non è una scappatoia dalla
sofferenza, dai problemi, dal dolore, non è il paradiso asettico in
cui tutto è rosa e idilliaco, questa sarebbe un’illusione davvero
sciocca. L’illuminazione è vivere con la consapevolezza totale,
con la completa saggezza ogni istante e ogni evento così com’è,
pienamente. Nell’illuminazione anzi si vede tutto più chiaramente,
si vive tutto più intensamente.
Intervento: Forse
piuttosto che usare il termine illuminazione, dovremmo parlare di
risveglio, pare più adatto a noi.
Lama: Molto
bene, ci sono altre opinioni?
Intervento: Per
me la felicità vera è far felici gli altri, ripeto questa frase a
me stesso continuamente, la felicità può essere davvero trovata
unicamente al proprio interno, non nelle cose esteriori. La gioia che
si prova nel sorriso di un bambino a cui si fa un dono,
nell’attenzione agli altri, ci dà la consapevolezza di ciò che si
sta facendo, e si scopre nell’essenza dell’altro la potenza della
vera compassione.
Molto
bene, molto chiaro. Per riprendere la domanda di prima, su come
affrontare la difficoltà nel presente vorrei richiamare l’attenzione
sulla filosofia di Platone che riconosce tre elementi essenziali allo
sviluppo della saggezza: la Conoscenza, il Coraggio e la Prudenza.
Queste tre virtù sono la base per il governo della Repubblica, ma
anche per il governo di se stessi, un concetto pienamente concorde
con la visione buddhista, il Buddha affermava che la vittoria su se
stessi è la più grande.
Le
tre virtù, Conoscenza Coraggio e Prudenza non possono essere
disgiunte, debbono essere applicate tutte e permettono di affrontare
ogni difficoltà, anche i momenti di più forte oscurazione.
Mi
ha molto colpito la visione di Platone, un grande pensatore che non
copiava da altri, ma sviluppava in sé il suo pensiero.
Dobbiamo
pensare con la nostra intelligenza, con Conoscenza, Coraggio e
Prudenza.
Sviluppare un Cuore Nuovo
2° La
natura originaria della mente
Prima
di riprendere la sessione, ci sono domande su quanto detto?
Domanda: Vorrei
alcune precisazioni sulla meditazione, prima abbiamo praticato
vipassanā, ma è indifferente la metodologia che si applica,
analitica o figurativa, o qualcuna è una più adatta?
Lama: La
meditazione naturale è la più efficace per riportare la mente alla
sua naturalezza che è il percorso della pratica spirituale. Il
maggior rischio che dobbiamo affrontare è lo smarrimento della
naturalezza della mente, perché quando questo avviene diventiamo
schiavi delle emozioni negative e perdiamo la nostra capacità umana,
annulliamo i diritti umani e abbandoniamo ogni dignità.
L’obiettivo
della meditazione quindi è far dimorare la mente nella sua naturale
essenza, sviluppare, far emergere la saggezza connaturata da cui
nasce la compassione, l’amore, elementi costitutivi della natura
umana. Non c’è nulla da creare, noi siamo già spontaneamente
compassionevoli, amorevoli, saggi. Perciò la meditazione naturale è
fondamentale, tutti i vari metodi sono validi, ma questa è la base.
Domanda: Ma
qual è la meditazione naturale?
Lama: La
meditazione biologica, dalla parola greca biòs, cioè di quella
scienza che verte sul principio, sulle leggi e sui fenomeni della
vita, e la vita dipende dal respiro, perciò è fondamentale saper
osservare l’inestimabile valore e la profondità di ogni
inspirazione ed espirazione.
Domanda: Prima
è stata sottolineata la differenza tra i termini illuminazione e
risveglio, e chiedo se, riuscendo a concentrarmi sul respiro e
acquisendo nel ritmo una calma naturale, di fronte alle difficoltà
potrei accettarle consapevolmente in quanto parte della vita, senza
oppormi, è realistica questa possibilità? Ma temo che nei momenti
più duri sarei proprio incapace di farlo, come potrei evitare questo
rischio?
Lama: Mantenere
la tua naturalezza, non è necessario accettare tutto in modo
asettico, bensì rimanere nell’equanimità, nella via di mezzo, né
buono, né cattivo, rimani nello stato originario, la tua essenza
autentica non si ferma sul piano fisico, è a livello più sottile,
sempre più profondo e che va ben oltre la turbolenza della vita, al
di là delle emozioni.
Domanda: Quindi
la felicità è acquisire un giusto distacco dagli eventi e dalle
emozioni, pur vivendo pienamente ogni istante.
Lama: Esatto,
vivere nella naturalezza della mente, della propria umanità.
Domanda: Ma,
la felicità non potrebbe soprattutto dipendere dall’essere padroni
della propria vita, senza lasciarsi dominare da emozioni ed eventi,
ma saper mantenere sempre la libertà di poter decidere, ad esempio
sono io che scelgo se e quando stare male, o il suo contrario, anche
di fronte a fatti su cui non posso intervenire direttamente?
Lama: Per
essere padroni di se stessi è necessario liberare se stessi da se
stessi, questo è fondamentale. La nostra liberazione non dipende da
altro al di fuori di noi, non c’è un nemico esterno da
sconfiggere. Noi invece lavoriamo continuamente per imprigionare noi
stessi, vediamo fantasmi di nemici ovunque.
Domanda: Per
me una possibilità di liberare me stessa dipende anche da un buon
rapporto con il mio ego, che è comunque molto presente, e se voglio
combatterlo non ne vengo fuori.
Lama: Il
nostro rapporto con l’ego dipende dalla capacità di comunicazione
che abbiamo con noi stessi, perché se questa è reale riusciamo ad
ammorbidire la rigidità dell’ego. Noi siamo sempre rivolti alla
comunicazione con gli altri, ma mai con noi stessi e da qui sorgono
tutti i problemi dell’ego prepotente.
Domanda: Tu
hai detto che noi nasciamo già illuminati, quindi siamo già liberi?
Lama: Si,
ma dobbiamo far emergere questa condizione naturale, invece la
ignoriamo completamente e ci affanniamo unicamente per nasconderci e
imprigionarci sempre più, il samsāra che percepiamo come doloroso è
creato da noi stessi.
Intervento: Credo
che la chiave sia proprio la consapevolezza, perché se io vivo ogni
momento in un presente consapevole che può essere felice, gioioso,
doloroso, luttuoso, in ognuna di queste realtà incontro il mio
autentico sé e se riconosco il mio sé posso guardare con
amorevolezza il mio ego e dunque ogni istante, indipendentemente
dalla valenza più o meno dolorosa, diventa comunque una realtà di
gioia profonda. Ma so anche che la consapevole scelta di questo
risveglio deve essere rinnovata ogni momento, non è acquisita una
volta per tutte, ecco perché la meditazione è basilare.
Riconoscere
la nostra natura originale, il suo valore e grandezza è
fondamentale, invece noi rifiutiamo testardamente questa prassi
preferendo ristagnare su cumuli di immondizia, rinunciamo
volontariamente ai diritti umani, rigettiamo la dignità umana.
La
mente umana non è unica, statica, limitata al solo livello fisico,
ordinario, ma ne esistono altre infinite manifestazioni, vi è la
mente sottile, la mente ancora più profonda, di diamante, la mente
dell’amore, della compassione e altre ancora, ma noi non ne
riconosciamo nemmeno una, non vogliamo assumerci nessuna
responsabilità, scegliamo di ignorare l’infinito valore della
mente delle sue incommensurabili capacità, preferiamo dormire
pesantemente nel fango, nell’oscurità, rinneghiamo ottusamente la
grande potenzialità e preziosità della natura umana, precludendoci
in questo modo la possibilità di vivere pienamente, gioiosamente,
profondamente, consapevolmente ogni momento della nostra esistenza.
Mentre,
accogliendo la nostra piena umanità e riconoscendone il valore
intrinseco, insostituibile, potremmo davvero avere tutta questa
bellezza sempre, anche nel momento stesso della nostra morte fisica,
vivendola non negativamente, ma scoprendo la grandezza della
trasformazione, del passaggio.
Per
questo è così importante l’analisi di Platone, la vita può
essere vissuta davvero in tutta la sua potenzialità soltanto se si
acquisiscono e applicano i tre principi, Conoscenza, Coraggio e
Prudenza, che ci consentono di governare noi stessi.
Se
riusciamo in questo modo ad assestare la nostra vita a livello
profondo e sottile, tutto ciò che avviene sul piano ordinario,
superficiale, si sistema automaticamente. Dobbiamo riconoscere e
aprirci alla nostra mente sottile, l’anima, in questo modo
rientriamo nella nostra naturalezza e purezza originaria, ritroviamo
la bellezza intrinseca, completa, in ogni cosa.
La
scelta di questa società consumistica e mondana è quella di
fermarsi e ristagnare nel fango della totale confusione,
nell’incapacità di comunicazione non solo con gli altri, ma
soprattutto con se stessi. Questo è samsāra completo.
Comunque
è preferibile il samsāra completo, senza scappatoie, che quello
parziale che ingenera solo ulteriori illusioni di realizzazioni
inesistenti e di aver ottenuto una libertà che in realtà è
prigionia ancor più subdola e radicata. Nel samsāra completo invece
è più facile vederne i limiti, gli effetti e dunque maturare quella
consapevolezza che spinge a intraprende un diverso percorso di
saggezza.
Il
nostro confronto oggi è stato molto bello, abbiamo insieme cercato
di comprendere come sviluppare un cuore nuovo nella
quotidianità con conoscenza, coraggio, prudenza, pazienza,
compassione, generosità, qualità indispensabili per essere felici.
Una
felicità che può essere momentanea, profonda, stabile, in qualsiasi
sua forma è una rinascita dell’anima, un rasserenamento davvero
importante poiché è impossibile essere costantemente gioiosi,
allegri, si può anche essere tristi, persino il Buddha non è sempre
stato contento, i momenti difficili e dolorosi sono inevitabili.
Ma
la felicità consiste nella consapevolezza che tutto dipende da noi
stessi, quando vogliamo essere gioiosi oppure tristi lo siamo,
scegliamo noi come essere, siamo liberi, la vita è nelle nostre
mani, sappiamo che per la nostra crescita umana, per la
manifestazione del suo splendore, la gioia è importante, ma lo è
altrettanto la sofferenza e tutte le emozioni, e in questa totale
consapevolezza sperimentiamo e radichiamo la felicità stabile.
Noi
siamo nel samsāra ed è importantissimo non rinnegarlo, affrontare
ogni sua manifestazione con la libertà che ci è data solo dalla
piena consapevolezza, ecco la nostra felicità.
Domanda: Questo
concetto della consapevolezza è molto importante, però qualcuno
potrebbe essere consapevole e consapevolmente scegliere di fare del
male, ad esempio Hitler…
Lama: Questa
è conoscenza di determinate situazioni esterne con le scelte
conseguenti, ma nella realtà è totale mancanza di consapevolezza,
perché la consapevolezza di cui parliamo è quella profonda della
natura originaria della mente, è la luce che risveglia e illumina,
non il buio della più completa ignoranza. Le scelte di Hitler, ben
evidenti in lui e non indotte da altri, sono state tutte improntate
sull’ignoranza più oscura, mai sulla consapevolezza, questa è
mancata totalmente e per questo è necessaria tanta compassione nei
suoi confronti.
Per
questa sera concludiamo con la bellissima preghiera a beneficio degli
esseri:
Preghiere
di dedica al termine della sessione di meditazione
A
causa di queste virtù,
possa
io diventare un Guru-Buddha
e
guidare in questo stato
ogni
essere vivente senza alcuna eccezione.
Possa
la mente preziosa dell'Illuminazione
non
ancora sorta, sorgere e svilupparsi,
e
quella già sviluppata possa non diminuire mai,
ma
accrescersi sempre più.
Sviluppare un Cuore Nuovo
3° Prendere
Rifugio in Buddha
Dharma e Sangha
Iniziamo
la sessione con un momento di meditazione, trovando in noi stessi il
nostro cuore con serenità e tranquillità interiore.
(segue
meditazione)
Grazie
per questa bellissima meditazione, un prezioso tempo in cui si versa
un nettare di pace e guarigione in se stessi e si rinasce a vita
nuova.
Rinascere
ad ogni istante è fondamentale e non significa reincarnarsi, per
reincarnarsi bisogna prima morire, ma concentrarsi su questo è solo
una grande illusione, invece è necessario saper rinascere rinnovati
ad ogni istante di autentica vita.
Rinascere
è trasformarsi e dipende unicamente da noi stessi, tutto è nelle
nostre mani, non dobbiamo cercare altrove. I pensieri positivi in
pace e tranquillità producono il nettare vitale che genera quella
vita fresca, pura, nuova che riscopriamo continuamente nella grande
potenzialità del corpo umano.
Dobbiamo
essere consapevoli della completezza del nostro essere, conoscere
l’anatomia del nostro corpo che non è solo quello fisico,
grossolano, ma anche sottile, spirituale. Il nostro corpo non è
statico, ogni infinitesimo atomo di cellula è in perenne movimento,
il rinnovamento è continuo, quindi la rinascita su tutti i piani
deve avvenire costantemente nel riconoscimento della vita umana nel
suo immenso valore.
Per
scoprire questa preziosità dobbiamo essere consapevolmente presenti
qui e ora e non è necessario impegnare tanto tempo, imporsi
meditazioni lunghe e forzate, ciò che conta è la disponibilità
mentale, l’apertura a trasformare se stessi.
Troppa
meditazione può essere persino dannosa se imposta volontariamente e
praticata meccanicamente senza consapevolezza, mentre è sufficiente
una piccola meditazione, ma di qualità, in grande profondità, pace,
rilassamento.
La
meditazione non è una competizione ciclistica, per cui trionfa chi
ha più resistenza e corre, corre per arrivare primo, al contrario
vince chi scende il più lentamente possibile, con consapevolezza.
Per
predisporci a questa rinascita recitiamo insieme, meditando ogni
parola, le preghiere di presa di Rifugio per generare la bodhicitta,
l’Offerta del Mandala e I quattro Pensieri incommensurabili.
PRESA
DI RIFUGIO
Prendo
Rifugio fino all’Illuminazione nel Buddha,
nel Dharma
e nel Sangha.
Per i meriti acquisiti praticando la generosità e le altre
Perfezioni, possa io al più presto raggiungere l’Illuminazione per
il beneficio di tutti gli esseri senzienti.
OFFERTA
DEL MANDALA BREVE
Offro
questa terra aspersa con profumo e cosparsa di fiori,
ornata
del Monte Meru, dai quattro continenti,
dal
sole e dalla luna e visualizzata come un campo di Buddha.
Possano
tutti gli esseri gioire di questo reame completamente puro.
I
QUATTRO PENSIERI INCOMMENSURABILI
Possano
tutti gli esseri senzienti avere la felicità e le sue cause.
Possano
tutti gli esseri senzienti essere liberi dalla sofferenza e dalle sue
cause.
Possano
tutti gli esseri senzienti avere la gioia della grande beatitudine.
Possano
tutti gli esseri senzienti avere l’equanimità che è libera dai
due estremi di essere vicini ad alcuni e lontani da altri.
Concludiamo
con la preghiera di Guru Yoga, la Lode a Lama Tzong Khapa:
MITZEMA
-TZONG KHAPA
Tu
sei Avalokiteśvara, grande tesoro di Compassione, non diretta
all’esistenza indipendente,
e
Mañjuśrī, Maestro della Saggezza senza macchia,
come
anche Vajrapāni, distruttore senza eccezione delle orde dei demoni.
Oh
Tzong Khapa, Gioiello sulla sommità del capo dei saggi del paese
delle nevi,
Sumati
Kirti ai tuoi piedi faccio delle richieste.
La
presa di Rifugio nei tre gioielli, Buddha Dharma e Sangha, è in sé
una pratica completa, comprende l’intero percorso Lam Rim.
Con
Buddha non ci si riferisce al personaggio storico a cui chiedere
protezione, questo è solo uno degli aspetti, ma innanzitutto si
intende la mente illuminata, la nostra mente che è dormiente e deve
essere risvegliata.
La
mente è sempre la stessa, a volte dorme e a volte è sveglia, non
c’è dualismo, entrambe coesistono, dove c’è una c’è l’altra,
e se mancasse uno di questi due aspetti non potrebbe esistere nemmeno
l’altro.
La
nostra condizione umana ha bisogno di dormire e di vegliare, non
sarebbe possibile restare sempre in un’unica dimensione, il
principio del non dualismo è fondamentale, senza di esso non
potrebbe esistere la nostra stessa umanità, non ci sarebbe vita.
Non
c’è mai solo bene o solo male, né solo nero o solo bianco, né
solo buio o sola luce, tutte queste apparenti contrapposizioni sono
parte della stessa unica natura, costituiscono l’essenza vitale di
ogni cosa, questo è il principio del non dualismo, la legge di
Brahma, la legge di Dio, la legge di Vacuità, dell’universo, della
natura.
Noi
viviamo in questa legge naturale, originaria, primordiale, in cui non
esiste contrapposizione, ma ottusamente vediamo contraddizioni e
opposti in ogni fenomeno a causa delle nostre illusioni, della
visione errata della realtà. Tutto invece coesiste in modo naturale,
armonico ed è questo che noi chiamiamo Buddha, spoglio di qualsiasi
antinomia, liberato dalla visione falsamente dualistica.
L’armonia
che nasce dalla legge naturale della realtà non dualistica si chiama
Buddha, e non è prerogativa esclusiva di qualcuno, ma risiede nella
profondità della nostra mente, nell’ultima perfezione, risorsa,
ricchezza della mente.
Quindi
prendere rifugio nel Buddha significa prendere rifugio in questa
mente, nel Buddha segreto.
Sul
piano formale, esterno, si rende omaggio e ci si affida al Buddha
storico, e va benissimo, ma questo è un altro livello rispetto al
Buddha interiore e al Buddha segreto. Tutti e tre sono importanti e
presenti nella presa di rifugio e per realizzarli è necessario saper
governare se stessi con i tre fattori fondamentali di cui parlava
Platone: Conoscenza, Coraggio e Prudenza.
E’
importante la conoscenza del Buddha interiore, del Buddha segreto,
perché senza di essa non si fa nulla e lo è altrettanto il coraggio
di vivere, di scoprire questo Buddha, che è il senso stesso della
propria vita, istante per istante e lo si deve sempre fare con
prudenza, nella conoscenza dei propri limiti e dunque senza
procurarsi danni, senza eccedere in inutili e dannosi sacrifici.
Il
Buddha storico è vissuto secondo questi tre principi, è sceso nella
conoscenza di sé e con coraggio ha meditato per sei lunghi anni,
determinato a non abbandonare tale stato fino a quando non si fosse
completamente risvegliato e lo ha fatto con prudenza, senza privare
se stesso del necessario alla sussustenza del corpo e dello spirito,
rimanendo saldo nella via di mezzo.
Prendere
rifugio nel Buddha significa dunque prendere rifugio nel Buddha
esteriore, nel Buddha interiore e Buddha segreto.
Il
Buddha esteriore è l’esempio che dobbiamo seguire, non si
sostituisce a noi, non ci salva magicamente, ci indica il cammino, ma
la scelta ultima è esclusivamente nostra, in totale libertà.
Il
Buddha interiore è l’immensa risorsa che abbiamo in noi stessi, la
natura del Buddha che tutti possediamo nel nostro continuum mentale e
che è la nostra stessa protezione, poiché tutto è nelle nostre
mani, non dipende da altro.
Il
Buddha segreto è l’essenza, la qualità della nostra mente, sia la
mente dormiente che risvegliata, equanimemente presente, poiché noi
abbiamo già, qui e ora, una mente perfettamente risvegliata, questa
è l’essenza della Mahāmudrā e la sua consapevolezza è il Buddha
segreto.
Il
secondo passo è la presa di rifugio nel Dharma, e significa seguire,
non solo nella sessione formale di pratica, ma nella quotidianità,
le indicazioni dell’insegnamento del Buddha storico raccolto in
molti volumi e conosciuto come Tri-pitaka, tre canestri, ma che
possiamo sintetizzare essenzialmente in tre gruppi: Moralità,
Concentrazione e Saggezza.
La
moralità non sottintende soltanto la necessità dell’osservanza di
norme e leggi, ma è sostanziale rispetto equanime per gli altri
esseri e per se stessi, poiché tutti siamo uno, interconnessi
inscindibilmente come ogni singolo atomo che contiene in sé la
genetica di tutti gli atomi dell’universo. Questa è la moralità
della sapienza di Buddha, la grande compassione che nasce dal
rispetto.
La
seconda fondamentale pratica è la concentrazione che deriva dalla
consapevolezza della mente.
La
terza, infine, è la saggezza che non si ferma sulla superficie di
una conoscenza parziale, limitata, bensì è la conoscenza completa
della realtà.
Queste
tre qualità mentali complete sono il rifugio nel Dharma, a livello
esteriore, interiore e segreto, in cui risiedere in pace,
serenamente, qui abbiamo trovato la nostra casa originaria.
Il
terzo rifugio, nel Sangha, è anche presente nei tre livelli: Sangha
esteriore, Sangha interiore e Sangha segreto.
Il
Sangha esteriore, formale, è costituito dal gruppo di praticanti che
condivide con noi la pratica di Dharma e che ci è di aiuto nel suo
stesso approfondimento.
Il
Sangha interiore è la propria compassione, consapevolezza e
saggezza, qualità forse non complete, ma già presenti in noi e che
costituiscono il compagno più prezioso che ci dà forza, coraggio,
protezione, vigile nei momenti più ardui della vita, l’unico che
ci può essere di aiuto concreto poiché nessun altro può farlo.
Il
Sangha segreto coincide con il Buddha segreto, è la nostra mente
risvegliata.
Quando
prendiamo rifugio nel Buddha, Dharma e Sangha dobbiamo dunque essere
ben consapevoli di ciò che stiamo facendo, non si tratta della
recitazione di parole formali o di venerazione superficiale, riguarda
completamente la nostra stessa essenza, significa essere protetti
nella propria naturale casa, indipendentemente dalle condizioni
esterne.
Il
rifugio in Buddha, Dharma e Sangha deve dunque avvenire nella sua
piena conoscenza, con indubbia fiducia, con la confidenza che nasce
dall’averne completa consapevolezza.
Non
dobbiamo confondere questa fiducia, che si fonda sulla piena
conoscenza e che è la forza che ci sostiene nel cammino, con una
fede cieca e acritica, che è in sé pericolosa in quanto porta
soltanto ignoranza all’ignoranza, illusione all’illusione,
confusione alla confusione.
E’
importante dunque avere la fiducia fondata sulla consapevole
comprensione dei fenomeni per procedere al passaggio immediatamente
successivo che è mantenere la conoscenza di Buddha, Dharma e Sangha
con convinzione, questo è il primo passo verso la realizzazione.
In
tutte le religioni, seppur con nomi e formalità diverse, esiste la
presa di rifugio nei tre gioielli, nel cristianesimo, nell’ebraismo,
nell’islamismo, e in tutte le altre, senza questa fiducia nei tre
gioielli non si può praticare, sono tre elementi indispensabili a
ogni reale percorso spirituale.
Sviluppare un Cuore Nuovo
4° Generare
la mente di bodhicitta
Nell’autentica
pratica del Dharma non si rincorre mai l’illusione di una
realizzazione istantanea, facile, bensì si affronta con gioia un
lungo, a volte faticoso, ma sempre ricchissimo di scoperte, percorso
nel sé, la presa di rifugio è il primo preliminare di questo
cammino ed è sostanziale, indispensabile, per poter procedere passo
dopo passo ad iniziare dallo sviluppo della mente di bodhicitta.
Non
esiste alcuna legge, alcun obbligo, alcuna costrizione che imponga di
generare la bodhicitta, è una libera e consapevole scelta che
arricchisce e cresce nella fiducia, con un cuore compassionevole
posto in ogni azione quotidiana, parola e pensiero, nella conoscenza
e applicazione delle sei pāramitā: Generosità, Moralità,
Pazienza, Perseveranza entusiastica, Concentrazione e Saggezza.
Non
è inoltre necessario sforzarsi per andare a cercare la bodhicitta
chissà dove, essa scaturisce spontaneamente dalla pratica
dell’amorevole gentilezza, in sanscrito maitri,
che significa amicizia, in tibetano la mente di maitri è detta
champa
per indicare ad esempio il cuore generoso del genitore verso il
proprio figlio, l’amore incondizionato che dobbiamo sviluppare
verso tutti gli esseri senzienti. Ma come attivarlo?
Non
è difficile poiché nel nostro cuore tutti possediamo già
naturalmente la compassione, può essere maggiore o minore, non
importa, essa si sviluppa e cresce in noi grazie alla presenza degli
altri. Se non ci fossero gli altri il nostro cuore sarebbe sterile,
non avrebbe nessuna possibilità di essere compassionevole.
Il
cuore compassionevole è il nostro più prezioso gioiello, è ciò
che salva la nostra stessa esistenza. Senza compassione la natura
umana sarebbe finita, non saremmo nulla, assai peggio degli animali
che, al contrario, spesso dimostrano grande compassione e
abnegazione.
Noi
siamo ciò che siamo in quanto esistiamo nell’interconnessione,
siamo uno e non entità separate, per questo l’amorevole gentilezza
che abbiamo nei nostri confronti è la stessa che rivolgiamo agli
altri, ci unifica.
E’
importante comprendere questa realtà non dualistica, l’esistenza
fondata sull’unione, l’armonia, siamo tutti un solo cuore
compassionevole.
Domanda: Però
la compassione, se ho capito bene, si può sentire in modi e
gradazioni diverse, o no?
Lama: Certo,
nella vita individuale ci sono circostanze e condizionamenti
differenti.
Domanda: Quindi,
potenzialmente, la compassione è insita ugualmente in tutti, poi
nella quotidianità si espleta in modo diverso in base
all’interferenza di tanti fattori?
Lama: Esatto,
la compassione è uguale per tutti, è come il sale, se ne può usare
di più o di meno, ma il sale è sempre sale, non diventa zucchero.
La compassione è il sale della vita, senza sale saremmo tutti morti.
Domanda: La
compassione è fondamentale, eppure nella vita quotidiana spesso
dobbiamo uccidere altri esseri per mangiare, come si conciliano le
due cose?
Lama: Come
ha detto Gesù Cristo: “non
è impuro ciò che mangi, ciò che introduci in te, ma ciò che esce
da te”,
quindi è fondamentale la motivazione, l’intenzione, se questa è
impura ogni atto correlato sarà impuro. La motivazione è in grado
determinare la natura di ogni atto.
La
compassione è perfettamente equanime in ognuno, determina la qualità
di ogni azione, la trasforma, è la sola possibile salvezza e può
manifestarsi esclusivamente grazie all’esistenza degli altri.
Dall’equanimità
che riconosce gli altri esseri come parte di noi, assolutamente
uguali, nasce la gentilezza amorevole, la grande compassione, è il
terreno su cui coltivare la bodhicitta.
In
questo processo si sviluppa un cuore nuovo, è il Tong Len,
dare e ricevere; chi dà riceve, chi non dà non riceve, è semplice,
la legge universale di causa effetto, questo è naturale, se dai vita
ricevi vita, altrimenti sei già morto pur continuando a mangiare,
dormire e a sprecare ogni opportunità.
Questa
legge naturale non dualistica, equanime, è la legge della natura, di
Dio, di Brahma, di Buddha, è veramente universale e non vi è più
alcuno spazio per l’ego.
Domanda: Credo
profondamente in tutto questo, ma nell’applicazione concreta mi
sono trovata in grande difficoltà. Faccio volontariato in carcere e
per non subire condizionamenti mentali non voglio mai conoscere i
reati che hanno determinato la detenzione, malgrado ciò quando in un
caso sono stata informata di un reato di pedofilia nei confronti
della propria figlia, una bimba di tre anni, ho fatto un’enorme
fatica, anzi non ci riesco proprio, a considerare questa persona con
equanimità e comprensione.
Domanda: Il
“dare e ricevere” può essere anche solo un fatto interiore? Non
deve necessariamente essere sempre rivolto a qualcosa di esterno?
Lama: Si
anche, come per tutte le altre cose il dare-ricevere è esteriore,
interiore e segreto. Non c’è solo un mondo, sono sempre tre.
Per
quanto dicevi tu prima in relazione al caso del reato inaccettabile è
necessario fare un distinguo tra l’etica sociale, ben definita
nella legislazione e con tutte le norme, che deve essere osservata
con rigore e anche piacere nel rispetto del paese in cui viviamo e
della società, questa è una perfetta pratica di Dharma, non solo
spirituale, ma Dharma della terra, importantissimo, e corrisponde
alla nostra vita esteriore, ma noi ne abbiamo altre due, vita
interiore e vita segreta.
La
compassione, l’amore, la bodhicitta, la saggezza non possono essere
imposte e quantificate dai codici, a questo provvedono i tribunali
del mondo, di questa terra.
La
compassione appartiene all’altro livello dell’esistenza, quello
dell’universo, è la grande compassione, magia della natura, della
spiritualità, della vita umana.
La
compassione e la saggezza in questa dimensione spirituale, ci
permettono di superare tutti gli ostacoli, le contraddizioni terrene
e di trovare in mezzo alle tenebre la luce, nella morte la vita,
nell’ingiustizia la giustizia, nelle menzogne la verità e solo su
questo piano è possibile superare l’istintivo giudizio negativo
nei confronti della persona.
Interventi: Si
è vero, perché anche nella punizione, c’è compassione…;la
compassione non c’entra con il perdono, sono due cose diverse, ci
si ribella giustamente all’ingiustizia, alla sofferenza procurata e
si condanna l’azione, ma si ha compassione per l’individuo che
l’ha compiuta...; a livello razionale tutto vero, ma sul piano
emotivo è abbastanza immediato e naturale che non si riesca a
superare la repulsione per il reato e tanto meno compassione per chi
lo ha commesso…; però, anche se i tribunali tengono conto nel
giudizio di attenuanti o aggravanti, non è vero che venga sanzionato
solo il reato, si condanna anche la persona…
Domanda: A
me non è molto chiara la distinzione che hai presentato tra etica
sociale e compassione personale, puoi chiarire?
Lama: Non
si tratta di una divisione tra le due, l’etica sociale, necessaria,
esula dal giudizio sulla persona in quanto tale, è centrata
sull’azione e dunque è pienamente compatibile con la compassione
radicata nei principi del Dharma.
Intervento: Sono
comunque due piani diversi, uno è prettamente giuridico e non ha
nulla a che fare con la questione dell’amorevole gentilezza, c’è
un giudizio necessario e basta. A livello personale invece posso
trovare, pur nella visione cruda della più spregevole e criminosa
azione, compassione per chi, per infiniti motivi che non conosco,
l’ha commessa. Un livello è meramente giuridico, necessario alla
salvaguardia della giustizia sociale, l’altro, più profondo e
spirituale, rientra invece in quella compassione non dualistica e
amorevole verso l’essere umano che ha ulteriormente aumentato la
propria sofferenza con quest’azione per infiniti condizionamenti
che nessuno di noi può sapere.
Intervento: Oltretutto
è giusto che tu debba fare un enorme sforzo per non essere
sopraffatta dal disgusto verso tale azione, poiché solo avendo in te
la coscienza delle sue conseguenze hai la possibilità di accrescere
la naturale gentilezza amorevole nei confronti di tutti, puoi
giudicare l’azione e condannare alla giusta pena la persona che
l’ha compiuta, così che possa prendere coscienza di ciò che ha
fatto e iniziare una purificazione interiore. Non è semplice, ma la
fatica che avverti dipende proprio dall’amorevole gentilezza
presente in ogni essere.
Lama: La
fatica è il nostro limite umano, non riusciamo ad avere compassione
nei confronti di chi consideriamo malvagio, ma se sappiamo
riconoscere il nostro livello interiore, la compassione trova la
strada per aprirsi anche verso questa persona. L’universo è
grande, dobbiamo saper superare questo ostacolo, questo limite. La
giusta e doverosa condanna della legge è perfettamente compatibile
con la compassione, ma sul piano umano a maggior ragione deve
scaturire l’amore e la compassione verso una persona che soffre in
una situazione così drammatica.
Intervento:
A
me pare anche importante, di fronte a fatti così gravi, guardare
sempre in se stessi, perché in fondo in ognuno di noi coesistono
tutte le pulsioni umane, positive e negative, in ognuno di noi c’è
l’individuo buono e quello cattivo, e quindi imparare a perdonare
se stessi aiuta anche ad avere compassione e a perdonare gli altri.
Intervento: E’
molto vero quel che dici, però è bene non far confusione tra i due
piani, quello della compassione e quello del perdono, sono due cose
assolutamente separate e distinte, io posso non perdonare un atto
efferato, ma nello stesso tempo provare una grande compassione per
chi lo ha compiuto. Inoltre la compassione nasce dalla comprensione
di più fattori che hanno portato ad una certa condizione, faccio un
esempio: se mi trovo di fronte a un terrorista che vuole sterminare
molte persone io, per compassione, per salvare altre vite, posso
ucciderlo e questo va al di la del giudizio e dello stesso perdono.
Lama: E’
importante questo interscambio di opinioni poiché l’argomento non
è affatto facile, anzi è particolarmente complesso e articolato.
Per ora però sospendiamo e, compassionevolmente, andiamo a pranzo.
Grazie a tutti.
Sviluppare un Cuore Nuovo
5° I
quattro preliminari
Iniziamo
la sessione con le preghiere di rifugio e dell’offerta
visualizzando davanti a noi nello spazio tutti i Buddha, i
Bodhisattva, gli esseri superiori, intorno a noi tutti gli esseri
senzienti in forma umana, senza alcuna distinzione di religione,
poniamo la nostra fiducia nel Buddha, nel Dharma e nel Sangha,
esteriore, interiore e segreto e disponiamoci alla generazione della
bodhicitta verso tutti gli esseri senzienti cercando di sviluppare il
cuore equanime della gentilezza amorevole e compassione.
(Segue
recitazione delle preghiere di rifugio, offerta ( v. capitoli
precedenti) e si prosegue con la preghiera breve a Tārā, con il
mantra di Vajrasattva e con la pratica dei Sette Rami)
LODE
BREVE A TARA
OM,
Omaggio
alla Nobile Tārā.
Omaggio,
Salvatrice TARE,
eroina
Con
TUTTARE
elimini tutte le paure.
Con
TURE
garantisci tutti i benefici.
Mi
prostro a Te, con il suono SOHA
OM
TARE TUTTARE MAMO AIUGHIANA PUTTAM CURIE SOHA
****
MANTRA
DI VAJRASATTVA
OM
VAJRASATTVA SAMAYA
Om
Vajrasattva Samaya, (a te che incarni la pura energia dell’unione
di Vacuità e beatitudine) prometto di mantenere tutti i sacri
impegni dell’Iniziazione.
MANU
PALA YA
Concedimi
il potere della divina gentilezza colma di amore che mi conduce alla
felicità eterna.
VAJRASATTVA
TENOPA TISHTA DRIDHO
Magnifico
Vajrasattva, indistruttibile, eterno ed immutabile, sii vicino al mio
cuore.
ME
BHAWA
Concedimi
la divina indistruttibile saggezza che comprende la vera natura di me
stesso e dei fenomeni.
SUTO
KAYO ME BHAWA
Stammi
vicino e fai in modo che dentro di me si sviluppi la divina gioiosa
saggezza colma di grande beatitudine.
SUPO
KAYO ME BHAWA
E
possa questa beatitudine svilupparsi perfettamente nel mio cuore.
ANURAKTO
ME BHAWA
Mosso
dalla compassionevole saggezza che trascende ogni dualismo.
SARWA
SIDDHI ME PRAYATSA
Concedimi
completamente tutti i poteri spirituali.
SARVA
KARMA SU TSA ME
Concedimi
tutta la divina saggezza di Vajrasattva.
TSIT
TAM SHRIYAM KURU HUNG
Possa
la tua magnifica divina saggezza operare nel mio cuore-mente
indistruttibili
HA
HA HA HA HO
(Tu
che incarni) le cinque saggezze illuminate (dei cinque Buddha della
meditazione).
BHAGAVAN
SARWA TATHAGATA VAJRA
Benedetto
che incarni tutti i Buddha indistruttibili di Vajra,
MAME
MUTSA
Non
abbandonarmi,
VAJRA
BHAWA
Concedimi
le realizzazioni della natura indistruttibile (di Vajra)
MAHA
SAMAYA SATTVA
Oh,
Essere dal grande impegno,
AH
HUNG PHE
Fammi
diventare uno con Te dalla voce e saggezza divine e distruggi ogni
distrazione.
****
PRATICA
DEI SETTE RAMI
“Oh
leoni fra gli uomini, Buddha passati, presenti e futuri, a quanti di
voi esistono nelle dieci direzioni, mi prostro con corpo, parola e
mente.
Sulle
onde della potenza di questa regina delle preghiere, per i metodi
supremi e sublimi con corpi numerosi come gli atomi del mondo, mi
prostro ai Buddha che pervadono lo spazio.
In
ogni atomo si trova un Buddha che siede tra gli innumerevoli figli di
Buddha; con sguardo fiducioso mi rivolgo ai Vittoriosi che riempiono
l’intero Dharmadhātu.
A
coloro che hanno infiniti oceani di eccellenza, con un oceano di
prodigiosa parola canto lodi alla grandezza di tutti i Buddha: un
elogio a coloro che sono andati nella beatitudine.
Offro
loro ghirlande di fiori, parasoli decorati, musiche piacevoli e
profumi eccelsi; offro a tutti i Vittoriosi lampade al burro e sacro
incenso purissimo.
Cibo
eccellente, fragranze supreme e un cumulo di sostanze mistiche alto
come il monte Meru dispongo in un ordine speciale e offro a coloro
che hanno conquistato se stessi.
Elevo
tutte le offerte impareggiabili con ammirazione per coloro che sono
andati nella beatitudine con la forza della fede nei metodi sublimi,
mi prostro e faccio offerte ai Conquistatori.
Da
lungo tempo, sopraffatto da attaccamento, odio e ignoranza, con il
corpo, la parola e la mente ho compiuto innumerevoli azioni negative.
Ora le confesso tutte senza omissioni.
Nelle
perfezioni dei Buddha, Bodhisattva, Arhat, sul sentiero e nella
potenziale bontà di tutti gli esseri viventi, elevo il mio cuore e
gioisco.
Oh
luci dell’universo, Buddha che otteneste lo stato
dell’illuminazione incontaminato, a tutti voi rivolgo questa
richiesta: fate girare l’incomparabile “ruota del Dharma”.
Oh
maestri che volete mostrare il Parinirvāna, vi prego di restare con
noi e insegnare per tanti eoni quanti sono i granelli di polvere, per
portare gioia e virtù a tutti gli esseri.
Possa
qualunque merito accumulato tramite queste prostrazioni, offerte,
purificazioni, rallegrandomi e chiedendo ai Buddha di rimanere e
insegnare il Dharma, essere dedicato all’illuminazione suprema e
perfetta, affinché, al più presto, io liberi dalla sofferenza tutti
gli esseri.”
****
I
preliminari, detti anche comuni, del Mahāmudrā, del Vajrāyana,
fanno parte dei quattro gruppi di pratiche basilari che qui abbiamo
sintetizzato moltissimo e che sono trattate in numerosi volumi
contenenti dettagliati commentari, ma oggi, nel contesto sociale e
culturale dell’occidente, completamenti inutilizzabili, sono
antichi insegnamenti di alfabetizzazione per bambini ed erano
perfetti nel recondito Tibet. Noi però non siamo né analfabeti, né
scolari delle classi elementari, dobbiamo superare le forme dell’ABC
e scendere nel profondo, in una ricerca seria e autentica di cuore
nuovo.
Il
primo preliminare verte alla generazione della bodhicitta, qualità
indispensabile per aprire la mente - cuore.
Il
secondo consiste nell’accumulazione dei meriti e nell’offerta del
mandala con cui potenziamo le nostre risorse, motivazione espressa
nella preghiera dei sette rami che racchiude tutte le nostre
intenzioni: 1) l’omaggio con la prostrazione che è la pratica
dell’umiltà necessaria per imparare a nutrire rispetto verso gli
altri; 2) l’offerta che è la pratica della generosità; 3) la
purificazione che consiste nel pentimento per le azioni negative
compiute; 4) l’ammirazione che annulla ogni invidia e anzi è una
risorsa per gioire delle qualità altrui; 5) la richiesta di
insegnamenti che sviluppa in noi il desiderio del Dharma; 6) la
preghiera ai maestri desiderio di lunga vita per tutti, 7) la dedica
di ogni bene a tutti gli esseri senzienti.
E’
molto semplice comprendere l’importanza di tali intenzioni nella
legge naturale di causa effetto, tutto ciò che noi auspichiamo di
buono per gli altri diventa automaticamente buono per noi, e se al
contrario nutriamo intenti negativi nei loro confronti tutta questa
negatività ricade pesantemente, e senza sconti, su di noi.
Il
secondo preliminare di accumulazione dei meriti e offerta del Mandala
è fondamentale, assolutamente necessario per arricchire le risorse
interiori.
Nell’offerta
del mandala si parla di quattro territori particolari, come ad
esempio il monte Meru, si tratta di visualizzazioni simboliche
dell’universo la cui forma immaginata può essere trasformata in
terra pura, terra del Buddha. L’immaginazione è tanto potente
quanto inesauribile.
La
pratica quotidiana è il lavoro di trasformazione della terra da
impura e impura, la si ara, semina e nutre, ma nell’offerta
immaginaria del Mandala visualizziamo una terra già purificata, non
c’è bisogno di altro e questa terra pura è la nostra stessa mente
pura, è l’universo del Buddha che possiamo offrire senza limiti.
Nella
visualizzazione di tale naturale purezza ogni cosa si semplifica,
cadono le complicazioni esterne, poiché tutto diviene possibile, non
ci sono barriere, come disse Einstein: “Il
potere dell’immaginazione è più forte della conoscenza”.
Non
a caso il Vajrāyana è la pratica della visualizzazione,
dell’immaginazione, poiché il potere della mente sottile
illimitato.
Il
terzo preliminare, di purificazione, è presentato nel mantra di
Vajrasattva, che non a caso abbiamo ripetuto per tre volte, esprime
il sincero pentimento per depurare le azioni negative del passato,
averne consapevolezza e proporsi di non compierne più nel presente e
nel futuro, avere l’umiltà di chiedere benedizioni per essere
aiutati in questo intento.
Il
quarto preliminare, importantissimo, è la pratica del Guru yoga qui
espressa nella breve recitazione del Mitzema (lode a Lama Tzong
Khapa), della scuola Gelugpa, altri lignaggi hanno preghiere
differenti nella forma, ma il loro concetto è uguale per tutti. Il
Guru yoga originario è unico, universale, e si trova dentro di noi,
è la nostra mente primordiale. Il Guru esteriore è simbolico. Non
dobbiamo mai scordare i tre livelli di tutte le realtà: esteriore,
interiore e segreto.
Il
Buddha primordiale, Vajradhara, è interiore, è la propria mente
originaria, è il proprio Samantabhadra; l’universalmente buono, la
compassione è il proprio Buddha Avalokiteśvara; la saggezza è il
proprio Buddha Mañjuśrī; il coraggio è il proprio Buddha
Vajrapāni; l’azione volta a beneficio altrui è la propria Tārā.
Nulla
è fuori, all’esterno vi è la proiezione generica, comune, ma la
realtà che trasforma è nella profondità di se stessi.
Domanda: Però
a volte è necessario avere anche un guru esteriore per attivare
quello interiore…
Lama: Certo,
il guru esteriore, quello interiore e quello segreto sono
inseparabili, non sarebbe davvero possibile pensare di potersi
riferire soltanto a uno dei tre, la loro qualità è inscindibile.
La
pratica del Guru yoga è importantissima, si fonda sulla visione non
dualistica della mente primordiale è la consapevolezza che si
applica nella quotidianità e che, quando necessario, accoglie la
presenza di un guru esteriore in cui poter porre fiducia.
L’essenziale è mantenere questa unione dei tre livelli esteriore,
interiore e segreto che sono le radici della propria mente
primordiale, o mente sottile.
La
mente grossolana meditando sulla mente sottile, originaria,
primordiale, si unisce ad essa e questo è il modo per ritrovare
quell’indispensabile collegamento tra i due aspetti, grossolano e
sottile che in assenza di consapevolezza avevamo perduto. Soltanto
con la consapevolezza il guru esteriore, interiore e segreto
ritrovano pienamente la loro inscindibile essenza.
I
quattro preliminari sono indispensabili per il percorso di Dharma che
dura tutta la vita, e va ben oltre le indicazioni convenzionali:
recitazione di 100.000 mantra, prostrazioni o altro, questa è solo
formalità, un metodo indicativo volto ad un’essenza ben più
profonda. Nella quotidianità ognuno applica questi strumenti secondo
la propria personalità, formazione e cultura, approfondendone però
il valore intrinseco, uguale per tutti e non fermandosi alla sola
esteriorità.
I
quattro preliminari costituiscono la base per la pratica del
Vajrāyana autentico in cui il cuore purificato è pronto per essere
trasformato illimitatamente in ogni istante della giornata e in
qualsiasi circostanza e relazione.
Nei
preliminari si insiste particolarmente sulla funzione della loro
ripetizione costante e ciò ha un suo significato preciso, intatti è
un mezzo che aiuta a discendere sempre più nel profondo di sé.
Il
primo grossolano errore che i praticanti fanno, soprattutto in
occidente, è quello di credere che tutto possa realizzarsi
magicamente soltanto grazie alla formale e quantitativamente esatta
esecuzione dei mantra, delle prostrazioni e dei vari rituali, ma ciò
è sciocco, superficiale e dannoso, allontana dalla funzione
sostanziale, l’obiettivo è esattamente il contrario, non
soddisfare il raggiungimento di una determinata quantità di atti
nella pratica, bensì concentrarsi sulla qualità di ogni istante
così da addentrarsi sempre più nella propria interiorità autentica
e vitale.
Quante
volte si sente qualcuno dichiarare, tronfio e soddisfatto, di aver
ultimato i centomila mantra o chissà quante prostrazioni, il tutto
registrato scrupolosamente sul libretto dei conti, ma questo è
proprio assurdo, non significa nulla, anzi è pericolosamente
fuorviante. La pratica di Dharma è tanto più potente quanto più è
segreta, non è contabilizzabile e dura tutta la vita.
Domanda: Ritornando
alla pratica dei sette rami, puoi per favore chiarire il concetto di
confessione e di promessa che è diverso dalla nostra cultura?
Lama: Si,
la traduzione nelle lingue occidentali con il termine “confessione”
non è appropriata, in tibetano significa distruggi, taglia,
distruggere, tagliare il karma negativo accumulato, le azioni non
corrette, fare a pezzi l’ego, per questo di suddivide in quattro
fasi, la prima consiste nel ricordare gli errori commessi, la seconda
nel nutrire un profondo pentimento, la terza è la promessa sincera
di non ripetere in futuro tali azioni negative, la quarta è
accettare il proprio limite, i propri errori e volerli purificare.
Questi sono quattro consapevolezze, quattro poteri opponenti:
riconoscimento, pentimento, promessa, purificazione.
In
questo modo si acquisisce una coscienza di sé sempre maggiore, non
solo riguardo agli errori commessi, ma anche relativamente ai
benefici che scaturiscono dalla propria esperienza. Non si tratta
dunque di sognare una cieca, quanto ingannevole, credenza di poter
rinascere in una terra pura perché si è tenuta una rigorosa
contabilità delle pratiche eseguite in modo tecnicamente
impeccabile, bensì è maturare la consapevolezza, giorno per giorno,
dei benefici della pratica stessa, qui e ora, nel proprio essere, la
trasformazione di sé, questa è l’unica autentica pratica.
Domanda: Il
Tong Len come si integra in tutto questo?
Lama: il
Tong Len è la pratica della compassione, della bodhicitta, della
grande compassione, quindi è il primo preliminare in quanto la presa
di rifugio nel Buddha, Dharma e Sangha consiste proprio nel voler
sviluppare la bodhicitta. È la pratica dell’equanimità, della
gentilezza amorevole, dell’amore.
Il
Tong Len è - dare e prendere -, nel “dare” pratica l’amore e
nel “prendere” la compassione. Volendo che tutti stiano bene si
offre loro incondizionatamente ogni nostro bene e questo è amore, e
volendo alleviare la loro sofferenza la si prende tutta su di noi e
questa è compassione. Concentrati sul respiro nell’inspirazione si
prende senza riserve la sofferenza altrui e nell’espirazione si
offre loro ogni nostro beneficio, e lo fa seriamente, concretamente e
non solo metaforicamente.
Quando
si vuole rifuggire dalla sofferenza propria e altrui, nascondendosi
dietro l’affermazione di non poterla sopportare per eccessiva
sensibilità, in realtà si afferma soltanto la potenza del proprio
ego. Se non abbiamo consapevolezza e accoglienza della sofferenza il
nostro ego prende il totale sopravvento, mentre più sopportiamo la
sofferenza più distruggiamo l’ego.
Il
Tong Len è fondamentale per la maturazione di ogni essere umano, per
la conoscenza di sé e della realtà, poiché siamo tutti uguali,
tutti interconnessi e ciò che bene per uno è bene per tutti. Il
dolore inconsapevole sovrasta e distrugge, quello consapevole
arricchisce e illumina.
Domanda: Hai
aperto una finestra, ora comprendo di più la sofferenza del mondo,
perché se noi siamo un’unità, interconnessi, che io sia ne sia
cosciente o no, la sofferenza degli altri comunque la sento sulla mia
pelle, perché siamo uno, ma se non sono consapevole questa
sofferenza globale aumenta a dismisura in me, in voi, in tutti, ed è
questa la tristezza del mondo. Credo che oltre al fondamentale Tong
Len individuale, esista anche un consapevole importantissimo Tong Len
collettivo in grado di alleviare veramente il dolore del mondo, di
contrapporre al male distruttivo un bene costruttivo.
Lama: Tong
Len è la pratica di ogni istante e deve essere applicata con
consapevolezza ininterrottamente nei tre i livelli: esteriore,
interiore e segreto, è la pratica della Grande compassione, del
Bodhisattva. Sembra difficile, ma in realtà è semplice, dura per
tutta la vita, ogni respiro si trasforma in Tong Len.
Ricordiamoci
in ogni istante dell’esistenza, che qualsiasi cosa facciamo deve
svilupparsi consapevolmente nei tre livelli, esteriore, interiore e
segreto, dobbiamo saper osservare noi stessi rivolgendoci al più
grande maestro, quello autentico, il maestro interiore. Con la
meditazione consapevole impariamo a riconoscerlo e ad ascoltarlo
sempre Len.
Sviluppare un Cuore Nuovo
6° Tong
Len e la perfezione del samsāra
Prima
di proseguire in questa comune analisi, ci sono domande?
Domanda: Si,
io ho avuto per tanti anni un maestro, ma evidentemente non
corrispondeva alle mie necessità perché alla fine me ne sono
stancato, non potevo accettare di eseguire pedestremente cose che non
sentivo mie e ho dunque deciso di non affidarmi più a maestri di
nessun genere e di ascoltare solo me stesso, la mia interiorità,
però ora mi accorgo che tutti, in un modo o nell’altro, mi sono
maestri, è possibile?
Lama: Perfetto,
è esattamente così! È l’espressione della gentilezza amorevole
riconoscere l’indispensabile presenza degli altri nella propria
vita che senza di loro sarebbe impossibile, perciò tutti ci sono
realmente maestri gentili, noi siamo tutti uno, una realtà
semplicissima che invece sappiamo complicare nei modi più geniali.
Questo è il samsāra verso cui dobbiamo nutrire grande rispetto
perché è la nostra condizione reale, qui e ora, è la legge
universale. Combattere il samsāra e gli esseri samsārici è la cosa
più negativa e sciocca che potremmo fare. Il sistema della natura è
perfetto come lo è quello samsārico, qui e ora, nella nostra vita
concreta, quotidiana, tutto il resto è soltanto illusione, sogno,
perdita di tempo e di energie. Siamo un’unica cellula, tutti in uno
e uno in tutti.
Intervento: In
questi giorni sono stato a Roma al funerale di una carissima amica, e
quando ognuno, ricordandola, ha detto qualcosa di lei ci siamo resi
conto che tutti sentivamo questa persona come reale parte di noi,
eravamo stati maestri per lei e lei era stata maestra per noi,
veramente siamo uno, inscindibilmente.
Lama: È
molto importante riconoscere questi principi sottili e se ne può
cogliere pienamente l’essenza solo tramite una lunga e profonda
esperienza consapevole. Se non abbiamo questa certezza e ci fermiamo
solo a ciò che vediamo e tocchiamo materialmente, restiamo
inchiodati a un livello talmente superficiale da perdere l’umanità,
dominati e dipendenti dalla pubblicità, dalla tecnologia
sofisticatissima e mutevole, ormai assolutamente incapaci di
comunicare realmente con noi stessi e con gli altri.
Invece
è necessario saper coscientemente andare oltre a quello che ci viene
mostrato, che appare irresistibile materia da conquistare, la stessa
pubblicità, che ci offre l’esteriorità più estrema, nasconde
tutto un mondo non espresso. Dunque, in ogni evento bisogna saper
cogliere ciò che c’è dietro, che va al di là dell’apparente,
che non è evidente, ma ugualmente reale, in questo modo troveremo la
positività sottile presente in ogni fenomeno.
Riprendiamo
dunque il tema di questo incontro, come coltivare un cuore nuovo
nel Tong Len, imparando a trasformare ogni respiro in pratica di
amore e compassione, senza stancarci di ripeterne il fluire scandito
in una discesa sempre più profonda nel sé.
Così
sorge poco alla volta un cuore nuovo, ben diverso da quello consueto
che bruciamo nella superficiale mondanità dell’apparenza, ma per
operare questo mutamento abbiamo bisogno di tutti gli aiuti: del
rifugio e sviluppo della bodhicitta, dell’accumulazione dei meriti
e pratica del mandala, della purificazione e pratica del Vajrasattva
o Guru yoga e sempre a livello tridimensionale, interiore esteriore e
segreto.
L’amore
e la compassione sono la nostra incomparabile salvezza, l’unica
vera risorsa per la vita, per il bene comune, per la concreta
illuminazione, è ciò che arricchisce ogni realtà e, qualsiasi
siano le condizioni esteriori, questa è la felicità.
Adesso
però vi chiedo singolarmente di esprimere le vostre opinioni, di
fare un piccolo riassunto di quanto abbiamo approfondito in questi
due giorni, a voi la parola:
Intereventi: Non
è facile, perché quanto hai detto in questi giorni è talmente
fondamentale e innovativo da richiedere il dovuto tempo di
assimilazione, hai aperto delle finestre ad una visione stravolgente,
importantissima e così diversa dalla consueta interpretazione. Ho
ricevuto ulteriormente il dono della conferma di quanto la
consapevolezza sia irrinunciabile base su cui tutto si fonda, il qui
e ora che vale sia a livello individuale che collettivo. Ogni
pratica, ogni passo hanno un loro preciso significato e, se attuati
con consapevolezza, imprimo davvero significato all’esistenza
umana, qui e ora, in questo preciso momento, una trasformazione del
cuore che deve essere continuamente rinnovata, non è acquisita una
volta per tutte, è ininterrotta. In questa coscienza del senso della
vita si comprende che anche nella sofferenza, nel dolore più
radicale, ci può essere felicità, purché si viva con
consapevolezza ogni istante e al di là del primo apparire. Il Tong
Len, individuale e collettivo, è un grande dono per l’esistenza
umana nel suo vero significato e nella felicità autentica.-
Una
cosa che mi ha colpito particolarmente è la necessità di accogliere
ogni stato, dove c’è il dormire c’è anche il risveglio, e
viceversa, non esiste nessuna condizione ferma, statica, con valenze
diversificate, una non è migliore dell’altra, sono entrambe
necessarie e coesistenti. Importante dunque andare al di là delle
apparenze, cogliere la sostanza profonda, vera. E mi piace molto come
è stato affrontato il tema centrale della compassione, focalizzato
sulla necessaria presenza degli altri nella nostra vita, se manca
questa relazione è impossibile sviluppare in sé la compassione, la
bodhicitta.-
Io
mi sento come una tabula rasa, per cui tutti questi insegnamenti mi
hanno dato molto, anche se al momento faccio fatica a riordinarli
nella mente, ma credo che la consapevolezza che in questo momento ho
riguardo a questa mia confusione sia già un ottimo punto di partenza
su cui lavorare, quanto hai detto è per me un vero stimolo.-
Mi
fa molto riflettere il discorso sulla felicità, che noi
tendenzialmente rivolgiamo sempre all’esterno, mentre è
realizzabile esclusivamente in se stessi, perché è già li. Lo
stesso vale per la consapevolezza, la necessità di vivere il qui e
ora in piena presenza mentale, coscienti di essere un tutt’uno con
gli altri.-
Sono
in piena sintonia con tutto, mi sento realmente parte di quell’uno
e dunque non aggiungo altro.-
Non
è stato discorso tanto semplice, alcuni passaggi per me non sono
così facilmente accessibili, ma ciò che comunque sento con forza è
la potenza della consapevolezza che veramente è in grado di
trasformare e di portare qualità alla vita. Ciò che mi colpisce, e
credo davvero debba essere una nostra forza, è l’importanza del
principio del non dualismo, che vanifica ogni contrapposizione ed
evidenzia come sia inutile tentare di combattere ciò che reputiamo
negativo, mentre nell’accoglimento completo, e dunque non
dualistico della realtà, diventeremo più forti.-
Io
avevo già sentito parlare di questi temi, ma ora ne ho una chiave di
lettura diversa, per me prima era inconcepibile il concetto di
felicità nel samsāra, nel qui e ora, ma se viene intesa come calma
mentale che può accogliere tutto ciò che succede, allora va bene, è
così. In questa nuova dimensione per me è stata molto importante la
visione tridimensionale di qualsiasi fenomeno, esteriore, interiore e
segreto, perché mi aiuta a comprendere come tutto sia davvero parte
di un’unica essenza.-
Nonostante
siano anni che pratico e ricevo insegnamenti ti ringrazio veramente
per questa visione completamente diversa che hai dato, proprio in
relazione al discorso dei tre livelli a cominciare dalla presa di
rifugio. Per prendere rifugio nel Buddha non serve che io mi rivolga
solo al Buddha esteriore, storico, ma devo sempre ugualmente e
inscindibilmente considerare il Buddha interiore e quello segreto e
questo vale per ogni fattore, per il Dharma e per il Sangha. La
parola chiave naturalmente è la consapevolezza, perché se questa è
assente, non si arriva da nessuna parte. La consapevolezza mostra
anche inequivocabilmente come essendo parte dell’uno, non c’è
nulla di separato, si è responsabili direttamente di tutto ciò che
accade, mentre in genere si tende inevitabilmente a scaricare ogni
responsabilità all’esterno. Altro punto importante è stato quello
di poter riconoscere il vero significato della compassione che sorge
dalla costruzione consapevole della relazione umana, dall’essere
parte dello stesso uno.-
Io
ringrazio tutti, sto uscendo da un periodo molto difficile, con una
depressione pesante, ho sempre avuto attenzione ai bisogni di tutti,
ma mai di me stessa, come se io non esistessi, non ero consapevole di
me, e questo mi ha portato davvero a toccare il fondo. Poi ho deciso
di fermarmi, di guardarmi, di prendere realmente coscienza del mio io
e ho cominciato a meditare, grazie anche al prezioso aiuto di questi
amici di Dharma e ora sto davvero riprendendo in mano la mia vita.
Ringrazio tutti voi perché stando qui in questi due giorni ho
sentito, ho capito, che effettivamente siamo uno solo e tutti
insieme, grazie.-
Se
prima era difficile parlare, adesso lo è ancora di più. Davvero non
saprei aggiungere nulla a quanto è già stato detto e spero di poter
introiettare profondamente in me e applicare tutto ciò che ho
ascoltato, in questa nuova visione di sé.-
Mi
è piaciuto particolarmente il discorso sulla felicità, che si
acquisisce nell’imparare ad essere sempre presenti qui ed ora,
lasciando andare tutti i preconcetti e le situazioni sia negative che
positive e trasformare il samsāra, perché effettivamente non c’è
nulla di reale e oggettivo all’esterno, ciò che possiamo e
dobbiamo cambiare è soltanto il nostro cuore, tutto dipende da noi,
sia samsāra che nirvāna, dunque qui e ora il samsāra è perfetto.
Il samsāra che noi percepiamo colmo di insoddisfazione, di
sofferenza, è causato dalla nostra errata focalizzazione che
riconosce soltanto il samsāra apparente all’esterno, posto nel
falso valore dato ai beni materiali, alla tecnologia che sostituisce
sovente la relazione umana. Poi troppo spesso ci dimentichiamo che
siamo un’unica famiglia e atrofizziamo ogni capacità di
compassione.
Uno
dei progetti che abbiamo come Centro di Dharma è proprio quello di
approfondire i tuoi insegnamenti, non solo quelli che dai qui, ma
anche quelli che con grande gentilezza e generosità offri a tutti
nel tuo blog e dunque nei nostri incontri del giovedi cercheremo di
analizzare le finestre e le porte che tu hai aperto, entrando in noi
stessi e guardando fuori. Non vorrei aggiungere altro, ma concludere
con un piccolo regalo, farvi ascoltare alla fine il canto di una
presa di rifugio molto toccante.
Questa
comunicazione tra voi è stata molto bella, ricca e importante, avete
condiviso le vostre esperienze, le vostre realizzazioni maturate in
due giorni di lavoro comune, in questo modo si è veramente unificata
la nostra energia e la pratica e diventata per tutti, per voi e per
me, un ulteriore arricchimento.
Per
me il miglior momento della vita, la felicità, è proprio la
condivisione del Dharma, perciò i miei discorsi non sono mai
formali, né preparati a priori, ordinati, organizzati, ma devono di
volta in volta scaturire spontaneamente, nel preciso momento, secondo
le circostanze, le azioni, l’atmosfera, l’energia.
Questa
è la grandezza del Dharma vivo, condiviso, autentico, qui e ora,
spogliato da ogni sovrastruttura importata da altre culture e tempi
storici, è reale, concreto, è la grande vacuità, il Mahāmudrā,
la vacuità della mente.
Noi
siamo schiavi di una falsa concezione dell’io, lo consideriamo
tangibile, eterno, forte, indistruttibile, e per questo siamo
terrorizzati di fronte alla vacuità della mente, non vogliamo
osservare questo spazio infinito, ma quando, con conoscenza, coraggio
e prudenza affrontiamo direttamente questa paura e guardiamo in
faccia la vacuità della mente, è l’illuminazione.
Questa
è la meditazione più difficile, quanto necessaria, per superare
ogni confusione, ogni paura, ogni sofferenza. Affrontare la paura
della vacuità della propria mente è la prova più grande nel
samsāra, è il nostro Dharma nella vacuità.
Io
ringrazio il Dharma, gli amici di Dharma, di questo Centro, anche qui
tutto è a livello tridimensionale, chiaro. Sapere vivere con
consapevolezza, poter vedere, toccare la realtà nella sua essenza,
andando al di là dell’apparenza immediata, ed entrare nei grandi
valori sottili profondi, è meraviglioso, un costante arricchimento
di sé e degli altri.
Sono
molto contento del lavoro costruito insieme in questo seminario, ben
sapendo che non può fermarsi qui, deve essere rinnovato
instancabilmente ogni giorno è Dharma, ogni giorno si prende rifugio
in Buddha Dharma e Sangha.
Ascoltiamo
ora il canto del rifugio offerto da Luciano, grazie.
(segue
canto)
Grazie,
molto bello, concludiamo dunque con la preghiera di dedica al termine
della sessione di meditazione, e la preghiera di lunga vita al Dalai
Lama:
Preghiere
di dedica al termine della sessione di meditazione
A
causa di queste virtù,
possa
io diventare un Guru-Buddha
e
guidare in questo stato
ogni
essere vivente senza alcuna eccezione.
Possa
la mente preziosa dell'Illuminazione
non
ancora sorta, sorgere e svilupparsi,
e
quella già sviluppata possa non diminuire mai,
ma
accrescersi sempre più.
***
Preghiera
di Lunga Vita per Sua Santità Il Dalai Lama
In
questo paese circondato da picchi nevosi,
Tu
sei la sorgente di ogni felicità e beneficio.
O
potente Avalokitesvara Tenzin Ghiatso,
possano
i tuoi piedi di loto restare saldi (possa tu vivere) fino alla fine
del Samsāra.
KAN
RI RA UE KOR UE SCIN KAN DIR
PEN
TAN DE UA MA LU GIUN UE NE
CEN
RE ZIG UANG TEN ZIN GHIA TZO YI
SCIA
PE SI TE PAR TU TEN GHIUR CIK