Monday, 2 January 2017

LO YOGA TANTRICO











Lo Yoga Tantrico




Geshe Gedun Tharchin





16 - 17 aprile 2016
Gruppo Studi di Buddhismo Tibetano
QUARTU SANT’ELENA - Cagliari











*****









INDICE




Prima sessione
Seconda sessione
Terza sessione
Quarta sessione
Quinta sessione
Sesta sessione






























Prima Sessione

Apriamo questo seminario con le preghiere della triplice pratica quotidiana che io leggerò in tibetano e voi seguirete silenziosamente in italiano e ciò che conta veramente è che tutti le sentiremo nel cuore indipendentemente dalle differenti lingue.
(seguono preghiere in tibetano)

Iniziamo con la lettura in italiano del sūtra del cuore:

Il Cuore della Perfezione della Saggezza”
Il titolo sanscrito è : Bhagavati Prajna Paramita Hridaya

La traduzione italiana di questo testo, con le note, è stata redatta dall’ Istituto Lam Rim di Roma dal testo originale in tibetano e con l’ausilio delle traduzioni inglesi

Così una volta udii:
Il Bhagavan dimorava a Rajagrha, presso il Picco dell’Avvoltoio, con un gran numero di Arhat e un gran numero di Bodhisattva e a quel tempo il Bhagavan era entrato nell’assorbimento meditativo sulla varietà dei fenomeni chiamato “percezione profonda”. In quello stesso tempo, l’arya Avalokitesvara, il Bodhisattva mahasattva, era assorto nella stessa pratica della profonda perfezione della saggezza e vide che anche i cinque aggregati sono vuoti di natura intrinseca.
Quindi, tramite l’ispirazione del Buddha, il venerabile bikshu Śāripūtra si rivolse all’arya Avalokitesvara, il Bodhisattva mahasattva e gli disse: “come deve addestrarsi un figlio o figlia del lignaggio dei Bodhisattva, che desideri impegnarsi nella pratica della profonda perfezione della saggezza?”
Quando fu detto questo, l’arya Avalokiteśvara, il Bodhisattva mahasattva, rispose al venerabile bikshu Śāripūtra e disse: “Śāripūtra, ogni figlio o figlia del lignaggio dei Bodhisattva, che desideri impegnarsi nella pratica della profonda perfezione della saggezza, dovrebbe vedere chiaramente nel seguente modo: dovrebbe vedere distintamente che anche i cinque aggregati sono vuoti di natura intrinseca”.
“La forma è vuota, la vacuità è forma; la vacuità non è altro che forma, la forma non è altro che vacuità. Allo stesso modo sono vuote le sensazioni, le percezioni, le formazioni mentali e la coscienza. Quindi, Śāripūtra, tutti i fenomeni sono vacuità; essi sono privi di caratteristiche peculiari; non sono nati, non cessano; non sono contaminati, non sono incontaminati; non sono incompleti e non sono completi.”
“Quindi, Śāripūtra, nella vacuità non c’è forma, né sensazioni, né percezioni, né formazioni mentali, né coscienza. Non c’è occhio, né orecchio, né naso, né lingua, né corpo, né mente. Non c’è forma, né suono, né odore, né gusto, né oggetti concreti, né oggetti mentali. Non c’è nessun elemento visivo, così fino a nessun elemento mentale fino a includere nessun elemento della coscienza mentale. Non c’è ignoranza, non c’è estinzione dell’ignoranza, e così fino a nessun invecchiamento e morte, e nessuna estinzione dell’invecchiamento e della morte. Allo stesso modo, non c’è sofferenza, origine, cessazione o sentiero; non c’è saggezza, né ottenimento e neppure mancanza di ottenimento.”
“Quindi, Śāripūtra, poiché i Bodhisattva non hanno ottenimenti, si basano e dimorano nella perfezione della saggezza. Non avendo oscuramenti nelle loro menti, essi non hanno paura, ed essendo andati totalmente oltre l’errore, essi raggiungono la meta finale: il nirvana. Tutti i Buddha che dimorano nei tre tempi hanno ottenuto il pieno risveglio dell’insuperabile, perfetta illuminazione, basandosi su questa profonda perfezione della saggezza”.
“Quindi, si dovrebbe sapere che il mantra della perfezione della saggezza – il mantra della grande conoscenza, il mantra supremo, il mantra uguale a ciò che non ha uguale, il mantra che fa tacere tutte le sofferenze – è vero perché non è ingannevole. Si proclama il mantra della perfezione della saggezza:
TADYATHA GATE’ GATE’ PARAGATE’ PARASAMGATE’ BODHI SVAHA
Śāripūtra, così i Bodhisattva mahasattva dovrebbero addestrarsi alla profonda perfezione della saggezza”.
Quindi, il Bhagavan si svegliò dal suo assorbimento meditativo e lodò l’arya Avalokitesvara, il Bodhisattva mahasattva, dicendo che era eccellente.
“Eccellente! Eccellente! Figlio del lignaggio dei Bodhisattva, è proprio così; dovrebbe essere così. Bisogna praticare la profonda perfezione della saggezza proprio così come hai rivelato. Perciò anche i Tathagata se ne rallegreranno”.
Come il Bhagavan pronunciò queste parole, il venerabile bikshu Śāripūtra, l’arya Avalokitesvara, il Bodhisattva mahasattva, insieme all’intera assemblea, inclusi i mondi degli dei, degli umani, degli asura e dei gandharva, tutti gioirono e lodarono ciò che il Bhagavan aveva detto.

Ripetiamo ora il mantra sgranando più volte l’intera mala (rosario):
TADYATHA GATE’ GATE’ PARAGATE’ PARASAMGATE’ BODHI SVAHA

Auspichiamo dunque ogni beneficio per tutti gli esseri e leggiamo il metta sutra.

METTĀ SUTTA

Questo dovrebbe fare chi pratica il bene e conosce il sentiero della pace:
essere abile e retto,
chiaro nel parlare,
gentile e non vanitoso,
contento e facilmente appagato;
non oppresso da impegni e di modi frugali,
calmo e discreto,
non altero o esigente;
incapace di fare ciò che il saggio poi disapprova.

Che tutti gli esseri vivano felici e sicuri:
tutti, chiunque essi siano,
deboli e forti,
grandi o possenti,
alti, medi o bassi,
visibili e non visibili,
vicini e lontani,
nati e non nati.

Che tutti gli esseri vivano felici!
Che nessuno inganni l'altro,
né lo disprezzi,
né con odio o ira desideri il suo male.

Come una madre protegge con la sua vita suo figlio, il suo unico figlio,
così, con cuore aperto, si abbia cura di ogni essere,
irradiando amore sull'universo intero;
in alto verso il cielo,
in basso verso gli abissi,
in ogni luogo, senza limitazioni,
liberi da odio e rancore.

Fermi o camminando,
seduti o distesi,
esenti da torpore,
sostenendo la pratica di Metta;
questa è la sublime dimora.

Il puro di cuore,
non legato ad opinioni,
dotato di chiara visione,
liberato da brame sensuali,
non tornerà a nascere in questo mondo.

Il nostro obiettivo qui e ora è praticare il Dharma, il supremo valore della vita e di tutti i fenomeni, dunque non sarà un compito facile, ma non impossibile.
Il riconoscimento stesso del valore del Dharma è già in sé un prezioso tesoro in tutta la nostra esistenza, il necessario nutrimento al nostro spirito, poiché siamo esseri spirituali, non soltanto fisici, materiali. Negare e non riconoscere il valore dell’anima è davvero tremendo.
La consapevolezza della qualità del Dharma è il requisito che rende la nostra anima vera, anima di Dio, non anima materiale, e per questo la pratica del Dharma è il valore spirituale essenziale, il benessere del cuore umano, la ricchezza senza peso contrapposta a quella materiale la cui gravezza produce effetti collaterali distruttivi, preoccupazioni su come preservarla, diffidenza verso tutto e tutti per il timore che ci venga sottratta.
I beni materiali non sono in sé negativi, possono essere molto positivi, ma la differenza è data dall’attitudine spirituale di chi li possiede.
Riconoscere le proprie capacità, la qualità dell’anima, comprendere il senso della vita, della nascita e della morte, coltivare quotidianamente e far crescere in noi il valore spirituale rende ogni aspetto della nostra esistenza ricco, senza peso e gli stessi beni materiali in questa consapevolezza perdono ogni pesantezza e non rappresentano più un fardello paralizzante.
Non c’è alcuna contraddizione tra materia e spirito, sono entrambi inscindibili costituenti della nostra essenza e solo in questa armonica collaborazione è possibile manifestare la nostra capacità umana e sociale.
Tutti i problemi sia individuali che comunitari sono il risultato della mancanza di questa cooperazione, invece nell’unione inscindibile di materia e spirito l’essere si trasforma nel proprio completo valore, non serve null’altro, tutto si compie al di là del tempo.
Intervento: Einstein ha compreso che pensare il tempo come entità oggettiva è profondamente sbagliato poiché come tale non può esistere e deve essere considerato soltanto in concomitanza con lo spazio. Infatti un minuto di intensa gioia può essere percepito come brevissimo, mentre lo stesso minuto in una condizione di grande dolore appare lunghissimo e dunque tutte le classificazioni che noi diamo sono solo convenzionali e false perché proiettate nel passato o nel futuro. Ciò che è reale invece è esclusivamente quanto avviene qui e ora, nel presente di ogni istante.
Lama: Molto bene. Ora affrontiamo il tema di questo incontro, lo yoga tantrico, chi vuole introdurlo?
Intervento: Facciamo una riflessione sul significato della parola tantra: tan vuol dire estendere e tra è un mezzo, una pratica, una protezione, dunque lo yoga tantrico è espandere la luce qui e ora. Riprendere gli insegnamenti dei Tre Aspetti Principali del Sentiero di Lama Tzong Khapa: la Rinuncia, la Bodhicitta e la Saggezza della comprensione della Vacuità.
Lama: Prima di applicare lo yoga tantrico è essenziale purificare i tre principali canali del corpo, quello centrale e i due laterali tramite la meditazione dei nove cicli di respiro in cui con l’inspirazione si accoglie la luce purificatrice e con l’espirazione si espelle il fumo nero delle impurità. Si inizia inspirando dalla narice sinistra ed espirando dalla destra, per tre volte, poi dalla destra alla sinistra e infine gli ultimi tre con entrambe le narici in cui si visualizza l’inspirazione nel canale centrale e l’espirazione dai due laterali.
(segue respirazione)

I nove cicli di respiro in tibetano sono detti in tibetano rlung-ro sel-wa che significa letteralmente: -espellere dal corpo i venti contaminati- così da ritornare ad un ritmo vitale tranquillo e naturale.
Solitamente siamo sopraffatti dai molti pensieri e dalle relative emozioni con contaminazione dell’elemento vento che diventa in questo modo turbolento e destabilizzante.
Gli antichi testi tantrici indicano come la turbolenza incontrollata dei nostri pensieri e fattori mentali sia direttamente correlata al movimento dei venti.
Ognuno dunque deve trovare l’equilibrio interiore tramite la propria esperienza, gli insegnamenti possono essere utili in quanto apprendimento e indicazione per procedere correttamente, ma la concretizzazione deve essere sperimentata personalmente, il Buddha è sempre stato chiaro su questo punto: -Non credete acriticamente a ciò che vi dico, fatelo solo se ne siete convinti in virtù della vostra diretta esperienza- e queste parole di Buddha, ribadite in tutte le scuole, sono fondamentali.
Controllare la nostra mente, il movimento dei pensieri, dunque implica il controllo del movimento del vento e viceversa, i due fattori sono inscindibili come cavallo e cavaliere che devono percorrere un sentiero.
Per praticare efficacemente i nove respiri è necessario conoscere il proprio sistema psicofisico nella funzione e posizione dei chakra, ma soprattutto sono essenziali la concentrazione, la consapevolezza e la motivazione.
Senza una corretta intenzione ogni azione sarebbe vanificata poiché tutto è strettamente interconnesso.
Lo yoga tantrico è essenzialmente yoga della mente che, al contrario del corpo, è illimitata.
Intervento: Il sistema dei chakra, dei canali e del corpo sottile fu già descritto negli antichi testi induisti i Vedānta, addirittura i canali furono individuati in un numero ipotetico di 74.000 che in realtà indica una quantità incalcolabile, però quelli fondamentali sono i tre indicati da Geshe, quello centrale visualizzato con i colori blu all’esterno e rosso all’interno, quello di destra rosso e quello di sinistra bianco e sono tutti attraversati e correlati dai venti sottili o karmici. I venti vengono essenzialmente catalogati in dieci, cinque principali e cinque secondari e tutti, se non trovano ostacoli, determinano uno stato di equilibrio e di salute psicofisica.
Lama: Molto bene, è importante conoscere questi canali, la mente e il vento sono come il cavallo e il cavaliere e il percorso su cui vanno sono i canali o chakra.
Questa è la mappa generale condivisa da tutte le diverse correnti, la ritroviamo nei vari insegnamenti e nei tantra, ma ogni individuo disegna il proprio percorso, la via non può mai essere rigida, unica e fissa, bensì è flessibile, ognuno è libero di scegliere il sentiero a lui più congeniale, ciò che importa è non perdere mai concentrazione, consapevolezza e motivazione.
I nove giri del respiro, purificando i canali riportano la mente allo stato di naturale di quiete non distratta da fattori disturbanti, nella condizione di avere consapevolmente la visione chiara della propria motivazione e con la forte determinazione di attuarla. Si consolida la fiducia nelle proprie capacità.
Il primo fattore fondamentale dunque è conoscere la propria mente, l’inscindibile correlazione tra cavallo e cavaliere e il secondo è avere consapevole conoscenza del percorso che si vuole intraprendere, perciò è così importante conoscere i canali con la meditazione nella loro realtà spirituale, poiché sul piano fisico, materiale, sono invisibili, intangibili.






Seconda sessione

Questa mattina abbiamo affrontato i punti essenziali per intraprendere la pratica quotidiana insistendo sulla fondamentale necessità di conoscere a livello teorico le motivazioni di ogni gesto, di ogni passaggio, maggiore è tale conoscenza tanto più efficace ne sarà l’effetto.
Un’ampia comprensione della via da percorrere determina un’intenzione, una motivazione, una determinazione potente, fattori essenziali per praticare lo yoga tantrico.
In occidente il termine yoga è stato interpretato e traslitterato in inglese quale meditazione concepita essenzialmente come concentrazione, ma si tratta di una traduzione parziale e non esaustiva.
Nel contesto di questa pratica spirituale la concentrazione che chiamiamo yoga si rifà al suo significato originale che è “unione”, inscindibile unione tra mente e cuore.
Il cammino spirituale non può procedere di un solo passo se vi è divisione tra mente e cuore e la loro unione indispensabile è detta consapevolezza.
La consapevolezza o mindfulness è dunque lo yoga di mente e cuore, è ciò che dobbiamo praticare quotidianamente qualsiasi cosa stiamo facendo, sia nella veglia come nel sonno.
Lo yoga tantrico è unione non solo tra mente e cuore, ma anche tra cavaliere e cavallo, cioè tra l’elemento vento e la mente e tra i canali e le gocce essenziali. L’unione di questi tre elementi psicofisici è praticata con rinuncia, bodhicitta e saggezza della vacuità.
Lo yoga, unione tra mente e cuore, è la meditazione generale tra cavallo e cavaliere, cioè del vento con la mente e anche tra mente e corpo e, procedendo ancora, tra i canali in cui passa il vento e le gocce essenziali. Tutti i tre passaggi si concretizzano nei tre aspetti principali del sentiero: rinuncia, bodhicitta e saggezza che realizza la vacuità.
Il Dharma non è importato da qualche località esotica, ritenerlo qualcosa di esterno è un grande e comune errore, dobbiamo invece saperlo riconoscere in noi stessi, è già insito in noi.
Il Dharma non si compera, non si contratta, è pura generosità, dono gratuito offerto a tutti indistintamente ed è fondamentale riconoscere e comprendere questo valore incommensurabile in se stessi, come dice il Buddha il maestro più importane, ultimo, è quello interiore.
Il valore spirituale che esiste in noi è il vero patrimonio culturale intangibile e riconoscerlo significa realizzare il Dharma, noi invece siamo costantemente distratti nella ricerca di qualsiasi appagamento esclusivamente in cose esterne, tangibili, limitate, corruttibili e questo non può che generare insoddisfazione, senso di incompletezza.
La spiritualità che tende all’infinito, che non ha limiti, è lo yoga tantrico che può realizzare i nostri desideri profondi, veri illimitati. I desideri mondani vissuti unicamente nella dimensione materiale non potranno mai essere compiuti in se stessi, l’unica possibilità per soddisfarli è in unione con il valore spirituale.
In genere quando pensiamo alla pratica assumiamo istantaneamente un’attitudine mentale di tipo negativo, ci poniamo il falso obiettivo di andare contro il desiderio, contro l’attaccamento, contro la rabbia, contro l’odio e così via, ma questo è un errore, non dobbiamo contrastare, ma unire sempre, costruire una pace interiore tra i desideri materiali, le emozioni conflittuali e le proprie capacità spirituali, a questo serve lo yoga tantrico. È il modo per soddisfare le nostre pulsioni costruendo la nostra umanità.
Domanda: Io dico alle persone che la nostra mente è un cavallo selvaggio che deve sempre essere controllato, mentre il cuore è il cavaliere che lo doma, è giusto?
Lama: Giustissimo. Per procedere nell’argomento è bene che facciate ora tutte le domande.
Domanda: Questa meditazione ci porta a una stabilità e a un controllo mentale per poter fare uno yoga più profondo?
Domanda: Io non ho capito bene una cosa: lo yoga è rinuncia, bodhicitta e saggezza della vacuità, e yoga è anche unione dei desideri mondani con la spiritualità, come conciliare rinuncia e desideri?
Domanda: Pensando all’unione della spiritualità e della materialità ho avuto l’immagine del tao, il bianco e il nero perfettamente equilibrati nel cerchio, è così?
Domanda: Nel momento in cui l’attaccamento è soddisfatto nell’unione con i valori spirituali, l’attaccamento non c’è più, è definitivamente superato?
Domanda: Il tantra è trasformazione non solo spirituale, ma anche nella capacità di lavorare sul corpo, con i chakra per poter trasformare le emozioni?
Lama: Vero, tutto è nel processo di trasformazione che non deve tradursi in una conclusione, in una decisione, ma per indurci a riflettere, a porci le giuste domande. È inutile tentare di trovare una risposta seppur temporanea, meglio ricercare ininterrottamente, soprattutto se stessi. Non cercare risposte nell’esperienza o nelle parole altrui, ma in se stessi, così ha fatto Buddha che ha avuto come unico testimone la madre terra, la natura.
Io posso rispondere parzialmente alle vostre domande, va bene, ma non avrete in nessun caso una risposta definitiva, l’importante è la ricerca ininterrotta, io stesso sono ancora in ricerca di tutto ciò di cui abbiamo parlato nei vari incontri: yoga, tantra, mantrayana, vajrāyana, divinità, iniziazioni, benedizioni…
La ricerca è fondamentale per costruisce la fiducia interiore, con la giusta domanda si ha la risposta, non nelle parole, ma nella concreta realizzazione interiore.
Domanda: Come si può sublimare la rabbia?
Intervento: Ci si arrabbia perché si hanno aspettative, si vuole qualcosa da qualcuno e si resta disillusi, se non si hanno aspettative non ci può essere nemmeno rabbia.
Intervento: La sublimazione è essenzialmente un processo alchemico, si ha la dissoluzione di un qualcosa, e affinché questo possa avvenire intervengono diciannove strutture cerebrali e non è affatto semplice trovare il giusto coordinamento tra le stesse, usiamo questo termine impropriamente, spesso è impossibile sublimare.






Terza sessione

Il sentiero che desideriamo percorrere è molto importante, certamente è difficile eppure al contempo anche facile perché non dipende da fattori esterni, ma soltanto dalla nostra mente e lo yoga tantrico è lo yoga della mente, in unione di corpo, mente e parola.
Noi siamo esseri psicofisici dipendenti dai cinque aggregati: - forma, sensazione, percezione, fattori mentali, coscienza - e la relazione armonica tra essi determina la condizione della nostra esistenza che agisce nei tre livelli, azione del corpo, azione della parola, azione della mente e tutte devono correlarsi nella loro inscindibile interconnessione.
Se vi è divisione tra le tre azioni si crea uno squilibrio corrispondente nei cinque aggregati che determina uno stato esistenziale superficiale e distratto, non yogico e dunque l’unione armonica delle azioni è fondamentale.
Lo yoga non è fare qualcosa di particolare, è semplicemente vivere nell’equilibrio, dell’unione armonica di corpo, parola e mente, significa trasformare la comune esistenza in straordinaria anche se esteriormente non appare nulla di diverso, le attività quotidiane procedono come sempre, ma contemporaneamente si vive segretamente nell’altra dimensione, quella spirituale.
Il segreto del tantra è questo, è un patrimonio invisibile, se fosse palese non sarebbe tantra, sarebbe comune e mondano, ma il sentiero tantrico, o mantrayana, o vajrāyana si sviluppa nel segreto, nella profondità silente del cuore ed è indistruttibile come diamante.
Questo è ciò che dobbiamo cercare, anche il valore più piccolo deve essere custodito come tesoro prezioso nell’invisibilità e questo permette di vivere nel quotidiano in modo pienamente normale, ma gentile, armonico, sereno, generoso.
La generosità è il valore della legge naturale, osservate la bellezza della natura, questo mare, questi alberi, tutto ci è dato senza chiedere nulla in cambio, è pura armonia e noi dobbiamo altrettanto agire secondo questa legge naturale, essere generosi è fondamentale non solo per il senso stesso dell’esistenza, ma per un’esistenza di autentica gioia ed equilibrio.
Questa è autentica via, non il rincorrere chissà quali complessi veicoli tantrici pensando erroneamente di poter superare con un unico balzo ogni limite. Il valore tantrico spirituale è segreto, nascosto in un’esistenza normale, serena, equilibrata e l’unione di questi due aspetti non può mai essere scissa, sono come contenitore e contenuto, come cavallo e cavaliere che devono essere addestrati in sincronia, come inscindibile legame tra mente e cuore, questa è la base della meditazione equilibrata.
Così come la mente è articolata su più livelli: grossolano, sottile e molto sottile, lo sono altrettanto i nostri venti, ed è reciproca e determinante in entrambe le direzioni l’azione tra mente e vento grossolano, tra mente e vento sottile e tra mente e vento molto sottile.
Non è facile spiegare questi passaggi vero?
La mente del vento grossolano è ciò che respiriamo tutti i giorni con il peso di un sovraccarico di pensieri; la mente del vento sottile agisce nella coscienza del subconscio e si palesa soprattutto nel sonno, nel sogno; la mente del vento più sottile porta ad una coscienza che si rivela soltanto nella mente di Chiara Luce.
A livello grossolano siamo costantemente bombardati dai pensieri che possono indifferentemente essere positivi, negativi o neutri e dal punto di vista del Mantrayāna tantra tutti questi pensieri devono essere abbandonati, non rafforzati con contrapposizioni volontaristiche, ma semplicemente lasciati andare senza afferrarli in alcun modo.
In una visione rigida tutti i pensieri sono considerati ostacoli da superare, mentre in quella più morbida si ipotizza anche la possibilità che questa turbolenza possa essere trasformata in mezzi abili che permettono di aumentare il valore spirituale.
I tre maggiori ostacoli sono le tre emozioni negative più devastanti: attaccamento, rabbia e odio, ignoranza. Secondo alcune scuole ignoranza e attaccamento non possono mai essere trasformati in positivi, devono essere abbandonati, invece nell’interpretazione del tantra segreto Mantrayāna anche questi due impedimenti possono essere convertiti in mezzi abili per la conquista di ulteriori valori spirituali.
Come mutare l’attaccamento in mezzo abile al fine di accrescere il proprio valore spirituale? È necessario, nella pratica tantrica, penetrare negli invisibili punti energetici del corpo fisico proprio tramite l’attaccamento, i desideri, ma con la conoscenza e la saggezza.
La pratica tantrica tibetana si classifica in quattro modalità:
Kriyātantra, dell’azione;
Caryātantra, della condotta, cioè l’equilibrio tra le attività esteriori con il raccoglimento meditativo;
Yogatantra, della meditazione o pratica interore;
Anuttarayogatantra, della meditazione suprema, detta anche unione insuperabile.
Nel kriyātantra si utilizzano le emozioni di attaccamento, rabbia, desideri, quali mezzi abili per espandere la pratica spirituale tramite l’uso della sensibilità umana.
Anche gli altri tre agiscono su queste emozioni, ma con approfondimenti differenti di altri aspetti della pratica in base alle particolari attitudini e necessità di ogni persona. Qualsiasi modalità è ugualmente valida per l’individuo.
Una regola per me davvero irrinunciabile è quella di non forzare mai la propria personalità o le proprie necessità spirituali, ma di calibrare qualsiasi modalità di pratica proprio in sintonia con queste attitudini.
Il kriyātantra enfatizza l’attività di purificazione e cura del proprio corpo e dell’ambiente esteriore, pulendo perfettamente e decorando con fiori ogni giorno il luogo di culto.
Il caryātantra enfatizza la necessità di praticare l’etica, la generosità, la pazienza e unisce queste attività con la meditazione.
Lo yogatantra enfatizza la meditazione che può avere oggetti diversi, visualizzazioni e focalizzazione esteriori, ci si può concentrare sulle lettere dei mantra, sui simboli, sul fiore di loto, sul sole, sulla luna, su immagini di divinità. Ognuno deve utilizzare o meno qualsiasi oggetto, non c’è regola, si deve ascoltare la propria attitudine e capacità e tutto deve essere fatto a piccoli passi, non c’è scorciatoia possibile.
L’anuttarayogatantra infine è una meditazione suprema che apre il cuore all’unione insuperabile.
Tutti i quattro aspetti dello yoga tantrico costituiscono un’unità di mezzi abili che utilizzando le nostre emozioni permettono di espandere il nostro valore spirituale poiché in ognuna di queste quattro caratteristiche tantriche vi è un particolare e diverso livello delle stesse, dell’attaccamento ad esempio.
Possiamo dunque addestrarci a utilizzare ogni grado di attaccamento, iniziando da quello più banale, minimo e soltanto quando si è pienamente in grado di usare il mezzo abile che questa emozione richiede possiamo passare alla fase successiva, affrontando ed esercitandosi con un attaccamento già più ponderoso e così, di passo in passo, riusciremo infine a controllare completamente qualsiasi livello di attaccamento.
Tutti i nostri sensi producono attaccamento che con addestramento costante viene trasformato in energia con cui espandere il valore spirituale.
A questo punto ognuno deve chiedere a se stesso: cos’è il valore spirituale? come utilizzare l’attaccamento quale mezzo abile senza produrre effetti collaterali?
Il valore spirituale è molto delicato, segreto, intangibile e necessita di un’immensa intelligenza umana che porta ad autentica fiducia in se stessi, nelle proprie capacità.
Già a livello teorico dobbiamo avere consapevolezza della grandezza di questa costruzione che non può in alcun modo comparire miracolosamente, ma deve essere edificata con pazienza, lentamente, mattone dopo mattone nella propria interiorità.
Invece si preferisce coltivare l’illusione di conquistare il nirvāna con immediatezza, senza reale sforzo e impegno personale, semplicemente affidandosi ai rituali tantrici, certamente affascinanti, ma che, se non supportati dal lavoro costante su di sé, rimangono pura coreografia su cui non si costruisce nulla, anzi questo è il modo per vanificare totalmente l’insegnamento del Buddha.
Domanda: Un modo per utilizzare l’attaccamento potrebbe essere la non identificazione?
Lama: È bene porsi questi interrogativi, sapendo però che ciò che conta non è la risposta, ma la continua domanda nella via della ricerca interiore. Non serve che io ti risponda, Buddha ha già spiegato tutto, eppure il quesito non ha trovato soluzione, ognuno deve cercare le risposte in se stesso. La non identificazione è importante, il primo passo è non creare effetti collaterali e il secondo sviluppare il valore spirituale.
Intervento: Credo che ora ci servirebbe un momento di meditazione su questo ultimo argomento, perché è qualcosa che va al di là del pensiero consueto e necessita una profonda riflessione.
Intervento: Condivido questa impostazione poiché il termine stesso - tantra - ha la stessa origine della parola tanto, ed entrambe sono dimensioni non raggiungibili da chiunque. Io credo che il tantra sia la via più rapida per raggiungere la suprema illuminazione, ma è una via che ha dimensioni profondamente nascoste e molto elevate e se non si è preparati e pronti è reale il pericolo di perdersi.
La via tantrica non è percorribile da tutti, è certamente più sicura la via dei sūtra. Abbandonare gli attaccamenti è molto bello, ma per farlo in modo giusto, senza peggiorare la situazione è necessario aver pienamente capito la vera natura dei fenomeni ed è necessario avere piena consapevolezza che quando si è realmente abbandonato tutto si può fare affidamento unicamente sulla propria mente, esservi totalmente concentrati.
Intervento: Alcuni studiosi affermano che il Buddha non ha insegnato nulla di tantra.
Intervento: Non è esattamente così, perché molto dipende dalle diversità linguistiche con cui sono stati dati gli insegnamenti trascritti poi nel canone pali dai discepoli che li ricordavano a memoria in quanto il Buddha non ha lasciato nessun documento scritto. Dunque ogni parola deve essere attentamente interpretata, perché contiene, al di là dell’espressione evidente, un profondo significato nascosto che si sarebbe rivelato soltanto a coloro in grado di comprenderlo e certamente non accessibile a tutti.
Lama: Ci sono infinite domande, ma non risposte che possano essere date dall’esterno, soltanto dentro di noi le possiamo cercare.
Comunque in tutti i testi tantrici si ribadisce che per raggiungere la liberazione è necessario vivere nel mondo senza abbandonare gli impegni terreni e i desideri trasformandoli in mezzi abili, ma mi rendo conto che per la nostra mente questo discorso che dovrebbe essere approfondito lungamente è molto difficile da assimilare.
Il tantra è una via mistica e non può essere valida per tutti, anzi può diventare un ostacolo davvero pericoloso se non si ha la capacità di comprenderla pienamente, per questo il Buddha raccomanda di seguire con umiltà e coscienza il proprio percorso, passo dopo passo, livello dopo livello, secondo le proprie possibilità e capacità. Non a caso tutti gli insegnamenti buddhisti parlano sempre di tre livelli corrispondenti ad altrettanti tipi di persone.
Oggi l’argomento non è stato facile, ma c’è ancora molto da dire, facciamo dunque una breve pausa.




Quarta sessione

Oggi abbiamo parlato molto e questo è un vero percorso di ricerca per me e così spero possa essere anche per voi, un cammino iniziato qui, ma che ognuno continuerà ad approfondire nella propria interiorità.
E dopo tante parole ora meditiamo insieme sulla vacuità, la visione più elevata nella filosofia buddhista, la potenzialità dell’energia dinamica in ogni pratica.
Leggiamo tutti insieme il sūtra del cuore
(segue lettura)

E ora meditiamo silenziosamente sul significato del mantra del sūtra del cuore, sull’essenza della vacuità.
(Segue meditazione guidata:)

Facciamo spazio interiore alla vacuità di tutto l’universo, compresi noi stessi, nella nostra natura umana con la consapevolezza del Dharma universale, valore di tutti i fenomeni, il nostro cuore si trasforma nella bodhicitta.
Siamo un’unità con l’intero universo.
Ritorniamo ora lentamente alla situazione di risveglio vigile restando ancora qualche minuto nel silenzio interiore.
Lo yoga tantrico trasforma la nostra esistenza nella purezza della vacuità, in unione con l’universo nella realtà ultima dei fenomeni, non c’è separazione alcuna.
Possiamo fare esperienza di questa unione ed è beatitudine, dono infinito.
Offriamo dunque questa ricchezza interiore, il valore infinito di tutti i fenomeni a tutti gli esseri che non ne hanno avuto esperienza.
Domani continueremo ad approfondire il discorso su questo yoga supremo.
Grazie per la vostra pazienza.






Quinta sessione
Oggi parleremo della Prajñāpāramitā, Prajñā significa saggezza e pāramitā trascendenza, quindi tratteremo della saggezza trascendente che realizza la realtà ultima in una dimensione di mondo che va oltre l’ordinario, però ciò non significa assolutamente la negazione del mondo comune, bensì l’arricchimento della visione in modo non dualistico, integrato e complementare.
La negazione del livello comune per privilegiare soltanto quello superiore sarebbe un gravissimo errore, causa di peggioramento e riduzione della necessaria ampia visione.
La pratica di Dharma non è mai dualistica e stabilisce il perfetto equilibrio tra il nostro vivere nel mondo ordinario, pratico, con parallela evoluzione sul piano trascendentale e proprio questa armonia si realizzata nella Prajñāpāramitā.
La Prajñāpāramitā è la visione ultima della bodhicitta, abbraccia tutto l’universo senza alcuna esclusione e con questa visione noi diveniamo realmente unità con l’universo stesso.
Nāgārjuna espresse questi concetti nei primi versi della stanza della saggezza, testo tradotto come: “I versi della saggezza della via di mezzo”. Il testo in italiano, edito da Mondadori, è stato tradotto direttamente dal sanscrito dal prof. Raniero Gnoli direttore del Dipartimento Studi Orientali dell’Università La Sapienza di Roma.
Nāgārjuna esordisce indicando che ogni cosa è frutto della natura interdipendente e non esiste né nascita né cessazione né fine né eternità nel senso di staticità, non c’è venire e non c’è andare, non c’è separazione e nemmeno unione, non c’è né creazione né distruzione. Questa è la suprema pace.
Il Buddha ha insegnato che tutto è realizzato nella natura interdipendente dei fenomeni in cui decadono tutte le costruzioni mentali dualistiche che sono la causa prima di ogni nostra sofferenza.
L’interdipendenza realizza la vacuità e tutte le altre interpretazioni che sono state date a questo termine, vuoto, nulla, sono fuorvianti e sbagliate, la vacuità è l’esistenza della natura dell’interdipendenza.
Tramite la conoscenza, la realizzazione della natura dell’interdipendenza si giunge alla realizzazione della natura della vacuità ed entrambi gli aspetti hanno la stessa natura, non possono essere scissi in una concezione dualistica. Noi siamo universo e l’universo è noi, questo è il miracolo della bodhicitta.
La bodhicitta non è emozione, passione, ma semplicemente capacità di vivere nella perfetta realtà dell’universo, inseparabile da noi e in tale visione la realtà convenzionale e la realtà ultima sono unità, la via della liberazione, della via di mezzo.
Dunque l’essenza dello yoga tantrico, non è l’applicazione di rituali, iniziazioni, o altre esteriorità, è semplicemente la pratica dello yoga della Prajñāpāramitā, il sūtra del cuore.
Senza Prajñāpāramitā non esiste niente, non c’è via, né breve, né lunga, né rapida Tutto è :
TADYATHA GATE’ GATE’ PARAGATE’ PARASAMGATE’ BODHI SVAHA”
Che significa il primo Gate?
Risposta: Significa: andato verso il secondo sentiero della preparazione.
Lama: Il significato del mantra, “gate” significa semplicemente “porta”. Quindi il significato vero è entrata: la prima riguarda il sentiero dell’accumulazione di meriti; il secondo gaté è l’ingresso al sentiero della preparazione della realizzazione della vacuità; il terzo, paragaté, è l’entrata per la completa diretta realizzazione della vacuità; la quarta porta, parasamgaté, è il sentiero della meditazione sulla diretta realizzazione nella vacuità, la realtà ultima.
Tutte le vie della Prajñāpāramitā sono ugualmente valide nella pratica di coloro che seguono sia il sentiero della liberazione individuale, degli Arhat i Buddha uditori, come quello dei Buddha solitari e, infine, di coloro che prediligono la via del Bodhisattva e perseguono l’illuminazione tramite la realizzazione della bodhicitta, i Buddha completi.
La differenza tra i percorsi consiste unicamente nella differente motivazione personale.
Ci sono tre tipi di Buddha: I Buddha uditori, i Buddha solitari e i Buddha completi e tutti seguono ugualmente i sentieri della Prajñāpāramitā perché senza la realizzazione della vacuità non è possibile accedere a nessuna porta.
E come si può realizzare la vacuità in ognuno di questi livelli?
Il primo passo, necessario per tutti, è la realizzazione della rinuncia, termine che in tibetano intende l’autentica intenzione del desiderio a raggiungere la propria liberazione dal samsāra. La rinuncia non riguarda solo il piacere, ma anche la sofferenza, concerne tutto.
La rinuncia comprende sempre la compassione e nel cammino dei Bodhisattvayana è necessario il grande cuore che, sulla base della rinuncia, realizza la bodhicitta che desidera l’illuminazione completa al fine di essere di beneficio a tutti gli esseri senzienti.

Intervento: Il sanscrito nasconde anche un altro segreto perché quel -GA- iniziale significa origine e con il TE: dall’origine verso, quindi indica esattamente un’entrata.
Lama: Dunque per entrare nel sentiero del Prajñāpāramitā occorre la rinuncia e la compassione e nel Bodhisattvayana la bodhicitta, e in tutti è necessaria la realizzazione della vacuità, che è unica e priva di diversificazioni.
Domanda: Ma che significa rinuncia? perché di fronte alla sofferenza concreta presente nella vita di tutti i giorni, è ovvio che ci rinuncerei volentieri, ma la sofferenza è li presente, concreta.
Lama: Certo, è la difficoltà della vita quotidiana, ma volendone approfondire il significato dal punto di vista di Dharma, cerchiamo di sviluppare le capacità spirituali che ci consentono di rinunciare a questo dolore aprendoci le porte ad altre dimensione della vita con la forza della grande compassione e dell’amore, solo in questo modo è possibile trascendere la propria individualità.
Ma in qualsiasi circostanza è estremamente difficile stabilire a priori come affrontare teoricamente i problemi, è sempre necessario trovarsi nella situazione concreta.

Grazie.

Sesta sessione
Ci troviamo qui insieme nella pratica di Dharma con la consapevolezza della Prajñāpāramitā, la saggezza che trascende la sofferenza, il samsāra, in quanto permette l’accesso a una dimensione superiore pur rimanendo nella pienezza della vita quotidiana.
La sofferenza non è cancellata da questa saggezza, ma vissuta in una visione completamente diversa, superiore.
Il mantra del sūtra del cuore esprime chiaramente questa completezza, supera ogni sofferenza, ogni dualismo e vede la realtà nella sua verità. Rileggiamo questo paragrafo:
Quindi, si dovrebbe sapere che il mantra della perfezione della saggezza – il mantra della grande conoscenza, il mantra supremo, il mantra uguale a ciò che non ha uguale, il mantra che fa tacere tutte le sofferenze – è vero perché non è ingannevole.”
La Prajñāpāramitā trascende ogni sofferenza, che non è solo il dolore, ma il peso stesso della vita samsarica.
Invece noi, ordinariamente spendiamo un grande energia per ottenere l’effimero godimento del samsāra, cadiamo nell’inganno di considerare piacere ciò che è in realtà la più pesante e pericolosa natura di sofferenza che ci tormenta dalla nascita alla morte, ininterrottamente.
Senza saggezza trascendente siamo inesorabilmente perseguitati, nella veglia come nel sonno, dai desideri del piacere samsarico che si manifestano in ogni forma, negli oggetti, nello stile di vita, nelle amicizie, in tutto.
Il mantra della Prajñāpāramitā trasforma invece questa energia facendola diventare risorsa per la crescita del valore spirituale.
I cinque sentieri della Prajñāpāramitā, di cui abbiamo parlato questa mattina, sono dunque validi per tutti i tre tipi di Buddha, Uditori, Solitati e Bodhisattva e sono: accumulazione, preparazione, visione, meditazione e completezza dello stato di buddhità.
La Prajñāpāramitā è la saggezza che realizza la realtà della vacuità della natura interdipendente dei fenomeni.
Ad esempio l’amicizia è armonia perché è una sana relazione interdipendente, mentre l’attaccamento, l’odio, la gelosia è l’ostacolo che crea sofferenza in quanto non ha coscienza della vacuità interdipendente e si perde in una completa confusione.
La natura interdipendente basata sulla vacuità con la motivazione di rinuncia, compassione, bodhicitta è pura e perfetta unità, perfetta armonia, è il cammino verso la libertà.
Lo yoga tantrico è costituito da molteplici aspetti, alcuni più esteriori, visibili nella forma ed altri sostanziali, interiori, e tutti sono inclusi, ma la vera energia, la sua essenza profonda e fondamentale è nella Prajñāpāramitā, la perfezione della saggezza che è la natura dell’interdipendenza in unione nella vacuità.
Nella realizzazione di rinuncia, bodhicitta e saggezza la pratica dello yoga tantrico diventa potentissimo poiché induce la trascendenza dal samsāra in modo chiaro, decisivo, vero, mentre senza queste tre realizzazioni sarebbe unicamente la forma di una rappresentazione esteriore, spettacolare e sterile.
Domanda: Chiederei a Graziella che ha approfondito particolarmente il tantrismo e ha avuto grandi maestri di condividere con noi la sua esperienza.
Risposta: Penso che in tutti noi ci sia il desiderio di avvicinarsi al tantra pensando che sia una via velocissima che trasformi quasi per magia la nostra mente e quindi, nel vortice di questa illusione ignorante, ho preso moltissime iniziazioni che però, non essendo io preparata, sono rimaste a livello superficiale. Poi ho capito che per me il tantra era la via per ritornare indietro e ricominciare daccapo analizzando profondamente il cammino dell’amore, perché solo in questa potevo comprendere profondamente i percorsi meditativi del tantra e camminare verso l’autentica gioia nell’essenza più sottile per poter sviluppare la mente di bodhicitta.
Come dice Geshe-la il tantra è una via veloce e rapida, ma per poterla percorrere è necessario aver fatto prima tutto il lavoro di preparazione e trasformazione profonda e positiva di tutte le energie in noi, anche le più negative. Questa è la grande potenzialità di questo metodo in cui emergono i corpi più sottili anche se non visibili materialmente, ma nello stato contemplativo della meditazione.
Nel buddhismo tibetano ci sono percorsi meditativi di approccio a tante divinità, anche quando rappresentate in forma irata possono incutere paura e sono importantissimi in quanto ci fanno prendere coscienza che queste rappresentazioni non sono altro che la visualizzazione di tutte le nostre emozioni, di ciò che siamo e, nella trasformazione interiore con presenza mentale questi percorsi possono aiutarci moltissimo nella visone della realtà come mandala, terra pura. Nella contemplazione in unione con queste divinità, con la nostra essenza dunque, sperimentiamo, anche se per pochi istanti, l’essere divino che è in noi in autentica, indistruttibile gioia.
Allora la domanda che dovremmo porci, con estrema onestà e consapevolezza dell’impegno che comporta e in cui non ci sono scorciatoie è: - quanto siamo disposti a rischiare, a intraprendere un sentiero così complesso, ricchissimo, ma altrettanto pericoloso?
Intervento: Per praticare il tantra bisogna essere molto preparati, maturi e consapevoli perché è un percorso in sé davvero meraviglioso, ma ugualmente rischioso e che facilmente può degenerare in qualcosa di molto negativo. Non può essere avvicinato con superficialità o fraintendimenti sul reale significato di ogni aspetto. Il tantra permette di gestire un potere enorme che corrisponde ad altrettanta responsabilità nei confronti di se stessi e degli altri, ed è dunque estremamente facile cadere nella presunzione di onnipotenza, di infinito, sottile, quanto devastante orgoglio e prevaricazione. Il tantra può essere realizzato solo in estrema purezza, lo stesso uso della mondanità o della sessualità deve essere accolto in tale dimensione, altrimenti ci si può fare molto male e soprattutto farlo ad altri. È facilissimo cadere in precipizi devastanti, per praticarlo occorre maturità e consapevolezza profondissime e il lavoro di preparazione nella purezza della mente è presupposto irrinunciabile. Io mi sono avvicinato al tantra in gioventù, pensavo di essere pronto, ma non lo ero affatto e se potessi tornare indietro non lo farei più, sarei infinitamente più cauto e prudente.
Lama: Grazie per queste vostre importanti testimonianze che hanno completato ogni aspetto.
Io vi ho presentato il tantra nel suo aspetto sostanziale della Prajñāpāramitā, la unica risorsa infinita è la realtà dell’interdipendenza che immersa nella vacuità rende tutto possibile: la vera libertà, la completa buddhità, il superamento di tutte le sofferenze, pur senza eliminarle, del samsāra pur vivendolo, senza combatterlo. Nella realtà della vacuità, dello spazio infinito, siamo tutti uno, siamo universo, questo è il nirvāna
Lo yoga della Prajñāpāramitā apparentemente non modifica in nulla le nostre comuni attività quotidiane, ma tutte sono profondamente trasformate a livello superiore nella trascendenza non dualistica, vi è perfetta armonia, ogni conflitto, ostacolo e sofferenza è superato.
Essere nel nirvāna non significa permanere in uno stato di ebbrezza perennemente in estasi, affatto, è vivere pienamente qui nel samsāra, ma con la capacità della buddhità.
Meditare nella Prajñāpāramitā è lo yoga tantrico, questa è la mia visione e sono veramente contento di averlo potuto presentare a voi, perché tutti insieme siamo costantemente in ricerca, mai fermi nella certezza di opinioni statiche.
È così giunto il momento per meditare insieme.

(segue meditazione guidata:)

Sediamo completamente rilassati e seguiamo il ritmo naturale e profondo del respiro.
La mente è vuota di pensieri.
Trasformiamo il corpo nella forma di spazio, come corpo sottile apriamo il chakra, il canale di corpo e mente all’elemento vento.
Nel chakra del cuore immaginiamo il cuscino di loto nella visualizzazione dei dischi di luna e sole, la natura di rinuncia, bodhicitta e saggezza.
Sul disco di luna visualizziamo il mantra della Prajñāpāramitā: “GATE’ GATE’ PARAGATE’ PARASAMGATE’ BODHI SVAHA” di colore bianco e ruotante da sinistra verso destra nella natura dell’unione di saggezza e compassione.
Da questo mantra sorgono i cinque colori di luce che riempiono tutto il corpo purificandolo da ogni ostacolo e trasformandolo in corpo di limpida luce nello spazio infinito.
Questo corpo così trasformato nella sua essenza divina diviene una infinita risorsa di gioia e felicità a beneficio di tutti gli esseri senzienti.
Lentamente ora dissolviamo nello spazio il corpo e la mente divini, il mantra, e dallo spazio ritorniamo allo stato naturale, umano carichi di nuove energie, serenità, gioia e intelligenza.
Conserviamo nel cuore, senza mai dimenticarla, l’essenza della Prajñāpāramitā, la consapevolezza dell’unione tra saggezza e compassione. Questa sarà la natura del nostro cuore per sempre.

Concludiamo dunque questa meditazione leggendo tutti insieme con il cuore dell’unione di saggezza e compassione:


Il fondamento di tutte le buone qualità
Je Tzong Khapa

I maestri spirituali, gentili e venerabili, sono il fondamento di tutte le buone qualità.
Comprendendo che affidarsi a loro è la radice del sentiero,
Vi prego beneditemi affinché io possa seguirli con grande rispetto e sforzo intrepido.

Una vita umana dotata di agi si ottiene una volta sola.
Comprendendo che ha un grande valore ed è difficile da ottenere,
Vi prego beneditemi affinché io possa produrre incessantemente la mente conscia della sua preziosità e rarità, giorno e notte.

Il nostro corpo e la nostra vita vacillano come una bolla d’acqua,
ricordati della morte perché moriamo così velocemente.
Dopo la morte gli effetti del karma nero e bianco ci seguono come un’ombra segue un corpo.

Essendo certo di ciò,
Vi prego beneditemi perché io possa sempre stare attento e abbandonare anche la più piccola azione negativa e completare l’accumulazione di ogni virtù.

Non c’è soddisfazione nel godere dei piaceri mondani, sono le porte di tutta la sofferenza. Avendo realizzato che il difetto delle perfezioni samsariche è che su di loro non si può fare affidamento,
Vi prego beneditemi perché io possa costantemente concentrarmi sulla beatitudine della liberazione.

Questo pensiero puro di ottenere la liberazione produce grande coscienza presenza mentale e consapevolezza,
Vi prego beneditemi perché io possa intraprendere la pratica del pratimoksa la radice della dottrina.

Avendo visto che tutti gli esseri, mie madri, sono caduti come me nell’oceano dell’esistenza ciclica,
Vi prego beneditemi perché io possa addestrarmi nella bodhicitta,
assumendomi l’obbligo di liberare tutti gli esseri migratori.

Generare solo l’aspirazione senza coltivare le tre pratiche morali non conduce all’illuminazione.
Avendo realizzato ciò,
Vi prego beneditemi perché io possa praticare con sforzo intenso i voti dei conquistatori e dei loro figli spirituali.

Acquietando la distrazione rivolta agli oggetti falsi e analizzando il significato della realtà,
beneditemi perché io possa velocemente generare il mio flusso mentale,
il sentiero che unisce calma dimorante e visione speciale.

Quando, addestrato nel sentiero comune sarò diventato un recipiente adatto,
beneditemi perché io acceda facilmente al grande sentiero per i fortunati,
il Vajrāyana, il più alto di tutti i veicoli.

La base per conseguire i due poteri, i siddhi, è costituita dai voti puri e dagli impegni,
scoprendolo con genuina certezza
beneditemi perché io possa mantenerli anche a costo della mia stessa vita.

Avendo realizzato il significato dei due stadi, che sono l’essenza del sentiero del mantra,
Vi prego beneditemi perché io possa praticare tenacemente e senza pigrizia le quattro sessioni di yoga e realizzare ciò che gli esseri nobili hanno insegnato.

Possano i maestri spirituali che mi guidano lungo il sacro sentiero e tutti gli amici spirituali che lo praticano, avere lunga vita.
Vi prego beneditemi affinché io possa velocemente e completamente pacificare tutti gli ostacoli esterni e interni.

In tutte le mie rinascite possa io non essere mai separato dai maestri perfetti e gioire del magnifico Dharma, conseguendo tutte le qualità degli stadi e dei sentieri,
possa io velocemente ottenere lo stato di Vajradhara.

Continuiamo:

Preghiera di dedica del Sentiero graduale verso l’illuminazione
Je Tzong Khapa

Attraverso le mie due accumulazioni, vaste come lo spazio, che ho conseguito dedicandomi con sforzo a questa pratica per tempo molto lungo, Possa io diventare il principale Buddha per tutti coloro il cui occhio della saggezza mentale è reso cieco dall’ignoranza.
Anche se non dovessi raggiungere tale stato possa io restare nella tua compassione amorevole per tutte le mie vite Mañjuśrī.
Possa io trovare il migliore dei completi sentieri graduali dell’ insegnamento e possa, io compiacere tutti i Buddha praticando bene.
Utilizzando i mezzi abili guidati dalla potente forza della compassione possa io illuminare le tenebre delle menti di tutti gli esseri con i punti del sentiero come li ho compresi.
Possa io conservare gli insegnamenti di Buddha per molto tempo. Con il mio cuore che procede con grande compassione in ogni direzione in cui i preziosi insegnamenti non sono ancora stati diffusi, o sono stati diffusi e poi sono scomparsi, possa io esporre questo tesoro di felicità e aiuto.
Possano le menti di coloro che desiderano la liberazione ottenere grande pace, e le azioni dei Buddha essere serbate per lungo tempo in questo sentiero graduale verso lì illuminazione, reso completo dalle mirabili condotte virtuose dei Buddha e dei loro fogli spirituali.
Possano tutti gli esseri umani e non umani che eliminano l’avversità e che compiono azioni che contribuiscono alla pratica dei sentieri eccellenti, mai essere separati in nessuna delle loro vite dal sentiero purissimo lodato dai Buddha.
Ogni volta che qualcuno si sforza di agire in accordo con le dieci pratiche virtuose Mahāyāna possa egli essere assistito dai potenti, possano oceani di prosperità diffondersi ovunque.

Molto bene, siamo così giunti alla conclusione di questo bellissimo seminario, grazie di cuore a tutti.


***
Bhagavati: (termine sanscrito, in tibetano: gyal wai yum) Madre Buddha, si riferisce alla “Saggezza della Perfezione”, che è la madre in quanto causa fondamentale dell’illuminazione.
Bhagavati Prajna Paramita Hridaya: (sanscrito) il cuore della Bhagavathi, la perfezione della saggezza.
Bhagavan: (termine sanscrito, in tibetano: chom dhen de) titolo generalmente attribuito a un essere illuminato; letteralmente significa “colui che ha completamente illuminato gli ostacoli e possiede tutte le qualità”; sinonimo di “Tathagata” (sanscrito) e di “de war sheg pa” (tibetano) nel senso di “colui che ha raggiunto lo stato di piena calma e piena illuminazione”. In questo brano ci si riferisce al Buddha Shakyamuni.
Rajagrha: (termine sanscrito, in tibetano: gyal poe khab) luogo nel quale si erge un palazzo reale.
Picco dell’Avvoltoio: montagna con la cima a forma di avvoltoio; luogo in cui venne impartito il sutra secondo la tradizione. Viene identificato popolarmente in una collina vicino a Rajagrha, nello stato indiano del Bihar.
Arhat: (termine sanscrito, in tibetano: dra chom pa) colui che ha raggiunto il Nirvana. Detto anche Sravaka o Pratyekabuddha. Nel testo originale tibetano il termine è Bikshu, ma si intende Arhat.
Bodhisattva: (termine sanscrito, in tibetano: Jang chub sem pa). Essere che possiede il Bodhicitta.
Assorbimento meditativo: (in sanscrito: samadhi, in tibetano: ting nge zin) una forma di meditazione.
Varietà dei fenomeni: (in tibetano: choe kyi nam drang) i 5 aggregati (forme, percezioni, formazioni mentali e della coscienza); le 12 fonti dei sensi (le sei sorgenti dei sensi e le sei facoltà); i 18 elementi ( le sei sorgenti dei sensi, le sei facoltà e le sei coscienze); i 12 anelli della catena dell’origine interdipendente (Ignoranza, Azione volontaria, Coscienza, Nome e Forma, Sorgenti dei sensi, Contatto, Sensazioni, Attaccamento, Brama, Concepimento, Nascita, Invecchiamento e Morte); le 4 Nobili Verità (la Verità della sofferenza, la Verità delle cause della sofferenza, la Verità della cessazione e la Verità del sentiero); i 5 sentieri (Accumulazione, Preparazione, Visione, Meditazione e Non-più-apprendere); le 4 fiducie; i 10 poteri di Buddha; ecc…
Percezione Profonda: (in tibetano: zab mo nhang wa) vedere la vera e profonda realtà ultima dei fenomeni.
Arya: (termine sanscrito, in tibetano: Phag pei Gang zag) un Essere superiore che ha raggiunto la saggezza della diretta realizzazione della vacuità o che ha seguito il sentiero in uno dei veicoli.
Avalokitesvara: (termine sanscrito, in tibetano: Chen re zig) conosciuto come il “Buddha della compassione”.
Bodhisattva mahasattva: (termine sanscrito, in tibetano: jang chub sem pa sem pa chen po) Bodhisattva di ordine superiore o che ha conseguito il sentiero dei Bodhisattva o il sentiero mahayana della visione.
La pratica della profonda perfezione della saggezza: (in tibetano: she rab kyi pha rol du chin pai zab moi chod pa).
I cinque aggregati: (in sanscrito: skandha, in tibetano: phung po ngha) Forme, Sensazioni, Percezioni, Formazioni mentali, e della Coscienza.
Vuoti di esistenza intrinseca: (in tibetano: ran shin gyi tong pa).
Venerabile Bikshu: (in tibetano: thse dan dhen pa) titolo attribuito a un bikshu con mente sveglia e intelligente
Shariputra: figlio di Sharit, conosciuto come bikshu dalla mente acuta fra i discepoli di Buddha Shakyamuni.
Arya Avalokitesvara Bodhisattva mahasattva: (temine sanscrito, in tibetano: jang chub sem pa sem pa chen po phags pa chen re zig) si riferisce a un singolo individuo conosciuto come Bodhisattva mahasattva Avalokitesvara, diverso dal “Buddha della compassione” Avalokitesvara. Qui infatti viene identificato come un Bodhisattva sotto le sembianze di un bikshu, Bodhisattva, mahasattva e arya.
Figlio o figlia del lignaggio dei Bodhisattva: (in tibetano: rigs kyi bu vam rigs kyi bumo).
Nirvana: (termine sanscrito, in tibetano: Nyang De) essere andato oltre la sofferenza.
Mantra: (termine sanscrito, in tibetano: yid kyob) che protegge la mente.
Thatagata: (termine sanscrito) sinonimo di Bhagavan.
Asura: (termine sanscrito, in tibetano: lha ma yin) semi-dei che appartengono posto tra quello degli umani e degli dei.
Gandharva: (termine sanscrito, in tibetano: di zha) esseri senza forma, che vivono nutrendosi di odori.