Serie di lezione tenuta al Istituto Lamrim, Roma
Natura
interdipendente
Geshe
Gedun Tharchin
Buddha
ha insegnato il Dharma con l’intenzione di essere di beneficio a
tutti gli esseri senzienti, i
suoi
insegnamenti vengono da un cuore compassionevole, dalla Bodhicitta.
Il
modo per poter aiutare gli altri è quello di mostrare loro la
visione corretta, inoltre ogni
insegnamento
del Buddha è sempre iniziato con la spiegazione della natura
interdipendente della
realtà
che è ciò che dovremmo considerare come retta visione la quale ci
conduce al Nirvana.
In
questo caso per Nirvana si intende la liberazione dal Samsara, dalla
confusione; non si deve
pensare
al Samsara come ad un luogo o ad una realizzazione, ma esistono anche
dei piccoli Nirvana
che
sono da considerare come più pratici da ottenere perché l’unione
di Amore e Compassione con
la
natura interdipendente della realtà ci può condurre alla
realizzazione di questi piccoli Nirvana che
sono
degli stati di libertà dalla confusione e dall’ignoranza, ed il
Sutra del Cuore è un contesto
molto
utile per seguire questo tipo di pratiche.
La
pratica del Dharma non si limita a venerare il Budha, ma ci avvicina
alla realtà.
Le
scritture dicono che ogni movimento del Buddha, sia fisico, mentale o
verbale, non avviene se
non
c’è un significato, ossia che non sia di beneficio agli esseri
senzienti e questo perché qualsiasi
moto
di parola, mente o corpo del Buddha, viene dall’Amore e dalla
Compassione, perfino il suo
respirare
porta beneficio agli esseri senzienti. Tutto questo non è possibile
soltanto grazie alle
qualità
del Buddha, ma si tratta di un magnifico esempio che anche noi
possiamo seguire
camminando
nel sentiero da lui tracciato.
Sta
scritto che gli esseri mondani hanno paura al solo sentire il signore
della morte, ed in modo
simile,
il signore della morte ha timore al solo sentire pronunciare il nome
del Buddha, e questo
perché
il Buddha è il solo che può insegnare agli esseri mondani come
poter sottomettere il signore
della
morte.
Al
Buddha vennero poste quattordici domande riguardanti quattordici
argomenti, il primo dei quali
era
se il mondo avesse una fine o meno, a cui il Buddha rispose
semplicemente con il silenzio;
partendo
da questo fatto ci si chiede come può esistere un Buddha che sia
onnisciente? Il fatto che
non
avesse risposto poteva significare apparentemente che non conosceva
la risposta e quindi non
poteva
essere onnisciente. In realtà il Buddha non rispose in quanto sapeva
che c’erano cose che
poteva
ed altre che non poteva fare, così come c’erano alcune cose di cui
poter parlare ed altre di
cui
non avrebbe potuto parlare, ma il fatto di non aver dato una risposta
non vuol dire che non lo
sapesse.
Questo perché il Buddha conosceva quello che era il livello mentale
e le attitudini dei suoi
discepoli
e dei suoi ascoltatori, e proprio per questo sapeva quando e che cosa
doveva rispondere
per
poter essere di perfetto aiuto agli altri ed ecco il motivo per cui
quella volta il Buddha rimase
silente;
il silenzio stesso può essere una risposta, si può rispondere
tacendo e quella è la migliore
risposta.
A
queste domande sui quattordici argomenti che riguardavano ad esempio
se il mondo avesse una
fine
o se esistesse l’”io”, il Buddha non diede risposta in quanto
rispondere affermativamente o
negativamente
sarebbe stata un’azione pericolosa e quindi non sarebbe stata di
beneficio, ma
avrebbe
potuto fare del male. Questo tacere del Buddha è quindi nato dalla
Compassione.
Noi
tendiamo, invece, a dare sempre una risposta anche quando non ne
sappiamo abbastanza! Sono
stato
invitato ad una trasmissione sul silenzio su Rai 3, ma a questo
invito è seguito soltanto un
silenzio
da parte loro, non se ne è fatto più niente (risata), e questo è
un chiaro esempio di come sia
la
natura interdipendente della realtà a produrre le cose e non noi:
loro volevano fare una
trasmissione
sul silenzio ed il silenzio si è prodotto! Parlare del silenzio pone
il problema del modo
in
base al quale parlarne, in quanto sembra abbastanza contraddittorio!
(risata)
E’
la natura interdipendente della realtà che costituisce la retta
visione la quale non siamo noi a
produrre,
ma che già esiste e che dobbiamo soltanto comprendere.
Generalmente
tutto ciò che è prodotto dai tre veleni (ossia rabbia, attaccamento
ed ignoranza) sono
considerate
cose negative, mentre ciò che viene prodotto dall’opposto dei tre
veleni (ovverosia quel
che
non è rabbia, attaccamento ed ignoranza) viene considerato positivo;
si dice, però, che là dove
l’intenzione
sia positiva, anche azioni compiute con la parola e con il corpo come
mentire e rubare,
pur
apparendo come negative, in realtà sono da considerarsi positive per
la motivazione che hanno.
Quindi:
è possibile che mentre la mente non ruba, la mano possa rubare? La
mente non sta
compiendo
nessuna azione negativa in quanto è pervasa dall’intenzione
positiva: anche un’azione
che
apparentemente può sembrare negativa in realtà non lo è. Ed ecco
perché le azioni del
Bodhisattva
che siano all’apparenza negative o positive, in realtà sono tutte
virtuose proprio perché
l’attitudine
e la motivazione mentale vengono prima di tutto.
Quindi
è possibile che un’azione sia negativa e virtuosa al tempo stesso
e questo è un bel tema per
farci
un dibattito, ma può essere un argomento pericoloso perché può
succedere che qualcuno pensi
che
certe eccezioni possano essere lecite; ad esempio le guerre sante,
con la Bodhicitta non si può
pensare
di uccidere qualcuno, ed anche il più piccolo animale deve essere
guardato con Amore e
Compassione.
Un
esempio d’eccezione può essere quello di colui che sa che qualcuno
vuole uccidere altre persone
e
quindi per impedirgli di fare ciò lo uccide, ma questa eccezione
deve essere comunque l’azione di
un
Bodhisattva che sa quel che sta facendo.
Nell’ambito
Buddista vengono riportate queste eccezioni le quali, in quanto tali,
non appartengono
al
nostro livello ordinario. Da un punto di vista morale, ossia
dell’Amore, della Compassione e della
Bodhicitta,
non possiamo far del male a nessun essere senza eccezioni, quindi è
davvero difficile
trovare
un’azione che sia al contempo negativa e virtuosa, perché per
uccidere, ad esempio, ci deve
per
forza essere un atteggiamento violento come, allo stesso modo,
mentire o rubare comprendono
un
atteggiamento negativo.
Quando
si parla di un’azione non violenta questa richiede che in maniera
assoluta non ci sia la
presenza
di alcun male compiuto su nessun essere senziente, altrimenti persone
come Bin Laden
vengono
giudicate come esseri violenti e quindi uccisi, ma dal punto di vista
della Bodhicitta anche
questi
devono essere giudicati con Amore e Compassione perché c’è
comunque qualche mezzo
pacifico
per liberarli. Questo è il nostro principio etico ossia dettato
dall’ Amore e dalla
Compassione
e quindi non violento.
E’
possibile che nel Tibet, in passato, siano stati commessi tanti
errori di valutazione su queste cose,
per
cui capitava che un Lama dicesse di uccidere e la gente lo faceva; ed
è quel che troviamo anche
nella
nostra società, ad esempio le guerre sante dove i capi spirituali
sono in realtà dei generali.
Nel
governo tibetano in esilio il ministro della difesa è un monaco, ma
se ci fosse un vero stato non
ci
sarebbe un monaco a ricoprire questo incarico, comunque per la
società tibetana questo è
possibile
in quanto deriva dalla mentalità del passato poiché nell’antico
Tibet si sono verificati casi
in
cui dei monasteri hanno fatto guerre anche contro il governo stesso,
tra questi anche il monastero
di
Sera, ma d’altra parte si trattava di un governo molto debole e
quindi una comunità forte come
quella
dei monasteri dell’epoca, poteva tranquillamente permettersi di
avere un atteggiamento
belligerante
con la scusa della difesa del Dharma.
Dobbiamo
quindi essere molto attenti a non fraintendere quello che è il
nostro principio etico
dell’Amore
e Compassione che è assolutamente non violento.
Domanda:
Quale è
il punto di visto Dharmico nei confronti di vittime che noi omettiamo
di
proteggere?
Se non faccio un’azione, buona e cattiva contemporaneamente, per
proteggere una
potenziale
vittima, non sono responsabile? Parlo di responsabilità morale,
ossia se causo la morte di
altre
persone perché ometto di fare un’azione cattiva, non sono
responsabile?
Risposta:
La tua
responsabilità morale è semplicemente quella di non commettere
un’azione
negativa,
cioè qualsiasi azione che possa far del male a qualsiasi essere
vivente per quanto piccolo
possa
essere.
La
gravità di una particolare situazione fa parte dei segreti della
vita, i segreti del Samsara che sono
molto
difficili da riconoscere. L’unica cosa che possiamo fare è
proteggere la nostra mente, non
perdere
mai la pazienza, l’Amore e la Compassione, il nostro rispetto
totale nei confronti di
qualsiasi
essere vivente, questo è il modo tramite il quale possiamo misurare
la nostra attitudine.
Domanda:
Rimango
perplesso…come deve fare, ad esempio, un chirurgo di fronte ad un
malato
che
sta per morire, deve non intervenire secondo il Dharma?
Risposta:
Questa
non è violenza in quanto il chirurgo sta curando quella persona che
è l’opposto di fare del male.
Domanda:
Allora
prendiamo un poliziotto…può uccidere un poliziotto per impedire un
omicidio?
Risposta:
Questo
dipende dal karma negativo del poliziotto.
Domanda:
Però,
se fin dai tempi più antichi, nessuno avesse mai reagito ci
troveremmo ancora con
i
più forti che sottomettono i più deboli; se non c’è una difesa
dei deboli, che a volte richiede un
metodo
violento, alcuni popoli sarebbero scomparsi, le donne sarebbero delle
serve…
Risposta:
Questi
sono concetti che nascono dall’idea che ci sia una permanenza delle
cose.
Domanda:
La
legittima difesa è lecita?
Risposta:
L’unica
cosa che si deve difendere è ciò che nessuno ti può distruggere:
la mente e quindi la Bodhicitta. La difesa è un qualcosa che viene
sottolineato in occidente al punto che spesso sembra quasi una scusa,
in fondo se non ci fosse stata questa tendenza a difendersi, il mondo
sarebbe differente, non ci sarebbero confini o stati in quanto la
difesa è un concetto di chiusura, mentre se ci fossero sempre. Amore
e Compassione assoluti non ci sarebbe bisogno di difendersi.
E
questo è proprio il Dharma, ossia un concetto straordinario che va
oltre il modo di pensare
ordinario
e che caratterizza le persone realizzate. Dovremmo provare questa
visione straordinaria delle cose nella nostra vita ordinaria