Tuesday, 25 November 2014

MEDITAZIONE E PRATICHE PRELIMINARI - LAM RIM JOR CHÖ 1°







LAM RIM JOR CHÖ
Meditazioni e pratiche preliminari

 

 

Lama Geshe Gedun Tharchin
Ritiri Bolsena 2005 

  

















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INDICE


BOLSENA 2005



Parte Prima - gennaio 2005


DHARMA E MEDITAZIONE SUL JOR CHÖ

Jor Chö - recitazione in italiano  
Jor Chö - Introduzione al Ritiro  
Jor Chö - Prime Pratiche Preliminari - Presa di Rifugio  
Jor Chö - Prime Pratiche Preliminari - Storia del Tibet  
Il Sutra del Cuore  
Jor Chö - Pratica dei Sette Rami  
Saluti e Dedica













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DHARMA e MEDITAZIONE sul JOR CHÖ
BOLSENA  -  gennaio 2005









Jor Chö - Recitazione in italiano



Iniziamo con la lettura degli “Otto Versi di Trasformazione della Mente” .
 Otto Versi della Trasformazione della Mente
di Kadampa Geshe Langri Tangpa (XII° secolo) - traduzione dell’Istituto Lam-Rim di Roma

Considerando tutti gli esseri senzienti
superiori alla gemma che esaudisce i desideri 
per realizzare il fine supremo
possa io costantemente prenderli a cuore.

Quando sarò con gli altri, 
riterrò me stesso come il meno importante,
e mi prenderò cura di loro fin nel profondo del cuore
come se ognuno fosse il più elevato degli esseri.

Vigile, ogni volta che sorge un’emozione negativa
Che possa nuocere me o gli altri,
l’affronterò e l’eliminerò
senza indugio.

Vedendo esseri in preda alla malvagità
Intenti a violente azioni negative, sopraffatti da sofferenze, 
avrò sempre cura di tali creature così rare,
come se avessi trovato un tesoro prezioso.

Quando altri, per invidia, mi maltratteranno,
mi insulteranno o faranno cose simili,
accetterò la sconfitta e offrirò la vittoria.

Quando qualcuno a cui ho fatto del bene
e in cui ho riposto grandi speranze
mi infligge un danno terribile,
lo considererò il mio santo amico spirituale.

(ripetere 3 volte) In breve, direttamente e indirettamente, offro
ogni beneficio e felicità a tutti gli esseri senzienti, mie madri;
possa io segretamente prendere su di me
tutte le loro azioni negative e sofferenze.

Possa la pratica non essere mai contaminata dalle idee causate
dalle otto preoccupazioni mondane,
e, consapevole che tutte le cose sono illusorie,
possa io, privo di attaccamento, essere libero dal samsara.

“Gli otto versi della trasformazione della mente” appartengono al testo scritto da Kadampa Geshe Langri Tangpa, e fanno parte degli insegnamenti Lo Jong. Il poema fu composto nel periodo in cui in Tibet prosperava la scuola Ka dam.
La traduzione italiana è stata effettuata dall’Istituto Lam Rim di Roma.
***
Dopo la recitazione degli otto versi si pratica la purificazione dei soffi iniziando con il ciclo dei nove respiri, seguito immediatamente da quello dei ventuno.
Terminata la purificazione ci si concentra nelle preghiere del Jor Chö. 



JOR CHÖ - Meditazioni e pratiche preliminari 
VISUALIZZAZIONE DELL’OGGETTO DEL RIFUGIO
Nello spazio di fronte a me, all’altezza degli occhi, c’è un trono ampio e maestoso fatto di gemme preziose di ogni tipo e sorretto da grandi leoni, due ad ogni angolo, che guardano in alto e in basso. Sopra il trono vi è un seggio mandala composto da u fiore di loto multicolore completamente sbocciato dal disco di luna e di sole.
Su di esso è seduto il mio Guru radice, virtuoso e gentile, nell’aspetto di Buddha Sākyamuni. Il suo corpo, della natura della luce, è del colore dell’oro purissimo e splendente. E’ coronato dall’ usnīsa, ha un volto e due braccia. La mano destra è allungata a toccare la terra, la sinistra è appoggiata in grembo nella posizione della meditazione e tiene una ciotola da mendicante colma di nettare.
E’ adorno di tutti i centododici segni fisici di un Buddha, indossa le vesti color zafferano da monaco ed è seduto con le gambe incrociate nella postura del vajra (o del loto), in un’aura di luce emanata dal suo corpo.
Attorno a lui sono seduti tutti i miei Guru diretti, quelli del lignaggio, gli Ydam, i Buddha , i Bodhisattva, i Daka, le Dakini e i Protettori del Dharma, con i volumi dei loro insegnamenti, splendenti di luce chiara, posti davanti a loro su magnifici troni.
Tutti i membri di questa potente assemblea sorridono e sono compiaciuti che io stia facendo questa pratica.
Ricordando la loro gentilezza e le loro qualità, sorge in me fiducia e ammirazione profonda. 
Io e tutti gli esseri senzienti, mie madri, da rinascite senza inizio fino ad ora, abbiamo sperimentato ogni sorta di sofferenza del samsara in generale e, in particolare, dei tre stati inferiori. Tuttavia non ci è facile comprendere la profondità e l’estensione delle sofferenze.
Ma ora ho ottenuto una condizione umana ottimale, pienamente dotata degli otto tipi di libertà e delle dieci circostanze favorevoli al Dharma, che è veramente difficile da trovare e, una volta ottenuta può essere vantaggiosamente utilizzata perché mi permette di ottenere una buona rinascita, il nirvana o persino lo stato di Buddha.
Per questa volta ho avuto la fortuna di trovare il Dharma, il cui incontro è rarissimo. Se non mi impegno ora che ho questa occasione così favorevole per ottenere la completa illuminazione, la forma suprema di liberazione da tutte le sofferenze, dovrò sperimentare ancora tutta la serie di sofferenze del samsara in generale e, in particolare, quelle dei tre reami inferiori.
Solo il mio Guru e i tre Gioielli del rifugio visualizzati di fronte a me hanno il potere di proteggermi da tutte queste sofferenze.
Dovendo ottenere il risveglio per riuscire a  beneficiare in modo completo tutti gli esseri senzienti, mie madri, prendo rifugio nel Maestro e nei tre rari e supremi.
FORMULA DEL RIFUGIO
Prendo rifugio nel Guru. Prendo rifugio nel Buddha. Prendo rifugio nel Dharma. Prendo rifugio nel Sangha. (ripetere 3 volte)
PREGHIERA PER SVILUPPARE IL BODHICITTA
Fino all’illuminazione prendo rifugio nei Buddha, nel Dharma e nel Sangha. Per i meriti virtuosi accumulati praticando la generosità e le altre perfezioni, possa io raggiungere lo stato di Buddha, per essere in grado di beneficiare tutti gli esseri senzienti. (ripetere 3 volte)
QUATTRO MEDITAZIONI ILLIMITATE
Come sarebbe meraviglioso se tutti gli esseri viventi fossero equanimi, senza attaccamento né ostilità, non vicini a qualcuno e distanti da altri. Possano dimorare nell’equanimità. Io farò in modo che vi dimorino. Vi prego Guru-divinità, concedetemi la vostra energia ispiratrice affinché io sia in grado di fare ciò.
Come sarebbe meraviglioso se tutti gli esseri senzienti avessero la felicità e le sue cause. Possano essi averla. Io farò in modo che la posseggano. Vi prego Guru-divinità, concedetemi la vostra energia ispiratrice affinché io sia in grado di fare ciò.
Come sarebbe meraviglioso se tutti gli esseri senzienti fossero liberati dalla sofferenza e dalle sue cause. Possano esserne liberati. Io farò in modo che ne siano liberati. Vi prego Guru-divinità, concedetemi la vostra energia ispiratrice affinché io sia in grado di fare ciò.
Come sarebbe meraviglioso se tutti gli esseri senzienti non fossero privi della gioia delle rinascite elevate o della liberazione completa. Possano non esserne mai privi. Io farò in modo che essi non ne siano separati. Vi prego Guru-divinità, concedetemi la vostra energia ispiratrice affinché io sia in grado di fare ciò. (ripetere tre volte)
PREGHIERA PER SVILUPPARE INTENSAMENTE IL BODHICITTA
Per il bene di tutti gli esseri senzienti, che sono stati mia madre, farò qualsiasi cosa per ottenere al più presto, rapidamente, lo stato prezioso della buddhità pura e completa.
Quindi, ora, mediterò sugli stadi del sentiero verso l’illuminazione, la porta del sentiero profondo dello yoga e del Guru-ydam. (meditare sull’assorbimento dell’oggetto di rifugio).
PURIFICAZIONE DEL LUOGO
Possa la superficie della terra, in ogni direzione, essere pura, senza asperità e imperfezioni, soffice e liscia come il palmo della mano di un bambino, naturalmente levigata come il lapislazzuli.
OFFERTE
Possano le offerte materiali degli umani  e dei deva, quelle effettivamente preparate, quelle immaginate e le nuvole delle ineguagliabili offerte di Samantabhadra, pervadere la totalità dello spazio.
(ripetere per tre volte il mantra):
“Om namo bhagavate, vajra sara pramardane tathagataya, arhate samyak sam buddhaya, tadyatha, om vajre vajre, maha vajre, maha tejra vajre, maha vidya vajre, maha bodhicitta vajre, maha bodhi mandopa samkramana vajre, sarva karma avarana visciodhana vajre soha.”
PAROLE DI VERITA’
Per il potere della verità dei tre gioielli del rifugio, per la grande energia ispiratrice di tutti i Buddha e i Bodhisattva, per l’imponente raccolta completa di merito e di saggezza, per il potere della vacuità inconcepibile e pura possano tutte queste offerte rivelare la loro vera natura.
VISUALIZZAZIONE DELL’ALBERO DELL’ASSEMBLEA DEI GURU
Nel vasto spazio della vacuità e della beatitudine non-duali, in mezzo a nuvole di offerte di Samantabhadra, sulla cima dell’albero che esaudisce i desideri, meravigliosamente adorno di frutti, foglie e fiori, vi è un prezioso trono splendente di luce dei cinque colori.
Sopra di esso c’è un enorme loto, un cuscino di sole e uno di luna, su cui siede il mio caro Guru radice, gentile nei tre modi, nella sua forma fisica, ma della natura di tutti i Buddha.
Ha l’aspetto del monaco completo, ha un volto, due braccia e un sorriso raggiante. La sua mano destra è nel mudrā di insegnare il Dharma (vicino al cuore, il palmo è rivolto all’esterno, il pollice e l’indice formano un cerchio). La sua mano sinistra, in grembo, è nella posizione dell’equilibrio meditativo e tiene una ciotola da mendicante colma di nettare. Indossa i tre abiti color zafferano da monaco, è coronato dal copricapo dorato di un pandita. Nel suo cuore siede Buddha Sākyamuni, al cui cuore c’è Vajradhara di colore blu, con un volto e due braccia, un vajra e una campana e tutti i segni dell’illuminazione. E’ abbracciato alla consorte Vajradhatu Ishvari, entrambi godono dell’estasi di vacuità e beatitudine simultanee.
Sono adorni di molti gioielli, indossano sete raffinate e incantevoli vesti celestiali, sono avvolti dalla lice d’arcobaleno a cinque colori che si irradia all’infinito. 
Il mio Guru radice nella perfetta posizione del vajra è la manifestazione di Vajradhara e Buddha.
I suoi skandha puri sono cinque dhyāna Buddha, gli elementi del suo corpo sono le quattro consorti, i sensi, i canali, i muscoli e le giunture sono gli otto Bodhisattva, i suoi pori sono ventunmila Arhat, le sue membra sono i potenti irati.
La luce che emana dal suo corpo si irradia nella forma dei protettori delle dieci direzioni. Gli dei celestiali e quelli mondani sono soltanto supporti per i suoi piedi.
Attorno a lui, sui petali di loto a undici livelli, si trovano, disposti nell’ordine tradizionale, i quattro ydam principali anuttarayoga Guhyasamāja di fronte, Yamāntaka alla sua sinistra, Heruka alla sua destra e Hevajra dietro.
Al secondo livello ci sono i rimanenti ydam dell’a anuttarayoga, al terzo gli ydam dello yogatantra, al quarto quelli del caryātantra, al quinto quelli del kriyātantra. Al loro seguito sono tutte le altre divinità dei loro mandala.
Al sesto livello ci sono i Buddha, al settimo di Bodhisattva, all’ottavo i Pratyeka, al nono gli Srāvaka, al decimo i Daka e le Dākinī e all’undicesimo i Protettori del Dharma.
I Guru del lignaggio di bodhicitta sono seduti alla sua destra: Maitreya, i Pandita dell’India, i Geshe kadampa e i Gelugpa. I Guru del lignaggio di sūnyatā sono seduti alla sua sinistra: Mañjusrī, i Pandita dell’India, i Geshe kadampa e i Gelugpa.
Sopra di lui, in ordine verticale, siedono i Guru del lignaggio delle cinque linee tantriche, dalla sua destra verso sinistra, alla testa di ciascuna fila, siedono Guhyasamāja, poi Yamāntaka, Vajradhara Atīsha e infine Heruka.
Di fronte al Guru radice ci sono tutti i maestri diretti per la cui gentilezza sono cresciuto spiritualmente. Egli è così magnificamente circondato da questo oceano di nobili esseri ora qui riuniti.
Il corpo, la parola e la mente di ciascuno dei membri dell’assemblea sono segnati da una OM bianca, una AH rossa e da una HUM blu. Queste tre sillabe convergono in una sillaba HUM blu, al cuore di ognuno di essi, da cui emanano raggi di luce che, come ganci, attirano dalle loro dimore celestiali, tutti i veri dhyāna, i Bodhisattva e i Buddha. Essi si assorbono nei corrispondenti membri dell’assemblea visualizzata di fronte a me.
Dza Hum Bam Hoh: diventano indistinguibili da essi.
PRATICA DEI RITI DI PURIFICAZIONE PER L’ASSEMBLEA DEI GURU
(Generazione della sala delle abluzioni)
Visualizzo chiaramente una splendida sala per le abluzioni, pervasa di delicate e rinfrescanti fragranze, il pavimento lucente è di cristallo chiaro, ci sono maestose colonne di gioielli brillanti sopra le quali si estende un magnifico baldacchino elegantemente decorato da perle luccicanti.
In questa sala meravigliosa c’è una schiera di assistenti celestiali per servire tutti i guru riuniti che, uno alla volta, ricevono l’offerta del bagno.
Offerta dell’abluzione
Così come gli dei e le dee hanno fatto offerte di acqua pura al Buddha dopo la nascita, anch’io offro un bagno di acqua pura ai membri di questa assemblea visualizzata.
Om sarva tathāgata abhisekata samaya shrye ah hum.
Offro l’abluzione al Buddha Vajradhara il cui corpo è l’espressione di dieci milioni di virtù eccellenti, la cui parola esaudisce i desideri degli infiniti esseri migratori, la cui mente percepisce la natura (di vacuità) di tutto ciò che esiste.
Om sarva tathāgata abhisekata samaya shrye ah hum.
Offro l’abluzione ai Guru del lignaggio che hanno trasmesso gli insegnamenti della vasta bodhicitta. Offro l’abluzione ai Guru del lignaggio che hanno trasmesso gli insegnamenti della visione profonda. Offro l’abluzione ai Guru del lignaggio delle benedizioni che hanno trasmesso l’ispirazione. Offro l’abluzione ai Guru del lignaggio.
Om sarva tathāgata abhisekata samaya shrye ah hum.
Offro l’abluzione ai Buddha, i veri maestri. Offro l’abluzione al Dharma, la vera protezione. Offro l’abluzione al Sangha, le vere guide. Offro l’abluzione alla triplice gemma, il vero rifugio.
Om sarva tathāgata abhisekata samaya shrye ah hum.
Asciugo i corpi di tutte le emanazioni con un panno di ineguagliabile fragranza e perfettamente pulito.
Om hum tram hrih ah kaya visciodhanaye soha.
Spalmo i migliori oli profumati e le essenze più fragranti trovabili nei tremila universi sui corpi dei Buddha. Gloriosi, essi irradiano luce splendente come oro brillante.
Offro morbidissimi abiti celestiali, di tessuto raffinatissimo e leggero, a coloro che hanno ottenuto l’inamovibile corpo di vajra. Offrendo con fede inamovibile, possa anch’io ottenere il corpo di vajra.
Sebbene i Buddha non necessitino ulteriori ornamenti essendo già naturalmente adornati dei segni maggiori e minori dell’illuminazione, offrendo loro i più raffinati ornamenti preziosi, possano anche tutti gli esseri migratori ottenere i corpi perfetti, adornati dai segni di buddhità.
Per l’amore e la compassione che provate per me e per tutti gli esseri senzienti, per la forza dei vostri poteri miracolosi, vi supplico di rimanere con noi finché continuerò a farvi offerte.
PRATICA DEI SETTE RAMI
Oh nobile Mañjusrī dalla giovane forma, mi prostro davanti a te.
Oh leoni fra gli uomini, Buddha passati, presenti e futuri a quanti di voi esistono nelle dieci direzioni mi prostro con il corpo, parola e mente.
Sulle onde della potenza di questa regina delle preghiere, per i metodi supremi e sublimi con i corpi numerosi come gli atomi del mondo, mi prostro ai Buddha che pervadono lo spazio.
In ogni atomo si trova un Buddha che siede tra gli innumerevoli figli di Buddha; con uno sguardo fiducioso mi rivolgo ai vittoriosi che riempiono l’intero dharmadhātu.
A coloro che hanno infiniti oceani di eccellenza, con un oceano di prodigiosa parola canto le lodi alla grandezza di tutti i Buddha: un elogio a coloro che sono andati nella beatitudine.
Offro loro ghirlande di fiori, parasoli decorati, musiche piacevoli e profumi eccelsi; offro a tutti i vittoriosi lampade al burro e sacro incenso purissimo.
Cibo eccellente, fragranze supreme e un cumulo di sostanze mistiche alto come il monte Meru dispongono in un ordine speciale e offro a coloro che hanno conquistato se stessi.
Elevo tutte le offerte impareggiabili con ammirazione per coloro che sono andati nella beatitudine con la forza della fede nei metodi sublimi, mi prostro e faccio offerte ai conquistatori.
Offerta del Mandala
Om vajra bhumi ah hum, qui c’è la possente base di oro puro; Om vajra reche ah hum, qui c’è la barriera adamantina. L’anello esterno è circondato dalla barriera di ferro
Nel centro si innalza il monte Meru, re delle montagne. Ad est c’è il continente Pūrvavideha, a sud il continente Jambudvīpa, a ovest Aparagodaniya, a nord Uttarakuru.
Attorno al continente orientale ci sono i sottocontinenti Deha e Videha, attorno a quello meridionale Camara e Aparacamara, attorno a quello occidentale Satha e Uttaramantrina , attorno a quello settentrionale Kurava e Kaurava.
A est c’è la montagna preziosa, a sud l’albero che esaudisce i desideri, ad ovest la mucca che esaudisce i desideri e a nord la messe che non richiede coltivazione.
Qui c’è la ruota preziosa, qui il prezioso gioiello, qui la regina preziosa, qui il prezioso ministro, qui il prezioso elefante, qui il prezioso e migliore dei cavalli, qui il prezioso generale e qui il grande vaso prezioso.
Qui c’è la dea della bellezza, qui la dea delle ghirlande, qui la dea della musica, qui la dea della danza, qui la dea dei fiori, qui la dea dell’incenso, qui la dea della luce, qui la dea del profumo.
Sopra c’è il sole, la luna, l’ombrello prezioso e lo stendardo della vittoria in tutte le direzioni.
Al centro ci sono tutti i possedimenti preziosi degli dei e degli umani.
Questa meravigliosa e gloriosa collezione che non manca di nulla, la offro al mio gentilissimo Guru radice, ai venerabili preziosi guru del lignaggio, a Lama Je Tzong Khapa, a Sākyamuni, a Vajradhara, insieme all’intera assemblea delle divinità.
Per la vostra grande compassione, accettate tutte queste offerte per il beneficio di tutti gli esseri.
Dopo averle accettate, con grande amore e compassione inviate a me e a tutti gli innumerevoli esseri onde di energia ispiratrice affinché seguiamo il vostro nobile esempio.
Per i meriti creati nell’offrire a voi, assemblea di Buddha visualizzati di fronte a me, questo mandala costruito su di una base risplendente di fiori, acqua profumata e incenso, adorno del monte Meru e dei quattro continenti, del sole e della luna, possano tutti gli esseri senzienti godere di questa sfera pura.
Con fede inamovibile nei miei guru, ydam e tre preziosi gioielli, offro il prezioso mandala ingioiellato, altre purissime offerte, ricchezze, tutte le virtù create da chiunque nel passato, nel presente e nel futuro con il corpo, la parola e la mente. Accettandole con la vostra infinita compassione, mandatemi onde di energia ispiratrice.
Idam guru ratna mandala kam niryata yami
Invio questo mandala ingioiellato a voi guru preziosi.
CONTINUAZIONE DEI SETTE RAMI
Da lungo tempo, sopraffatto da attaccamento, odio e ignoranza, con il corpo, la parola e la mente ho compiuto innumerevoli azioni negative. Ora le confesso tutte senza omissioni.
Nelle perfezioni dei Buddha, Bodhisattva, Arhat sul sentiero e oltre e nella potenziale bontà di tutti gli esseri viventi, elevo il mio cuore e gioisco.
Oh luci dell’universo, Buddha che otteneste lo stato dell’illuminazione incontaminato, a tutti voi rivolgo questa richiesta: fate girare l’incomparabile “ruota del Dharma”.
Oh Maestri che volete mostrare il paranirvana, vi prego di restare con noi e insegnare per tanti eoni quanti sono i granelli di polvere, per portare gioia e virtù a tutti gli esseri.
Possa qualunque merito accumulato con queste prostrazioni, offerte, purificazione, nel rigioire e chiedendo ai Buddha di rimanere e insegnare il Dharma, essere dedicato all’illuminazione suprema e perfetta, affinché, al più presto, liberi dalla sofferenza tutti gli esseri.
RICHIESTA DELL’ISPIRAZIONE AI MAESTRI DEL LIGNAGGIO
Glorioso e prezioso Guru radice, ti prego di dimorare sul seggio di loto e di luna posto sul mio capo. Prendendoti cura di me con la tua immensa gentilezza, concedimi le potenti realizzazioni del corpo, della parola e della mente.
RICHIESTE ALL’ASSEMBLEA DEI GURU
Rivolgo Richieste al Buddha, il capo del clan dei Sakya, il cui corpo è il prodotto di dieci milioni di virtù ed eccellenze, la cui parola esaudisce i desideri degli infiniti esseri senzienti, la cui mente riconosce tutti i fenomeni così come sono (vuoti).
Rivolgo Richieste ai Guru del lignaggio delle azioni estese: a Maitreya, Asanga, Vasubandhu, Vimutkisena, Paramasena, Vinitasena, Sāntaraksita Haribhadra, Kusali l’Anziano, Kusali il Giovane e Suvarnadvipi Dharmamati.
Rivolgo Richieste ai Guru del lignaggio della visione profonda: a Mañjusrī e a Nāgārjuna, che hanno distrutto gli estremi dell’esistenza e dell’inesistenza, a Candrakīrti, Vidyakokila l’Anziano e gli altri nobili figli dell’Arya che hanno perseguito le intenzione del Buddha. 
Rivolgo Richieste ai Guru Kadam: ad Atīsa, detentore delle istruzioni supreme sulla teoria e la pratica, a Dromtönpa, potente progenitore degli insegnamenti Kadam, ai quattro yogi, ai tre fratelli e ai rimanenti guru.
Rivolgo Richieste al lignaggio successivo del padre e dei suoi figli, a Je Tzong Khapa, che ha rianimato la tradizione dei precursori nel Pese delle nevi. A Ghieltsab-je, potente siddha e grande logico, a Kedrub-je, signore sia degli insegnamenti dei sutra che dei tantra.
Rivolgo Richieste ai miei gentilissimi Maestri, a Guru Vajradhara, che impersona tutti i tre rifugi, che assume l’aspetto di guide spirituali per soggiogare i discepoli e concede potenti realizzazioni, sia mondane che supreme. 
Rivolgo Richieste ai maestri illuminati che agiscono abilmente proteggendo con amore, occhi che permettono di vedere una miriade di scritture, il sentiero supremo che conduce i fortunati alla liberazione
IL FONDAMENTO DI TUTTE LE BUONE QUALITA’
Il guru è il fondamento di tutte le buone qualità ed è molto gentile e venerabile. Avendo ben compreso che seguire il guru correttamente è la radice del sentiero, vi prego di benedirmi perché possa seguirlo con profonda devozione e sforzo intrepido.
Vi prego, beneditemi perché possa realizzare che la preziosa rinascita umana, ottenuta una sola volta, è grandemente significativa e molto difficile da ottenere di nuovo, e perché io generi la mente che ne prende l’essenza giorno e notte senza sosta.
Vi prego, beneditemi perché possa realizzare che il mio corpo e la mia vita sono fragili come una bolla di sapone e velocemente si deteriorano e si avvicinano alla morte; perché io possa vedere chiaramente ed ottenere la ferma comprensione che, dopo la morte, la mente dovrà seguire il karma positivo e negativo come l’ombra segue il suo corpo; e perché io sia sempre vigile e prudente nell’evitare di accumulare karma negativi anche i più insignificanti, e per ottenere tutte le virtù.
Vi prego, beneditemi perché possa realizzare che i piaceri della felicità samsarica non danno alcuna soddisfazione e sono la porta verso tutte le sofferenze; che le perfezioni del samsara non valgono la nostra fiducia, e perché io faccia sorgere un desiderio intenso per la felicità della liberazione.
Vi prego, beneditemi perché possa compiere la pratica essenziale, mantenere l’ordinazione di pratimoksa, la radice degli Insegnamenti, con grande cura, attenzione e memoria che derivano dal pensiero puro (della rinuncia).
Vi prego, beneditemi perché sia capace di vedere che, come io sono caduto nell’oceano del samsara, tutti gli esseri senzienti, mie madri, stanno soffrendo allo stesso modo, e perché possa addestrare la mente nella sublime bodhicitta, sopportando il peso di liberare tutti quei trasmigratori.
Vi prego, beneditemi perché sia capace di vedere che, se anche ho ricevuto la bodhicitta, se non sono ben addestrato nelle tre moralità, con questa soltanto non potrò mai  raggiungere l’illuminazione, e perché possa seguire con intenso sforzo, le ordinazioni dei figli dei conquistatori (i Bodhisattva).
Vi prego, beneditemi perché possa generare presto nella mia mente il sentiero in cui si uniscono Samatha (quiescenza mentale) e Vipassanā (visione superiore), pacificando la distrazione (causata) da oggetti ingannevoli e contemplando perfettamente il significato assoluto.
Quando sono diventato ricettivo, avendo esercitato la mente nel sentiero generale, Vi prego di benedirmi perché possa entrare istantaneamente nel Vajrayana che è il più sublime tra tutti gli yana (sentiero), il sentiero eccellente degli esseri fortunati.
Vi prego, beneditemi perché possa ricevere la ferma, autentica certezza nella spiegazione che  la base per ottenere i due tipi di realizzazione (ordinarie e straordinarie), è osservare puramente i voti e le parole d’onore e proteggerli anche a costo della vita.
Quindi Vi prego, beneditemi perché sia capace di realizzare gli insegnamenti degli Esseri puri senza mai abbandonare lo yoga in quattro sessioni, con grande sforzo, avendo perfettamente compreso l’importanza dell’essenza del sentiero tantrico in due stadi.
Vi prego, beneditemi perché i miei Guru, che mostrano questo sentiero eccellente, e gli amici spirituali, che lo praticano perfettamente, abbiano lunga  vita, e perché pacifichi tutti gli ostacoli esterni e interni alla mia pratica del Dharma.
In  tutte le mie vite future possa io non essere mai separato dai perfetti maestri e gioire del magnifico Dharma e così completare tutto il sentiero e i suoi gradi; possa io ottenere velocemente lo stato di Vajradhara.
(L’albero dell’assemblea dei Guru si assorbe nella figura centrale che scende sul tuo capo e si trasforma in Guru Sākyamuni Buddha. Ora medita per qualche tempo su un soggetto del sentiero Generale.)
BREVE PREGHIERA DEI SETTE RAMI E OFFERTA DEL MANDALA
Glorioso e prezioso Guru radice che siedi sul seggio di loto e luna posto sul mio capo, prendendoti cura con la tua grande gentilezza, ti prego di concedermi le potenti realizzazioni di corpo, parola e mente.
Mi prostro al Buddha, il capo dei Sakya il cui corpo è il prodotto di dieci milioni di virtù eccellenti, la cui parola esaudisce i desideri degli infiniti esseri senzienti, la cui mente riconosce tutti i fenomeni così come sono.
Mi prostro ai tre rifugi, al prezioso Buddha, Maestro impareggiabile, al prezioso Dharma, protezione impareggiabile,al prezioso Sangha, guida impareggiabile.
Vi porgo tutte le offerte, sia quelle effettivamente preparate, sia quelle visualizzate.
Confesso le azioni non virtuose e le trasgressioni dei voti che ho accumulato da tempo senza inizio.
Rigioisco e sono pervaso da profonda ammirazione per le virtù di tutti gli Arya.
Supplico tutti i Guru di non lasciare il samsāra, per favore, rimanete con noi per moltissimo tempo.
Girate la ruota del Dharma per il beneficio di noi tutti.
Dedico i meriti miei e quelli degli altri all’ottenimento dell’illuminazione perfetta.
Questa raccolta di offerte eccellenti e questo prezioso mandala ingioiellato, completo del monte Meru e dei quattro continenti, del sole e della luna, dei sette emblemi preziosi, li offro ai miei Guru, agli Ydam e ai tre gioielli preziosi. Accettandole con la vostra illimitata compassione, mandatemi onde di energia ispiratrice.
Idam guru mandala kam niryatayami
RICHIESTA DI OTTENERE QUALSIASI COSA VIRTUOSA DESIDERATA
Rivolgo richieste a Buddha Vajradhara, guru-divinità eccelsa, signore dei quattro corpi dei Buddha.
Rivolgo richieste a Buddha Vajradhara, guru-divinità, Dharmakāya inostacolato.
Rivolgo richieste a Buddha Vajradhara, guru-divinità, Sambhogakāya della grande beatitudine.
Rivolgo richieste a Buddha Vajradhara, guru-divinità, Nirmānakāya dalle molteplici forme.
Rivolgo richieste a Buddha Vajradhara, guru-divinità eccelsa che incorpora tutti i Guru.
Rivolgo richieste a Buddha Vajradhara, guru-divinità eccelsa che incorpora tutti gli Yidam.
Rivolgo richieste a Buddha Vajradhara, guru-divinità eccelsa che incorpora tutti i Buddha.
Rivolgo richieste a Buddha Vajradhara, guru-divinità eccelsa che incorpora tutto il Dharma.
Rivolgo richieste a Buddha Vajradhara, guru-divinità eccelsa che incorpora tutto il Sangha.
Rivolgo richieste a Buddha Vajradhara, guru-divinità eccelsa che incorpora tutti i Daka e le Dākinī.
Rivolgo richieste a Buddha Vajradhara, guru-divinità eccelsa che incorpora tutti i Protettori.
Rivolgo richieste a Buddha Vajradhara, guru-divinità eccelsa che incorpora ogni Rifugio.
DEVOZIONE CONCLUSIVA VERSO IL GURU-BUDDHA 
Mi prostro a Sākyamuni, guru vittorioso, ti porgo offerte, in te prendo rifugio.
(recitare il mantra più volte):
Om muni muni maha muni ye so ha 
Per queste virtù così create, possa io al più presto diventare guru-Buddha per poter condurre ogni essere, senza eccezione alcuna, a quello stesso stato.
PREGHIERA CONCLUSIVA DEL LAM RIM
Per le due raccolte che pervadono la vastità dello spazio, accumulate con molto impegno per lungo tempo possa io diventare il potente vittorioso che guida i migratori il cui occhio mentale è ottenebrato dall’ignoranza.
Da ora in tutte le mie esistenze possa Mañjusrī prendersi cura di me con amore, possa io trovare il supremo sentiero graduale di tutti gli insegnamenti, praticarlo e compiacere tutti i vittoriosi.
Utilizzando ogni realizzazione dei punti del sentiero, dissiperò l’oscurità mentale di tutti gli esseri attraversi metodi abilissimi dettati dall’intenso potere dell’amore.
Possa io sostenere e propagare per eoni gli insegnamenti del Vittorioso, ovunque il prezioso insegnamento non sia giunto o dove sia degenerato, spinto dalla grande compassione possa io diffondere la luce su questi benefici tesori.
Possano le meravigliose opere virtuose dei vittoriosi e dei loro figli e la pratica eccellente degli stadi del sentiero all’illuminazione arricchire la mente dei ricercatori della liberazione, possano le azioni dei vittoriosi continuare a lungo.
Possa tutto essere reso favorevole alla pratica del sentiero eccellente e siano dissipati gli ostacoli, Possano tutti gli esseri umani e non umani in tutte le loro vite non essere mai separati dal sentiero puro elogiato dai vittoriosi.
Chiunque, con grande energia, si impegna operando in armonia con le pratiche preparatorie del veicolo supremo, possano gli esseri essere sempre assistiti dai potenti dharmapala e possano estendersi oceani di buona fortuna, pervadendo ogni direzione.

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Jor Chö - Introduzione al Ritiro


Anche oggi iniziamo la sessione recitando gli “Otto Versi di Trasformazione della Mente”.
(segue lettura corale).

Ancora una volta cerchiamo di trascorrere insieme nel modo più proficuo il tempo nello spirito del Dharma, perché vivere secondo questi valori è assai differente rispetto al modo usuale di raffrontarci alla realtà in cui privilegiamo istintivamente i nostri interessi e, se in ciò non vi è nulla di particolarmente sbagliato o negativo, si crea comunque uno stato di affaticamento, di tensione, che rende tutto estremamente pesante.
Nei ritiri, nella pratica del Dharma, invece dobbiamo quasi fermare il tempo in un atteggiamento opposto a quello consueto che ci stritola nell’affanno delle molte attività  e che ci rende schiavi dell’orologio che scandisce ogni istante quasi fossimo in perenne competizione, affaticati in una corsa senza meta . 
Un verso degli antichi maestri kadampa ricorda che ogni situazione difficile, pesante o noiosa è così per un’unica ragione: l’atteggiamento usuale adottato nel nostro quotidiano che, osservato e analizzato attentamente, risulta essere sempre di esclusivo interesse personale, non assunto volontariamente, ma automaticamente in modo inconsapevole, che però comporta l’assoluta dimenticanza degli altri esseri. 
Siamo incapaci di comprendere questi automatismi a causa dell’ignoranza. La radice di tutti i nostri problemi e difficoltà è nascosta dall’ignoranza, non ce ne rendiamo conto, non ne siamo consapevoli perché l’ignoranza la cela. 
Gli automatismi che ci condizionano sono originati dall’abitudine, che dunque è necessario capovolgere, e ciò può avvenire solo tramite la meditazione, la presenza mentale, la consapevolezza della realtà e l’indicazione più diretta di come procedere è contenuta nel settimo degli “Otto Versi di Trasformazione della Mente”:
«In breve, direttamente e indirettamente, offro ogni beneficio e felicità a tutti gli esseri senzienti, mie madri;»
L’atteggiamento di condivisione verso tutto gli altri esseri è totale e racchiude in sé la sofferenza e le azioni negative:
«possa io segretamente prendere su di me tutte le loro azioni negative e sofferenze.»
Il settimo verso indica la via, che è l’esatto contrario di ciò che facciamo usualmente. Solitamente offriamo direttamente e indirettamente ogni beneficio e felicità a noi stessi, lasciando invece tutta la sofferenza agli altri e cercando anche di allontanarla il più possibile.
La pratica del Dharma, della meditazione, ci permettono di riconoscere in noi questo atteggiamento spontaneamente egoistico e di assumere piena consapevolezza nel volerlo ribaltare, ecco perché il ritiro di Dharma presuppone il capovolgimento dell’attitudine ordinaria e in questo modo potremo alla fine constatare che qualcosa in noi è realmente cambiato. La motivazione del ritiro è dunque imparare ad uscire dal normale egocentrismo e a volgere lo sguardo e l’attenzione agli altri. 
Anche l’ottavo verso è importante, perché raccomanda che la nostra pratica non deve mai essere contaminata dalle preoccupazioni mondane, non siamo qui per auspicare alcun dharma mondano. E’ fondamentale comprendere bene questa differenza senza confondersi, quando si sta praticando il Dharma, non si sta praticando il dharma mondano.
L’impegno di capovolgere l’atteggiamento mentale non è affatto facile, si tratta di entrare nella profondità del nostro cuore e scoprire lo stato della realtà perché, anche se stiamo praticando, è molto difficile penetrare così a fondo da saper distinguere quali e quante motivazioni di dharma mondano sussistano ancora in noi.
L’ottavo verso ci mette in guardia dal pericolo di praticare secondo gli otto dharma mondani, sulla base di motivazioni personali.
Un esempio degli otto dharma mondani è il desiderio di essere riveriti, ammirati, onorati dagli altri. E’ sbagliato praticare per ottenere riconoscimento, lode, e stima ed esserne contenti e orgogliosi mentre, al contrario, di fronte alle critiche e ai rimproveri sprofondiamo nella tristezza e chiudiamo il cuore offeso, tutto ciò non ha nulla a che vedere con il Dharma.
La motivazione del Dharma si divide in due aspetti: uno contemporaneo all’azione, e uno che ne è la causa, è alla base dell’azione stessa. 
Negli otto dharma mondani la motivazione affonda le radici nel sé, nella ricerca del beneficio personale, mentre nella pratica del Dharma vi è un potenziamento della motivazione stessa perché l’intenzione presente nella pratica è preceduta dalla sua stessa causa ed entrambe non tendono ad alcun beneficio personale.
Quindi durante il ritiro dobbiamo essere vigili e, qualora trovassimo in noi una base mondana, ribaltare completamente la motivazione, sia quella immediatamente presente che quella causale. 
E’ più comune di quanto si pensi, anche durante un ritiro, essere attratti da atteggiamenti superficiali, ciò che conta è la capacità di sorvegliare la motivazione in modo di riconoscere immediatamente l’eventuale infiltrazione delle preoccupazioni di dharma mondano che ci distraggono e fuorviano. 
A volte, soprattutto ai principianti, pare impossibile poter praticare il Dharma puro, pienamente; in un simpatico racconto dei Geshe kadampa si narra la storia di un praticante dell’epoca che, ascoltando gli “Otto Versi di Trasformazione della Mente”, ne fu sconcertato ritenendo assolutamente impossibile attuarli, tanto che pose il problema al suo maestro il quale rispose: “ma tu vuoi raggiungere l’illuminazione, o no? se vuoi raggiungere l’illuminazione questa è l’unica via.” Il discepolo allora chiese al guru perché non aveva mai parlato pubblicamente degli otto versi e il Lama rispose che non lo aveva fatto perché questi si possono praticare solo personalmente, secondo le proprie esigenze e capacità. 
Pensare che sia impossibile praticare gli “Otto Versi di Trasformazione della Mente” però significa anche che se ne è compreso il contenuto, la profondità.
Non bisogna scoraggiarsi, la pratica è difficile, esige tempo, inoltre è necessario saper riconoscere che la causa di tutte le difficoltà e i problemi affonda le radici nell’atteggiamento egocentrico ed egoistico. Dunque la pratica è anche molto semplice perché, così come dice il testo, basta offrire tutto ciò che si ha, tutto ciò che si è, direttamente e indirettamente, a ogni essere senziente disposti ad prendere su di sé con generosità gioiosa tutti i problemi e le difficoltà degli altri. 
Se fossimo capaci di trasformare la nostra attitudine consueta in questo atteggiamento totalmente altruistico e amorevole significherebbe che avremmo raggiunto il nirvana.
Dunque, se perdiamo qualcosa non dovremmo preoccuparci, perché non ci appartiene più, è già stata offerta, dedicata agli altri e se nel rapporto con gli altri siamo maltrattati o ingiuriati, non dovremmo esserne turbati e offesi perché anzi queste sono tutte condizioni che ci condurranno ad una gioia più vera. 
Il capovolgimento della disposizione mentale porterà grandi benefici, e non significa necessariamente spogliarsi di ogni cosa per darla agli altri, anche perché potrebbe non essere davvero utile, solo coloro che hanno raggiunto elevate realizzazioni possono proficuamente agire così radicalmente.
Il testo degli “Otto Versi di Trasformazione della Mente” è molto breve ma in realtà ha un contenuto magnifico, importantissimo e vastissimo.
Geshe significa amico spirituale e sono tantissimi i racconti tramandati in Tibet dai Geshe kadampa, piccoli gruppi senza gerarchie che insieme cercavano di praticare gli “Otto Versi di Trasformazione della Mente”. L’armonia tra loro era semplice e pura, ognuno dava tutto agli altri cogliendo l’essenza del Dharma. Vivevano una gioia profonda non provocata da situazioni esterne, ma esclusivamente dal cambiamento mentale in cui si realizza la bellezza interiore che è la parte più importante dell’esistenza, è la bodhicitta, la grande compassione.
La pratica del Dharma, la meditazione, il ritiro stesso, non sono esercizi scanditi da un tempo, ma comprendono la motivazione che guida ogni attività, senza termine. Le trasformazioni interiori tendono naturalmente a trasparire e a manifestarsi all’esterno e quindi dobbiamo essere attenti a custodirle nel segreto del cuore, mostrando sempre agli altri il nostro aspetto usuale.
E’ facile che la beatitudine tenda a palesarsi, ma ciò creerebbe una difficoltà seria nella vita in questo mondo, per questo è necessario mantenerla nascosta. Probabilmente una persona che manifestasse apertamente la bodhicitta sarebbe rifiutata dalla società.
Anche questa è la via di mezzo, quella di essere pienamente consapevoli dello stato interiore e, al contempo, attenti a non far trasparire nulla all’esterno.
Domanda: E’ però quasi impossibile perché praticando seriamente il Dharma, anche se si mantiene la massima segretezza sulla propria interiorità, le persone intorno avvertono ugualmente che c’è qualcosa di diverso.
Lama: Le qualità che si acquisiscono sono così meravigliose che, anche racchiuse nel segreto, opereranno naturalmente all’esterno e porteranno benefici a molti. Se poi gli altri riescano a sentirle o meno dipende dalla loro sensibilità, l’importante è non mostrarle apertamente, ma custodirle nel cuore.
Molte immagini del Buddha nell’arte tibetana sono la rappresentazione fisica delle realizzazioni. Esistono quattro grandi manifestazioni: la prima è pacifica, la seconda è elaborata, la terza è potente, la quarta è irata e tutte appartengono a un’unica grande realizzazione. Così è la realizzazione degli “Otto Versi di Trasformazione della Mente” che internamente è una, ma esternamente deve essere adattata alla società in cui si vive.
Il nostro compito non è rivolto alla trasformazione di qualcosa di esteriore ma esclusivamente alla trasformazione interiore che necessita della presenza mentale e della consapevolezza che ci permettono di modificare ad ogni istante l’atteggiamento e, anche se sembra così difficile, di attuare gli “Otto Versi di Trasformazione della Mente”. Almeno si può provare, e continuamente sperimentare, nel segreto della propria pratica. 
La manifestazione materiale esterna potrebbe essere palesata soltanto qualora si fosse raggiunta una realizzazione stabile e una reale conoscenza del proprio livello di capacità, per cui, nel concreto, la sperimentazione deve essere fatta solo con atti molto, molto piccoli, mentre a livello spirituale le azioni possono essere immense e illimitate. 
In questo ritiro abbiamo l’opportunità di sperimentare la nostra motivazione, che non si fonda su una cieca fede, ma implica l’intenzione di verificare l’effettiva utilità e bontà dell’evento e, soltanto dopo averne accertato le qualità, effettivamente metterlo in pratica.
A volte si presentano situazioni non adatte a noi e quindi è inutile forzarsi a praticarle, non si otterrebbe nessun risultato, ecco perché la sperimentazione è così importante, anche se certamente non la si deve procrastinare all’infinito perché in tal caso non rimarrebbe tempo per attivare quanto verificato.
Il ritiro implica un serio lavoro su se stessi per capovolgere l’atteggiamento usuale, ma è anche studio e per questo approfondiremo il “Jor Chö” esaminando i tre testi del “Lam Rim”. Lo studio è un grande aiuto per la trasformazione dell’attitudine mentale. 
Ci sono domande?
Domanda: Vorrei capire meglio cosa significa concretamente “possa io segretamente prendere su di me tutte le loro azioni negative e sofferenze.”
Lama: Questo è lo smisurato desiderio del Bodhisattva, di colui che ha realizzato la grande compassione, la cui unica volontà è la liberazione di tutti gli esseri tramite l’assunzione su di sé di tutte le loro sofferenze. 
Noi che noi non abbiamo una tale realizzazione possiamo però aspirare a questo livello pregando incessantemente di poterlo ottenere un giorno. 
Un maestro in punto di morte disse al suo attendente di accendere una lampada, e questi, stupito, gli domandò il motivo di tale richiesta. Il moribondo gli rispose che doveva realizzare il desiderio di scendere negli inferni per scambiare se stesso con tutti i dannati, però si stava accorgendo di avere visioni della terra pura e quindi doveva allontanarle. Questo maestro era un Bodhisattva così coraggioso che, pur essendo trascinato naturalmente verso la beatitudine elevata, voleva invece sprofondare in tutte le sofferenze degli inferi per liberare gli altri esseri, esattamente al contrario di noi che desideriamo tanto andare su e invece scendiamo. 
 Il desiderio di essere di beneficio agli altri è così potente nel Bodhisattva che supera il timore di ogni sofferenza, è come una madre che sopporta qualsiasi dolore per il beneficio dei figli. Il Bodhisattva ha la grande compassione quella che per i cristiani è l’amore di Dio.
Domanda: E’ la stessa azione di Cristo che muore in croce…
Lama: Infatti è considerato l’atto di amore di un grande Bodhisattva. 
Domanda: Certamente è difficile, impossibile, attuare gli “Otto Versi”, però ogni piccolo passo può rappresentare già un gradino nella giusta direzione, o no?
Lama: E’ il modo migliore per accumulare meriti.
Domanda: Le possibilità del Bodhisattva sono indubbie, ma una persona comune come noi non corre il rischio di farsi del male pensando sempre alla sofferenza degli altri? Possiamo solo aspirare a questo.
Lama: L’attitudine altruistica trasforma la mente, anche se il nostro livello di capacità è limitato all’aspirazione.
Intervento: Anche perché se non si valutano correttamente le proprie capacità si corre il rischio di impazzire veramente, se ad esempio si decide di fare come San Francesco e non se ne hanno le stesse realizzazioni, si diventa semplicemente dei barboni.
Lama: Molto bene, in questo ritiro faremo del nostro meglio, grazie.



Jor Chö - Prime Pratiche Preliminari - Presa di Rifugio


I ventuno giri del respiro sono un ottimo metodo per ripulire la mente, per passare da pensieri disturbanti a pensieri positivi. 
Essere concentrati sul movimento dell’inspirazione ed espirazione nel conteggio porta la mente ad uno stato neutro che permette di dare impulso allo sviluppo della motivazione. 
Seduti nella corretta posizione con l’attenzione volta alla propria interiorità è facile scoprire immediatamente una gran quantità di pensieri disturbanti, ma se abbiamo la capacità di concentrarci sul respiro contando sette cicli a narici alternate di inspirazioni ed espirazioni, per un totale di ventuno, vedremo che i pensieri disturbanti scompariranno lasciandoci in uno stato mentale neutrale dove non sono più presenti né pensieri disturbanti né qualità particolari. 
Solo nello stato mentale neutro è possibile sviluppare una motivazione appropriata, si può cominciare riflettendo sulle innumerevoli rinascite già vissute e su quante tra queste siano state inutili, sprecate. 
Dobbiamo considerare che noi, come lo stesso Buddha Sākyamuni, abbiamo avuto origine nello stesso tempo senza inizio, però, mentre il Buddha Sākyamuni ha abbandonato l’attaccamento al sé donandosi completamente agli altri sino al raggiungimento dell’illuminazione, noi, al contrario, abbiamo dedicato ogni cura e attenzione a noi stessi, abbandonato nell’indifferenza gli altri, così da essere non illuminati, senza aver sviluppato la bodhicitta, e con enorme difficoltà a costruire una mente positiva. Questo accade perché non abbiamo praticato il Dharma e non solo siamo immersi nel samsāra, ma vaghiamo sperduti nel samsāra del samsāra. 
Se continuiamo a reiterare le azioni del passato non svilupperemo mai le condizioni necessarie e non resterà tempo per liberarci dal samsāra, invece, ora che abbiamo una forma umana pienamente qualificata per poter praticare il Dharma, dobbiamo mantenere una forte determinazione e non sprecare l’opportunità di ottenere l’illuminazione per il beneficio di tutti gli esseri senzienti. Al fine di realizzare questo obiettivo si evoca il campo di rifugio e, sinceramente con tutto il cuore, si prende rifugio nei tre gioielli, com’è descritto con chiarezza nel Jor Chö.
Con questa motivazione visualizziamo il campo di rifugio osservando all’altezza della fronte, tra le sopracciglia, nello spazio aperto, il grande trono sostenuto da otto leoni rivolti nelle quattro direzioni; sopra il trono vi è un cuscino di fiore di loto completamente sbocciato su cui posano cinque piccoli troni, uno centrale circondato dagli altri quattro posti rispettivamente davanti, dietro e ai lati.
Sul trono centrale c’è il Buddha Sākyamuni, alla sua sinistra c’è il trono di Mañjusrī circondato da sei Lama del lignaggio della sapienza profonda, da Nāgārjuna a Dromtönpa; alla destra del Buddha Sākyamuni c’è il trono di Maitreya che a sua volta è circondato da tredici Lama a partire da Asanga, alla sua destra ci sono gli otto Maestri Kadampa del Lam Rim e alla sua sinistra dieci Lama Kadamgzungpa cominciando da Potowa, di fronte altri otto Lama a partire da Je Tzong Kapa fino al nostro Guru radice, ovvero tutto il lignaggio dei maestri del Lam Rim, fino ai Gelugpa. 
Dietro a Maitreya ci sono i maestri di ogni lignaggio che hanno una correlazione con noi.
Nel piccolo trono alle spalle di Buddha Sākyamuni troviamo ancora Mañjusrī con sette Maestri, da Sāntideva a Dromtönpa, questo è il lignaggio della grande pratica, dietro la testa del Buddha si può visualizzare Vajradhara a sua volta circondato dai maggiori Yogi indiani quali Tilopa, Naropa e altri, e si possono visualizzare anche le divinità personali.
Il lignaggio che prende origine da Sāntideva è il “Lo Jong”, della trasformazione della mente. L’altro lignaggio presente è quello dell’Istruzione orale, fa capo a Mañjusrī ed è tramandato dai monasteri di Ganden della tradizione gelugpa. E’ visualizzato insieme alle divinità personali dei quattro lignaggi tantrici, i Buddha, i Bodhisattva, i Pratyekabuddha, gli Arhat, i Daka, le Dākinī, i Protettori del Dharma, il Mandala delle quattro direzioni e i Protettori delle quattro direzioni.
A sinistra del grande trono, che comprende gli altri cinque, si visualizzano stupa di cristallo contenti reliquie del Buddha e che simboleggiano l’unione di beatitudine e vacuità di questo campo di meriti, rappresentano cioè la mente di questi grandi Maestri; alla sinistra del grande trono invece sono rappresentati i loro insegnamenti in forma di libri parlanti. Ognuno dei Maestri porta nella mano un libro contente l’insegnamento, rappresentato in questo caso nell’aspetto di scrittura. 
Questa è la visualizzazione del campo dei meriti di rifugio che dovrebbe essere tanto chiara e nitida da aver l’impressione di vedere i maestri di fronte a noi in carne ed ossa, sviluppando la fede e la convinzione che sono realmente la fonte di tutte le qualità.
In ogni caso l’importante è avere un approccio generale comprendendo il significato della visualizzazione e scendere poco alla volta nei dettagli secondo le proprie capacità e possibilità, è già sufficiente poter visualizzare il Buddha Sākyamuni, è un passo nella pratica del Jor Chö, è bene poter ricordare i lignaggi e i maestri depositari, mentre la loro disposizione nel campo di rifugio non è vincolante, tanto che può essere modificata dal maestro che imposta la visualizzazione. 
L’essenziale è la certezza che si ha a che fare con persone realmente esistenti che effettivamente incarnano le elevate qualità e realizzazioni.
Poiché il nostro comportamento è generalmente così poco positivo sono rare le occasioni in cui il campo di rifugio possa compiacersi di noi, possiamo dunque trasformare questo ritiro in un’ottima opportunità e immaginare che i Maestri siano realmente compiaciuti della nostra pratica. 
Il passaggio successivo concerne la presa di coscienza del rifugio, il riconoscimento della sofferenza samsarica, passata, presente e futura, nella comprensione e consapevolezza che tutti i componenti del campo di meriti hanno la capacità e la possibilità di proteggerci da ogni difficoltà proveniente dal samsāra. 
Per queste ragioni si prende rifugio nei tre gioielli e, se la motivazione non è fortemente radicata, la recitazione della presa di rifugio sarebbe solo una sequela inutile di parole.
Pronunciando la presa di rifugio dobbiamo visualizzare alla destra nostro padre, alla sinistra nostra madre, di fronte a noi i nemici e le situazione problematiche, e siamo circondati da tutti gli esseri senzienti in forma umana, capaci di ascoltare e di parlare e noi accogliamo le loro voci unendoci coralmente nella preghiera “prendo rifugio nel Lama” una formula che può essere ripetuta centinaia, migliaia di volte, quanto si ritenga necessario, in un ritiro di Lam Rim si ripete, con la visualizzazione, questo mantra il più possibile, tradizionalmente è suggerito un numero di centomila; questo è uno dei quattro preliminari.
Mentre si pronuncia la formula del rifugio visualizzando il campo di meriti, tutte le figure presenti, e in particolare i Lama, emanano un nettare che si manifesta in raggi di luce dai cinque colori e che, assorbito da tutti gli esseri senzienti, purifica dai karma negativi e dalle impurità mentali accumulati da tempo senza inizio, soprattutto da quelle riferite ai Maestri. 
Il nostro corpo si trasforma a sua volta in chiara e pulita luminosità e in quel momento si sviluppa in noi l’accumulazione di meriti, accresce la durata della nostra vita e si evolvono tutte le qualità connesse alle scritture e alle realizzazioni, soprattutto rispetto alla trasformazione di corpo parola e mente che consegue alla benedizione dei Lama. Lo stesso effetto benefico ricade su tutti gli esseri senzienti visualizzati che stanno pregando con noi, questa è la manifesta accettazione dei Maestri di proteggerci.
Alla visualizzazione della presa di rifugio nei Lama segue la presa di rifugio nel Buddha, che si compie più o meno con le stesse modalità. Dicendo “Buddha” si comprendono i mille Buddha di questo eone e le divinità personali dei quattro lignaggi tantrici che congiuntamente emanano il nettare. 
Alla presa di rifugio nel Buddha segue la presa di rifugio nel Dharma, ciò comporta un riferimento alla realizzazione delle qualità realizzate dalle divinità del campo di rifugio. Non si intende cioè la presa di rifugio in qualcosa di scritto, ma nelle qualità interiormente realizzate dalle divinità e quindi ci si deve concentrare sui loro insegnamenti che possono essere raffigurati nella forma di libro.
Infine c’è la presa di rifugio nel Sangha, che deve essere inteso come l’insieme dei Bodhisattva, degli Arhat, dei Pratyekabuddha, degli Srāvaka, dei Daka, delle Dākinī e dei Protettori del Dharma.
Si prende rifugio non solo nei tre gioielli, “Buddha, Dharma e Sangha”, perchè in realtà gli oggetti di rifugio sono quattro: “Lama, Buddha, Dharma e Sangha”, si riceve il nettare da ognuno di essi e si può prendere rifugio uno alla volta sgranando la mala per ognuno di essi, cento volte nel Lama, cento volte nel Buddha, cento volte nel Dharma e cento volte nel Sangha, con cura di dedicare a ognuno dei quattro lo stesso numero di recitazioni. 
Il nettare che scaturisce dai quattro oggetti di rifugio penetra in noi dalla sommità del capo, scende e inonda il nostro corpo, la nostra parola e la nostra mente, pulisce e trasforma tutto in luminosità, elimina il fango oscuro delle nostre impurità che non svaniscono per incanto, ma affondano nella buca di yama, il re della morte. Quando riceviamo il nettare di luce dobbiamo cercare di trattenerlo nel corpo senza sprecarlo.
Questo e il modo per prendere rifugio nei quattro oggetti.



Jor Chö - Prime Pratiche Preliminari - Storia del Tibet


L’esempio più ammirevole di pratica è offerto dai Geshe kadampa, liberi di agire secondo le convinzioni del proprio cuore, a quel tempo il Tibet non era ancora riunificato in un unico regno ben codificato, ma suddiviso in da piccole regioni autonome.
Il buddhismo fu introdotto nel paese una prima volta a seguito di un’espressa decisione del sovrano e nacquero immediatamente conflitti e rivalità con la religione locale, il “Bön”. La stessa gerarchia governativa era divisa, i ministri potevano essere sia bön che buddhisti, con conseguenti faide e lotte di potere. 
Questo periodo in particolare fu segnato da tre grandi re così vicini al Dharma, da essere ricordati oggi come i “Tre Re del Dharma”, anche se la storia raccontata secondo la visione bön li definisce al contrario “i tre re demoni”, colpevoli della distruzione della religione antica, il bön.
Il primo re, Songtsen Gampo, vissuto nel VII° secolo, era particolarmente potente ed estese il suo regno in Cina, India e Nepal, e, pur non invitando espressamente maestri indiani in Tibet, impose il Dharma in tutto il vasto territorio da lui governato. Questo re scelse due mogli dall’estero, una principessa nepalese e una principessa cinese, entrambe erano buddhiste e portarono tra i doni di nozze statue del Buddha, tuttora visibili a Lhasa, e ad ognuna di queste venne dedicato un tempio. 
Secondo gli storici lo scopo di questo doppio matrimonio era proprio quello di introdurre intenzionalmente il buddhismo in Tibet.
Il re Songtsen Gampo fondò il “Potala” una piccola costruzione detta il “fortino rosso”, e che fu completata, nell’edificazione massiccia che ancora oggi sovrasta la collina di Lhasa, soltanto circa mille anni dopo per volere del V° Dalai Lama. 
Il secondo re del Dharma, Trisong Deutsen, vissuto nell’ottavo secolo, invitò ufficialmente in Tibet il un abate maestro indiano e fondò la prima università monastica in una località a sud-est di Lhasa, il monastero di Samyé, in cui vennero ordinati i primi sette monaci, e che continuò a crescere costituendo al proprio interno numerosi collegi che facevano capo rispettivamente a maestri indiani o cinesi. L’opera principale consisteva in un lavoro di traduzione dei testi.
Già in epoca antecedente ai tre re di Dharma erano stati inviati in India individui incaricati di studiare con i maestri indiani, però purtroppo la maggior parte di essi non ritornò, uccisi dal caldo, dalle latitudini estremamente diverse da quelle dell’altipiano tibetano e dalla difficoltà di un viaggio eccessivamente difficoltoso, per cui solo grazie al paziente lavoro di traduzione del monastero di Samyé il Sangha trovò stabilità ed espansione.
Il terzo re del Dharma, Tri Relpachen, persona molto particolare, conferì dignità e onori al Sangha, sia laico che ordinato, e volle manifestare il suo apprezzamento con un segno esteriore, fece dunque tagliare la lunga pezza di cotone che teneva tra i capelli e vi fece sedere i due Sangha. 
Uno dei suoi figli spese tutte le sue energie e si prodigò instancabilmente nel tentativo di rendere uguali tutti i suoi sudditi eliminando le differenze tra ricchi e poveri e ridistribuendo le ricchezze in parti uguali. A questo scopo ripercorse il paese per tre volte. Questa è naturalmente una grande azione da Bodhisattva compiuta con attitudine puramente dharmica e le persone che venivano in contatto con lui seguivano spontaneamente il suo insegnamento, anche se malgrado ciò, ogni volta che ripassava ritrovava la situazione antecedente, basata sulla discriminazione ingiusta e non equanime. 
Al fine di poter mantenere l’onore dovuto al Sangha si decise che ogni membro del Sangha dovesse essere sostenuto in tutte le necessità da cinque famiglie, però ciò fece di questo stesso membro del Sangha la vera autorità all’interno delle famiglie, così un’intenzione davvero buona poteva sortire effetti anche fortemente negativi.
Il re Tri Relpachen morì assassinato nell’838, probabilmente per mano del fratello Langdarma, seguace del bön e fortemente ostile al buddhismo, il quale, non appena salito al trono, dette inizia alla devastazione sistematica della cultura buddhista, non lasciando vivo neanche un monaco, una distruzione forse ancora più radicale di quella avvenuta ultimamente nel Tibet durante la rivoluzione culturale Cinese.
Lang Darma fu l’ultimo re che ebbe completo dominio sul Tibet, alla sua morte la dinastia si disgregò nella divisione tra i suoi due figli, uno ad est e l’altro ad ovest e per i seguenti tre o quattro secoli non fu possibile ricreare la condizione di unità nel paese, lasciando spazio a situazioni conflittuali e confuse tra le diverse nascenti pratiche.
Finalmente il re Od Zung e suo fratello minore Jangchub Od, del Tibet occidentale, invitarono nel 1040 il maestro indiano Atīsa che portò in Tibet il Lam Rim e Lo Jong e, grazie alla continuità del suo discepolo Dromtönpa, fondò la scuola Kadampa.
Il Lam Rim e Lo Jong segna la pacificazione, la riunificazione di tutte le differenze formatesi all’interno del buddhismo in Tibet e in questo modo ha avuto inizio la tradizione Kadampa. 
Dopo qualche secolo il Tibet ha dato inizio alla tradizione del “Re Lama”. Approfittando di questa situazione di instabilità interna, Khan Ghoten, imperatore della Mongolia, prese in considerazione la possibilità di impossessarsi del territorio tibetano e a questo scopo furono così abili da invitare il Lama Phakpa del lignaggio Sakya affinché desse loro un’iniziazione, poi, per ripagarlo, gli concessero il possesso di gran parte del Tibet. Questo Lama Phakpa, al rientro in Tibet, usufruiva dell’incondizionato appoggio dal Mongol Khan e tramandò questo potere ai suoi successori, linea che si concluse solo quando subentrarono i Kagyüpa e in un secondo momento i Gelugpa all’epoca in cui assunse il potere il V° Dalai Lama che godeva della protezione dei altri mongoli perché il IV° Dalai Lama era mongolo.
Il titolo stesso “Dalai Lama”, “Maestro Oceano di Saggezza” è stato coniato dai mongoli, infatti il I° e il II° Dalai Lama non avevano questo appellativo perché non esisteva ancora questo appellativo. Il riconoscimento ufficiale venne conferito per la prima volta al III° Dalai Lama che si era recato in Mongolia per dare insegnamenti. Il IV° Dalai Lama addirittura nacque in Mongolia ed era mongolo.
L’epoca d’oro risalente ai tre re del Dharma si concluse con la divisione del Tibet. Il Paese si ricompose soltanto al momento dell’instaurazione del re Lama e si rafforzò con l’ascesa al potere dei Gelugpa. 
Atīsa giunse in Tibet trovando una condizione di grande debolezza del buddhismo e per questo il suo insegnamento fu così particolare e speciale. 
L’epoca dei Geshe Kadampa è successiva alla grande distruzione del buddhismo in Tibet, ma è anche precedente a quella dei re Lama già codificata e gerarchizzata, ciò dimostra semplicemente che una buona pratica di Dharma deve essere mantenuta lontana dalle questione politiche e gerarchiche. 
Oggi non esiste più la tradizione kadampa, è andata dissolvendosi con lo stabilizzarsi delle forme politiche e di potere. 
Il Dharma è semplicità, basato sulla natura impermanente della realtà, lo si vede chiaramente in Sāntideva e in Milarepa, loro non hanno costituito nessun gruppo eppure sono grandi maestri di Dharma. 


Il Sutra del Cuore 


Ripetiamo insieme il mantra del Sutra del Cuore sgranando la mala, al fine di ottenere la protezione dagli ostacoli:
«OM TADYATHĀ GATE GATE PĀRAGATE PĀRASAMGATE BODHI SVĀHĀ».

(Segue una breve meditazione e poi inizia l’insegnamento):

Mantenere la mente focalizzata sulla realtà dell’impermanenza e della sofferenza samsarica, è un addestramento di ottima qualità come quello che si adotta con i cavalli da corsa usando il frustino per indicare ciò che deve fare, ogni colpo di frusta segnala il passo corretto e la direzione da seguire, in questo modo attaccamento e avversione si allontanano da sé. 
Non c’è nulla da combattere, non ci sono parenti da seguire, non c’è nessun capo da riverire, né nessun servitore da cui farsi servire, in un luogo isolato se non addestri la mente che altro puoi fare? 
Nessuno di noi sa se utilizzerà in autunno ciò che accumula in primavera, eppure nonostante questo la gente continua ad ammassare roba, mentre di una cosa sola siamo certi: moriremo! 
Quindi è meglio praticare il Dharma sin da adesso perchè è l’unica cosa che ci servirà nel momento della morte.
Domanda: Durante la vita ho la possibilità di riflettere sui miei sbagli e di correggerli e nello stesso tempo ho anche l’opportunità di aiutare il prossimo, ma se ci si isola come si fa a riflettere sugli errori e contemporaneamente ad aiutare gli altri?
Lama: Essere capaci di conoscere e affrontare i problemi da soli è la cosa migliore perché in questo modo si risolvono naturalmente, automaticamente. Noi invece abbiamo una gran paura di isolarci dalle persone e inventiamo infinite scuse per giustificare l’impossibilità di rimanere soli, una condizione che in realtà non siamo in grado di reggere. 
 Che c’è da correggere? quel che è fatto è ormai passato, occupati del presente, agisci correttamente, questa è l’unica vera correzione possibile. Il proprio maestro è la saggezza.
Domanda: La differenza non chiara è tra la vita da eremita o la vita nel mondo, perché se non si sta nel mondo, in mezzo agli altri, come è possibile affrontare concretamente le situazione e ad essere utili agli altri?
Lama: Tutto dipende dall’attitudine interiore, nella solitudine si sviluppa un’energia spirituale che assai più potente dell’energia materiale e in questo modo si può essere molto più utili a se stessi e agli altri. Non è necessaria la presenza fisica del prossimo, è invece determinante la nostra motivazione che, automaticamente, si estende e porta frutto all’esterno.
Domanda: E’ possibile un samsāra privo di attaccamento? Godere delle cose senza attaccamento? Ad esempio, ho la possibilità di gustare un bicchiere di vino, ma scelgo di bere acqua.
Lama: Certo, ma non è una realizzazione possibile in breve tempo, si può raggiungere solo con la pratica costante, per questo si deve lavorare per diminuire sempre più l’attaccamento. La rinuncia al bicchiere di vino non dipende da un permesso o un divieto dato da altri, è sempre e soltanto una scelta personale determinata dalla saggezza che ti permette di valutare ciò che è giusto per te in quel momento.
Domanda: potrebbe essere un buon esercizio quello di cominciare a osservare i nostri desideri con un atteggiamento possibilista del tipo: “sarebbe bello se potessi avere quella cosa” piuttosto che quello adottato usualmente: “ho necessità di quella cosa e se non l’ottengo soffrirò”? Cioè cominciare ad apprezzare ciò che si ha, io ad esempio in India, durante gli insegnamenti di un grande guru, mi sono accorto che quando desideravo delle cose non ottenevo nulla, ma quando ne ero completamente staccato arrivavano naturalmente, direttamente dal maestro e per questo diventavano preziosissime.
Lama: Questo è molto importante, apprezzare ciò che si ha permette di desiderare senza attaccamento. Spesso si può godere infinitamente di cose di cui non si ha bisogno ma che ci sono donate e per questo sono preziose, rispondono ad un bisogno spirituale. 
 Ogni bisogno spirituale è un desiderio della qualità della mente, non riguarda l’aspetto fisico, corporeo, ma è un arricchimento della mente stessa e automaticamente crea un karma positivo che soddisfa questo bisogno.
Intervento: E’ interessante il racconto di Geshe Potowa che narra la storia di due monaci, uno era molto attaccato alle cose e continuamente diceva “voglio questo, voglio quest’altro”. L’altro monaco, possessore di molti beni bramati dall’altro, rispose: “Fino a quando tu vorrai ciò che posseggo, non te lo darò mai, nel momento in cui tu non lo desidererai più, lo avrai.” Questo fece riflettere il monaco avido che cambiò atteggiamento interiore sino a non volere più nulla e da quel momento ricevette moltissimi doni.
Lama: Molto bene, siete tutti dei buoni praticanti, davvero, ma ciò non significa che siate perfetti!.. L’importante è fare sempre del proprio meglio dando il giusto peso alle cose. 
 Spesso non è solo questione dello sforzo personale che si pone in atto, ma anche dell’accumulazione di meriti e del proprio karma che permette di assimilare il Dharma. 
 Sono sempre presenti i due fattori nella pratica del Dharma, da un lato c’è il necessario sforzo personale ma, oltre a questo, come sfondo c’è l’accumulazione dei meriti. 
 E’ essenziale porre la pura intenzione, intesa come comprensione del Dharma, perché facilmente sorgono fraintendimenti su ciò che è Dharma. Per raggiungere il nirvana non è necessario essere monaci ordinati piuttosto che laici con famiglia, ciò che veramente è fondamentale è la comprensione del Dharma e la capacità di adattarlo al proprio contesto di vita. 
 Quest’ultimo aspetto è sostanziale perché se il Dharma non è concretamente e costantemente presente nello stile di vita sorge un conflitto, una dissociazione distruttiva, non è possibile praticare il Dharma separatamente dalla propria esistenza quotidiana relegandolo in un angolo esterno ed astratto.
 L’essenza del Dharma consiste nella sua presenza in ogni realtà non è in contraddizione con nulla. 
 A tutti accade di ritrovarci in circostanze negative a causa di condizioni indipendenti dalla nostra volontà e, poiché non abbiamo l’intenzione di essere in quella situazione, significa che non c’è in noi una radice di quell’azione e che il suo frutto, il karma che ne deriva, sarà leggero, sempre negativo perchè siamo comunque coinvolti in un’azione negativa, ma leggero perché non c’è l’intenzione di compierla.
 La comprensione dell’essenza del Dharma è importantissima, tutto diviene più chiaro è come essere posti di fronte allo specchio della propria vita. Molti nostri errori scaturiscono proprio dalla mancanza di questa conoscenza, dall’ignoranza. Per nessuno è facile comprendere l’essenza del Dharma, è proprio difficile, succede ad un individuo su un milione, se dunque qui siamo in undici e abbiamo compreso il Dharma, saremo undici su undici milioni di persone!...
Domanda: Puoi definire cos’è il karma?
Lama: Oh!.. è troppo lungo!...  Karma è azione, azione di corpo, parola e mente. E’ un’azione che accumula impronte.
Domanda: Ci sono visioni del karma da parte di culture diverse, sono utilizzati gli oroscopi per conoscere il passato o predire il futuro e cose del genere, dal punto di vista buddhista invece come è visto il karma?
Lama: Per il buddhismo la visione è chiara: tu vuoi sapere com’è stato il tuo passato, osserva il tuo presente e se vuoi sapere quello che sarà il tuo futuro, osserva il tuo presente. Ciò che importa è il tuo presente, come stai vivendo ora. Nel mondo occidentale c’è una miriade di interpretazioni fantasiose, ma io ritengo di non dover esprimere nessun giudizio, non le considero importanti per me e quindi mi astengo da ogni considerazione. In occidente avete una vera passione per l’astrologia, compresa quella tibetana, ma tutto questo incrementa soltanto la confusione. 
 A Dharamsala c’è l’università degli studi di medicina e astrologia tibetana e, in occasione di una particolare cerimonia, docenti e studenti avevano chiesto l’intervento del Dalai Lama, lui però declinò l’invito dicendo di non credere a questo aspetto, una risposta che suscitò grande disappunto tanto che Sua Santità dovette modificare la sua dichiarazione.
Domanda: Ho letto in un libro che il Dalai Lama riferendosi a questi argomenti ha dichiarato: “E’ inutile affannarsi a conoscere le vite passate, perché se tu fossi stato un assassino ti identificheresti con questa negatività e peggioreresti il tuo presente, per cui è meglio non saperlo”.
Lama: Nella società tibetana si fa un uso molto diverso di queste discipline, non conosco cosa succeda in altre culture, brasiliana, giapponese o altro, ma certamente per un tibetano l’approccio con l’occidente è decisamente sconcertante.
Intervento: Probabilmente nelle culture orientali si cerca nell’astrologia il momento propizio per attuare certe azioni già decise in precedenza e non tanto per prevedere il futuro, mentre in occidente si tende a voler ottenere il potere sul proprio futuro tramite una conoscenza previa.
Tutte le cose hanno natura impermanente e tutto cambia e anche la società tibetana sta cambiando. Più si comprende il Dharma e più diventa facile l’approccio a tutti gli aspetti della vita, i benefici del Dharma si palesano in modo evidente sul lungo periodo, nell’immediato è difficile evidenziarli, ma nel corso di un intera vita appaiono chiaramente.
Il Dharma richiede pazienza, i frutti non si svelano immediatamente, richiedono una lunga maturazione, forse per questo si parla di vite future, anche se i benefici si godono già in questa vita.
Vivendo nel Dharma si è molto più felici che non restandone fuori, e questo è già di per sé un grande beneficio. Oggi imitare materialmente lo stile di vita di un Geshe kadampa sarebbe difficile, però possiamo tentare di seguirlo almeno spiritualmente. 
I primi due livelli del Jor Chö, troppo spesso sottovalutati, sono invece fondamentali nella pratica e anche la visualizzazione dei Maestri non è un’esposizione vuota e astratta ma è finalizzata a comprendere il valore delle offerte e della motivazione con cui presentarle. 
Mia madre in questo è veramente particolare, non ha mai lasciato passare una sera senza l’offerta della lampada né una mattina senza quella dell’acqua e dell’incenso. Ogni giorno dedica una parte del suo tempo alle preghiere e alle prosternazioni. La mattina si alza presto, e mentre sta preparando la colazione la si sente mormorare le preghiere, incessantemente, e con fede così salda accumula buon karma. Ha acquisito una grande fermezza e stabilità e le difficoltà della vita non influiscono negativamente su di lei, non è mai depressa, è sempre benevola, rilassata, serena. 
Io ho lasciato casa molto presto, appena adolescente, ma sono stato fortemente influenzato dai miei genitori, ancora bambino partecipavo a tutti i rituali, le preghiere e le offerte. Certamente era parte del mio karma, i miei fratelli erano diversi. Uno dei miei fratelli che ora vive a Dharamsala, ha fatto tutti gli studi in collegio e ritornava a casa una volta al mese vivendo con tutti gli altri ragazzi, ma quello che mi ha colpito è vedere che ha sempre mantenuto la sua purezza, non è mai stato coinvolto nelle cose mondane. La scuola tibetana era molto severa rigida, ma il tibetano non si studiava a fondo, tanto che all’inizio lui ha avuto notevoli difficoltà, anche ora che vive a Dharamsala, ha dovuto ristudiare il tibetano ritornando alla pratica del Dharma, è una persona molto buona e il contatto con il Dharma è una buona combinazione. 
L’altro fratello minore invece mi ha raggiunto in monastero e si è fermato cinque anni ma non ha resistito, era troppo agitato e ha avuto molti problemi. Ora si è calmato e pare vada meglio, era l’unico tra noi fratelli che praticasse tutte le mattine e durante l’ultima visita a casa sono stato colpito dalla costanza della sua meditazione e pratica mattutina. Evidentemente i cinque anni di monastero e l’esempio dei miei genitori hanno impresso un’impronta positiva in lui. 
Poi c’è il fratello più piccolo, che ora vive a Roma, e dal punto di vista del Dharma è il peggiore tra tutti, anche se sta migliorando; ognuno non può far altro che seguire il proprio karma e lavorare per trasformare gli ostacoli in opportunità positive.
Ogni essere ha le sue caratteristiche e responsabilità e, anche se non è facile, nei confronti dei problemi delle persone care è necessario essere sempre attenti a non farsi travolgere dall’attaccamento, bisogna aiutare fin che si può e lasciare liberi di andare senza imporre coercizioni, questo è il Dharma, è arduo, ma nessuno te lo può regalare dall’esterno, solo tu puoi scoprirlo e viverlo in te stesso con grande sforzo e accumulazione di meriti. Io stesso mi chiedo spesso se davvero ho compreso il Dharma, oppure no.




Jor Chö - Pratica dei Sette Rami


Prosternazione
La prima pratica dei sette rami consiste nel rendere omaggio e si inizia con la prosternazione unificata di corpo, parola e mente nella recitazione del primo verso:
“Oh nobile Mañjusrī dalla giovane forma, mi prostro davanti a te.
Oh leoni fra gli uomini, Buddha passati, presenti e futuri a quanti di voi esistono nelle dieci direzioni mi prostro con il corpo, parola e mente.”
Il secondo verso è la prosternazione con il corpo:
“Sulle onde della potenza di questa regina delle preghiere, per i metodi supremi e sublimi con i corpi numerosi come gli atomi del mondo, mi prostro ai Buddha che pervadono lo spazio.”
Il terzo verso è la prosternazione con la mente:
“In ogni atomo si trova un Buddha che siede tra gli innumerevoli figli di Buddha; con uno sguardo fiducioso mi rivolgo ai vittoriosi che riempiono l’intero dharmadhātu.”
Il quarto verso è la prosternazione con la parola:
“A coloro che hanno infiniti oceani di eccellenza, con un oceano di prodigiosa parola canto le lodi alla grandezza di tutti i Buddha: un elogio a coloro che sono andati nella beatitudine”.
Nel secondo verso ci si riferisce alla precisione con cui i tibetani devono effettuare fisicamente la prosternazione perché solo in questo caso è di grande beneficio, mentre al contrario, se praticata svogliatamente e non correttamente, può produrre risultati non buoni. 
Nella prosternazione i pollici devono essere rivolti all’interno del palmo, così che le mani congiunte non siano vuote, le mani seguono le diverse posizioni ognuna delle quali ha un preciso significato:
prima sulla sommità del capo per creare le cause dell’usnīsa (la caratteristica protuberanza sulla sommità del capo del Buddha);
poi sulla fronte, tra le sopracciglia, per produrre le cause della visione profonda del Buddha (il terzo occhio);
quindi sulla gola per attuare le cause della parola del Buddha;
e infine sul cuore per forgiare le cause per generare la saggezza del Buddha.
Poi ci si inchina fino a toccare con la fronte la terra per generare le cause di corpo, parola e mente di Buddha, una prostrazione che è anche un potente ausilio nella riduzione dei propri problemi.
Quando ci si prosterna si deve essere consapevoli che in quel momento, sebbene lo si compia con l’attuale corpo, si prosternano in questo atto, e nella stessa forma umana, tutte le nostre vite passate, qualsiasi sia stata la loro condizione. Una riflessione valida che purifica i karma negativi acquisiti nel passato, una purificazione che attraversa ogni vita, personalità per personalità, individuo per individuo e, considerando che il numero di esistenze è incalcolabile, vi è un numero incalcolabile di individui che si prosternano con noi, quindi con ogni prosternazione accumuliamo un numero infinito di meriti, per questo è considerata una purificazione essenziale.
Anche nella ripetizione della stupenda e fondamentale preghiera della presa di rifugio si possono visualizzare tanti corpi con molte teste che con noi pregano e in questo modo accumulare meriti; ma la si considera un’istruzione complessa, consigliabile solo a praticanti avanzati.
La prosternazione riguarda la prima pratica dei sette rami e ogni ramo è riferito alle sei perfezioni. 
Eseguire la prosternazione o far si che un altro la compia riguarda la “Generosità”; 
Essere attenti alla correttezza della prosternazione così da evitare errori e farlo con atteggiamento altruistico, appartiene alla perfezione della “Moralità”;
L’atto stesso del compimento della prosternazione rientra nella perfezione della “Pazienza” perché si sopportano le eventuali sofferenze fisiche che ne possono derivare;
La gioia che scaturisce dalla prosternazione appartiene alla quarta perfezione, della “Perseveranza entusiastica”;
Compiere la prosternazione con concentrazione sulle corrette posture, non distratti, appartiene alla perfezione della “concentrazione”;
E poiché, colui che compie la prosternazione, l’oggetto della prosternazione, e l’atto stesso della prosternazione, sono fenomeni mancanti di esistenza intrinseca, appartengono tutti alla sesta perfezione, la “Saggezza”.
Anche la correttezza dell’esecuzione della prosternazione e la conoscenza dei benefici conseguenti rientrano nell’ambito della perfezione della “Saggezza”.
E’ importante sapere come correlare le sei perfezioni ad ognuno dei sette rami della pratica, così come all’offerta del Mandala. 
Questa è l’istruzione, anche se non completa, sulla prosternazione. 
I tibetani eseguono due tipi di prosternazioni, una lunga ed una corta, nella prima si stende tutto il corpo sul terreno, in quella abbreviata invece toccano terra soltanto, oltre alla fronte evidentemente, ginocchia e mani con cura di mantenere sempre le dita ravvicinate tra loro e non aperte. Il movimento del chinarsi deve essere compiuto lentamente, mentre ci si deve raddrizzare velocemente, per indicare che la discesa nei reami inferiori è lenta, mentre l’elevazione alle vite superiori è un’ascesa rapida.
In Tibet il discepolo che si appresta a ricevere gli insegnamenti quotidiani dal proprio maestro, prima di iniziare, entrando nella stanza compie tre prosternazioni e altre tre rapidissime al termine prima di uscire così, la prima volta che ho incontrato il Dalai Lama ho usato questa stessa modalità compiendo però un errore formale perché non si trattava di insegnamenti quotidiani e quando si fa visita ad un Lama le prosternazioni devono essere fatte solo all’entrata e mai all’uscita. Ovviamente il mio è stato un errore non grave, non intaccava l’ambito spirituale, ma probabilmente se lo avessi fatto in Tibet sarei stato punito ugualmente.
La prosternazione è triplice perché la si compie con corpo, parola e mente e, evidentemente, l’aspetto principale è costituito dalla mente. Comunque è ottimo anche per il corpo, fa molto bene alla salute.
Domanda: C’è anche un mantra da scandire durante la prosternazione?
Lama: Certamente, la mia mamma lo ripete ogni giorno più volte e le scritture dicono che se lo si recita durante la prosternazione è come moltiplicarlo infinitamente.


Offerta

La ripetizione del mantra, la visualizzazione e la prosternazione fisica sono parte della stessa offerta di mente, parola e corpo. 
L’offerta che presuppone la purezza della motivazione si articola su due livelli, uno ordinario e uno straordinario, possiamo distinguerli riferendoci al testo:
“Offro loro ghirlande di fiori, parasoli decorati, musiche piacevoli e profumi eccelsi; offro a tutti i vittoriosi lampade al burro e sacro incenso purissimo.
Cibo eccellente, fragranze supreme e un cumulo di sostanze mistiche alto come il monte Meru dispongono in un ordine speciale e offro a coloro che hanno conquistato se stessi.”
Questi versi comprendono dieci offerte ordinarie. 
Dal verso che segue invece iniziano le offerte straordinarie del Bodhisattva Samantabhadra:
“Elevo tutte le offerte impareggiabili con ammirazione per coloro che sono andati nella beatitudine con la forza della fede nei metodi sublimi, mi prostro e faccio offerte ai conquistatori.”
I praticanti per preparare le offerte di Samantabhadra devono pensare di trasformare se stessi nel Bodhisattva Samantabhadra, giungere le mani come nella prosternazione e immaginare che all’interno delle mani stiamo offrendo il prezioso gioiello in tutto il suo splendore e da cui si irradiano innumerevoli raggi di luce che terminano ognuno con un’offerta che, a sua volta, irradia altra luminosità con altrettante offerte, in un processo infinito di offerte illimitate. 
Questo è il modo in cui si devono presentare le offerte nelle pratiche preliminari.
Nel sutra sono citate altre quattro offerte straordinarie:
Conservare e preservare il Dharma;
Praticare ciò che si è appreso;
Trasformare le proprie virtù accumulate in offerte;
Generare la mente di bodhicitta.
Con il termine offerte straordinarie si intende che non esistono offerte superiori a queste.
Tutto ciò che si offre, siano fiori, acqua o altro, non deve essere di proprietà di altri e gli oggetti che non appartengono a nessuno, come ad esempio i fiori di montagna, sono considerati risultato di karma collettivo patrimonio comune a tutti gli esseri senzienti, di cui noi siamo parte, quindi possono essere offerti. 
Una persona povera non deve preoccuparsi di non aver nulla da offrire, perché se si ha fede pura ci si accorge che non esiste la mancanza di oggetti di offerta, Atīsa offriva l’acqua, oggetto prezioso che ha in sé almeno otto buone caratteristiche: è fresca, ha buon sapore, è leggera, è fluida, è limpida, è inodore, non fa male né alla gola, né allo stomaco, per cui è in grado di generare molti meriti di karma. E’ interessante questa analisi di Atīsa perché ognuna delle otto qualità dell’acqua comporta frutti differenti.
La miglior offerta è quella della pratica e il grande santo Milarepa, recandosi da Marpa gli disse che non possedeva nessun bene materiale da offrirgli e quindi con tutto il cuore gli avrebbe offerto la propria pratica.


Confessione

La terzo ramo è la confessione:
“Da lungo tempo, sopraffatto da attaccamento, odio e ignoranza, con il corpo, la parola e la mente ho compiuto innumerevoli azioni negative. Ora le confesso tutte senza omissioni.”
Quando ci si confessa con i quattro poteri non c’è nessun karma negativo che non possa essere ripulito e inoltre si crea un’impronta fortissima per la realizzazione futura della buddhità.
La confessione agisce anche come rimedio alla rabbia, all’ignoranza, purifica i karma negativi.
I quattro poteri sono: 
La presa di rifugio, è il potere conseguente all’affidarsi ad un oggetto superiore;
La recitazione dei Mantra e dei Sutra che sono un ottimo antidoto al karma negativo;
il rincrescimento perché nel karma negativo ci si ritrova intrisi di veleno;
dal rincrescimento nasce il quarto potere che è la determinazione a non compiere mai più quell’atto nel futuro.
Con questi quattro poteri qualsiasi azione negativa può essere purificata.
Tutti gli atti negativi hanno comunque in sé una qualità ed è quella di poter essere purificati, non esiste un karma negativo che non possa essere purificato attraverso i quattro poteri.



Saluti e Dedica


Desidero ringraziare coloro che hanno messo a disposizione tutto il necessario per la realizzazione di queste giornate, è vero le occasioni di incontrarsi possono essere tante, ma queste sono state particolarmente preziose e rare caratterizzate dal rispetto speciale della cultura e del Dharma.
Grazie anche a tutti gli amici che sono venuti, qualcuno da lontano, è veramente un dono magnifico poter stare insieme e condividere il prezioso Dharma.
Per quanto riguarda il Jor Chö vi consiglio di praticare con costanza almeno la prima parte, fino alla generazione della mente di bodhicitta, la si può anche ripetere più volte, e ricordatevi naturalmente di concludere sempre la pratica dedicandola agli esseri senzienti.
Non dobbiamo preoccuparci troppo di misurare il karma, dobbiamo solo impegnarci ad accumulare meriti in azioni positive e tutto si sistema da solo, la vita sarà più facile e gioiosa.
La capacità di gioire è molto importante, è il quarto ramo della pratica in sette rami. Dobbiamo gioire di tutte le buone virtù degli altri e nostre.
Recitiamo dunque insieme la:

Preghiera Conclusiva del Lam Rim (v. pag. 14)
e la: 

Dedica e Preghiera Conclusiva
Composta da Geshe Gedun Tharchin il 4 novembre 2000 - versione originale in tibetano

“La Vittoriosa tradizione dei Buddha come fondamento di Pace e Felicità,
Medicina per illuminare le sofferenze di tutti gli esseri senzienti,
Tesoro che realizza le speranze degli esseri viventi dei tre reami,
Gioiello che soddisfa simultaneamente i desideri propri e altrui.

Dal profondo del mio cuore porgo il mio rispetto ai Maestri,
che mi hanno indicato senza errori i metodi per seguire 
il Percorso Fondamentale, come affidarmi ad una guida spirituale
fino a raggiungere, tramite la pace, la completa Illuminazione.

Possano tutti gli esseri, e noi stessi, incontrare la felicità
Realizzando la rinuncia, la mente del non-attaccamento,
il Bodhicitta, la mente altruistica e che aspira a vincere la sofferenza,

la Vacuità, la massima visione della Chiara Luce.”