Sunday, 11 January 2015

VIVERE IN ARMONIA NEL MONDO QUI ED ORA







Vivere in Armonia nel mondo qui e ora








Lama Geshe Gedun Tharchin
5 - 6 aprile 2014 - Merano




























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INDICE







La necessità delle difficoltà
La paura, l’io e il sé 
Purificazione - Rifugio - Motivazione
Il karma inutile e il karma a grado zero
La Vacuità












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Vivere in Armonia nel mondo qui e ora
Ven. Geshe Gedun Tharchin
5 - 6 aprile 2014 – Merano 
Parte I

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La necessità delle difficoltà


Prima di addentrarci nell’argomento di questo seminario dedichiamo un po’ di tempo alle preghiere preliminari Mahayana, leggeremo in tibetano, ma potrete seguire la traduzione italiana sul libretto:

PRESA DI RIFUGIO

Nel Buddha, nel Dharma e nel Sangha
Prendo rifugio fino a raggiungere l’Illuminazione
Per i meriti acquisiti con la pratica della generosità e delle altre perfezioni
Possa io al più presto raggiungere l’illuminazione per il beneficio di tutti gli esseri senzienti.

***

OFFERTA DEL MANDALA BREVE

Offro questa terra aspersa con profumo e cosparsa di fiori,
ornata del Monte Meru, dai quattro continenti, dal sole e dalla luna
e visualizzata come un campo di Buddha.
Possano tutti gli esseri gioire di questo reame completamente puro
YDAM, GURU,RATNA MANDALAKAM, NYRIATAIAMI

***

I QUATTRO PENSIERI INCOMMENSURABILI

Possano tutti gli esseri senzienti avere la felicità e le sue cause.
Possano tutti gli esseri senzienti essere liberi dalla sofferenza e dalle sue cause.
Possano tutti gli esseri senzienti avere la gioia della grande beatitudine.
Possano tutti gli esseri senzienti avere l’equanimità che è libera dai due estremi di essere vicini ad alcuni e lontani da altri.

***

MITZEMA (Lode a Lama Tzong Khapa)

Tu sei Avalokiteśvara, grande tesoro di Compassione, non diretta all’esistenza indipendente,
e Mañjuśrī, Maestro della Saggezza senza macchia,
come anche Vajrapāni, distruttore senza eccezione delle orde dei demoni.
Oh Tzong Khapa, Gioiello sulla sommità del capo dei saggi del paese delle nevi,
Sumati Kirti ai tuoi piedi faccio delle richieste.

***

LODE BREVE A TARA

OM, Omaggio alla Nobile Tārā.
Omaggio, Salvatrice TARE, eroina
Con TUTTARE elimini tutte le paure.
Con TURE garantisci tutti i benefici.
Mi prostro a Te, con il suono SOHA
OM TARE TUTTARE MAMO AIUGHIANA PUTTAM CURIE SOHA

***

Dopo questa breve riflessione ci addentreremo nell’argomento del nostro incontro, “vivere in armonia qui e ora” un atteggiamento assolutamente fondamenti nella quotidianità e che ci permette di riconoscere consapevolmente la nostra realtà autentica.
Usualmente siamo mossi da una spinta istintiva che ci induce a fuggire automaticamente dalla realtà in cui ci troviamo e, soprattutto, da noi stessi, dal nostro vero sé, quindi per affrontare seriamente questo ostacolo è necessario in primo luogo riconoscere la nostra condizione nelle diverse circostanze così da poterle trasformare durante tutto il percorso dell’esistenza.
Ognuno di noi nella propria esistenza incontra condizioni uniche, personali, differenti, non esiste per nessuno un sistema predefinito, delimitato in rigida organizzazione statica, il nostro compito dunque è riconoscere la nostra realtà individuale e conquistare la via più idonea, coscienti che nessun altro può farlo al posto nostro, né il Buddha, né i Bodhisattva, soltanto noi siamo responsabili della nostra vita, è un nostro diritto e dovere, non è possibile sfuggirvi.
Tentare di negare questa responsabilità rende tutto più difficile, doloroso e complesso, ma, se al contrario ci muoviamo con intelligenza, coraggio, forza, determinazione e saggezza, rialzandoci ad ogni caduta, possiamo superare qualsiasi difficoltà ed emozione negativa e anzi siamo in grado di conquistare ogni problema, rabbia, attaccamento, odio, tutto. Solo in questa conquista complessiva siamo nella condizione di poter godere pienamente della vita, qui e ora, senza perdere nessun istante.
Il valore dell’esistenza umana consiste proprio nella pienezza di ogni attimo vissuto con coraggio, con forza, senza paura, senza fuga, senza contrapposizioni né lotte contro qualcosa o qualcuno.
Il timore di accogliere incondizionatamente questo inestimabile valore umano è debolezza, pusillanimità e deve essere abbandonato senza indugio in quanto non ha davvero alcun senso fuggire da ciò che è la nostra autentica condizione umana.
Non è necessario essere illuminati o aver raggiunto il nirvāna per poter conquistare tutto ciò da cui istintivamente cercheremmo di fuggire in ogni caso, negativo o positivo che sia, è invece sufficiente l’accoglienza consapevole e coraggiosa della nostra umanità, della nostra autentica essenza, senza timori, semplicemente.
Cercare una soluzione agli eventi dell’esistenza rifugiandosi nel desiderio del nirvāna dimostra unicamente la nostra debolezza, così come afferrarci alla realizzazione di un’ipotetica illuminazione è soltanto affermazione del nostro superego e queste proiezioni fantasiose sono la nostra più grande e fuorviante illusione, ciò che è davvero realistico per la realizzazione umana è imparare a vivere qui e ora in armonia, è l’autentica conquista della realtà, senza lotta, senza discriminazione né divisione alcuna.
Il più grande inganno in cui amiamo essere intrappolati è la rincorsa ad una bella, poetica, teorica illuminazione, mentre l’unica possibilità per realizzarla consiste proprio nella paziente pratica quotidiana che vive ogni istante nella sua concretezza, senza magia.
Gli ostacoli, i problemi, in realtà non esistono a livello oggettivo, sono interamente creati da noi stessi, frutto di fantasia, illusione, delusione, confusione compulsiva.

Domanda: Prima hai detto che dobbiamo conquistare i problemi, ma cosa vuol dire conquistare senza lottare?...
Lama: Solitamente noi cerchiamo di risolvere definitivamente tutti i problemi che consideriamo un disturbo, negativi, ma in questo modo ne otteniamo solo l’incremento, li rafforziamo incredibilmente, mentre conquistarli significa tenerli consapevolmente nelle proprie mani così da poterli utilizzare nel modo più proficuo. La scelta è completamente nostra: li possiamo potenziare o abbandonare.
I maggiori ostacoli che ci impediscono di vivere in armonia sono proprio tutte le difficoltà e preoccupazioni a cui ci contrapponiamo ferocemente, rifiutando anche solo il pensiero di poterle accogliere consapevolmente e trasformarle, siamo così totalmente incapaci di vivere in armonia e ogni tentativo finalizzato a questo obiettivo diventa di per sé un problema.
I nostri disagi per tutto ciò che percepiamo come difficoltà sono semplicemente frutto della nostra incapacità, limite, impossibilità di vivere coscientemente una determinata condizione nel preciso momento in cui si presenta, mentre nella realtà non sarebbero affatto problemi, al contrario, sono possibilità di apertura a nuovi spazi, una sfida per creare condizioni favorevoli alla nostra crescita, alla maturazione della nostra conoscenza ed esperienza.
Gli ostacoli che incontriamo quotidianamente rappresentano dunque grandi opportunità, noi vorremmo che tutto fosse perfetto sin dall’inizio, ma se così fosse saremmo già finiti prima di cominciare, invece abbiamo la possibilità di continuare ad evolverci naturalmente, giorno per giorno, proprio grazie alle difficoltà che sono lo stimolo, l’occasione di crescita, il grande supporto all’evoluzione del naturale processo armonico.
Imparando ad affrontare le difficoltà si evitano i problemi, ma già la parola problema è sbagliata, indica qualcosa di concretamente inesistente, sussistono solo al nostro livello mentale perennemente focalizzato sulle preoccupazioni, pre (prima) - occupazione (difficoltà), noi restiamo bloccati di fronte a questo ostacolo ancor prima che si manifesti e, immediatamente, ne facciamo un problema. 

Domanda: È vero quando si tratta soltanto dei problemi personali, ma di fronte alla complessità delle condizioni sociali, collettive, a guerre, genocidi, come possiamo dire che i problemi non esistano? Come vedere una possibilità di armonia?
Lama: In senso generale il problema esiste, non lo si può negare, questo è il mondo del samsāra, ma ora stiamo affrontando il nostro personale rapporto con le condizioni della nostra vita, è un fattore esclusivamente individuale che costruisce giganteschi problemi e unicamente la nostra personale capacità o meno di affrontarli ne determina il peso nella quotidianità.
Il valore spirituale maturato è l’elemento base che ci fa vivere l’esperienza della vita come problema pesantissimo o come opportunità, arricchimento, maturazione umana.
Nella dimensione personale i problemi non esistono, ma proprio in questa capacità di introspezione siamo in grado di vedere con lucidità e chiarezza l’esistenza degli innumerevoli e gravi problemi dell’umanità, ma con obiettività, senza lasciarsi travolgere dalla confusione emotiva. Soltanto in questo modo saremo in grado di decidere se e come parteciparvi. Noi possediamo già ogni capacità per costruire l’armonia individuale, personale, interiore, che influisce moltissimo nell’armonia collettiva, mentre possiamo semplicemente limitarci a osservare quella materiale, esteriore, mondana.
L’armonia interiore profonda appartiene al mondo spirituale, alternativo, che offre un’opportunità in più per partecipare sia al mondo materiale che a quello immateriale.
Nel mondo alternativo abbiamo la possibilità di vivere in armonia, in pace con noi stessi e con tutti gli altri, è un valore aggiunto che imprime la facoltà di autodeterminazione della propria esistenza, liberi dai condizionamenti materiali, emotivi, mentali.
Interventi: Infatti il Buddha non ha detto di cambiare il mondo, eliminare le guerre, la povertà, ma ha indicato che ciò può avvenire soltanto se gli individui sanno trasformare se stessi, la loro mente…; Già, e modificando la propria mente si può davvero tramutare il mondo, se ognuno singolarmente avesse comportamenti più etici anche la società sarebbe migliore…
Lama: In realtà nessuno conosce esattamente cosa Buddha o Cristo abbiano detto, tanti hanno scritto a posteriori e dunque non vi è certezza di nulla. Il Buddha storico, quello a cui ci riferiamo generalmente, ha parlato secondo il contesto storico in cui è venuto a trovarsi, ha usato il linguaggio del suo tempo, quindi dobbiamo guardare a lui con intelligenza, seguirne l’esempio, ma non tentare di prendere alla lettera ogni sillaba trasformandoci in caricature buddhiste, diventarne una brutta fotocopia. Oggi sarebbe assurdo pensare di vivere come il Buddha storico, noi dobbiamo vivere il Dharma che è l’essenza della spiritualità di tutti i tempi e latitudini. Il Dharma è il valore essenziale della spiritualità di ogni religione, ha un linguaggio universale e in occidente corrisponde allo Spirito santo. Il Dharma è armonia assoluta che non risiede nella materia, né nel cervello, ma nello spirito perché ognuno di noi è spirito. Nel cuore umano il Dharma è assoluta armonia.






Vivere in Armonia nel mondo qui e ora
Ven. Geshe Gedun Tharchin
5 - 6 aprile 2014 – Merano 
Parte II

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La paura, l’io e il sé


Nella nostra esistenza siamo condizionati da un enorme ostacolo, probabilmente il peggiore: “la paura” ed è questa che deve essere conquistata, ma senza lotta, bensì con soli tre strumenti: la saggezza, la consapevolezza, la compassione.
La paura è una grande illusione strettamente connessa ad un altro potente inganno: l’io, così, conquistando l’io si conquista la paura.
Rivolgendo attentamente lo sguardo nella profondità del nostro cuore potremo vedere con chiarezza che non c’è assolutamente nulla da conquistare al di fuori di se stessi e soltanto quando avremo conquistato questo io illusorio, non solido, realizzeremo compiutamente il nostro autentico sé, in caso contrario saremo noi ad essere conquistati, schiavizzati dall’io mendace e fatalmente vittime della paura.
Questo contrasto si vince nel pacifico confronto tra il vero sé e l’io fallace, è il superamento del dualismo che nella visione illusoria separa ingannando.
Il primo passo verso la conquista del sé è vedere e riconoscere quell’io illusorio che è abilissimo a nascondersi, a mascherarsi, e che bisogna invece cogliere immediatamente nel momento in cui si manifesta.
Una concreta opportunità di riconoscere questo io illusorio ci è offerta nell’istante in cui siamo travolti dalla grande rabbia, quando perdiamo ogni controllo e ci troviamo istantaneamente e direttamente faccia a faccia con questo falso io che è totalmente ingovernabile e non corrisponde affatto al nostro essere. Nel momento delle emozioni estreme come la grande rabbia non possiamo riconoscerci in quell’agitato e ingannevole ego, ne siamo completamente scioccati, ma proprio in questa consapevolezza possiamo acquisire stabilità, conoscenza, ridimensionamento della percezione dell’effettivo sé.
Questo io diviso tra ego ingannevole e autentico sé è il nostro tormento, un dualismo che è la vera causa della nostra angoscia di vivere, noi abbiamo paura della nostra stessa vita, non della guerra, e soltanto nel momento estremo, come nella grande rabbia, in cui questo subdolo ego deve uscire allo scoperto, siamo posti di fronte agli interrogativi fondamentali del nostro essere, come potremo diventare una persona completa: - chi sei? - cosa fai? - dove vai?
Nell’essenza profonda di ogni istante vissuto qui e ora, con consapevolezza e saggezza si supera il dualismo dell’io, possiamo liberarci dall’ego illusorio in cui tendiamo di identificarci costantemente, ma che non corrisponde alla reale essenza del sé, e in questa libertà trova spazio l’armonia dell’istante, completamente indipendente da condizioni esteriori.
Consapevolezza, compassione e saggezza sono gli elementi che permettono di riunificare la persona al di là del dualismo menzognero dell’io e ci liberano da ogni paura che blocca e impedisce di vivere in armonia.
Superare la paura, saper vivere in armonia è la grande filosofia della vita.
Allora voi che pensate? cos’è la grande filosofia?
Risposte: impermanenza…, interdipendenza…, saper semplificare…, infinità..., saggezza…, gioia…, amore…, coraggio…, serenità…, semplicità…, cogli l’attimo…, lasciar andare…, curiosità…, fenomenologia nella relazione di causa effetto…
Difficile dare una definizione esaustiva vero? Per conquistare la proprio vita, il proprio io, serve una grande filosofia che è grande consapevolezza, grande compassione, grande saggezza, tre aspetti essenziali esattamente realizzati nella via di mezzo.
La via di mezzo non è un compromesso, una accomodamento tra due estremi, è il perfetto equilibrio in cui ognuno vive la pienezza della propria essenza nella profondità di se stesso, in totale armonia con quel preciso momento, con quella circostanza.
La grande filosofia della vita è vivere la propria interiorità nella via di mezzo, indipendentemente dalle situazioni esteriori e in questo modo qualsiasi difficoltà si presenti diventa oggetto di meditazione con consapevolezza.
Se non si sa vivere all’interno di se stessi non può esservi coscienza di nulla, e ogni evento esteriore prende necessariamente il sopravvento e il controllo.
La consapevolezza induce costantemente un’autoguarigione, la freschezza del proprio essere, la naturale armonia con se stessi e con gli altri.
Generalmente non abbiamo alcuna cognizione di come vivere consapevolmente la nostra interiorità, preferiamo lasciarci ottusamente e acriticamente dominare dalle cose che rincorriamo con bramosia e affanno. Tutto ciò che è esteriore ci appare come miraggio affascinante e per conquistarlo occupiamo l’intero spazio buttando fuori e annientando tutto ciò che è interiore, ci afferriamo all’illusione di poterci realizzare soltanto nel possedere cose, nell’essere importanti agli occhi del mondo, per cui si deve spasmodicamente fare, fare e ancora e soltanto fare, ed effettivamente ciò che facciamo è creare ininterrottamente karma inutile.
Possiamo dunque concludere questa giornata riflettendo sulla portata delle nostre aspettative, che non riguardano risultati eclatanti, semplicemente dobbiamo avanzare ogni giorno un poco con piccoli passi.
Grazie.






Vivere in Armonia nel mondo qui e ora
Ven. Geshe Gedun Tharchin
5 - 6 aprile 2014 – Merano 
Parte III

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Purificazione - Rifugio - Motivazione


Iniziamo la giornata purificando noi stessi nella meditazione con il respiro nella pratica dei ventuno cicli di respirazione, sette per ogni narice e sette per il canale centrale, sediamo comodi con la colonna vertebrale diritta in modo da permettere il fluire naturale del respiro in tutti i chakra.
(segue meditazione)

In questo modo abbiamo pulito il corpo e la mente, ora procediamo con le pratiche per la purificazione del Luogo: 
“Possa la superficie della terra in ogni direzione, essere pura, senza asperità e imperfezioni, soffice e liscia come il palmo della mano di un bambino, naturalmente levigata come il lapislazzuli”

Seguono le offerte:
“Possano le offerte materiali degli umani e dei deva, quelle effettivamente preparate, quelle immaginate e le nuvole delle ineguagliabili offerte di Samantabhadra, pervadere la totalità dello spazio

Parole di verità:
“Per il potere della verità dei tre gioielli del rifugio, per la grande energia ispiratrice di tutti i Buddha e i Bodhisattva, per l’imponente raccolta completa di merito e di saggezza, per il potere della vacuità inconcepibile e pura, possano tutte queste offerte rivelare la loro vera natura”
***
Recitiamo ora la Pratica dei Sette Rami

Oh leoni fra gli uomini, Buddha passati, presenti e futuri,
a quanti di voi esistono nelle dieci direzioni,
mi prostro con corpo, parola e mente.

Sulle onde della potenza di questa regina delle preghiere,
per i metodi supremi e sublimi
con corpi numerosi come gli atomi del mondo,
mi prostro ai Buddha che pervadono lo spazio.

In ogni atomo si trova un Buddha che siede tra gli innumerevoli figli di Buddha;
con sguardo fiducioso mi rivolgo ai Vittoriosi che riempiono l’intero Dharmadhātu.

A coloro che hanno infiniti oceani di eccellenza,
con un oceano di prodigiosa parola
canto lodi alla grandezza di tutti i Buddha:
un elogio a coloro che sono andati nella beatitudine.

Offro loro ghirlande di fiori, parasoli decorati, musiche piacevoli e profumi eccelsi;
offro a tutti i Vittoriosi lampade al burro e sacro incenso purissimo.

Cibo eccellente, fragranze supreme
e un cumulo di sostanze mistiche alto come il monte Meru
dispongo in un ordine speciale
e offro a coloro che hanno conquistato se stessi.

Elevo tutte le offerte impareggiabili con ammirazione per coloro
che sono andati nella beatitudine con la forza della fede nei metodi sublimi,
mi prostro e faccio offerte ai Conquistatori.

Da lungo tempo,
sopraffatto da attaccamento, odio e ignoranza,
con il corpo, la parola e la mente ho compiuto innumerevoli azioni negative.
Ora le confesso tutte senza omissioni.

Nelle perfezioni dei Buddha, Bodhisattva, Arhat,
sul sentiero e nella potenziale bontà di tutti gli esseri viventi,
elevo il mio cuore e gioisco.
Oh luci dell’universo,
Buddha che otteneste lo stato dell’illuminazione incontaminato,
a tutti voi rivolgo questa richiesta:
fate girare l’incomparabile “ruota del Dharma”.

Oh maestri che volete mostrare il Parinirvāna,
vi prego di restare con noi
e insegnare per tanti eoni quanti sono i granelli di polvere,
per portare gioia e virtù a tutti gli esseri.

Possa qualunque merito accumulato
tramite queste prostrazioni, offerte, purificazioni, 
rallegrandomi e chiedendo ai Buddha di rimanere e insegnare il Dharma,
essere dedicato all’illuminazione suprema e perfetta,
affinché, al più presto,
io liberi dalla sofferenza tutti gli esseri.

***
Avendo completato le pratiche delle purificazioni e offerte concentriamoci ora nella bellezza di prendere rifugio nei tre gioielli - Buddha Dharma Sangha - ricordando che questo atto non è prerogativa dei buddhisti, ma riguarda l’umanità intera, così come prendere rifugio nel Padre Figlio e Spirito santo, e in tutte le altre definizioni trinitarie presenti in ogni religione.
Anche i non credenti, in quanto esseri umani, trovano rifugio nei tre gioielli, per tutti è come riunirsi nell’ambito della propria famiglia spirituale in una dimensione in cui è possibile sviluppare la bodhicitta che è la qualità umana più preziosa radicata nella profondità interiore di ogni essere.
Prendere rifugio, significa porre le basi della motivazione, elemento fondamentale che rende significativa la vita, indistintamente per tutti. Le diverse definizioni: buddhista, induista, cristiano, ateo, eccetera sono solo etichette vuote, frutto di errate interpretazioni e traduzioni, il cuore umano, il senso profondo della vita è il Dharma universale, patrimonio dell’intera umanità.
Questa universalità della famiglia umana, del Dharma, è pienamente espressa nei:


Quattro Pensieri Incommensurabili
Incommensurabile equanimità.
Come sarebbe meraviglioso se tutti gli esseri senzienti vivessero nell’equanimità,
liberi da odio e attaccamento.
Possano essi dimorare nell’equanimità.
Sarò io stesso a causare il loro dimorare nell’equanimità!
Ti prego, Guru Buddha, concedimi la benedizione per essere in grado di farlo.

Incommensurabile amore.
Come sarebbe meraviglioso se tutti gli esseri senzienti avessero la felicità e le cause della felicità.
Possano essi raggiungere la felicità e le sue cause.
Sarò io stesso la causa affinché essi ottengano la felicità e le sue cause.
Ti prego, Guru Buddha, concedimi la benedizione per essere in grado di farlo.

Incommensurabile compassione.
Come sarebbe meraviglioso se tutti gli esseri senzienti fossero liberi dalla sofferenza e dalle sue cause.
Possano essi essere liberi dalla sofferenza e dalle sue cause.
Sarò io stesso la causa affinché essi siano liberi dalla sofferenza e dalle sue cause.
Ti prego, Guru Buddha, concedimi la benedizione per essere in grado di farlo.

Incommensurabile gioia.
Come sarebbe meraviglioso se tutti gli esseri senzienti non fossero mai separati dalla felicità delle rinascite superiori e dalla liberazione!
Possano essi non esserne mai separati!
Sarò io stesso la causa affinché essi non siano mai separati da esse.
Ti prego, Guru Buddha, concedimi la benedizione per essere in grado di farlo.

***
Soltanto in una incondizionata adesione al cuore di bodhicitta, alla grande compassione, ai quattro incommensurabili pensieri, si diventa effettivi membri dell’assemblea di Buddha, Dharma e Sangha.
Essere Bodhisattva è il livello più elevato di spiritualità, è anche più significativo dell’essere Buddha, è l’incarnazione dell’amore più puro e della grande compassione, la nostra aspirazione non deve essere il nirvāna, diventare Buddha, ma è rimanere nel samsāra come piccoli Bodhisattva e trovare, nel percorrere la via di mezzo, il proprio posticino in questa assemblea.
Il nostro compito dunque è stare nel samsāra senza lasciarsi contaminare dalle sue impurità, così come il fiore di loto che nasce nel fango ma non ne è minimamente sporcato.
Soltanto nel samsāra può manifestarsi la bellezza del Bodhisattva, così come ogni magnifico fiore e frutto nasce dalla terra, dal letame, e non dal marmo, né dall’oro o dalle pietre preziose.
L’insensato dispendio di tutte le nostre energie per superare nel minor tempo possibile e con la maggior facilità tutti gli ostacoli samsarici per diventare Buddha, orami liberi da tutto ciò che è umano, è l’illusione più stupida in cui potremmo cadere, è il risultato dell’ignoranza fondamentale.
Abbiamo un ruolo preciso nell’esistenza, dobbiamo risvegliare in noi la natura di Buddha e, saldamente nel samsāra, essere piccoli Bodhisattva che in ogni istante aprono il cuore alla grande compassione, questa è l’essenza della pratica del Guru yoga.
Il nostro miglior maestro, il guru più importante, è il nostro cuore che, liberato nella compassione da ogni paura, da ogni ostacolo, si trasforma nelle qualità di Avalokiteśvara, di Mañjuśrī, di Vajrapāni.
Vajrapāni,il Bodhisattva dell’energia e del potere dell’illuminazione, raffigurato in modo terrifico, non è una persona, un individuo, ma è la rappresentazione delle grandi potenzialità interiori giacenti nel nostro cuore e che, risvegliate, ci permettono di superare ogni paura coscienti che qualsiasi emozione non è proviene dall’esterno, non ha una concretezza oggettiva, è il risultato della nostra interiorità.
Le qualità di Mañjuśrī, Avalokiteśvara, Vajrapāni non piovono miracolosamente dall’alto come dono esterno, sono già presenti in noi, nella profondità della nostra essenza che è il nostro fondamentale Guru, dobbiamo solo portarle alla luce, trasformare il nostro cuore nel Guru che è il protettore fondamentale di noi stessi.
Recitiamo insieme il canto del Guru yoga, la pratica della natura del Buddha in grado di trasformare il nostro cuore, la nostra personalità, facendo emergere tutte le qualità rappresentate nelle figure sacre: la grande compassione di Avalokiteśvara, la saggezza di Mañjuśrī, la forza di Vajrapāni e visualizziamole in noi come puro cristallo.

(segue canto)

Dopo la pratica del Guru yoga procediamo con la benedizione del Lam Rim, il sentiero che conduce all’illuminazione, leggendo con grande attenzione e concentrazione il testo di Je Tzong Khapa sul fondamento di tutte le buone qualità:

“I maestri spirituali, gentili e venerabili, sono il fondamento di tutte le buone qualità.
Comprendendo che affidarsi a loro è la radice del sentiero, 
vi prego beneditemi affinché io possa seguirli con grande rispetto e sforo intrepido

Una vita umana dotata di agi si ottiene una volta sola.
Comprendendo che ha un grande valore ed è difficile da ottenere,
Vi prego beneditemi affinché io possa produrre incessantemente la mente conscia della sua preziosità e rarità, giorno e notte.

Il nostro corpo e la nostra vita vacillano come una bolla d’acqua, 
ricordati della morte perché moriamo così velocemente.
Dopo la morte gli effetti del karma nero e bianco ci seguono come un’ombra segue un corpo.

Essendo certo di ciò,
Vi prego beneditemi perché io possa sempre stare attento e abbandonare anche la più piccola azione negativa e completare l’accumulazione di ogni virtù.

Non c’è soddisfazione nel godere dei piaceri mondani, sono le porte di tutta la sofferenza. Avendo realizzato che il difetto delle perfezioni samsāriche è che su di loro non si può fare affidamento,
Vi prego beneditemi perché io possa costantemente concentrarmi sulla beatitudine della liberazione.

Questo pensiero puro di ottenere la liberazione produce grande coscienza presenza mentale e consapevolezza,
Vi prego beneditemi perché io possa intraprendere la pratica del pratimoksa la radice della dottrina.

Avendo visto che tutti gli esseri, mie madri, sono caduti come me nell’oceano dell’esistenza ciclica,
Vi prego beneditemi perché io possa addestrarmi nella bodhicitta, 
assumendomi l’obbligo di liberare tutti gli esseri migratori.

Generare solo l’aspirazione senza coltivare le tre pratiche morali non conduce all’illuminazione.
Avendo realizzato ciò,
Vi prego beneditemi perché io possa praticare con sforzo intenso i voti dei conquistatori e dei loro figli spirituali.

Acquietando la distrazione rivolta agli oggetti falsi e analizzando il significato della realtà,
beneditemi perché io possa velocemente generare il mio flusso mentale,
il sentiero che unisce calma dimorante e visione speciale.

Quando, addestrato nel sentiero comune sarò diventato un recipiente adatto,
beneditemi perché io acceda facilmente al grande sentiero per i fortunati, 
il Vajrāyana, il più alto di tutti i veicoli.

La base per conseguire i due poteri, i siddhi, è costituita dai voti puri e dagli impegni, 
scoprendolo con genuina certezza
beneditemi perché io possa mantenerli anche a costo della mia stessa vita.

Avendo realizzato il significato dei due stadi, che sono l’essenza del sentiero del mantra,
Vi prego beneditemi perché io possa praticare tenacemente e senza pigrizia le quattro sessioni di yoga e realizzare ciò che gli esseri nobili hanno insegnato.

Possano i maestri spirituali che mi guidano lungo il sacro sentiero e tutti gli amici spirituali che lo praticano, avere lunga vita.
Vi prego beneditemi affinché io possa velocemente e completamente pacificare tutti gli ostacoli esterni e interni.

In tutte le mie rinascite possa io non essere mai separato dai maestri perfetti e gioire del magnifico Dharma, conseguendo tutte le qualità degli stadi e dei sentieri, 
possa io velocemente ottenere lo stato di Vajradhara.”

***

Abbiamo così completato la recitazione dell’intera pratica Lam Rim, il sentiero verso lo stato di Vajradhara, che concludiamo con la dedica finale per il bene nostro e di tutti gli esseri:

Preghiera di dedica del Sentiero graduale verso l’illuminazione
Je Tzong Khapa 

“Attraverso le mie due accumulazioni, vaste come lo spazio, che ho conseguito dedicandomi con sforzo a questa pratica per tempo molto lungo, Possa io diventare il principale Buddha per tutti coloro il cui occhio della saggezza mentale è reso cieco dall’ignoranza.
Anche se non dovessi raggiungere tale stato possa io restare nella tua compassione amorevole per tutte le mie vite Mañjuśrī.
Possa io trovare il migliore dei completi sentieri graduali dell’ insegnamento e possa, io compiacere tutti i Buddha praticando bene.
Utilizzando i mezzi abili guidati dalla potente forza della compassione possa io illuminare le tenebre delle menti di tutti gli esseri con i punti del sentiero come li ho compresi.
Possa io conservare gli insegnamenti di Buddha per molto tempo. Con il mio cuore che procede con grande compassione in ogni direzione in cui i preziosi insegnamenti non sono ancora stati diffusi, o sono stati diffusi e poi sono scomparsi, possa io esporre questo tesoro di felicità e aiuto.
Possano le menti di coloro che desiderano la liberazione ottenere grande pace, e le azioni dei Buddha essere serbate per lungo tempo in questo sentiero graduale verso lì illuminazione, reso completo dalle mirabili condotte virtuose dei Buddha e dei loro fogli spirituali.
Possano tutti gli esseri umani e non umani che eliminano l’avversità e che compiono azioni che contribuiscono alla pratica dei sentieri eccellenti, mai essere separati in nessuna delle loro vite dal sentiero purissimo lodato dai Buddha.
Ogni volta che qualcuno si sforza di agire in accordo con le dieci pratiche virtuose Mahāyāna possa egli essere assistito dai potenti, possano oceani di prosperità diffondersi ovunque.”
***

Adesso ripetiamo con concentrazione meditativa il mantra “Om Ma Ni Padme Hum”.

(seguono recitazione del mantra e preghiere in tibetano)

Soprattutto i tibetani ripetono infinite volte questo mantra sgranando la mala, ma troppo spesso questo questa pratica è stata fraintesa, trasformata in sterile automatismo e il significato profondo è stato completamente stravolto dalla frenesia contabile. Non serve a nulla ripetere come pappagalli il mantra migliaia di volte pensando a tutt’altro, è invece sufficiente anche una sola formulazione purché la motivazione del cuore sia la compassione di Avalokiteśvara che a ogni grano pone l’intenzione della liberazione di un essere senziente dalla sofferenza. La ripetizione distratta e veloce del mantra è vana se manca l’amorevole compassione e bodhicitta.
La “contabilità” nella preghiera è un’assurdità davvero ignorante e assolutamente infruttuosa, eppure è un’attitudine diffusissima tra i tibetani e poi trasportata in modo assolutamente acritico e insensato in molti centri in occidente dove, ancor peggio, alcuni segnano scrupolosamente su quadernetti i conteggi delle varie pratiche, davvero assurdo!
Il senso della preghiera è nella qualità dell’intenzione, non certo nella quantità; posso recitare mantra per ore calcolandone l’ammontare senza che questo abbia alcun effetto, oppure pronunciare una sola volta ogni sillaba con sincera e profonda compassione e il potere di questo unico istante è immenso.
Il significato profondo del mantra di Avalokiteśvara, noto come il mantra benedetto, si trova nel cuore compassionevole, nell’attitudine di bodhicitta.
La sillaba OM è fondamentale, la base di tutti i mantra, è costituito da tre lettere A - U - M che rappresentano Corpo - Parola - Mente del Buddha e di tutto l’universo e diventano purificazione del proprio corpo, parola e mente.
MA NI raffigura il gioiello della compassione.
PADME rappresenta il fiore di loto che è il simbolo della saggezza.
HUM (in realtà sarebbe HAM, ha subito variazione nella pronuncia tibetana, mantenendo però lo stesso significato) corrisponde all’io che deve trasformare corpo, parola e mente nella natura di compassione e saggezza del Buddha.
Questo mantra è dunque una sādhana completa in grado di trasformare la nostra natura nella natura di Buddha.

Domanda: Cos’è il sentiero dei quattro yoga?
Lama: Il sentiero delle quattro sessioni di yoga indica tutte le pratiche articolate nell’intera giornata di ventiquattro ore inscindibilmente correlate alla meditazione, per questo si racconta che i grandi praticanti non dormono mai. Ho un amico, un buon compagno di studi, che segue questa prassi da tutta la vita, non dorme mai, però, malgrado questa lodevole dedizione, è sempre teso, particolarmente irritabile.
È un tipo di pratica molto dura, e nessuno può conoscerne e valutarne gli effetti, né dare giudizi, certamente non è proponibile in occidente, tutte le “fotocopie” di altre culture si riducono a caricature senza senso. Ogni tradizione deve rispettare le proprie radici e regole, solo in questo modo le pratiche saranno davvero efficaci per se stessi e per gli altri.
In ogni caso, qualsiasi spiritualità si esprime al massimo nella via di mezzo, tutto l’insegnamento del Buddha si fonda su questo principio.
Domanda: Ho un problema ormai consolidato e che non so come affrontare, ed è il rimpianto perciò che si è fatto ed ora si vorrebbe diverso o per ciò che si è negato, non dato, non fatto, come si può alleviare questo peso?
Lama: Non è facile dare una risposta esaustiva perché si tratta sempre di condizioni e stati emotivi assolutamente personali, ogni caso è diverso dall’altro; tutti inevitabilmente siamo colpiti da questo tipo di rimpianti, ogni scelta o decisione è alternativa ad altra, dunque possiamo soltanto accoglierli nella loro essenza e trasformarli in occasione di crescita, evitiamo di considerare il passato come “errore”, bensì come sfida, come opportunità per cambiare se stessi.
Intervento: Grazie e credo che una chiave molto importante sia il perdono, perché saper perdonare se stessi non è affatto facile, eppure essenziale.
Lama: Il perdono è uno strumento assolutamente fondamentale.
Intervento: E, come si diceva ieri, è importante stare consapevolmente nel “qui e ora” senza disperdere energie rincorrendo un futuro che non esiste e nemmeno un passato che, altrettanto, non c’è più. Per questo è così importante affrontare consapevolmente il presente rimanendo stabili nella via di mezzo.
Domanda: Ieri hai accennato alla necessità di evitare di produrre karma inutile, puoi approfondire questo concetto?
Lama: Per evitare l’accumulazione di karma inutile è necessario avere la capacità di accumulare karma negativo. È chiaro? È un concetto molto sottile, approfondiremo l’argomento nel pomeriggio.






Vivere in Armonia nel mondo qui e ora
Ven. Geshe Gedun Tharchin
5 - 6 aprile 2014 – Merano 
Parte IV

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Il karma inutile e il karma a grado zero


Tenterò di rispondere alla domanda di questa mattina sul karma inutile, una condizione assai più complessa degli altri tipi di karma.
Del karma negativo non si conosce nulla, non si tenta nemmeno di analizzarlo seriamente, se ne ha un rifiuto globale e non esistono nemmeno scuole che ne insegnino aspetti e modalità di maturazione, piuttosto tutti, senza eccezioni, desiderano diventare esperti nella conoscenza dell’accumulazione di karma positivo, vi si attaccano tenacemente e cercano insegnamenti, maestri, pratiche, e alla fine sono arrogantemente convinti di possedere tutte le informazioni, anche se in realtà non hanno compreso nulla e vagano nella più totale confusione.
Cercando dunque di evitare questo errore di conoscenza affronteremo l’argomento con un approccio semplificato, senza preoccuparci delle infinite disquisizioni sulla pratica per accumulare karma positivo, ma iniziando invece ad esaminare i vari risvolti del karma negativo che nessuno sa come accumulare.
Tra l’accumulazione di karma positivo e quello negativo si colloca un punto molto importante, quello della via di mezzo, una pratica assolutamente basilare per non creare karma inutile che può essere evitato solo smettendo di ricercare continuamente i modi per accumulare karma utile. Già la stessa domanda su cosa sia il karma utile diventa karma inutile. Tutte le nostre preoccupazioni verso il desiderio di chissà quali future realizzazioni producono esclusivamente e incessantemente solo karma inutile.
Il karma inutile può essere evitato soltanto vivendo un’esistenza priva di karma, cioè autentica in ciò che si fa qui e ora, senza distrazioni determinate dalla preoccupazione di dover costruire karma positivo o rifuggire quello negativo.
Questo è l’insegnamento del Buddha, una vita senza preoccupazioni di alcun karma, perché invece noi ne siamo così assillati?

Risposta: A causa del nostro ego…
Lama: Vero, è assolutamente così.
Domanda: Non creare karma, in concreto che significa, stare nel vuoto?
Lama: Il vuoto è la realtà, indipendentemente dalla nostra attitudine, anche tutto ciò che noi consideriamo concreto, stabile, pieno, è solo frutto della nostra illusione, tutto è assolutamente vuoto, quindi si, possiamo vivere nella vacuità del karma.
Dobbiamo concretamente capire il significato del karma utilizzando il linguaggio semplice e chiaro della società attuale, del nostro tempo, perché è assolutamente fuorviante e ingannevole tentare di comprendere il concetto di karma attenendoci letteralmente alle antiche definizioni e terminologie che oggi sarebbero del tutto prive di senso, incomprensibili.
Se oggi siamo incapaci di vivere e comprendere il presente continuando a voler considerare il karma esclusivamente in relazione alle vecchie definizioni sulle vite passate o future, non solo parliamo a vanvera non conoscendo nulla di entrambe, ma utilizziamo concetti a noi estranei, dall’aspetto affascinante e un po’ magico, ma non corrispondente alla sensibilità attuale.
Dobbiamo affrontare il karma in modo serio, concreto, attuale, rispondente alla nostra capacità di comprensione e pratica con un linguaggio semplificato e a noi perfettamente chiaro, per questo, affrontando il concetto di karma inutile, lo definisco “karma a grado zero”, utilizzando un’immagine che sarebbe altrettanto incomprensibile agli antichi.
L’unico modo per comprendere e trasferire le arcaiche rappresentazioni mentali nella pratica contemporanea consiste nel semplificare il linguaggio e parlare secondo la cultura di questo tempo.
Il karma espresso con la terminologia ancestrale rischia di diventare un mero fatto di contabilità, le vite passate o future non centrano nulla, ciò che conta è il presente, il karma qui e ora, in ogni preciso momento osservo con consapevolezza il grado di karma comprendendo così perché il migliore sia in realtà il karma a grado zero.
Il karma positivo e negativo sono parte integrante della vita, della crescita umana, devono essere consapevolmente osservati, riconosciuti, ed è estremamente importante  che siano equamente equilibrati, cinquanta per cento ciascuno, sono come i principi yin e yang.

Domanda: Si può dire che bisogna evitare la sofferenza inutile? Che il karma inutile sia in effetti anche un accumulo di sofferenza inutile?
Lama: Tutto questo è preoccupazione, è karma inutile che non c’entra nulla con il consapevole karma presente, a grado zero, l’unico che può liberarci da ogni karma, sia positivo che negativo. Riuscire a vivere il presente in modo consapevole, senza alcun attaccamento al karma positivo o timore di quello negativo, è la vera libertà umana.
Domanda: Si può fare un parallelismo con quanto scoperto dalla neuroscienza moderna e cioè che il cervello in realtà vive sempre e soltanto il presente, ciò che noi crediamo passato o futuro non è altro che un accumulo di pensieri del presente?
Lama: Questo è un bellissimo concetto, il cervello non può precedere il nostro corpo, entrambi sono insieme nell’istante presente, non può che essere così. La meditazione è proprio questa presenza mentale, qui e ora, libera da pensieri passati o futuri.
Domanda: Si potrebbe dunque dire che il vero karma positivo è la liberazione da qualsiasi karma, o no?
Lama: La vera pace è non avere karma, la libertà sia da quello positivo che da quello negativo. Io penso che il principio del karma non sia cambiato, ma è cambiato il metodo con cui lo si analizza, come se ne presenta la pratica, oggi è necessario imparare a giungere con semplicità e chiarezza al punto centrale, evitando i lunghi giri che aumentano soltanto la nostra confusione.
Domanda: Dunque, facendo un esempio pratico, se io offro l’elemosina a un mendicante o faccio una qualsiasi azione positiva, non me ne devo affatto curare e soprattutto compiacere perché questo significherebbe alimentare l’ego e dunque produrre karma, è così?
Lama: Non posso valutare il peso delle tue azioni, solo tu puoi farlo. Il nostro riferimento deve sempre essere l’attitudine dei Bodhisattva.
È fondamentale che trattiamo i tre tipi di karma positivo, negativo e neutro in modo uguale, poiché sono tutti inscindibilmente correlati in un delicato equilibrio; senza karma negativo non potrebbe esserci nemmeno quello positivo. Dobbiamo diventare piccoli Bodhisattva e ciò significa accogliere con serena equanimità qualsiasi karma, poiché tutto serve, diventa strumento utile per aiutare il prossimo e, di conseguenza, se stessi. Quest’attitudine non egoistica non riproduce ulteriore karma in quanto il karma accumulato nel passato viene utilizzato oggi a beneficio di altri esseri, senza la partecipazione di alcun ego, e dunque non crea nuovo karma.
Essere piccoli Bodhisattva, motivati unicamente da incondizionata e pura compassione, significa vivere nel samsāra con pienezza totale, utilizzando ogni risorsa, tutto il karma passato per aiutare gli altri senza creare ulteriore karma.
Con quest’attitudine di spontaneo, incondizionato altruismo la nostra esistenza sarà naturalmente piena, gioiosa, vissuta con semplicità, senza preoccupazione né calcolo, con quella grande compassione che matura nelle perfezioni di coraggio, generosità, pazienza, tolleranza, etica, entusiasmo, concentrazione e saggezza. Queste sei pāramitā sono le qualità dell’essere Bodhisattva.
Vivere senza karma dunque non significa non fare nulla, al contrario, è la consapevole pienezza di ogni istante nelle sei perfezioni della grande compassione.

Domanda: L’azione virtuosa quindi non crea karma?
Lama: Non necessariamente, dipende, per esempio nel caso degli Ārya Bodhisattva non crea ulteriore karma, ma l’azione virtuosa continua a crescere come realizzazione propria, è per questo che si dice che gli Ārya non siano più soggetti a reincarnazioni. Azione virtuosa e karma sono due cose diverse.
Domanda: Vorrei sapere che cos’è un Bodhisattva?
Lama: Il Bodhisattva è colui che ha realizzato la bodhicitta, e vi sono vari livelli di crescita.
Domanda: E cos’è la bodhicitta?
Lama: La bodhicitta ha due aspetti, uno assoluto che ha come oggetto l’illuminazione del Bodhisattva e l’altro relativo, convenzionale, che abbiamo qui affrontato. La bodhicitta convenzionale è la realizzazione della mente altruistica frutto della grande compassione. Tra la bodhicitta e la grande compassione si trova un’attitudine fondamentale: la Pura Intenzione, che corrisponde alla totale propria responsabilità nei confronti degli altri. Di fronte a qualsiasi bisogno, sofferenza, necessità della società si interviene immediatamente, incondizionatamente, senza domandarsi: -perché tocca proprio a me? perché non lo fanno altri?- La realizzazione di quest’attitudine con grande compassione porta alla realizzazione di bodhicitta.
Nella bodhicitta Il desiderio, apparentemente egoistico di voler raggiungere l’illuminazione, non lo è affatto, coincide con il massimo livello altruistico poiché è finalizzato unicamente al desiderio di poter essere di maggior beneficio a tutti gli esseri.
Non serve ricercare nelle varie culture e spiritualità la risposta ai grandi interrogativi della nostra vita, dobbiamo semplicemente rivolgere lo sguardo in noi stessi, nel nostro cuore ci sono tutti gli elementi fondamentali, non si può sbagliare, e per imparare a farlo c’è un solo modo: la meditazione.
Nella meditazione maturiamo la capacità di scoprire e riconoscere la bellezza delle nostre qualità innate, altrimenti se ci lasciamo sopraffare dagli inutili blocchi, dalle preoccupazioni, dalla confusione del chiasso esteriore affondiamo da tonnellate di immondizia a causa del karma inutile.
Il nostro compito è evitare il karma inutile, in questo modo scopriremo in noi tantissimo spazio libero, aperto.







Vivere in Armonia nel mondo qui e ora
Ven. Geshe Gedun Tharchin
5 - 6 aprile 2014 – Merano 
Parte V

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La Vacuità


L’approfondimento riprende la riflessione con canti che si concludono con il Sūtra del Cuore:

Il Cuore della Perfezione della Saggezza”
Il titolo sanscrito è : Bhagavati Prajña Paramita Hridaya
“Così una volta udii:
Il Bhagavan dimorava a Rajagrha, presso il Picco dell’Avvoltoio, con un gran numero di Arhat e un gran numero di Bodhisattva e a quel tempo il Bhagavan era entrato nell’assorbimento meditativo sulla varietà dei fenomeni chiamato “percezione profonda”. In quello stesso tempo, l’arya Avalokiteśvara, il Bodhisattva mahasattva, era assorto nella stessa pratica della profonda perfezione della saggezza e vide che anche i cinque aggregati sono vuoti di natura intrinseca.
Quindi, tramite l’ispirazione del Buddha, il venerabile bikshu Śāripūtra si rivolse all’arya Avalokiteśvara, il Bodhisattva mahasattva e gli disse: “come deve addestrarsi un figlio o figlia del lignaggio dei Bodhisattva, che desideri impegnarsi nella pratica della profonda perfezione della saggezza?”
Quando fu detto questo, l’ārya Avalokiteśvara, il Bodhisattva mahasattva, rispose al venerabile bikshu Śāripūtra e disse: “Śāripūtra, ogni figlio o figlia del lignaggio dei Bodhisattva, che desideri impegnarsi nella pratica della profonda perfezione della saggezza, dovrebbe vedere chiaramente nel seguente modo: dovrebbe vedere distintamente che anche i cinque aggregati sono vuoti di natura intrinseca”.
“La forma è vuota, la vacuità è forma; la vacuità non è altro che forma, la forma non è altro che vacuità. Allo stesso modo sono vuote le sensazioni, le percezioni, le formazioni mentali e la coscienza. Quindi, Śāripūtra, tutti i fenomeni sono vacuità; essi sono privi di caratteristiche peculiari; non sono nati, non cessano; non sono contaminati, non sono incontaminati; non sono incompleti e non sono completi.”
“Quindi, Śāripūtra, nella vacuità non c’è forma, né sensazioni, né percezioni, né formazioni mentali, né coscienza. Non c’è occhio, né orecchio, né naso, né lingua, né corpo, né mente. Non c’è forma, né suono, né odore, né gusto, né oggetti concreti, né oggetti mentali. Non c’è nessun elemento visivo, così fino a nessun elemento mentale fino a includere nessun elemento della coscienza mentale. Non c’è ignoranza, non c’è estinzione dell’ignoranza, e così fino a nessun invecchiamento e morte, e nessuna estinzione dell’invecchiamento e della morte. Allo stesso modo, non c’è sofferenza, origine, cessazione o sentiero; non c’è saggezza, né ottenimento e neppure mancanza di ottenimento.”
“Quindi, Śāripūtra, poiché i Bodhisattva non hanno ottenimenti, si basano e dimorano nella perfezione della saggezza. Non avendo oscuramenti nelle loro menti, essi non hanno paura, ed essendo andati totalmente oltre l’errore, essi raggiungono la meta finale: il nirvana. Tutti i Buddha che dimorano nei tre tempi hanno ottenuto il pieno risveglio dell’insuperabile, perfetta illuminazione, basandosi su questa profonda perfezione della saggezza”.
“Quindi, si dovrebbe sapere che il mantra della perfezione della saggezza – il mantra della grande conoscenza, il mantra supremo, il mantra uguale a ciò che non ha uguale, il mantra che fa tacere tutte le sofferenze – è vero perché non è ingannevole. Si proclama il mantra della perfezione della saggezza:
TADYATHA GATE’ GATE’ PARAGATE’ PARASAMGATE’ BODHI SVAHA
Śāripūtra, così i Bodhisattva mahasattva dovrebbero addestrarsi alla profonda perfezione della saggezza”.
Quindi, il Bhagavan si svegliò dal suo assorbimento meditativo e lodò l’arya Avalokiteśvara, il Bodhisattva mahasattva, dicendo che era eccellente.
“Eccellente! Eccellente! Figlio del lignaggio dei Bodhisattva, è proprio così; dovrebbe essere così. Bisogna praticare la profonda perfezione della saggezza proprio così come hai rivelato. Perciò anche i Tathagata se ne rallegreranno”.
Come il Bhagavan pronunciò queste parole, il venerabile bikshu Śāripūtra, l’ārya Avalokiteśvara, il Bodhisattva mahasattva, insieme all’intera assemblea, inclusi i mondi degli dei, degli umani, degli asura e dei gandharva, tutti gioirono e lodarono ciò che il Bhagavan aveva detto.”
***
Ecco la domanda perfetta:
-...il Bodhisattva mahasattva e gli disse: “come deve addestrarsi un figlio o figlia del lignaggio dei Bodhisattva, che desideri impegnarsi nella pratica della profonda perfezione della saggezza? 
Quando fu detto questo, l’ārya Avalokiteśvara, il Bodhisattva mahasattva, rispose al venerabile bikshu Śāripūtra e disse: “Śāripūtra, ogni figlio o figlia del lignaggio dei Bodhisattva, che desideri impegnarsi nella pratica della profonda perfezione della saggezza, dovrebbe vedere chiaramente nel seguente modo: dovrebbe vedere distintamente che anche i cinque aggregati sono vacui di natura intrinseca.
La forma è vacua, la vacuità è forma; la vacuità non è altro che forma, la forma non è altro che vacuità. Allo stesso modo sono vacue le sensazioni, le percezioni, le formazioni mentali e la coscienza.-
Questo è la meditazione sulla vacuità. Il primo passo consiste nell’osservare i cinque aggregati che mostrano quattro aspetti di vacuità, il primo: la forma è vuoto; il secondo: il vuoto è forma; il terzo: la forma non è altro che vacuità; e infine il quarto: la vacuità non è altro che forma. 
In questo modo si esamina la stessa natura di tutti i fenomeni potendola osservare dai quattro punti cardinali ed è la saggezza della visione profonda, la vera meditazione sulla vacuità spogliata da tutte le fantasie a cui noi generalmente restiamo aggrappati, travisandone clamorosamente la natura.
I fraintendimenti sulla vacuità sono enormi ed è essenziale comprendere che non ha nulla a che fare con i nostri usuali concetti di vuoto e pieno.
La vacuità rimane stabile, immutata, sia che io la si guardi da nord, come da sud, ovest, o est, è il terzo occhio, l’occhio di saggezza che ci mostra come riconoscere con chiarezza in noi stessi i cinque aggregati senza perderci nell’inutile tentativo di catalogarli etichettandoli come vuoti o non vuoti: Essi sono: - Fattori mentali - Coscienza - Forma - Sensazione - Percezione, - e non sono affatto esteriori ma racchiusi in noi stessi.
Meditando sulla vacuità non si negano i fenomeni concreti, ma si vedono nella loro natura profonda con un’ampia visione in cui non c’è spazio per il karma.
Nella visione profonda della vacuità, o realtà ultima, si è nello status in cui non solo non si crea più alcun karma, ma si vive anche benissimo, qui e ora.
-…Quindi, Śāripūtra, tutti i fenomeni sono vacuità; essi sono privi di caratteristiche peculiari; non sono nati, non cessano; non sono contaminati, non sono incontaminati; non sono incompleti e non sono completi.-
Nella vacuità scompare ogni dualismo, e non c’è nemmeno karma, tutto è qui e ora nella propria natura ultima, e non ha alcun senso creare inutile karma nella volontà di giudicare, catalogare, incasellare ciò che riteniamo realtà, ma che è semplicemente frutto di una visione distorta e ingannevole.
Noi viviamo costantemente in questo errore e creiamo ininterrottamente karma inutile, ma se ci alleniamo tutti possiamo imparare a vivere nello zero grado di karma, con la visione profonda dei fenomeni che non nega affatto la loro realtà, ma permette di penetrarla e conoscerla autenticamente così da poterla osservare nei suoi molteplici aspetti, da ogni lato.
-…Quindi, Śāripūtra, nella vacuità non c’è forma, né sensazioni, né percezioni, né formazioni mentali, né coscienza. Non c’è occhio, né orecchio, né naso, né lingua, né corpo, né mente. Non c’è forma, né suono, né odore, né gusto, né oggetti concreti, né oggetti mentali. Non c’è nessun elemento visivo, così fino a nessun elemento mentale fino a includere nessun elemento della coscienza mentale.-
Questo paragrafo è un chiaro riferimento alla nostra stessa essenza, indica la necessità di saper vedere la vacuità intrinseca ad ogni fenomeno, ai cinque aggregati, ai dodici oggetti dei sensi, ai diciotto dhātu riferiti alla totalità dei fenomeni conoscibili, sino a includere nessun elemento mentale e nessun elemento della coscienza mentale che è il nostro altro sé che va al di là del sé degli oggetti e del sé degli organi.
La vista che ci consente di vedere le cose è costituita da tre condizioni: l’organo (l’occhio), l’oggetto dei sensi e la coscienza nei diciotto dhātu.
Dopo questo primo approccio agli elementi l’approfondimento diviene ancor più articolato e complesso, si entra nella comprensione della realtà del samsāra, del perché ne siamo immersi totalmente.
-…Non c’è ignoranza, non c’è estinzione dell’ignoranza, e così fino a nessun invecchiamento e morte, e nessuna estinzione dell’invecchiamento e della morte.-
L’ignoranza è la radice di tutti i mali, così come ben chiarito nella catena dei “Dodici anelli dell’originazione interdipendente” in cui si mostrano tutti i passaggi della nostra esistenza ciclica nel samsāra:
A causa dell’oscurità dell’ignoranza, si compiono i tre tipi di azioni che depongono le impronte karmiche nella mente che determinano le future rinascite.
Le impronte karmiche determinano la trasmigrazione della coscienza che, trovata la sua destinazione, sviluppa nome e forma
Quando nome e forma si sono sviluppati emergono i sei sensi. Sulla base dei sensi avviene il contatto.
Come la vista sorge in dipendenza dell’occhio, della forma e dell’attenzione, così la coscienza sorge in dipendenza di nome e forma. 
Il raggruppamento di occhio, forma e coscienza è il contatto. Dal contatto sorge la sensazione.
Dalla sensazione nasce il desiderio. Dal desiderio sorge l’afferrare nei suoi quattro aspetti: oggetti dei sensi, visione, moralità, idea del sé.
Dall’afferrare sorge il divenire dell’afferrante. Senza l’afferrare non c’è il divenire. Con la realizzazione del non afferrare si ottiene la liberazione. Di conseguenza non c’è divenire, entrare nell’esistenza.
Entrare nell’esistenza è la formazione dei cinque aggregati. Entrare nell’esistenza è nascere.
A causa della nascita ci sono vecchiaia, morte, tormenti, lamenti e pene, infelicità ansietà. A causa della nascita si è sempre in uno stato di continua sofferenza.
L’azione è la radice dell’esistenza ciclica. Per questo il saggio non crea impronte karmiche. Gli sciocchi, invece, al contrario del saggio che vede la realtà, creano impronte karmiche.
Con il cessare dell’ignoranza anche la produzione delle impronte karmiche cessa. La cessazione dell’ignoranza avviene per mezzo della meditazione della saggezza. 
Cessando il precedente, il successivo non accade. Allo stesso modo cessa tutta la sofferenza.
E dunque percorrendo questi passi a ritroso si inverte il processo:
meditare sull’interdipendenza porta alla cessazione dell’ignoranza
cessando l’ignoranza, cessano le formazioni karmiche;
cessando le formazioni karmiche, cessa la coscienza determinata da esse;
cessando la coscienza determinata dalle formazioni karmiche, cessano nome e forma, gli aggregati;
cessando gli aggregati, cessano le percezioni basate sugli stessi;
cessando le percezioni, cessa il contatto;
cessando il contatto, cessa la sensazione;
cessando la sensazione, cessa l’attaccamento;
cessando l’attaccamento, cessa l’afferrare, la bramosia;
cessando la bramosia, cessa il divenire, il maturare delle cause irrigate da bramosia e attaccamento;
cessando il divenire, l’entrare in esistenza sulla base del karma, cessa la rinascita;
cessando la rinascita, cessano vecchiaia e morte e quindi tutte le sofferenze del samsara.
Questa è la saggezza, l’arte interiore per vivere pienamente in totale liberazione interiore, in tibetano Rigpa, l’unica possibilità per non produrre karma è sradicare l’ignoranza fondamentale.
Il sūtra prosegue:
-…Allo stesso modo, non c’è sofferenza, origine, cessazione o sentiero; non c’è saggezza, né ottenimento e neppure mancanza di ottenimento.-
Noi spendiamo tutta la nostra esistenza rincorrendo chimere, sentiamo l’impellente bisogno di affermarci con eclatanti risultati abbiamo necessità di raggiungere obiettivi, ma l’insegnamento del Buddha dice esattamente il contrario, non c’è proprio nulla da ottenere.
In questa nostra frenesia veniamo immediatamente messi a confronto con le quattro nobili verità, costitutive di tutta la nostra esistenza e che soltanto in noi stessi possiamo subire passivamente o realizzare, ma per fare questo non esiste ricetta, medicina, o rapido sentiero esteriore, solo noi possiamo trovare la giusta via, noi e soltanto noi siamo responsabili della nostra essenza.
Le quattro nobili verità sono la realtà della vita umana e la liberazione dalle catene che ne impediscono la fioritura:

La verità della Sofferenza - Dukkha;
La Verità della Causa della Sofferenza;
La Verità della Cessazione della Sofferenza;
La Verità del Sentiero che porta alla Cessazione della Sofferenza.
-…Quindi, Śāripūtra, poiché i Bodhisattva non hanno ottenimenti, si basano e dimorano nella perfezione della saggezza. Non avendo oscuramenti nelle loro menti, essi non hanno paura, ed essendo andati totalmente oltre l’errore, essi raggiungono la meta finale: il nirvana. Tutti i Buddha che dimorano nei tre tempi hanno ottenuto il pieno risveglio dell’insuperabile, perfetta illuminazione, basandosi su questa profonda perfezione della saggezza”.
Senza nulla ottenere, senza karma, si crea lo spazio illimitato in cui si annulla completamente ogni paura ed errore, poiché se non vi è niente da conquistare, niente da perdere, scompaiono automaticamente contrapposizioni, confini, guerre, tutto è chiaro nella saggezza, questa è la meta finale, qui e ora dentro di noi il nirvāna, lo stato di libertà totale da ogni dualismo, da ogni falsa visione illusoria.
Questa è la meditazione sulla saggezza, espressa nel sūtra del cuore con domanda e risposta, non verbali, ma in connessione mentale con la propria natura di Buddha.
È necessario porre la giusta domanda a se stessi per poter conoscere e approfondire tutti gli elementi costitutivi della propria intera essenza: i cinque aggregati, i diciotto aspetti della vacuità dei fenomeni, i dodici anelli della originazione interdipendente, le quattro nobili verità, ecco la via che conduce passo dopo passo a comprendere come si entra nel samsāra e, di conseguenza, come è possibile uscirne.
Nel processo della meditazione sulla saggezza si trova lo status di pace, il nirvāna, in cui è annullato qualsiasi dualismo, non esistono mete da conquistare, né paura, né errore, è la fine della sofferenza, di tutte le preoccupazioni che costituiscono il nostro peggior tormento.
I Bodhisattva, totalmente liberi da questi falsi affanni, trasformano i più grandi problemi in occasioni per accrescere il valore interiore, questa è la pratica del Dharma.
È fondamentale imparare a porre a se stessi la giusta domanda, in questo modo la risposta scaturirà naturalmente chiara, inequivocabile, ma non ci si deve lasciar abbagliare dal falso miraggio di poter delegare ad altri questo compito secondo il consueto e consolidato schema dualistico, nessuno può sostituirsi al nostro profondo sé, soltanto in noi stessi possiamo trovare la risposta già chiara e pronta, non c’è alternativa.
Anche se nel sūtra del cuore è descritto un apparente dialogo, questo avviene solo a livello mentale in cui si manifesta nel proprio cuore la risposta, la natura di Buddha.
Le diverse pratiche spirituali come Tong Len, Lo Jong, Grande Compassione, Bodhicitta, Saggezza… non sono ridotte e parcellizzate al fine di ottenere piccole specifiche realizzazioni, sarebbe davvero sciocco pensarlo, ma rappresentano le motivazioni profonde, l’incondizionata apertura al Dharma da cui scaturisce il senso profondo della vita umana.
In quest’ultima sessione con la meditazione sul sūtra del cuore ci siamo brevemente inoltrati nell’analisi del bodhicitta assoluto, la saggezza della realtà ultima, mentre nella prima parte del pomeriggio abbiamo analizzato il bodhicitta relativo, la grande compassione.
Ci sono domande?
Domanda: Mi è piaciuto il tuo accenno alle quattro nobili verità in cui si precisa che nessuno dall’esterno può intervenire al posto nostro…
Lama: Per i praticanti è fondamentale meditare sulle quattro nobili verità e sul loro percorso che ognuno deve trovare in se stesso.
Domanda: È anche molto importante secondo me quello che hai detto rispetto alla necessità di porre la giusta domanda, poiché aspettarsi da qualcun altro la giusta risposta, se non si sa interrogare correttamente il proprio cuore, è davvero ridicolo…
Domanda: Io stavo riflettendo sulla tua indicazione secondo cui il nostro dolore più grande è dato dalle preoccupazioni, ed è proprio così, lo vedo costantemente nel mio quotidiano…
Lama: Molto bene, ora dedichiamo un po’ di tempo alla meditazione del sūtra del cuore ascoltandone il canto.

(segue ascolto e meditazione)

Terminiamo con questo bellissimo ascolto in sanscrito del sūtra del cuore, la madre della perfezione della saggezza, queste due giornate di riflessione e approfondimento e dedichiamo i meriti a beneficio di tutti gli esseri.
Grazie a tutti.


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