Sunday 30 June 2019

La pratica di Consapevolezza della Visione superiore





La pratica di Consapevolezza
della Visione superiore








Geshe Lharampa Lama Gedun Tharchin

4 - 5 maggio 2019
MERANO








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Prima sessione

Buon giorno a tutti, per me è sempre un grande piacere tornare qui e condividere con voi la pratica del Dharma, la realtà fondamentale nell’esistenza di ognuno, questo termine è di origine sanscrita, l’antico linguaggio sacro indiano, e poi è stato tradotto nei diversi paesi del mondo in molti modi, sia in oriente che in occidente, ma ovunque indica l’essenza più profonda e nascosta del proprio cuore, del proprio essere, è linfa indispensabile per una vita significativa.
Il nostro compito è riscoprire questa essenza in noi stessi, che è il reale universo, la ricerca che deve essere rivolta all’interiorità più profonda e vera, mai all’esterno e questa prassi in tibetano è detta “Chö”, mentre in occidente nessuno è ancora riuscito a trovare un termine corrispondente, perciò abbiamo difficoltà a comprendere la natura vera del Dharma.
Un grande studioso tibetano, Vasubandhu, conosciuto come il secondo Buddha, ha elaborato la sua opera più importante l’-Abhidharmakósa- che è tuttora una pietra miliare “Chös-mngon-pa’imdzod”, tradotta come “Tesoro della conoscenza”, ed è un punto di riferimento fondamentale per lo studio di tutti i fenomeni dell’universo suddivisi in 5 gruppi a loro volta articolati in 75 categorie al fine di descrivere tutti i fenomeni in modo preciso e dettagliato.
Quando vogliamo definire il Dharma in italiano ci riferiamo al messaggio del Buddha come ben specificato in un verso dell’Abhidharmakósa che indica la sacralità dell’insegnamento del Buddha presentato in duplice forma, la prima è riferita alla trasmissione verbale e la seconda alla realizzazione appropriata della parola tramite la pratica.
Chö, l’insegnamento orale, non significa registrazione di un messaggio, non è google, youtube, o qualunque altro artificio che possa presentarsi con le più fantasiose pratiche, non è nemmeno la ripetizione a pappagallo di preghiere di cui non si comprende il significato, ma indica la trasmissione del senso profondo, radicale, dell’insegnamento con attenzione e sensibilità alla cultura contemporanea, vera, viva. Una lettura letterale dei testi antichi è insensata, incomprensibile, deve essere trasposta nel tempo presente, deve essere compresa nell’essenza autentica e vera così da poter praticare il Dharma in consapevolezza e potenza.
Il cammino del Dharma inizia dal punto di partenza della nostra crescita, è la comprensione, il riconoscimento della propria potenzialità di libertà umana, è il seme del Dharma, la natura del Buddha, la purezza dell’anima. Questa è la risorsa fondamentale per trasformare l’universo nella ricerca del nostro universo interiore, la terra pura in cui non c’è più rabbia, odio, ignoranza, paura, angoscia, depressione, attaccamento, morte, malattia.
Non c’è niente, nulla è più condizionato da ciò che noi in genere rincorriamo e a cui ci afferriamo interpretandone i falsi segnali come felicità, allegria, soddisfazione, e nemmeno ciò che consideriamo negativo, doloroso, tutte queste fuorvianti emozioni sono ostacoli, confusione, mentre se troviamo la nostra terra scopriamo la purezza incontaminata dello spirito, dell’anima che va oltre tutta questa inconsistenza mondana.
Il Dharma è la terra pura della via di mezzo in cui c’è solo armonia, senza conflitti, contraddizioni, guerre né interiori né esteriori, ed è la base essenziale di ogni spiritualità, buddhismo, induismo, cristianesimo, islamismo, ebraismo e altro ancora, è il valore umano universale.
La via di mezzo si sviluppa nell’armonia di ogni istante dell’esistenza, nella purezza dell’anima, questa è l’essenza del messaggio che il Buddha ha voluto trasmettere, è ciò che libera dai condizionamenti di gioia e di sofferenza, due facce indivisibili della stessa medaglia, e lo strumento per conquistare questa pace, per vivere il Dharma, è la meditazione.
Meditare deriva dal latino e significa riflettere, pensare con grande attenzione, curare, è dunque la base imprescindibile di ogni azione umana, della crescita nel Dharma che supera ogni ignoranza, attaccamento, avversione, rabbia, trasformando tutte queste emozioni in autentica energia e così l’attaccamento non si afferra sterilmente a un io-mio fasulli, ma si trasforma in amore, poiché è importante comprendere che tutto è necessario anche ciò che apparentemente si presenta come negativo e che tendiamo a rifiutare, perché non potrebbe esistere amore senza moto di attaccamento, così come non potremmo sperimentare la gioia senza l’esperienza della sofferenza.
Il sentiero del Dharma non è un percorso asettico su un duro e piatto cemento e nemmeno è possibile intraprendere il cammino con tensione nella rigida determinazione di sconfiggere tutto ciò che identifichiamo come nemico, sia interiore che esteriore, poiché in questo modo cadremmo nella più pericolosa illusione di poter conquistare tramite la volontà il nirvāna, di essere finalmente riusciti a sconfiggere definitivamente ogni attaccamento all’ego combattuto con ogni mezzo.
Questa falsa convinzione è la menzogna peggiore in cui possiamo incappare, è assurda e ottiene unicamente il risultato esattamente opposto, invece il sentiero del Dharma è morbido, cede lievemente ad ogni passo sull’umida terra fertile in cui tutto è vivo, presente, sia il positivo che il negativo, e in cui ogni cosa può essere trasformata in meravigliosa energia vitale, non c’è nulla da combattere, nulla da respingere, nulla a cui aggrapparsi con bramosia, ma tutto si apre nella bellezza dell’umanità, dell’amore vero in quella armonia di ogni istante in cui si realizza nel profondo una piccola illuminazione.
Il più grave inganno nella pratica spirituale è quello di aver raggiunto presunte realizzazioni, piccole o grandi, se ad esempio pensiamo di aver fatto una buona meditazione perché abbiamo sperimentato sensazioni pseudo-mistiche, siamo caduti nella gigantesca trappola che ci fa retrocedere sul sentiero perché abbiamo semplicemente nutrito e potenziato il falso ego di cui diventiamo ancora più schiavi.
Il Dharma invece è umile, non ha nemmeno bisogno di insegnamenti, è già insito in noi, ne possiamo scoprire l’essenza nella meditazione pura, nel vipaśyanā, parola che significa “vedere oltre”, cioè saper superare l’apparenza e avere occhi che sanno guardare al di là di ciò che è normalmente tangibile a corpo e mente. Se non abbiamo questa capacità di andare al di là di ciò che crediamo reale il nostro ego cresce a dismisura, ne siamo completamente dominati.
Non possiamo pensare di poter vivere senza l’ego, è una presenza costante e ne dobbiamo avere chiara consapevolezza imparando però a vederlo al di là della sua allettante e ingannevole apparenza che ci illude immancabilmente di aver raggiunto realizzazioni, di essere importanti agli occhi del mondo.
Soltanto con la consapevole conoscenza dell’ego abbiamo abbandonato ogni certezza fasulla e abbiamo l’umile chiarezza di affrontare senza paura e continuamente la domanda essenziale dell’esistenza: - chi realmente siamo? come possiamo cercare di agire nel miglior modo possibile in ogni circostanza e istante della vita? - Questa consapevolezza sempre in primo piano, è la natura di Buddha, l’armonia della via di mezzo che ci fa procedere con la giusta lentezza, gioia, pace, serenità, senza dover conquistare nel tempo più breve nessun obiettivo. Questo è il cammino sul sentiero della terra pura.
Il Dharma è nel momento presente, non è una conquista che possiamo rimandare o che si realizzerà magicamente domani, è essere nell’illuminazione qui e ora, in ogni piccolo gesto, parola, pensiero, è la beatitudine, l’illuminazione dell’universo interiore connesso al Tutto nell’armonia priva di dualismo.
Seconda sessione

Prima abbiamo presentato il concetto fondamentale di Dharma e ora leggiamo il testo che ne indica la pratica per percorrere il sentiero con spirito vigile. Non mi addentrerò in spiegazioni perché abbiamo già affrontato questi argomenti molte volte e potete trovare nel mio blog tutti i documenti relativi.
Cominciamo con la presa di rifugio:

PRESA DI RIFUGIO

Nel Buddha, nel Dharma e nel Sangha
Prendo rifugio fino a raggiungere l’Illuminazione
Per i meriti acquisiti con la pratica della generosità e delle altre perfezioni
Possa io al più presto raggiungere l’illuminazione per il beneficio di tutti gli esseri senzienti.

***

OFFERTA DEL MANDALA BREVE

Offro questa terra aspersa con profumo e cosparsa di fiori,
ornata del Monte Meru, dai quattro continenti, dal sole e dalla luna
e visualizzata come un campo di Buddha.
Possano tutti gli esseri gioire di questo reame completamente puro.
YDAM, GURU,RATNA MANDALAKAM, NYRIATAIAMI


I QUATTRO PENSIERI INCOMMENSURABILI

Possano tutti gli esseri senzienti avere la felicità e le sue cause.
Possano tutti gli esseri senzienti essere liberi dalla sofferenza e dalle sue cause.
Possano tutti gli esseri senzienti avere la gioia della grande beatitudine.
Possano tutti gli esseri senzienti avere l’equanimità che è libera dai due estremi di essere vicini ad alcuni e lontani da altri.


Recitiamo ora il mantra di Vajrasattva, di cui non c’è testo né in tibetano né in italiano , ma solo in sanscrito:

MANTRA DI VAJRASATTVA

OM VAJRASATTVA SAMAYA
MANU PALA YA
VAJRASATTVA TENOPA TISHTA DRIDHO
ME BHAWA
SUTO KAYO ME BHAWA
SUPO KAYO ME BHAWA
ANURAKTO ME BHAWA
SARWA SIDDHI ME PRAYATSA
SARVA KARMA SU TSA ME
TSIT TAM SHRIYAM KURU HUNG
HA HA HA HA HO
BHAGAVAN SARWA TATHAGATA VAJRA
MAME MUTSA
VAJRA BHAWA
MAHA SAMAYA SATTVA
AH HUNG PHE

E ora dedichiamo i meriti a beneficio di tutti gli esseri senzienti:

Preghiera di dedica al termine della sessione di meditazione

A causa di queste virtù,
possa io diventare un Guru-Buddha
e guidare in questo stato
ogni essere vivente senza alcuna eccezione.

Possa la mente preziosa dell'Illuminazione
non ancora sorta, sorgere e svilupparsi,
e quella già sviluppata possa non diminuire mai,
ma accrescersi sempre più.

GHE-UA’ DI-YI GNIUR-DU-DAG
LAMA SANGHIE DRUP GHIUR NE’
DRO-UA’ CIG-CHIANG MA-LÜ-PA’
DE-YI-SA’ LA GÖ PAR-SCIO'.
CIANG-CIUB SEM-CIOG RINPOCE’
MA-CHIE PA-NAM CHIE-GHIUR-CIG
CHIE’-PA GNIAM-PA ME-PA-YANG
GON-NE GON-DÜ PEL-UAR-SCIO'

Ora leggeremo i versi per generare la Bodhicitta che si suddivide in due aspetti, la Bodhicitta convenzionale e la Bodhicitta ultima.
La Bodhicitta convenzionale è l’attitudine della nostra mente che anela all’illuminazione per poter essere di beneficio a tutti gli esseri senzienti attraverso lo sviluppo della grande compassione; la Bodhicitta ultima è nella grande compassione la visione profonda, la visione della vacuità, della realtà ultima.
Questi due aspetti di Bodhicitta sono inscindibilmente interconnessi, sono il cuore del Dharma, essenza fondamentale nel nostro continuum mentale per poter coltivare la natura del Buddha.

Generare la Bodhicitta
Con il desiderio di liberare tutti gli esseri,
Fino al raggiungimento dell’essenza dell’illuminazione
Prenderò sempre rifugio
Nel Buddha, nel Dharma, nel Sangha.
Con saggezza, amore e compassione
Mi sforzerò di recare beneficio agli esseri senzienti.
Stando davanti ai Buddha,
Genero la mente della completa illuminazione.

E fino a quando esisteranno gli esseri senzienti,
Fino a quel momento io resterò
Per disperdere le sofferenze degli esseri

(segue breve meditazione)

È molto importante mantenere ininterrottamente questa consapevolezza mentale, meditare, far sorgere lo spirito di Bodhicitta. La nostra vita quotidiana nel samsāra è come una faticosa, ma gioiosa, camminata su queste splendide montagne fino a quando raggiungiamo il piccolo confortevole rifugio in cui riposare.
Noi spesso inventiamo, costruiamo castelli di sofferenza basati su fondamenta totalmente inesistenti, la vita è faticosa, certo, ma gioiosa, ricca di bellezza, di avventura. Vivere nel samsāra con questa consapevolezza è essere nel Dharma, è la via del Dharma.
Nel buddhismo tibetano Vajrāyana sono indicati più approcci al Dharma nel rispetto delle diverse tipologie di praticanti che percorrono sentieri consoni alla loro capacità e sensibilità, abbiamo così i sentieri: degli Uditori, dei Buddha solitari, dei Bodhisattva, del Mantrayāna, degli yoga nelle varie manifestazioni e non si tratta di strade diverse, ma di varie tappe o strade parallele che si unificano alla fine alla stessa grande via, l’importante è avere la pura visione profonda e sin dall’inizio riconoscere in noi la potenzialità della buddhità.
La visione pura è la via del Dharma, la nostra vita samsarica dunque non è un percorso di sofferenza, ma l’opportunità di vivere nell’armonia del Dharma, saper riconoscere in noi la natura di Buddha.
E quali ostacoli possiamo incontrare nel cammino per raggiungere la visione pura, la visione profonda?
Risposta: Sono le nostre proiezioni mentali, l’attaccamento, l’avversione, il karma.
Lama: C’è tutto, non manca nulla, ma come detto prima non c’è una risposta immediata, la risposta è nel cammino, nella ricerca, così da arrivare lentamente, un passo alla volta.
Tutte le cose che hai elencato sono vere, ma l’ostacolo centrale è il nostro ego, confuso e ingombrante con la sua concezione distorta della vera natura della realtà, è la percezione intrinseca di un falso sé da cui scaturisce ogni egoismo.
È molto difficile descrivere con poche parole questa condizione e l’unica via per avere una visione reale di ciò che è l’ego è la meditazione che non ha verità predefinite, ma si pone costantemente domande e non si stanca mai di ricercare pazientemente.
Noi non dobbiamo studiare cos’è la vacuità, bensì studiare l’osservazione dell’ego, la saggezza che realizza la visione dell’ego, perché se non ne abbiamo una comprensione vera, non riusciremo mai a liberarci dagli inganni dell’ego.
L’ego osserva la realtà in modo esattamente contrario alla sua vera essenza, ad esempio l’impermanenza è la caratteristica di ogni fenomeno, invece l’ego vede ogni elemento come permanente e da qui nascono tutte le costruzioni mentali assurde riguardo ad un futuro da consolidare nelle sue sicurezze di permanenza. Solo nella meditazione si raggiunge la consapevolezza che ci fa scoprire la vera condizione di impermanenza della realtà.
L’ego non deve mai essere respinto come nemico, ma trasformato tramite la meditazione in elemento che ci permette di avere una visione più chiara della realtà, di comprendere e scoprire in noi il concetto sottile del Dharma in tutta la sua preziosa intangibile essenza.
Avete domande? o comunque dite cosa pensate in merito agli argomenti trattati sinora.
Interventi: - A me a colpito molto questo concetto di gioia nella pratica del Dharma, perché avevo sempre focalizzato l’attenzione esclusivamente sulla sofferenza, sulla prima nobile verità della sofferenza, senza andare oltre… - Per me è stato considerevole sentire che tutti possediamo la natura di Buddha, questo mi permette di superare le paure, di avere fiducia nel procedere… - Si anche per me è importante ricordare sempre che abbiamo la natura di Buddha così da considerare il samsāra come gioiosa avventura… - È molto interessante vedere la meditazione come strumento, anzi come mediatore tra l’ego e la realtà al fine di raggiungere una visione pura.
Lama: È davvero rilevante questa condivisione di opinioni che ci permette di conoscere le sfaccettature della comprensione e visone reciproca dei concetti che affrontiamo insieme, perché ogni persona è diversa dall’altra, ha le sue impronte mentali, e il confronto è sempre proficuo, è fondamentale dialogare con gli altri per poter comunicare consapevolmente anche con se stessi.
Nel Bodhisattvacaryāvatāra di Śāntideva c’è una frase importantissima: “Nelle tenebre quando cade un fulmine si illumina in un istante ogni cosa” e così avviene nella mente umana, se quando camminiamo nel samsāra non abbiamo consapevolezza di ciò che facciamo è come se procedessimo al buio, a tentoni, inciampiamo e cadiamo continuamente, ma sufficiente un solo attimo di consapevolezza del Dharma perché tutto il sentiero sia illuminato.
Ogni persona nella sua vita può sperimentare seppur brevemente questi lampi di illuminazione, non è necessario alcuno sforzo, alcuno studio particolare anche se lo studio, la meditazione, la pratica, sono necessari perché ci danno gli strumenti che ci permettono di imparare a riconoscere simili momenti di grazia, che invece quasi sempre passano inosservati a tutti coloro che corrono insensatamente e inconsapevolmente nell’affanno samsarico.
La luce c’è comunque per tutti, ma spesso non si ha la capacità di vederla, di riconoscerla, poiché si è sempre vissuti nel buio senza essersi mai impegnati per approfondire, comprendere, osservare la bellezza intorno e dentro di noi, così quando la luce arriva improvvisamente se ne resta accecati senza poter vedere più nulla, nemmeno il buio.
Nella consapevolezza del Dharma con la meditazione invece si impara a vedere anche nell’oscurità, si sa camminare nel buio e tutta la fatica del vivere quotidiano può essere trasformata in gioia, in beatitudine.
Un solo breve lampo di illuminazione è più che sufficiente, non deve esserci sempre, dobbiamo imparare a riconoscere e a cogliere questo momento e trasformare ogni cosa, procedere consapevolmente nella via di mezzo. Questo è il vero cammino del samsāra, non si tratta di attendere miracoli, ma semplicemente di vivere ogni giorno nella pienezza, nella consapevolezza della preziosità del samsāra trasformando la fatica stressante in gioia feconda, in vita armoniosa.
Terza sessione

Prima di riprendere la discussione pratichiamo insieme la meditazione nella consapevolezza del respiro concentrandoci su ogni inspirazione ed espirazione, con corpo e mente rilassati, godiamo di questi momenti di beatitudine nel Dharma, una pausa per riposare dalla fatica e rinnovare le proprie energie.

(segue meditazione)

È importante osservare consapevolmente il ritmo del respiro, base per qualsiasi tipo di meditazione, semplicemente questo, non occorre nessun’altra complicazione. La mente segue in totale armonia il respiro generando energia positiva e bruciando quella negativa.
La nostra essenza non si esaurisce a livello grossolano del corpo, si esprime anche su un piano più sottile in cui sviluppa nelle varie tipologie di yoga una grande armoniosa energia, per questo la concentrazione sul respiro è fondamentale e porta alla visione profonda, alla conoscenza, alla chiarezza e purezza mentale.
La conoscenza non può venire dall’esterno poiché soltanto noi in questo cammino interiore siamo la guida di noi stessi, il Buddha è estremamente chiaro e inequivocabile su questo punto, eppure rimane assolutamente inascoltato, infatti tutti cerchiamo maestri a cui affidare ciecamente, pigramente le nostre coscienze spesso in modo superstizioso senza nemmeno tentare un timido approccio al necessario dialogo essenziale con il nostro maestro interiore. Questa è autentica e pericolosa ignavia spirituale.
Quando il Buddha ha lasciato il corpo ha espressamente indicato nel sūtra del Parinirvāna di non voler incaricare nessun successore eccellente, ma di lasciare semplicemente a disposizione di tutti, indiscriminatamente, le sue parole, affinché ognuno le possa valutare, accogliere o meno secondo le proprie necessità, null’altro.
La vita del Buddha è il suo messaggio, ma ciò non significa dover copiare pedestremente ciò che lui fece, al contrario, ognuno deve coglierne l’essenza da vivere secondo le proprie capacità, assumendosene la piena responsabilità.
Non ci sono scorciatoie, magie, per raggiungere al più presto l’illuminazione, solo chi non ha capito nulla del messaggio del Buddha cade in questo inganno, perché soltanto nella via lenta del Dharma, con la meditazione, si possono superare armoniosamente tutti i problemi, gli ostacoli del samsāra e raggiungere una reale crescita interiore.
Generalmente quando si parla di meditazione se ne considerano due tipi, la meditazione sul singolo punto e la meditazione analitica e quando ci si addentra nella concentrazione molto profonda in cui l’io non esiste più si raggiunge quello stato di beatitudine che chiamiamo samādhi.
Tutto qui, non servono cerimonie, iniziazioni, pratiche complesse, rituali coreografici, solo la meditazione è realmente proficua, tutto il resto sono illusioni che nutrono l’ego, ma spiritualmente sono sterili.
Milarepa, uno dei più grandi mistici del buddhismo tibetano, viveva in una grotta, si nutriva di ortiche e non aveva bisogno di null’altro che della meditazione profonda in cui raggiunse la realizzazione dei tre kāya: Dharmakāya, Nirmānakāya e Sambhogakāya, i tre corpi a livello sottile di cui tutti, oltre al corpo fisico, siamo costituiti: corpo di saggezza, corpo di illuminazione e corpo di manifestazione.
Attraverso il respiro del livello grossolano arriviamo al respiro del livello sottile e da questo andiamo oltre e giungiamo al livello ancora più sottile dell’energia indistruttibile del vento primordiale detta anche indistruttibile mente primordiale e quando si giunge a questo stadio si è liberi da ogni condizionamento del livello grossolano e di quello sottile, si è nello stato di saggezza della vacuità, si conosce la vera realtà dei fenomeni.
Possiamo dire tante cose sulla natura ultima della mente, il Buddha ha affrontato l’argomento nella Prajñāpāramitā, un’analisi contenuta in 12 volumi di cui esistono innumerevoli commentari e traduzioni, ma come spiegare dall’esterno con parole in sé necessariamente limitate, una realtà così profonda e interiore? - impossibile. Ognuno deve porre la giusta domanda e ricercare la giusta risposta in se stesso, nella propria natura di Buddha, nella vacuità della propria mente che non è la mente concettuale, ma la mente sottile, la mente primordiale.
Fondamentale dunque nella pratica del Dharma è conoscere, tramite la profonda meditazione interiore, quale sia il giusto punto di partenza, noi invece generalmente preferiamo affidarci per prima cosa alla devozione del guru, lasciandoci condurre come pecore sonnolente senza alcuno sforzo da parte nostra in coreografici rituali e preghiere di cui oltretutto non comprendiamo minimamente il senso, invece la devozione al guru dovrebbe essere proprio l’ultimo punto, un riconoscimento possibile solo dopo aver realizzato il vero abbandono del sé, tramite tutti i passaggi personali di ricerca e trasformazione interiore. Nel Lam Rim questa prassi emerge in modo chiaro ed evidente, non ci possono essere scorciatoie né deleghe, il percorso deve essere compiuto individualmente passo dopo passo, senza saltare nemmeno il gradino più piccolo.
Solo con la visione profonda, non dualistica, la visione dello spazio nel Dharmadhātu, la realtà ultima di tutti i fenomeni, compresi la propria mente, il proprio sé possiamo realizzare il sentiero del Dharma, mentre al di fuori di questa visione tutto ciò che facciamo, diciamo e pensiamo resta su un piano superficiale, non realizzato, confuso.
La visione profonda del Dharmadhātu è realizzata dai Bodhisattva nella Bodhicitta convenzionale e nella Bodhicitta ultima, cresciute nel fango del samsāra come il fiore di loto ed emerse in tutto lo splendore e purezza, questa è l’inscindibile interdipendenza tra samsāra e nirvāna, ed è un percorso alla portata di tutti.
Ci sono persone normalissime, che vivono in mezzo alla confusione del samsāra e con molte sofferenze, ma sono costantemente concentrate nella meditazione per poter essere di aiuto agli altri e trasformano la loro stessa sofferenza in opportunità per sviluppare la Bodhicitta, la grande compassione. Questa è la bellezza del Dharma, la qualità innata del cuore umano.
Ora analizziamo un aspetto molto interessante:
Se non possiedi la saggezza che comprende la vera natura delle cose
Sebbene tu abbia sviluppato la rinuncia e il Bodhicitta (convenzionale)
La radice del samsāra non può essere estirpata.
Quindi impegnati intensamente per realizzare l’origine interdipendente”
Domanda: che significa l’origine interdipendente?
Lama: Nulla può esistere in modo totalmente autosufficiente, autonomo, nemmeno la particella infinitesimale mai scoperta. La natura vera di ogni fenomeno è intrinseca, non può essere una qualità esterna all’evento e la sua essenza di vacuità si rivela tramite la correlazione interdipendente con il tutto. Non esiste nemmeno la più piccola molecola che possa essere separata da altro, questa tazza che noi vediamo così solida con le sue peculiarità in realtà è costituita dall’interrelazione inseparabile di innumerevoli fattori interconnessi, atomi infiniti, e da chi manualmente ne ha dato una determinata forma, uso e caratteristica.
Ogni fenomeno è formato dal’interconnessione di molteplici fattori e da tale interdipendenza si forma un fenomeno e da questo un altro, a così via, nulla può esistere al di fuori dell’interdipendenza. Il nostro sé, il nostro io, la nostra mente può essere soltanto nell’interdipendenza di fenomeni che la costituiscono. Tutto esiste solo in questo modo.

Colui che vede come inevitabile la realtà di causa effetto di tutti i fenomeni nel samsāra e nel nirvāna
Distrugge totalmente ogni percezione errata (dell’ego)
E’ entrato nel sentiero che compiace il Buddha”
Quando comprendiamo la natura di tutti i fenomeni nel samsāra e nel nirvāna abbiamo compreso la natura dell’origine interdipendente senza più essere ingannati dalla percezione errata dell’ego, vediamo a livello sottile la vacuità del tutto, senza più dualismo, abbiamo la visione profonda.
E non si deve mai lasciare la via di mezzo, sarebbe un fatale errore pensare di dover combattere insensatamente la visione della realtà nella sua apparenza in quanto questa è la realtà convenzionale, il punto di inizio imprescindibile per poter giungere alla conoscenza della realtà ultima, entrambe sono necessarie e inseparabili, costituiscono un’unica visione, la realtà convenzionale realizza la conoscenza dell’origine interdipendente di tutti i fenomeni e la realtà ultima ne osserva la vacuità. Se noi invece continuiamo a vederle come entità separate significa che dobbiamo ancora realizzare la saggezza.
La conoscenza della realtà così come appare con la consapevolezza dell’interdipendenza di ogni fenomeno soggetto alla legge karmica di causa effetto è elemento fondamentale che ci permette di realizzare la saggezza che vede la realtà nella sua natura ultima di vacuità.
Questo è l’insegnamento del Buddha, non la contabilità dei mantra recitati, delle prosternazioni o di altri artifici, e la descrizione delle due realtà, convenzionale e ultima, è chiaramente spiegata nel testo fondamentale del famoso maestro Lama Tsong Khapa che ha approfondito e interpretato pienamente il pensiero della filosofia Mādhyamika di Nāgārjuna:

I tre Aspetti Principali del Sentiero
Testo insegnato dall’erudito monaco Lobsang (Tsong Khapa ) a Tsa Kho Vonpo Ngawang Drakpa.


Porgo omaggio ai venerabili Lama.

Spiegherò, come meglio posso,
il significato essenziale di tutte le Scritture del Buddha,
il sentiero lodato dagli eccellenti Bodhisattva,
la via d’accesso per il fortunato che anela alla liberazione.

Coloro che non sono attaccati ai piaceri dell’esistenza mondana,
coloro che si sforzano per rendere utili le circostanze favorevoli e la fortuna,
coloro che propendono per il sentiero che compiace Buddha ,
questi fortunati dovrebbero ascoltare con mente attenta.

Senza una rinuncia completamente pura,
non vi è modo di frenare l’ardente ricerca di piaceri nell’oceano dell’esistenza.
Inoltre, l’attaccamento all’esistenza ciclica imprigiona completamente gli esseri incarnati.
Quindi, sin dall’inizio, bisognerebbe cercare di realizzare la rinuncia.

Le circostanze favorevoli e la fortuna sono difficili da ottenere
e la vita non è lunga,
familiarizzando con ciò, si elimina l’attaccamento alle apparenze di questa vita.
Riflettendo costantemente sul karma e sui suoi inevitabili effetti
e sulle sofferenze del samsara,
si elimina l’attaccamento alle apparenze delle vite future.

Se, avendo meditato in tal modo, non nasce nessun desiderio
per i piaceri dell’esistenza ciclica,
e se costantemente, giorno e notte, sorge un’aspirazione alla liberazione,
allora la rinuncia è stata generata.

Tuttavia, se questa rinuncia non viene unita alla generazione
di una completa aspirazione alla più alta illuminazione,
non diverrà causa della meravigliosa beatitudine dell’insuperabile Bodhi.
Perciò il saggio dovrebbe generare il supremo Bodhicitta.

Gli esseri samsarici vengono trascinati dalla corrente dei quattro potenti fiumi,
sono legati con le strette catene del karma, difficile da eliminare,
sono entrati nella gabbia di ferro dell’attaccamento al Sé,
sono completamente oscurati dalle fitte tenebre dell’ignoranza,
nascono nell’esistenza senza limiti, e nelle loro nascite
vengono incessantemente torturati dalle tre sofferenze.

Riflettendo in tal modo circa la condizione delle madri che si trovano in tale stato,
genera la suprema intenzione altruistica di divenire un Risvegliato.
Se non possiedi la saggezza che comprende la vera natura delle cose,
sebbene tu abbia sviluppato la rinuncia e il Bodhicitta,
la radice del samsara non può essere estirpata.
Quindi, impegnati intensamente per realizzare l’origine interdipendente.

Colui che vede come inevitabile la realtà di causa ed effetto di tutti i fenomeni
nel samsara e nel nirvana,
distrugge totalmente ogni percezione errata
ed è entrato nel sentiero che compiace i Buddha.

Fin quando le due realizzazioni, quella delle apparenze,
ovvero l’inevitabilità dell’origine interdipendente
e quella della Vacuità, ovvero la non-asserzione,
vengono considerate separate, non vi è ancora la realizzazione
del pensiero di Buddha Sakyamuni.

Quando le due realizzazioni esistono simultaneamente, senza alternarsi,
e la semplice percezione dell’inevitabilità dell’origine interdipendente eliminerà
la concezione di un’esistenza intrinseca,
allora l’analisi della visione è completa.”

E’ molto bello esplorare insieme questi aspetti, constatare come la potenzialità anche del più piccolo atomo abbia in sé lo stesso valore dell’infinito, non vi è alcuna differenza, il piccolo è il più grande e viceversa, noi stessi verifichiamo la nostra natura interdipendente e vacuità.
Domani continueremo ad approfondire questi concetti e sarà interessante conoscere le vostre riflessioni, domande, discussione e concludiamo dedicando i meriti a beneficio di tutti gli esseri senzienti.
Quarta sessione

Iniziamo quest’ultima sessione di lavoro insieme con la preghiere della pratica per sviluppare la Bodhicitta

(segue recitazione)

Ieri abbiamo lungamente parlato del significato della parola “Dharma” perché noi siamo qui per praticare il Dharma e dunque dobbiamo averne chiara conoscenza.
Il Dharma sostanzialmente sottintende due cose, la prima è la comprensione e trasmissione del senso profondo del pensiero del Buddha tramite parole, scritti, studi, e la seconda è la sua realizzazione, che si traduce in Bodhicitta convenzionale e Bodhicitta ultima che è la saggezza, la realizzazione della realtà ultima dei fenomeni, del Dharmadhātu.
Tutto ciò che facciamo momento per momento nel samsāra con consapevolezza è Dharma, il percorso della vita che realizza nella quotidianità la Bodhicitta. La vita nel Dharma è semplice, non complicata, non sovraccaricata da inutile stress da noi stessi costruito.
Il messaggio di ogni autentico cammino spirituale, sia di Buddha o di Cristo o altro ancora è uno solo: l’Amore, quello vero, purificato dall’inutile sofferenza prodotta dagli egoismi, da tutte quelle sovrastrutture inutili e dannose che offuscano la mente e annebbiano la vista, ma che noi amiamo tanto e costruiamo mattoncino su mattoncino vanificando ogni possibilità di vita autentica. Il Dharma è vita, le complicazioni da noi create il suo esatto contrario.
La radice della Bodhicitta è la natura di Buddha, il soffio vitale dello Spirito santo, lo stato della mente risvegliata. Nell’attivazione della nostra potenzialità di sviluppo della natura di Buddha camminiamo nel campo del Buddha, nel Dharma che ci libera dall’ignoranza dalle oscurazioni mentali, dagli ostacoli, al contrario senza Bodhicitta non si può fare nulla.
La natura di Buddha, il nostro Buddha, Dharma, Sangha, è in noi, non è qualcosa di esterno e il nostro Dharma è prima di tutto imparare a riconoscere in noi questa natura di Buddha, e qual è lo strumento che ci introduce a tale conoscenza? - Il Lag-Tong, la visione profonda della natura della propria mente sottile, primordiale, ma purtroppo in genere noi ci accontentiamo della sola mente grossolana che è come pallidi raggi che ci permettono di intravvedere confusamente, e nemmeno sempre, la possibilità di una luce potente che tutto illumina all’infinito, senza però averne alcuna reale visione.
Tutta la confusione che ci condiziona così pesantemente non è qualcosa che viene dal di fuori, è prodotta intermante dalla nostra mente a noi totalmente sconosciuta, estranea.
Conoscere la mente la sua realtà ultima significa realizzare il Dharma, la stessa mente è la vera liberazione illimitata, la nostra protezione, che non deve essere intesa secondo l’usuale approccio dualistico come sempre facciamo, la protezione non è rivolta ad un pericolo esterno, ma è la liberazione interiore, la realizzazione di sé.
Buddha, Dharma e Sangha nella natura della nostra mente sono la protezione. Proteggiamo la mente dal karma realizzando il Dharma interiore, conoscendo e vivendo il valore della propria natura di Buddha. Io non sono questa confusione che è altro da me, ma se non la so distinguere ne resto imbrigliato, divento depresso, mi identifico con essa. La sofferenza, l’euforia, le problematiche varie, ecc… sono tutte nostre costruzioni mentali dualistiche e fittizie.
La fede è fiducia in se stessi, nelle possibilità della mente illimitata, non esiste nessuna sicurezza dogmatica precostituita che ci faccia stare saldamente ancorati a certezze inesistenti; proprio in questi giorni il Dalai Lama raccomanda di lasciare andare tutto ciò che nel passato era ritenuto dottrina fondamentale e vincolante e di concentrarsi sulla vacuità. I tempi sono cambiati e la fede autentica deve essere compresa e attuata in sintonia con il presente e non ripetuta pappagallescamente e comodamente secondo le visioni del passato che allora erano perfettamente adeguate, ma oggi non più corrispondenti alla cultura e all’evoluzione dei tempi.
Oggi l’insegnamento radicale del Buddha è la vacuità, concetto già studiato nel passato, Nāgārjuna ne è maestro, ma a quei tempi si riteneva che potesse essere assimilato solo da pochi grandi studiosi e dunque considerato pericoloso per coloro che non fossero stati adeguatamente capaci di comprenderlo, così come era rischioso tentare di afferrare un serpente senza conoscerne la pericolosità e le sue reazioni.
Ma oggi la situazione è ben diversa, non ci sono più confini nell’interscambio di conoscenze e tutti hanno le possibilità e capacità per valutare, capire, accedere a qualsiasi livello di insegnamento. Le superstizioni o la paura dell’inferno, utilizzate indiscriminatamente da tutte le religioni nel passato, oggi non hanno più alcun peso, per questo il saggio Dalai Lama, persona estremamente intelligente e colta, esorta tutti a lasciare il passato alla storia e ad impegnarsi invece seriamente nell’approfondimento privo di qualsiasi timore della realtà fondamentale -la Vacuità- poiché senza la conoscenza della vacuità è impossibile conoscere la propria natura di Buddha, la vacuità della natura della propria mente.
La vacuità della mente, esclude la non esistenza della mente e la si ottiene nelle tre forme di Dharmakāya: il Dharmakāya causale, il Dharmakāya che si sviluppa nel cammino di Bodhicitta e il Dharmakāya ultimo che realizza il frutto.
Il Dharmakāya causale si basa sulla necessità di conoscenza della vacuità della mente grossolana, della mente sottile e della mente primordiale. All’inizio noi conosciamo soltanto la mente apparente, grossolana, e man mano ci si addentra in questa conoscenza si realizza il Dharmakāya del cammino e alla fine quando la nostra mente primordiale è così risvegliata si realizza il Dharmakāya del frutto, la natura del Buddha, la vacuità della mente.
La vacuità della mente non è un concetto nichilista, è la visione stessa della impermanenza della mente, come l’acqua di un fiume che scorre ininterrottamente, ma che non è mai la stessa pur essendo sempre acqua della stessa fonte, allo stesso modo esistenza e non esistenza vanno di pari passo nella visione non dualistica.
Domanda: Come possiamo descrivere il continuum mentale nell’evoluzione del mio karma ad esempio?
Lama: Non esiste alcun “mio”, quello che noi crediamo mio o io è un’illusione che ci imprigiona in una gabbia in cui tutto appare statico, limitato, permanente, invece tutto scorre come l’acqua del fiume, tutto cambia, tutto è vacuo nella sua impermanenza.
Le varie interpretazioni che vengono date negli insegnamenti non sono differenze sostanziali alla radice, semplicemente approfondiscono maggiormente un particolare aspetto interpretativo della visione della mente, così nel buddhismo ci sono diversi tipi di praticanti a seconda della corrente filosofica a loro più consona, c’è chi amplifica il tantra e chi invece non lo ritiene necessario, chi si dedica completamente alla realizzazione di Bodhicitta e chi invece non la crede importante, per questo già nel passato ci sono stati infiniti dibattiti tra le diverse scuole, tutti proficui e necessari per potenziare una maggiore capacità di comprensione.
Noi qui ci concentriamo sull’autoprotezione, costruiamo gli anticorpi interiori che ci proteggono da tutte le malattie dell’anima, da tutte le sofferenze, gli ostacoli, tramite la liberazione della mente nella Bodhicitta sino a scoprire la pura natura di Buddha in noi.
Le strade per realizzare la vacuità sono varie nel buddhismo, i primi tre veicoli sono: il veicolo degli Uditori, il veicolo dei Praticanti solitari e il veicolo dei Bodhisattva poi c’è il veicolo Vajrāyana direttamente connesso con la Bodhicitta il veicolo Mahāyāna, Kriyātantra, Caryātantra, Yogatantra e Anuttarayogatantra.
Il veicolo degli Uditori è fondato sulla mente di non attaccamento, il secondo, dei Buddha solitari è ugualmente basato sul non attaccamento ma con particolare attenzione ad evitare ogni contaminazione con il mondo esteriore e infine il veicolo dei Bodhisattva implica lo sviluppo della Bodhicitta per il bene di tutti gli esseri senzienti.
Nella Bodhicitta matura la propria natura di Buddha. I tre veicoli tantrici: del metodo, della saggezza, dell’unione realizzano l’unificazione inscindibile di metodo e saggezza indispensabile nel cammino interiore. Il metodo è la Bodhicitta convenzionale e la saggezza è la Bodhicitta ultima, il risveglio completo nella mente primordiale.
La presentazione dell’intero sentiero Vajrāyana è decritta in numerosi e importantissimi testi delle scuole buddiste, il Lam Rim in particolare presenta il panorama completo dettagliatamente illustrato nei volumi del grande maestro Lama Tzong Khapa e nella scuola filosofica della Mādhyamika di Nāgārjuna.
L’argomento è vastissimo e profondo e io qui ho cercato solo di presentarvi una sintesi, e vi prego quindi di darmi il vostro parere e indicarmi quali sono i lati più complessi che necessitano maggior approfondimento.
Domanda: Io vorrei capire meglio quali sono questi tantra di cui hai parlato perché non ho capito bene i nomi.
Lama: Sono quattro forme di tantra, il primo è il Kriyātantra che significa azione, poi seguono Caryātantra, Yogatantra e Anuttarayogatantra.
Domanda: Hai parlato di diversità nel buddhismo, quante e quali sono?
Lama: Nel buddhismo tibetano ci sono quattro importanti scuole che affrontano e approfondiscono aspetti differenti, ma che alla fine non sono mai in contrapposizione con quelli sviluppate dalle diverse correnti, così come ci sono le diversificazione sviluppate nei vari paesi secondo le loro radici culturali.
Domanda: Volevo tornare su una frase che hai detto ieri perché non mi è affatto chiaro il concetto: “se comprenderai che la vacuità appare come causa ed effetto non sarai preda delle visioni estremiste”, ma come fa la vacuità avere una causa e un effetto?
Lama: Non afferma una causa effetto intrinseca alla vacuità, ma si riferisce alla sua apparenza relativa a ogni fenomeno che diventa causa della conoscenza della non esistenza del fenomeno in modo estremo, assoluto, e questa conoscenza produce effetto della conoscenza di vacuità.
Domanda: Io cerco sempre di capire le cose a livello concettuale e dunque non riesco proprio a trovare una connessione tra l’interdipendenza dei fenomeni e la vacuità. A livello meditativo forse in alcuni momenti se ne può avere intuizione, ma la conoscenza è altra cosa, che fare?
Lama: Immaginiamo che la nostra vita sia il cammino su una particella di atomo, nella nostra immaginazione il percorso è lunghissimo, ma nella realtà noi camminiamo su una singola particella di atomo eppure ogni singolo atomo è tutti gli atomi, è lo spazio della realtà ultima dei fenomeni, la mente primordiale che va al di là della nostra percezione apparente. Noi non dobbiamo complicarci la vita cercare soluzioni razionalmente perfette, dobbiamo semplicemente meditare respirando con consapevolezza, questo è il mezzo per realizzare Bodhicitta e Saggezza, tutto il resto è fardello inutile.
Vi ringrazio davvero per le vostre domande e per questa condivisione, alla fine il Dharma può essere anche definito come gioia del cuore, il segno della presenza del Dharma nella nostra esistenza è proprio questa gioia limpida, profonda, calma, anche quando ci sembra di non riuscire a comprendere perfettamente a livello razionale, non importa, il Dharma, è comunque la realtà in cui stiamo camminando.
Nella visione profonda, nella consapevolezza dell’interdipendenza di tutti i fenomeni si vive pienamente ogni istante con la gioia profonda nel cuore e tutto è realmente Dharma, lasciamo andare quindi ogni inutile aspettativa, tutte le complicazioni intellettuali che ci allontanano dalla nostra pura essenza.
Vi ringrazio davvero per questi due giorni trascorsi insieme con la gioia del cuore e dedichiamo la nostra pratica per la pace nel mondo e a beneficio di tutti gli esseri senzienti.
Grazie a tutti.
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