Tuesday, 27 January 2015

TRANQUILLITA' DELLA MENTE E REALIZZAZIONE DEL SE'






Tranquillità della Mente e realizzazione del Sé





Lama Geshe  Gedun Tharchin

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29 - 30 novembre 2014 
Centro Buddhista Mandala Deualing
MERANO 



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INDICE




Lo stress, la paura e la pace mentale
Cinque Finestre e una Porta
Meditare sull’Ego per realizzare il Sé
Praticanti di Dharma -  Amici di Samsāra nei Tre mondi

















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Lo stress la paura e la pace mentale


Iniziamo la pratica con una breve meditazione, seduti in modo confortevole e a occhi chiusi, escludiamo le stimolazioni esterne olfattive, uditive e fisiche e concentriamoci sull’andamento regolare, tranquillo e profondo del respiro, essenziale fonte interiore di calore e di energia vitale.
Lasciamo riposare la mente e apriamo il cuore all’universo intero, affidiamo il nostro sé al cuore universale nelle virtù di pace, tranquillità, armonia, compassione e saggezza, abbandonandoci alla sintonia con il mantra della grande compassione:
“Om Ma Ni Pad Me Hum”
(Segue meditazione silenziosa nell’ascolto del mantra)

Ci siamo rilassati? Abbiamo buttato fuori tutto lo stress? Ma che cos’è lo stress?
Risposte: Agitazione…; tensione accumulata…; nervosismo…; subire l’attacco dello stress senza poter far nulla, nemmeno scappare…; malessere, cioè male-essere…; disagio…; stanchezza mentale…; impazienza…; mancanza di tempo…; concentrazione solo su una cosa che esclude tutto il resto…; fissazione…; chiusura emotiva…; identificazione…; attaccamento…; ansia…; confusione mentale…; paura…; allontanamento dal proprio centro, concentrarsi sul fare piuttosto che sull’essere, questo produce stress…;
Lama: Lo stress da dove viene?
Risposte: Dai troppi pensieri…; dalla mente…; da noi stessi…; dall’egocentrismo…; dal voler andare oltre i nostri limiti…
Lama: Molto bene, tutte le risposte sono corrette, perché la domanda era giusta.
Quando si pone la giusta domanda ogni risposta è giusta poiché ne è il riflesso preciso, è speculare alla stessa e, allo stesso modo, se la domanda fosse sbagliata non potrebbero in nessun caso esservi risposte corrette.
Per questo la domanda è molto importante, primaria, la risposta è soltanto la sua conseguenza, è una semplice legge di natura, e la mia responsabilità qui è porvi la giusta domanda, mentre il vostro compito è quello di rispondere.
Lo stress è la vita umana; senza stress noi saremmo già morti, ma l’importante è averne consapevole controllo, se è eccessivo fa male, ci pone in una situazione di coma mentale, non siamo né morti né vivi.
Senza stress saremmo irresponsabili automi non pensanti, ma, ugualmente, se ci lasciamo sopraffare dal troppo stress sprofondiamo in una condizione di doloroso coma, di male-essere che è il principale ostacolo nella nostra esistenza.
Lo stress eccessivo nasce dalla paura che conduce inevitabilmente ad uno stato amorfo che ci rende incapaci di vivere, seppur non ancora completamente morti. Grandi saggi giustamente affermano che: “la vera vita comincia quando si supera la paura”.
La paura tenta ininterrottamente di affermarsi affondando i suoi tentacoli in tutti i nostri sensi, nel corpo e nella mente, e dunque dobbiamo interrogarci sul dove essa si trovi realmente.
Quando camminiamo in una notte oscura avvertiamo immediatamente un angoscioso disagio, una paura incontrollabile, benché immotivata, in quanto quel luogo che tanto ci spaventa è esattamente lo stesso che il giorno, quando ne distinguiamo tutti i contorni e non ci intimorisce affatto.
Dunque dalla nostra immaginazione sorge la paura, è una nostra creatura, frutto della non conoscenza della realtà, della mancanza di coraggio. Noi creiamo i mostri, i demoni, che tanto temiamo e che sono costruzione illusoria, inconsistente, ma ben custodita dentro di noi, immagine riflessa dell’ego.
Siamo impauriti dal nostro stesso ego, ma quando lo riconosciamo per quello che è ne superiamo il limite, cominciamo a vivere veramente, abbiamo la capacità di vedere con chiarezza e controllare lo stress.
La pace mentale a cui tanto aspiriamo non significa affatto essere costantemente calmi, tranquilli, serafici, addormentati come bradipi, ma consiste esattamente nella nostra capacità di controllare lo stress, e il mezzo per farlo è il superamento della paura.
Ma come superare la nostra paura? Con la consapevolezza, riconoscendo che è unicamente frutto dell’ego, non corrisponde a qualcosa di esterno, è radicata in noi, siamo impauriti dallo stesso ego, il fardello pesantissimo che ci schiaccia.
Soltanto perseverando nella pratica che ci porta a raffinare la conoscenza, la concentrazione, il controllo dei nostri sensi, le finestre che ci permettono di essere in comunicazione con il mondo esteriore, impariamo a riconoscere l’ego per quello che è e ad averne il controllo. Noi apriamo e chiudiamo queste fondamentali finestre secondo la necessità del momento e questo ci dà la conoscenza e reale dell’ego e ci permette di raggiungere con padronanza e flessibilità la pace mentale.
L’immagine di una pace mentale serafica, beotamente indifferente, è assolutamente falsa, diventa buonismo, che non è affatto compassione, ingenera illusioni davvero ridicole e in questo stato una persona pensa di essere già un Bodhisattva, salvo esplodere con ira in un momento immediatamente successivo di fronte alla prima provocazione o contrasto.
Questi fraintendimenti della coscienza sono principalmente provocati dalla visione ingannevole e superficiale con cui spesso si presenta la pratica di Dharma, si parla sempre delle grandi realizzazioni, dei benefici ottenibili, ma mai degli altrettanto reali e pesantissimi rischi che questa comporta.
Tutti sono entusiasti nell’esporci dettagliatamente la bellezza della meditazione che magicamente supera ogni stress e porta alla pace immediata, ma non si dice nulla dei pericoli altrettanto presenti. Forse è una forma di difesa, si tenta sempre di fuggire di fronte a possibilità negative, è più facile non conoscere, non sapere, ma ogni realtà, indistintamente, ha due aspetti uno positivo e l’altro negativo, luce e ombra, ed è un grosso errore considerarne sempre e soltanto uno.
Perciò meditare per ottenere uno stato asettico di buonismo, con un permanente sorriso beota stampato su un viso assolutamente inespressivo, statico, permanere in una sorta di tranquillismo, che non è tranquillità, ma corrisponde alla condizione di chi è sotto l’effetto pesante di farmaci tranquillanti, è una vera sciocchezza che nulla ha a che fare con l’autentica pace mentale.
La pace mentale è vigile padronanza sui cinque sensi, flessibilità nella loro gestione e apertura del cuore allo status di libertà.
La mente-cuore è l’interno della casa, il nostro mondo interiore, i cinque sensi sono le finestre che si aprono e chiudono sul mondo esterno permettendo un contatto necessario, ma a cui si deve accedere in piena libertà; quando è necessario le finestre sono aperte, vigili, ma quando non lo è le si devono richiudere per permettere il raccoglimento in se stessi.
Per questo nella meditazione è così importante osservare la regolarità del nostro respiro che permette al sangue di circolare, di nutrire ogni cellula del corpo. Il respiro è l’elemento vitale dell’esistenza spirituale così come il sangue lo è di quella fisica, ed entrambi sono strettamente interdipendenti, sono essenziali alla vita e coordinano i cinque sensi, la libertà di scegliere quando aprire le finestre per utilizzarli e quando chiuderle per riposare in sé.
Meditando ogni giorno, anche per pochi minuti, si acquisisce l’esperienza di questa interiore capacità di scelta, si ha il pieno controllo sulla necessaria relazione tra mondo interiore e quello esteriore.
Questa esperienza è fondamentale, è la nostra unica autentica ricchezza, non i vari curriculum che tutti si affannano a voler presentare, confondendo i presunti obiettivi raggiunti con la vera e profonda essenza interiore.
Il curriculum vitae può essere necessario per trovare lavoro, per le questioni mondane, ma per quelle spirituali è proprio ridicolo, anzi pericoloso e ingannevole, diventa un assurdo conteggio di iniziazioni ricevute. Non serve presentare agli altri le proprie ipotetiche qualità, ma serve l’esperienza profonda del proprio essere in relazione con il mondo esteriore.
Il nostro cuore ha uno spazio infinito, non lasciamo questo terreno incolto, indurito dalle sterpaglie, coltiviamo ogni giorno la terra feconda con la meditazione che ci permettere di accumulare, ora dopo ora, essenziale esperienza così da renderci davvero completi nella nostra essenza liberata ormai da ogni paura poiché l’ego è riconosciuto, controllato, non lo temiamo più, non gli permettiamo di costruire i fantasmi che ci terrorizzano, di prendere il sopravvento sul nostro vero essere.
Allora comincia la vera vita, completamente liberi e questa libertà è il nirvāna.
Allora cosa conta davvero nella pratica? - l’esperienza, null’altro, non servono chimerici obiettivi di illuminazione, apertura del terzo occhio, realizzazioni fantastiche.
La meditazione ci apre all’esperienza della comunicazione tra il mondo interiore e quello esteriore, nella vera armonia, pace, tranquillità.
La comunicazione tramite i cinque sensi, crea consonanza tra mente e corpo, tra respiro e sangue, e se questa viene a mancare si crea uno squilibrio che fa ammalare il fisico, gli organi impazziti si scontrano distruggendosi, manca la cooperazione, necessaria all’essenziale equilibrio psicofisico.
Intervento: Va bene la comunicazione tra i vari aspetti di noi stessi, ma non dimentichiamo l’altrettanto necessaria comunicazione, con tutto ciò che è esterno anche se sconosciuto, lo spazio, il cosmo, gli animali, le piante, l’altro da sé, l’aspetto sociale…
Lama: Certamente, questo è verissimo, però spesso siamo così presi dalla comunicazione con il mondo esterno che dimentichiamo quella interiore ed è un rischio che la meditazione ci permette di evitare. La meditazione crea armonia e comunicazione con il mondo interiore e da questa esperienza nasce automaticamente la comunicazione con il mondo esteriore. Le due realtà sono così collegate consapevolmente.
Domanda: A una persona che ha parecchi problemi esistenziali, è disoccupata e di conseguenza ha paura, si deve suggerire di meditare per trovare in se stessa il metodo per uscire da questa situazione?
Lama: Questa è una domanda importante, pratica, perché molte persone cercano nella spiritualità le risposte per risolvere i loro problemi materiali, ma in questo modo è inevitabile un peggioramento della situazione. Sono due aspetti distinti che diversificano le modalità di comportamento nel mondo materiale e in quello spirituale, non è sano mischiarle in modo confuso perché si crea un fraintendimento foriero di ulteriori problemi.
Ognuno, come persona nel suo complesso, deve trovare la via più appropriata per esercitare queste due capacità, non c’è un metodo uguale per tutti. E’ verissimo che esistono in tutte le religioni, pratiche per la buona sorte, per la lunga vita, una preghiera e una risposta per ogni bisogno, i tibetani ne hanno lunga esperienza, ma non c’è nulla di spirituale in questi rituali, ci si aggrappa a superstizioni e magie e così la soluzione del problema concreto si allontana ulteriormente.
Comunque il problema reale della disoccupazione non si risolve con la paura, questa anzi ne aumenta le conseguenze, paralizza ogni possibile effettiva soluzione perché incrementa il crollo della dignità, dell’autostima. Invece è il momento di sfoderare tutto il coraggio, la forza d’animo e affrontare concretamente le tangibili possibilità di soluzione del problema.
Intervento: Infatti quando si giunge alla disperazione, sia per questioni di lavoro che di malattia o altro, si è costretti a radunare tutte le forse e risalire, con molto coraggio e determinazione…
Lama: Certo. Ora una piccola pausa.






Cinque Finestre e una Porta


Riprendiamo il nostro percorso, dobbiamo saper cogliere l’esperienza che nella meditazione, nella pratica di Dharma, è accumulazione. Questo significa coltivare il proprio cuore, semplicemente, non è necessario ricorrere a ridondanti termini arcaici appartenenti ad altre epoche e culture, ma oggi enigmatici.
Dobbiamo accogliere l’espressione contemporanea, umana, universale, poiché solo in questo modo potremo conoscere e “praticare il Dharma” che, nel nostro linguaggio, significa “coltivare il cuore”.
Coltiviamo il cuore nella nostra essenza di persona umana, questo è il nostro compito, mentre impiegare ore nel tentativo di decifrare l’antica terminologia è solo tempo perso, significa giocherellare con parole vuote e prive di significato per noi, è indispensabile invece usare quelle che toccano le nostre corde, che sono comprensibili a tutti.
Noi riceviamo il nutrimento necessario al nostro cuore attraverso cinque sensi, fondamentale strumento, ma che inevitabilmente utilizziamo in modo errato, superficiale, distratto, li identifichiamo e confondiamo con il sé, con il cuore, con ciò che siamo, ma non è così, i cinque sensi sono finestre a cui si aggiunge un’importante porta, la mente, la facoltà della mente.
Noi siamo la persona che vive all’interno della casa e riceviamo il nutrimento dall’ambiente esterno, attraverso queste sei aperture chi ci permettono di comunicare con il mondo dando forma alla nostra esistenza.
I cinque sensi sono il mezzo essenziale per la realizzazione del sé, ma non sono il sé, permettono la comunicazione tra il nostro essere profondo e il mondo esteriore costituito da forma -(vista), suono - (udito), odore - (olfatto), sapore - (gusto,) e toccare - (tatto). Tutto è semplice, la percezione del mondo passa attraverso queste cinque finestre.
L’uso errato di queste finestre ci complica notevolmente la vita, già dalla forma possiamo produrre un notevole stress. La forma presenta naturalmente due aspetti, Shape, il contorno che definisce l’oggetto e Color, il suo colore, ma pare che il nostro problema principale sia determinato dalla necessità di fermarsi al colore con una conseguente percezione errata dell’esistenza poiché ci perdiamo nei meandri dell’apparenza come unica realtà, così diventa vitale un biondo chiaro rispetto a quello di altra sfumatura, o un tatuaggio che ci distingua dagli altri, tutto il mondo è ridotto a questa dimensione colorata, mentre è essenziale saper cogliere l’essenza del mondo nell’interezza delle cinque finestre.
Altrettanto il suono può diventare per noi un ostacolo enorme, sia nei confronti di ciò che risulta piacevole e che può indurci a dipendenza e ottundimento, come a quanto ci è sgradevole, è sufficiente udire un insulto, per scatenare in noi l’ira più incontrollata, confondendo la piccolezza di un momento, di alcune sillabe, con tutta la nostra persona; è assurdo, ci lasciamo trascinare completamente schiavi di questo suono senza aver più alcun controllo su questo senso. Qui si comprende l’importanza dell’esperienza a cui accennavamo all’inizio e che ci permette di comprendere questi attacchi nella loro pochezza e di affrontarli con padronanza, senza perdere nulla della nostra umanità, altrimenti ne siamo dominati e fragili e ne siamo schiacciati.
Anche l’odore diventa un problema, ne è stato costruito un mercato incredibile, non basta il profumo dei fiori, l’industria chimica se ne è appropriata inducendo a credere nell’indispensabilità di questi prodotti, con spese tanto folli quanto assolutamente ingiustificabili.
Per quanto riguarda il gusto gli italiani ne sono i più dipendenti, non possiamo vivere senza una buona tavola e un caffè espresso. Ci sono molti tipi di ristoranti, vegano, vegetariano, con carni pregiate e rare… con costi davvero assurdi, mentre ciò che in realtà è importante è il nutrimento, semplice, naturale.
Infine abbiamo il tatto, non ci accontentiamo di vestirci con indumenti adatti alle stagioni, caldi in inverno e freschi d’estate, ma riteniamo assolutamente essenziale rispondere a tutte le fantasie della moda, diventa impossibile indossare un abito che, seppur di ottima fattura, è ormai sorpassato, o un altro non consono a determinati contesti sociali, montagna, sci, cena, colazione, passeggio, e così via. 
Questo dimostra come i cinque sensi, indispensabili alla nostra relazione con il mondo, siano per noi autentiche finestre che dobbiamo aprire quando opportuno, ma che, altrettanto, è necessario richiudere qualora inutili problemi e ostacoli volessero introdursi.
E non dobbiamo dimenticare la porta di questa nostra casa da cui possono entrare i maggiori pericoli: gli oggetti mentali che esulano dai cinque sensi, ma sono un fenomeno astratto, intangibile, che induce attaccamento a visioni immaginarie e a costruzioni concettuali inesistenti: “La mia vacuità è superiore alla tua….Il mio guru è migliore del tuo….La conoscenza filosofica del mio paese non è paragonabile a nessun’altra… e così via” Queste astrazioni, oltre a ottenebrare e fuorviare la conoscenza di sé, hanno da sempre causato guerre e divisioni gravissime.
E’ importante meditare su queste sei realtà poiché soltanto in questo modo ne avremo una visione semplice e corretta, consapevoli della loro essenzialità senza però mai confonderne la natura con il nostro essere, sono finestre aperte da utilizzare al meglio, ma non sono noi, né tantomeno i nostri padroni.
Il mondo è davvero nelle nostre mani, noi possiamo viverne profondamente la sostanza nella semplice bellezza naturale, oppure complicarci l’esistenza in percezioni errate e, purtroppo, siamo grandi esperti nel complicare, ma debolissimi nel semplificare.
Tendenzialmente pensiamo di risolvere i problemi eliminandoli radicalmente, uscendo all’esterno e combattendoli, ma non è questo un modo efficace, anzi, crea ulteriori complicazioni, è sufficiente chiudere la finestra e il problema per noi è scomparso. Non è necessario distruggere tutte le profumerie con i loro ingannevoli odori, chiudo la finestra e non li sento più, semplice.
Sono io che scelgo di aprire e chiudere queste finestre, mi nutro con ciò che serve alla mia mente, al mio essere, al mio benessere interiore, e lascio fuori tutto il resto, non mi faccio sommergere dal pattume che può entrare, chiudo prima, seleziono, scelgo ciò che reputo necessario, sono io che utilizzo correttamente i sei sensi includendo gli oggetti mentali con consapevolezza e senza permettere che siano loro a condizionare e dominare me.
In questo modo siamo liberi, consci e non corriamo il rischio di confondere la compassione con il buonismo, la tranquillità con il “tranquillismo”, la pace mentale con il “pacismo”, tutti questi “ismo” sono apparenze inconsistenti che fuorviano dalla vera essenza del mondo.
Tutti noi, senza alcuna eccezione, siamo responsabili di questa costruzione fuorviata del mondo e ognuno in prima persona deve esserne consapevole e non più collaborare, assumere un’attitudine non violenta, questo è l’unico mezzo per trasformare la società.
L’azione non violenta è l’autentica disobbedienza sociale, in questo modo si nega la partecipazione, il contributo all’aumento dell’inutile crisi mondiale, è una scelta personale che vede e blocca la trappola della più facile, ma sbagliata, scelta di massa, ognuno deve prendere la propria responsabilità, pensare con la propria mente.
Per maturare questa capacità è importante meditare, mantenere correttamente la comunicazione tra il nostro essere e le varie facoltà di cui disponiamo. Siamo abilissimi nel connetterci con i più sofisticati strumenti elettronici, ma abbiamo enormi difficoltà a confrontarci realmente con il nostro profondo autentico essere.
Il nostro cuore, cervello, mente, non sono parti a sé stanti che possono procedere autonomamente prescindendo dalla costante profonda comunicazione, collaborazione, armonia, poiché se manca tale interconnessione, perdiamo la nostra umanità, siamo come robot che non capiscono nulla e procedono senza che il corpo sappia ciò che fa la mente o la psicologia ciò che suggerisce il cuore, e da questo disordine interiore scaturiscono tutte le disarmonie, i problemi, le malattie.
Adesso tocca a voi esprimere le vostre opinioni che è importante condividere.
Intervento: Mentre parlavi mi è stata chiara la distinzione tra libertà e schiavitù, la grossa differenza è determinata dal controllo che tu hai dei tuoi sensi usandoli con consapevolezza, oppure se te ne lasci dominare completamente e inconsciamente, tutto ciò che ci viene trasmesso dai mass media è volto a indurre a rimanere nella superficialità e nella schiavitù dell’apparenza…
Lama: Però tutto dipende da noi, non dall’esterno, loro fanno il loro lavoro, sta a noi scegliere se essere liberi e chiudere le finestre o arrenderci alla schiavitù di massa e lasciare le finestre sempre aperte.
Intervento: Però a volte è forte la tentazione di spalancare le finestre e gridare a loro: “state zitti”, perché se noi ci limitiamo a chiudere le finestre non lottiamo contro il problema… 
Lama: Chiudere le finestre è già una lotta non violenta, pacifica, con rispetto.
Intervento: Si, è anche un modo per assumere la propria responsabilità e non delegare tutto all’esterno.
Lama: Non si devono sbarrare definitivamente le finestre, in questo modo la vita sarebbe impossibile, non si respirerebbe nemmeno, è necessario maturare il valore della comunicazione interiore e con il mondo esterno così da aprirle e chiuderle con piena consapevolezza, scegliere liberamente ciò che è utile al benessere interiore lasciando fuori ciò che invece crea confusione e incrementa il caos interiore. Nel linguaggio spirituale questa è la semplicità e, come disse Leonardo Da Vinci, la semplicità è il fenomeno più sofisticato.






Meditare sull’Ego per realizzare il Sé


Buon giorno a tutti, ci conosciamo da tanti anni e per me è sempre un piacere condividere con voi il valore spirituale del Dharma, per questo desidero ringraziare i responsabili di questo Centro che rendono possibili questi nostri incontri.
Iniziamo la giornata rimanendo rilassati nella meditazione, nell’osservazione del proprio regolare respiro e nell’ascolto e contemplazione della voce interiore, del silenzio, e sintonizziamo il nostro cuore nella connessione con il mantra della compassione.
“Om Ma Ni Pad Me Hum”
(Segue meditazione silenziosa nell’ascolto del mantra)

Con la pratica della meditazione riconosciamo come il nostro autentico compito sia imparare a camminare piano piano, con calma, lentamente, in qualsiasi azione, poiché se, al contrario, non siamo capaci di rivolgere lo sguardo nel profondo del nostro cuore e ci affrettiamo sempre di più, in questo modo rallentiamo, fermiamo il passo della nostra evoluzione. Corriamo freneticamente e ininterrottamente per arrivare non si sa dove, per fare un’infinità di cose completamente inutili.
Il cammino lento, tranquillo, pacifico, senza angoscia e stress, nel silenzio immobile della meditazione invece ci porta alla meta subito, siamo già arrivati, questo è il segreto della meditazione, fare tutto senza fare niente, una pratica importantissima definita come “azione senza azione”.
La meditazione è la semplicità della mente da cui scaturisce la tranquillità del cuore, se mente e cuore restano due entità separate nessuna pace è possibile, si rischia solo una schizofrenia caotica e pesante, una divisione che comporta una grande infelicità.
L’altro giorno una persona mi ha posto una domanda riscorrente in questa società: “perché le persone scelgono sempre prioritariamente la rabbia invece della pazienza, della compassione?” La risposta è semplice: la rabbia nasce nella testa, mentre la compassione scaturisce dal cuore, e il cervello arriva prima, istintivamente, mentre il cuore scende lentamente, ma profondamente nell’essenza della persona, per questo la rabbia è la prima manifestazione.
Dunque tutto lo stress, l’angoscia, il nervosismo si formano nel cervello, mentre le buone qualità, pace, compassione, pazienza, si formano nel profondo del cuore. Questa è la sede in cui si sviluppa la natura umana e nell’umanità non c’è negatività.
Quando la mente si unisce al cuore essa si trasforma nelle buone qualità del cuore, altrimenti è caos distruttivo e inutile.
Qual è l’ostacolo principale a questa connessione tra mente e cuore?
Risposta: L’ego…
Lama: L’ego è il boss dei boss, ma in questo caso l’ostacolo maggiore è l’attaccamento. E questo attaccamento che cos’è? Da dove viene?
Risposte: Dal contatto con l’esterno…; dal lasciare le finestre sempre aperte…; dalla paura…;
Lama: L’attaccamento è insoddisfazione. È quell’abitudine così radicata di voler appagare sempre e completamente i sensi, ma questo è impossibile e dunque questi non sono mai soddisfatti, così la mente se ne sente responsabile e pensa di poter risolvere il problema rivolgendosi completamente al mondo esterno.
Anche voler soddisfare un solo senso, come quello della vista, diventa una questione impossibile, gli occhi vogliono vedere tutto, ma non è realistico, ed ecco la frustrazione dell’insoddisfazione e così per tutti gli altri sensi, e ancor peggio per la mente stessa. Noi siamo schiavi delle nostre insoddisfazioni per questo corriamo come pazzi nel tentativo impossibile di appagare tutti i sei sensi.
Così è la nostra vita, ma è importante non esprimere immediatamente un giudizio discriminante e considerare l’attaccamento unicamente come negativo - ...questo è male, da cancellare e quest’altro è bene, da mantenere separato dal resto…- non esiste negativo, positivo, giusto, ingiusto, questi sono soltanto ingannevoli inesistenti giudizi mentali, la realtà invece si afferma nell’equanimità della diversità, da qui scaturisce l’energia interiore. Senza biodiversità il mondo non esisterebbe, tutto si crea nella diversità della cultura, delle tradizioni, dei popoli, di tutto, e diventa energia vitale, essenziale, uguale.
Le varie disquisizioni: karma positivo, karma negativo, paradiso, inferno, merito, condanna… appartengono a un passato remoto fondato su un dualismo che non ha più alcun senso, oggi dobbiamo vivere la diversità del presente, non dualistica, equanime, dobbiamo imparare a riconoscerne la natura.
Se avvertiamo attaccamento verso qualcosa, osserviamolo, consideriamone il ruolo, la funzione, il suo valore, così come il suo limite, entrambi intrinseci a tutti i fenomeni.
Considerare soltanto un unico aspetto di ciò che accade, attaccamento o rabbia, o qualsiasi altro evento, ci fa cadere nell’inganno peggiore, ciò che tentiamo di eliminare vendendone solo la negatività ci potrebbe far credere di essere diventati dei Bodhisattva, di avere ormai superato ogni ostacolo, di essere prossimi all’illuminazione.
Invece dobbiamo riconoscere e rispettare il valore di tutte quelle emozioni che rifuggiamo e condanniamo, della nostra rabbia, del nostro attaccamento, del nostro ego il grande boss, della nostra gelosia, ecc…
È molto facile rispettare Buddha, Cristo, Dio, non li abbiamo mai conosciuti, incontrati concretamente, ma è ben più difficile rispettare tutto ciò con cui veniamo quotidianamente in contatto diretto e che non ci piace, siano emozioni o persone, ma fino a quando non riusciremo ad avere uguale rispetto per tutto questo non troveremo mai la pace mentale.
La pratica del Bodhisattva consiste proprio nell’unificare il cuore e la mente nella grande compassione che è prima di tutto profondo indistinto rispetto verso tutti e tutto, senza alcuna discriminazione o distinzione.
Soltanto il nostro condizionamento mentale perennemente dualistico oscura il punto di vista della grande compassione, ma ciò che possiamo e dobbiamo fare per eliminare questa discriminazione illusoria è coltivare il rispetto innanzitutto per il nostro ego e per tutte le emozioni che ne conseguono e di cui dobbiamo riconoscerne e comprenderne la ricchezza, il valore dell’energia che producono.
Nel riconoscimento semplice della realtà così com’è, in ogni suo aspetto, superiamo ogni barriera e trasformiamo tutto in armonico sviluppo umano. I voli pindarici, le lotte per raggiungere i più elevati obiettivi, sono distrazioni mentali che allontanano dall’autentica spiritualità. La spiritualità è semplice armonia tra tutti gli elementi della vita, è la connessione tra mente e cuore, è l’umile equilibrio nelle diversità, tra rabbia e pazienza, attaccamento e compassione, invidia e generosità, ignoranza e saggezza…
Domanda: Ma questo significa che dopo aver riconosciuto queste diversità nella loro semplicità e valore dobbiamo imparare a controllarle?
Lama: Non dobbiamo complicare il pensiero, ma rimanere umili, modesti, tranquilli nella via di mezzo, solo così otteniamo la tranquillità della mente che nasce dall’armonia tra due opposti, dall’energia delle diversità. Come esseri umani questa è la nostra capacità massima, soltanto nella via di mezzo troviamo la giusta risposta. Nella nostra esistenza tutti commettiamo molti sbagli, ma ciò che conta è riconoscerli e trasformarne la potenzialità in modo costruttivo. I nostri errori diventano nella meditazione il nostro più grande maestro, l’ego stesso trova la sua giusta collocazione, espressione armonica, non più escluso a priori, etichettato come il peggior male.
Intervento: Infatti, come dicevi tu, l’ego è indispensabile alla sopravvivenza, senza ego saremmo già morti.
Lama: Certamente, l’ego è importantissimo, è l’energia essenziale, per questo è necessario meditarlo, non ha alcun senso meditare giorni o anni sulle grandi virtù, sulla pazienza sublime e perfetta, che oltretutto perdiamo immediatamente al primo ostacolo, dobbiamo riconoscere e rispettare l’ego e tutte le emozioni che ci turbano tanto, meditare in modo che tutto possa vivere in noi nell’armonia, nella pace della mente.
Dunque per semplificare il nostro attaccamento cosa dobbiamo fare?
Risposte: Rispettarlo…; accettarlo…; riconoscerlo…; dialogare…; abbracciarlo con compassione…; guardarlo…; non giudicarlo…
Domanda: Sono veramente grato e contento che si stia trattando questo argomento anche perché ero venuto qui proprio con l’intento di chiedere chiarezza sull’attaccamento che è il grande cruccio su cui sto lavorando da tanto. È bello sentire tutte le risposte che avete dato, ma in concreto l’attaccamento è micidiale, sovrasta tutto, io sto tentando da anni di controllarlo ma non ci riesco proprio è sempre lì con tutta la sua potenza. A parole credo di aver capito, ma poi come concretizzare tutte queste belle intenzioni?
Lama: È necessario semplificare l’attaccamento. Come semplificare l’attaccamento?
Risposte: Non nasconderlo, viverlo…; cercare di capire il perché si è attaccati a quella determinata cosa…; essere consapevoli di avere questo attaccamento è già una sua accettazione, ne hai consapevolezza e questo ti salvaguarda dall’attaccamento spirituale che è davvero il più subdolo e pericoloso.
Lama: L’attaccamento spirituale, quello che ci induce nell’illusione di ottenere chissà quali elevate vette, è davvero il più rischioso, gli attaccamenti materiali non sono nulla al confronto, il meno pericoloso è l’attaccamento all’attaccamento, ma noi, al contrario, ci focalizziamo esclusivamente su questo e non riconosciamo nemmeno come attaccamento quello spirituale.
Domanda: Prima dicevi che l’origine dell’attaccamento è l’insoddisfazione dei sensi, ho capito bene?
Lama: Si, è così. Molto bello tutto ciò che avete detto, io penso che prima di tutto si debba evitare di condannare l’attaccamento, anzi è opportuno aumentarlo, so che questo sembra essere un gioco pericoloso, ma è in realtà l’unico strumento disponibile poiché attaccamento brucia attaccamento, qui non servono compassione, pazienza, perché soltanto osservando l’attaccamento direttamente, concretamente in tutta la sua potenza con la consapevolezza intelligenza, prudenza è possibile averne il controllo e non rimanerne schiavizzati. Il fuoco, brucia il fuoco, questa è la natura dei fenomeni, l’Abhidharma.
Intervento: Studi neurologici hanno dimostrato che il nostro cervello è in sé privo di emozioni, queste vengono alimentate da noi, dalle paure, dalla volontà di eliminarle e così via , se io avverto possibile attaccamento ma non gli do importanza, non mi ci soffermo in nessun modo, né per combatterlo né per accoglierlo, semplicemente lo ignoro, questo decade naturalmente. Almeno questa è la mia prassi…
Lama: Tutto è utile nella diversità delle persone. Tollerare le diversità è difficile, vorremmo una risposta univoca e certa per ogni fenomeno, ma non è così, ognuno deve trovare la propria energia i propri mezzi. La diversità è l’unica risorsa, ma comprenderne il significato sottile è molto difficile persino nel mondo scientifico.
La bellezza del mondo nasce dalla diversità, e per questo è fondamentale non contrapporre, non costruire difese ma comprendere pienamente il valore di ogni fenomeno, dell’emozione che brucia emozione, soltanto in questo modo l’attaccamento consuma se stesso se accolto nella sua pienezza con consapevolezza, con intelligenza, con prudenza, si annulla definitivamente perché l’attaccamento non è infinito, ha il suo limite, non può andare oltre, e una volta bruciato completamente le sue ceneri diventano amore e compassione genuini, assoluti, uno splendido luminoso diamante. 
È curiosa una sperimentazione in laboratori Svizzeri che creano diamanti dalle ceneri della cremazione dei morti.
Domanda: Ma concretamente come è possibile bruciare l’attaccamento sino a giungere a questo amore assoluto?
Lama: E’ difficile tentare di definire questa prassi, tutto si costruisce nell’esperienza personale, nella diversità di ognuno come dicevamo prima, è impossibile condividere, dimostrare un rapporto così interiore.
Forse potete sperimentare con piccoli attaccamenti, ad esempio quelli per le sigarette o il caffè o l’alcool, se potenziate il consumo di queste sostanze alla fine ne avrete nausea, non le potrete più vedere, e così l’attaccamento nei loro confronti avrà bruciato se stesso. Però è un esperimento sempre pericoloso e deve essere fatto comunque con consapevolezza, intelligenza e pazienza, altrimenti è meglio non tentare.
Intervento: Io credo che la chiave sia proprio la consapevolezza e la non contrapposizione, perché se si inizia una battaglia si è perso in partenza, se invece c’è una lucida accettazione consapevole dell’evento ognuno trova la propria via per annullare qualsiasi blocco.
Intervento: Credo che sia anche essenziale riconoscere che ogni domanda è importante in sé ma che non tutte possono avere risposta; accettare questo limite dà una grande libertà, altrimenti si continua a rincorrere inutilmente la ricerca di responsi inesistenti.
Lama: E’ importante mantenere l’armonizzazione in ogni situazione, stare nella via di mezzo, sia che si tratti di attaccamento come di compassione o di qualsiasi altro evento. E’ molto difficile rimanere nella via di mezzo, ma è l’unica possibilità di procedere correttamente.
Intervento: Anche l’insoddisfazione ha una parte positiva, infatti nella storia dell’umanità l’insoddisfazione, che è alla base dell’attaccamento, ha determinato l’evoluzione sociale.
Lama: Certo, tutto ha un valore intrinseco, per questo non si deve giudicare, separare, condannare. Ogni essere, ogni fenomeno, contiene Dharma e questo deve essere compreso, valorizzato.
La tranquillità della mente è la condizione essenziale per la realizzazione del sé, e per questo è necessario dimorare nella condizione di equilibrio della via di mezzo. Chi ha il ruolo principale per la realizzazione del sé? quale emozione?
Risposte: l’amore…; collegare la mente con il cuore…; compassione…; consapevolezza…; rabbia…
Lama: Tutte buone risposte, ma per realizzare il sé è assolutamente necessaria la presenza del boss dei boss, il padrone dispotico: l’EGO. È necessario meditare profondamente, costantemente, sull’ego, questa è l’unica via per portarlo allo scoperto, vederlo in tutta la sua natura illusoria così da poter giungere alla autentica realizzazione del sé.
Domanda: Come meditare sull’ego?
Lama: E’ molto difficile, anche qui bisogna sperimentare, cominciando dal piccolo ego, per poi passare, un passo alla volta, a quello sempre un po’ più grande. Non tentiamo di cominciare subito dall’immenso ego, questo sarebbe molto rischioso. Analizziamo lentamente, con calma ogni particolare di questo piccolo ego, osserviamolo da tutte le angolazioni senza essere spaventati.
Ognuno può sperimentare il proprio ego, mai quello degli altri. Da questa meditazione emergono lentamente gli ego sempre più grandi e alla fine si ha la lucida visione del boss dei boss, il grande EGO. Non ci si può arrivare in altro modo. Quando infine anche questo boss è stato sviscerato in ogni suo aspetto e superato, si è giunti alla realizzazione di sé. 
Invece ci perdiamo sempre nella stolta ricerca dell’io, senza così poter trovare mai nulla.
Domanda: Un esempio di piccolo ego?
Lama: Io faccio questo…, io subisco quest’altro…, io sono stato ingannato…
Domanda: Quindi questa meditazione sull’ego può essere fatta soltanto nella pratica della consapevolezza applicata ad ogni azione quotidiana? altrimenti è impossibile?
Lama: Si la consapevolezza in quel determinato contesto permette di riconoscerne l’ego, di vederlo con chiarezza e quindi si procede in un primo piccolo passo avanti verso il suo superamento.
Domanda: In queste dinamiche però bisogna stare attenti a non cadere nell’annullamento di se stessi?
Lama: Non capisco, che significa annullare?...
Intervento: Io credo che la meditazione sull’ego sia l’osservazione della reazione prodotta in noi da qualsiasi evento, faccio un esempio concreto, se Marco, un amico, mi insulta io ci rimango male e mi arrabbio con lui, a questo punto la meditazione si rivolge proprio a questa mia reazione, perché mi sono offesa? perché mi sono arrabbiata? Osservo questo mio piccolo ego, gli pongo quesiti precisi e non temo la risposta che ne emergerà, medito consapevolmente su questo e non mi annullo affatto.
Lama: In un Sangha autentico un esperimento potrebbe essere anche quello di reagire con uno schiaffo per stimolare la meditazione condivisa sull’ego, per scavarne la comprensione. Così spesso discutevano gli antichi maestri Kadampa, autentici Bodhisattva, i francescani del Tibet, fratelli umili e poverissimi, Geshe, termine a cui sono stati poi sovrapposte altre interpretazioni, ma il cui vero significato è amico spirituale, aiutante spirituale, colui che cammina con te e insieme siete di aiuto reciproco nello sviluppo e crescita dei valori spirituali.
Oggi la scuola Kadampa non esiste più, è stata sostituita da gerarchie di potere che nulla hanno in comune con l’autentica spiritualità.
Domanda: Questo papa è un Kadampa?
Lama: Si, Papa Francesco è un vero Kadampa, è arrivato in un momento estremamente complesso e, anche se il suo ruolo impone un grande potere, lui personalmente è semplicissimo. E’ molto importante e di ispirazione per tutti i potenti, ha una grande umanità.
Possiamo concludere così questa mattinata e riprenderemo nel pomeriggio le nostre riflessioni. Grazie a tutti.






Praticanti di Dharma-Amici di Samsāra nei 

Tre Mondi


In genere amiamo definirci amici di Dharma, ma in realtà siamo amici di samsāra praticanti di Dharma, perché solo l’autentica genuina pratica del Dharma crea una vera amicizia di samsāra, la capacità di comprendere e condividere il samsāra nella sua pienezza.
La nostra unica casa comune, quella in cui viviamo realmente, è il samsāra, dunque la pratica del Dharma non deve essere finalizzata a rifuggire questa condizione umana, al contrario ci deve portare a vivere bene in questa casa, con armonia, amicizia, nella non contraddizione tra Dharma e samsāra, bensì nella loro completa interrelazione. Se non ci fosse il samsāra il Dharma stesso non avrebbe alcun senso, soltanto in questa armonica interdipendenza si crea la bellezza.
Questa mattina parlavamo della diversità il cui senso spirituale più profondo è la natura stessa dell’interdipendenza. Anche in campo scientifico analizzando ogni fenomeno non si può prescindere dalla biodiversità. Tutto è correlato e interdipendente, l’acqua non potrebbe dipendere solo dall’acqua, se volete contenere l’acqua per bere è necessario avere anche una bottiglia o un bicchiere, l’uno è interdipendente all’atro.
Chi desidera il nirvāna, il raggiungimento dell’illuminazione nel più breve tempo possibile, spreca la vita in una grandissima illusione. Non c’è nulla da ottenere, alcun luogo in cui arrivare, tutto è già presente, pieno, completo, in ogni singolo atomo dell’universo e ogni atomo comprende tutto l’indivisibile. Siamo già giunti e dobbiamo vivere questa condivisione totale nella bellezza armonica, con comprensione completa di questa realtà.
Non perdiamo tempo ed energie nell’inutile preoccupazione di cercare dove siamo, chi siamo, liberiamoci da questa assurda ricerca dell’io, sciogliamo le catene massicce con cui ci siamo ancorati a solidi e falsi ceppi e che ci impediscono di uscire all’aperto, di godere della meraviglia di quell’universo di cui siamo parte nella perfetta armonia dell’interdipendenza.
La ricerca di facili certezze entro le anguste mura di “chi sono io?”, “dove sono?” “dove vado?” ci fa sprecare l’esistenza nella costruzione, mattone su mattone, di ogni nostro problema a cui apponiamo diligentemente una bella etichetta: attaccamento, non attaccamento, rabbia, avversione, bene, male…, classificazioni astratte che in realtà non esistono, sono solo nostre costruzioni e divisioni mentali.
Tutti gli atomi dell’infinito universo sono intrinseci a ogni singolo atomo perché tutti sono assolutamente interdipendenti, questa è la nostra essenza, non c’è altro da cercare, da complicare.
Le costruzioni mentali sono il risultato della nostra visione dualistica dei fenomeni, bene - male, giusto - sbagliato, buono - cattivo…
Esistono invece tre mondi parte integrante del nostro essere: mondo Esterno, mondo Interno, e mondo Alternativo.
Il mondo Esterno è quello materiale, convenzionale e corrisponde alla nostra abituale vita quotidiana e renderlo semplice o complicato dipende esclusivamente da noi.
Il mondo Interno è a livello sottile, spirituale, è il DNA che condividiamo almeno all’ottanta percento. Noi tendiamo sempre a voler affermare un io nettamente separato dagli altri, senza renderci conto che invece, realmente, fisicamente, siamo tutti inscindibilmente correlati, un unico corpo che è collegato all’aspetto psicologico che a sua volta si relaziona con quello spirituale. Questo modo di essere è il mondo interno.
Il mondo Alternativo infine rappresenta l’aspetto individuale, l’esperienza maturata a livello personale che permette la visione del legame tra i due mondi, esterno ed interno, è il ponte che li connette. Questo mondo è a livello più immaginario, visionario, concettuale.
Non possiamo vivere in uno solo dei mondi, abbiamo la facoltà di scegliere come muoverci in queste tre dimensioni che non appartengono in modo separato né a samsāra né a nirvana, poiché tutto è unificato, comprende samsāra e Dharma, tutto è uno e questa è la vita.
Samsāra significa intero, completo, è pertanto necessario eliminare tutte le etichette, che distruggono e rovinano la crescita umana, - amore, odio, compassione, rabbia, attaccamento, bodhicitta, aggressività, gentilezza… - sono solo inutili e vuote classificazioni, divisioni ingannevoli, poiché il samsāra non è né buono né cattivo, è semplicemente la nostra vita nella sua interezza. Tutto ha la stessa natura, strettamente intercorrelato con la coscienza umana, con la natura di Buddha.
Liberandoci da questa falsa classificazione dualistica abbiamo una diversa visione della realtà nel suo insieme e creiamo nella meditazione il nostro mondo alternativo pulito, non dualistico, libero da ogni giudizio, senza alcuna etichetta. Noi siamo qui già completi, la nostra mente ha la più grande potenzialità, dobbiamo semplicemente avere fiducia nel nostro cuore, nel nostro valore. Non serve a nulla cercare rassicurazioni e conferme all’esterno, questo significa rinunciare a se stessi, non credere nelle proprie capacità e non fare nulla, è come se fossimo in parte morti, soltanto con la fiducia nella propria natura di Buddha viviamo concretamente e pienamente la nostra vita. 
Avere fiducia in se stessi è la nostra indispensabile difesa immunitaria spirituale. Prima è necessario comprendere, poi credere, poi vivere.
Altrimenti l’affannosa ricerca di delegare ad altro la nostra umanità, prendere rifugio in mille modi diversi, affidarsi a pratiche che diventano qualcosa di magico, rassicurante, ma sempre al di fuori di noi, significa rinunciare ad avere fiducia in se stessi e, invece di sviluppare le difese immunitarie, preferiamo indossare il giubbotto antiproiettile per ripararci dalla vita piuttosto che viverla.
Non è dunque opportuno sprecare tanto tempo nella frenetica volontà di realizzazione di chissà quali virtù, stringendo i denti con inutile faticosissimo volontarismo, ciò che invece possiamo e dobbiamo sviluppare è la difesa immunitaria spirituale in cui tutta la pratica diventa molto efficace. Non occorre null’altro, semplicemente con  fiducia in se stessi, comprendere, credere e vivere.
Se non si vive che pratica è? Inesistente. Il tempo corre veloce, non c’è nulla da aspettare, né da sperperare, ma si deve realizzare il sé, e non significa cercare il proprio io, ma avere fiducia nelle proprie potenzialità e capacità, riconoscere le proprie complete qualità mentali del cuore in cui è compreso l’universo intero nel rispetto di tutti i tre mondi a cui appartiene la nostra attuale esistenza.
Non possiamo pensare di vivere davvero in uno solo di questi mondi, siamo parte inscindibile di tutti e tre, e soltanto qui troviamo pace, tranquillità mentale, realizzazione del sé.
Avete domande? Perché è importante condividere, pensieri, opinioni …
Domanda: Come si può iniziare questa ricerca sul sistema immunitario spirituale? Quali domande sarebbe bene porsi per cominciare a esplorare?
Lama: E’ una questione complessa, credo sia indispensabile porsi la domanda: quanto concretamente mi fido di me stesso? delle mie capacità e potenzialità, della mia volontà? osserva e analizza la tua esperienza in ogni fase poiché questa è la nostra vita che può avvenire soltanto nella connessione dei tre mondi, quello esterno, sociale, comune, quello interno, spirituale, e in quello nel mezzo, alternativo che ricreiamo, rinnoviamo ogni giorno in base alla nostra esperienza.
Dobbiamo procedere contemporaneamente su tre binari mantenendo il giusto equilibrio, solo così non produrremo quei problemi che sempre ci affliggono, e questa è la pratica più difficile, perché si tende sempre a privilegiare un aspetto su un altro, se si vuole stare soltanto nel mondo interno, trascurando quello esterno, o viceversa, si creano squilibri devastanti, tutto deve essere equanimemente vissuto.
Domanda: Sicuramente la meditazione aiuta a trovare questo indispensabile equilibrio, ma così altro si deve fare? Perché in oriente la meditazione è quasi connaturata alla persona, è proprio parte integrante della vita, ma per noi non è così …
Lama: Le circostanze sono molto diverse, abbiamo condizioni e abitudini completamente differenti, non ha senso fare paragoni, la meditazione è un aiuto, uno strumento necessario, ma il sistema immunitario spirituale di cui parlo è inteso in senso completo definitivo, è la fiducia che soltanto ogni individuo deve trovare in se stesso, nelle proprie capacità, nella propria natura di Buddha, è fondamentale vivere questa scoperta pienamente.
Domanda: Ma è una questione di fede, perché io posso dire di voler vedere la natura di Buddha in me, ma se non ho fede in questo, è inutile….
Forse bisogna imparare a dire tanti si?
Lama: La fede è vivere, vivere pienamente ogni istante, così come la nostra esperienza ci ha permesso di conoscere, di comprendere, con consapevolezza. Vivere nei principi in cui si crede, se non riesci a credere in te stesso, nelle tue capacità, che vita è? Solo tempo che passa.
Gandhi, madre Teresa, Martin Luther King, Nelson Mandela e pochi altri hanno davvero vissuto pienamente la loro fede, umilissimi, ma pienamente consapevoli delle loro possibilità e capacità, realizzando così ogni istante della loro vita.
Intervento: Madre Teresa è un esempio davvero calzante perché lei aveva dentro di sé dubbi fortissimi, un’aridità e la percezione dell’assenza di Dio, eppure ha vissuto ogni istante come se la sua vita fosse la totalità di Dio e non ha mai dubitato di ciò che faceva ogni giorno.
Lama: Infatti questa fede è fondamentale.
Intervento: Allora i precetti dovrebbero essere tutti ribaltati: invece di “non fare” - “fai questo, fai quello…” e madre Teresa, come altri, hanno detto molti si, anche se hanno dovuto rinunciare a qualcosa. A me ad esempio i dieci comandamenti non sono mai piaciuti perché sono tutti divieti.
Domanda: Infatti il nuovo testamento è tutto sul si, ribaltata completamente la visione, è fondato sull’amore fraterno.
Lama: I principi, le regole, i precetti, sono parte del mondo esterno, i veri valori della coscienza sono nel mondo interiore, la vita dunque procede nel mondo alternativo nella valutazione equilibrata di entrambi questi aspetti e nella loro consapevole applicazione quotidiana in base alle condizioni, alle circostanze del presente. Nulla è statico, tutto cambia e si evolve in continuazione. Bisogna imparare a camminare sui tre binari, lentamente, un passo alla volta, senza aspettative illusorie e senza paura. Quando si supera la paura si comincia davvero a vivere la vita vera.
Domanda: Ma questi tre mondi come devono essere vissuti, separatamente o come?
Lama: I tre mondi sono strettamente connessi con la nostra vita. Il mondo esterno, pratico, è la realtà quotidiana che non può prescindere dal mondo interno costituito dalle emozioni, dai sentimenti, dallo spiritualità, e ogni giorno, circostanze ed esperienze nuove cambiano, ci trasformano, e questo è il mondo alternativo. Tutti e tre sono paralleli e inscindibili, sono la nostra esistenza.
Domanda: E allora perché è importante distinguere tra questi tre mondi?
Lama: Perché è essenziale riconoscerli e comprenderli profondamente nella loro intrinseca essenza, separatamente, altrimenti si corre il rischio di lasciarsi trasportare soltanto in uno senza vivere realmente nel loro insieme ed essere così sopraffatti dai molti problemi che ne conseguono. Se non so riconoscere e distinguere il mondo spirituale da quello materiale, non comprendo la realtà nella sua completezza e cado nelle illusioni, dando concretezza a miraggi ingannevoli e nulla più.
La vita completa si svolge nell’equanime diversità della realtà nella sua interezza con tolleranza, con rispetto delle opposte energie, e questo deve essere applicato a tutto, anche alle nostre emozioni, piacevoli e spiacevoli sono esattamente sullo stesso piano. Dal conflitto, dalla contraddizione, da ciò che non ci piace scaturisce la bellezza. Dal conflitto India - Inghilterra è nato Gandhi, così come in Sudafrica Mandela, e questo vale per ogni evento, in famiglia, con gli amici, sul lavoro, nella quotidianità, nel samsāra in cui siamo.
Domanda: Perché allora mi è sempre stato dello che lo scopo del buddhismo è l’illuminazione?
Lama: Questa è una esemplificazione non corretta, a livello filosofico va tutto bene, ogni disquisizione inserita in particolari contesti storici e culturali ha un suo significato, ma a livello pratico, la condizione in siamo, non ha senso “medito per raggiungere l’illuminazione il più presto possibile” perché? questa fretta è ridicola, rincorrendo un sogno si rischia di non vivere il presente, per questo per noi l’elemento fondamentale è il “qui e ora”. 
La meditazione deve aiutarci a vivere pienamente nel samsāra. Nell’esperienza attuiamo veramente l’essenza e il valore del Dharma.
Ci sono altre domande? Luciano riassumi le tue impressioni.
Luciano: Per me è stato molto importante riflettere sull’affermazione che non potranno esserci risposte giuste se la domanda non è giusta, questo ha introdotto il discorso sull’interdipendenza e sulla diversità.
Abbiamo risposto alla domanda “cos’è lo stress” ognuno con opinioni, parole diverse, però tutte erano valide e tu hai evidenziato l’importanza di considerare la complessità di ogni evento articolato in molteplici aspetti, accogliendoli ugualmente tutti con rispetto, quelli positivi e negativi e grazie a questo la possibilità di vedere il movimento di quello che noi definiamo il nostro mondo, il nostro universo, la nostra realtà costituita da un’infinità di cose diverse, contraddittorie.
La nostra forza dunque sta nell’accettare queste diversità, queste complessità, queste contraddizioni, ma per ottenere questo risultato è necessario uscire dalla paura ed entrare nella fede coraggiosa, che non è fede cieca, ma fiducia, a cominciare da se stessi.
La fiducia in se stessi è il motore che ci fa vivere nel samsāra senza cadere nelle illusioni di illuminazione o di mete finali quali paradiso, inferno, nirvāna…, ma di vivere qui e ora ogni giorno facendo al meglio quello che ci è possibile e godendo del presente. Ti ringrazio.
Lama: Molto bello e chiaro questo semplice riassunto, qualcuno vuole aggiungere altro?
Interventi: - A me è piaciuto scoprire che la meditazione non è finalizzata a raggiungere un qualcosa di lontano e ipotetico perché sono già nel posto giusto, e ogni passo piccolo e lento mi serve proprio per vivere appieno il mio essere qui;
- Io sono stata colpita dal concetto della difesa immunitaria spirituale, perché quello che ci maggiormente ci manca è proprio la fiducia in noi stessi;
- Personalmente la parte in cui mi ritrovo di più è “comprendere credere e vivere”, perché sono assolutamente convinto che la vita non possa limitarsi ad essere osservata come se fossi spettatore esterno, ma debba essere vissuta in tutta la sua pienezza, nel Dharma, così da diventare benefica a me e agli altri e credo nella potenza della meditazione finalizzata a questo;
- Ho trovato fondamentali tre parole: “lentamente, samsāra e nirvāna”, il mio approccio al buddhismo è stato un po’ diverso, in cui la pratica introspettiva è sempre stata preponderante, quindi tu mi hai lanciato una sfida, che io colgo, perché hai stimolato aspetti davvero interessanti;
- Per quanto riguarda la realtà dei tre mondi credo che dovremmo soffermarci con attenzione su come noi sappiamo coglierne l’essenza, su come li vediamo;
- Per me è importante l’insistenza sul valore di tutte le emozioni, la necessità di non respingerle, ma di accoglierle con equanimità, equilibrio e armonia;
- Mi ha colpito particolarmente il discorso sulla paura e sui cinque sensi, le cinque finestre e la necessità di mantenere sempre la flessibilità di aprirle e chiuderle all’occorrenza e di andare oltre la paura.
Lama: Massimo concludi.
Massimo: Tutto è sintetizzabile nella maggiore consapevolezza dell’interdipendenza perché la nostra visione distorta dei tre mondi, che tende a separarli come se fossero entità a sé stanti e indipendenti, crea paura, attaccamento, avversione. Se invece comprendiamo che tutto è armonicamente collegato, pur nella diversificazione, e che la realtà esteriore è in ininterrotta relazione con quella interiore, riusciamo a vivere armonicamente nel samsāra.
Lama: Tutto quello che vi ho detto in questi giorni è stato ispirato da voi, io non preparo nulla prima, mi lascio guidare dal cuore. Questo non è stato un insegnamento, ma la condivisione che nasce dalla diversità di ognuno, io provengo da una cultura completamente diversa dalla vostra.
La diversità è una grande ricchezza che induce l’approfondimento spontaneo, lo sviluppo della nostra stessa esistenza.

Concludiamo questo nostro incontro con la dedica per il bene di tutti gli esseri senzienti e grazie a tutti.