Thursday, 30 December 2021
Auguri e felice anno 2022
Tuesday, 25 May 2021
Vesak 2565 Saka Dawa Festa 2021
Per commemorare l'anniversario della nascita, dell'illuminazione e del mahaparinirvana di Shakyamuni Buddha in questa favorevole occasione del Saka Dawa Duchen e del Vesak Day, il 26 maggio 2021, questa breve visione è dedicata alla prosperità del Dharma e alla pace nel mondo, al benessere di tutti gli esseri senzienti, alla pacificazione delle forze malevole, alla scomparsa delle malattie e degli ostacoli, alla realizzazione di tutti i desideri virtuosi, e specialmente alla rapida eliminazione della pandemia del Covid-19. E preghiere per i milioni di vittime della pandemia Covid-19.
https://m.youtube.com/watch?v=F2e-ZBvc0AA&feature=share
To commemorate the anniversary of Shakyamuni Buddha's birth, enlightenment and mahaparinirvana on this auspicious occasion of Saka Dawa Duchen and Vesak Day, May 26, 2021, this short vision is dedicated to the prosperity of the Dharma and world peace, the well-being of all sentient beings, the pacification of malevolent forces, the disappearance of diseases and obstacles, the fulfillment of all virtuous desires, and especially the speedy elimination of the Covid-19 pandemic. And prayers for the millions of victims of the Covid-19.
https://m.youtube.com/watch?v=F2e-ZBvc0AA&feature=share
སྟོན་པ་ཤཱཀྱ་ཐུབ་པ་འཁྲུངས་པ་དང་མངོན་པར་རྫོགས་པར་སངས་རྒྱས་པ། སྐུ་མྱ་ངན་ལས་འདས་པ་བཅས་ཀྱི་དུས་ཆེན་གསུམ་འཛོམས་ཀྱི་ཉིན་མོ་ས་ཟླའི་དུས་ཆེན་ཁྱད་པར་ཅན་འདིར་བསྟན་པ་རྒྱས་པ་དང་འགྲོ་བ་བདེ་བ། ནད་མུག་འཁྲུག་རྩོད་སོགས་ཀྱི་རྒུད་ཚོགས་མེད་པར་འཛམ་གླིང་ཞི་བདེ་དང་། ལྷག་པར་ཏོག་དབྱིབས་༡༩༽ནད་ཡམས་འདི་བཞིན་མྱུར་དུ་འཇོམས་པའི་ཆེད་རྣམ་དཀར་དགེ་ཚོགས་ཀྱི་མཆོད་སྤྲིན་རྒྱ་ཆེར་བརྩོན་ཅིང་། འཛམ་གླིང་གང་སར་ཏོག་དབྱིབས་༡༩༽ནད་ཡམས་ཀྱིས་རྐྱེན་འདས་སོང་བའི་སྐྱེ་འགྲོ་ས་ཡ་མང་པོའི་དགེ་རྩར་ཡང་སྨན་པའི་བསྔོ་སྨོན་ཞུ།།
Tuesday, 11 May 2021
Amare la natura, vivere in modo naturale
Amare la natura, vivere in modo naturale
di
Geshe Gedun Tharchin
Salvate la natura per salvare l'umanità,
Vivete serenamente per la pace globale,
Pensate positivamente per la buona salute,
Siate amichevoli per la fratellanza universale.
Vivete nella natura,
Vivete in modo naturale,
Vivete con una mente naturale,
Vivete nella consapevolezza naturale.
Amate la natura,
Amate i vicini,
Amate gli esseri umani,
Amate gli animali.
Siate compassionevoli,
Siate felici,
Siate gioiosi,
Siate utili.
Agite in modo disinteressato,
Agite con passione,
Agite in modo pacifico,
Agite in modo mansueto.
L'armonia è un dono naturale,
L'umanesimo è un dono naturale,
La salute è un dono naturale,
La felicità è un dono naturale.
Apprezzate la meditazione naturale,
Apprezzate lo Yoga naturale,
Apprezzate la camminata naturale,
Apprezzate il cibo naturale.
Siate consapevoli nell'Io disinteressato,
Siate consapevoli nel Sé senza Ego,
Siate consapevoli nella Mente senza fabbricazioni,
Siate consapevoli nell'Amore senza attaccamento.
Trovate il vero senso della vita,
Trovate il vero senso dell'umanità,
Trovate il vero senso del mondo,
Trovate il vero senso della responsabilità universale.
Vivete armoniosamente coerenti con il Tempo,
Vivete armoniosamente coerenti con lo spazio,
Vivete armoniosamente coerenti con le circostanze,
Vivete armoniosamente coerenti con i cambiamenti.
Parlate nel silenzio della mente,
Condividete nel silenzio del cuore,
Amate nel silenzio della gioia,
Vivete nel silenzio del tempo.
La Mente Naturale è la Mente suprema,
La mente naturale è la mente pacifica,
La mente naturale è la mente pura,
La mente naturale è la mente gioiosa.
Scoprite la Mente Innata,
Scoprite la Mente Originale,
Scoprite la Mente Naturale,
Scoprite la Mente Non-fabbricata.
La Mente Innata è la Meditazione Innata,
La Mente Originale è la Meditazione Originale,
La Mente Naturale è la Meditazione Naturale,
La Mente Non-fabbricata è la Meditazione Pura.
Il tesoro del cuore risiede nel cuore,
Il tesoro del cuore non può esistere senza il cuore,
Il tesoro del cuore risiede nello spirito di compassione,
Il tesoro del cuore non può esistere senza lo spirito di compassione.
Scoprite la Mente Primordiale attraverso la Mente e il Corpo Naturali,
Restate e dimorate nella Mente e nel Corpo Primordiali,
Siate nell'Unità della Mente e del Corpo Primordiali,
Liberate il Sé nella Mente e nel Corpo Primordiali.
Ogni atomo equivale a numerosi atomi nell'intero Universo,
Ogni esistenza formata da atomi indivisibili e l'atomo è una realtà sottile invisibile,
La realtà della Mente e del Corpo è un atomo invisibile e indivisibile,
Lo spazio di un atomo indivisibile e invisibile è uguale allo spazio di tutti gli atomi dell'Universo!
Il potenziale della Natura equivale al potere di una Mente Illuminata,
Il rispetto verso la Natura equivale a onorare il Buddha,
Conoscere la realtà della Natura equivale a conoscere la Saggezza,
L'Essenza della Natura e la Natura del Buddha sono presenti in tutti gli esseri.
Usate la Mente per penetrare la Mente stessa,
La Mente della Consapevolezza può raffinare la Mente,
Una Mente raffinata può vedere la quintessenza della natura di tutti,
Lasciate che il Sé e tutto sia riportato sulla più sottile Consapevolezza.
L'universo è semplice,
Gli esseri umani sono semplici,
La mente è semplice,
Semplificate la vita.
Cercate la felicità naturale,
La felicità naturale è la bontà suprema,
La bontà della natura è il miglior regalo,
Il dono della natura è la ricchezza suprema.
Niente guerre, fate la pace.
Niente lacrime, sappiate sorridere.
Niente dolori, date la gioia.
Niente violenza, apritevi al dialogo.
Curate i sensi per curare il Cuore.
Cercate la filosofia per cercare la verità.
Amate ila vostro pensiero per vedere la bellezza di ogni cosa.
Vivete con la verità della bellezza nel vostro cuore.
Lasciate che la democrazia espella la demagogia.
State nella luce per vedere l'ombra.
Cercate la saggezza per sperimentare la Verità.
Vivete con il cuore e guardate l'Universo.
L'amore è il tesoro del tuo cuore,
Estendete il vostro cuore amando tutti,
Sviluppate la saggezza attraverso l'amore,
Vivete con una vita completa con pienezza d'amore.
Muovetevi con l'Io disinteressato.
State nell'Io disinteressato.
Lavorate nel Vuoto d'Amore.
Agite senza agire.
Amate il nostro pianeta e gli altri esseri con più cuore che parole.
Date più cura al nostro pianeta che a noi stessi.
La guerra è un veleno per l'umanità.
La guerra è contro l'umanesimo.
La guerra è un atto disumano.
La guerra si oppone alla pace.
La pace verrebbe solo attraverso azioni pacifiche.
La pace interiore è la radice della pace nel mondo.
Cercate la pace interiore attraverso la ricerca interiore.
Vivete pacificamente e senza nemici.
Pensate alla pace.
Parlate di pace.
Camminate con --pace.
Lavorate con -- pace.
La pace è spiritualità.
La pace è meditazione.
La pace è psicologia.
La pace è medicina.
Vivete con cuore compassionevole.
Vivete con la saggezza della verità.
Vivete con azioni virtuose.
Vivete con spirito gioioso.
La vita interiore è senza confini.
I valori interiori sono senza fine.
La pace interiore è infinita.
Thursday, 15 April 2021
LA MORALITA’ O ETICA
LA MORALITA’ O ETICA
Come abbiamo già detto in precedenza, innanzitutto dobbiamo ricordarci di generare delle buone motivazioni per impegnarci seriamente nella pratica del Dharma. In definitiva, la motivazione principale è quella di non danneggiare nessuno.
Analizziamo ora la seconda perfezione: la moralità o etica. In termini buddhisti l’etica consiste nella pratica del controllo del proprio corpo, della propria mente e della propria parola. Tra questi tre livelli il controllo della mente è quello principale perché gli altri due, il controllo del corpo e della parola, vengono generati da esso. Infatti, le funzioni del corpo e del linguaggio scaturiscono dal potere della mente e, di conseguenza, dai pensieri che coltiviamo. Ed è per questo che, in termini di etica buddista, si dice che il controllo della mente permette di controllare anche le funzioni del corpo e del linguaggio.
L’essenza dell’etica buddista può essere considerata un modo di vivere non violento, che non danneggia. In altre parole, essa consiste nell’abbandono di tutte le azioni negative del corpo, del linguaggio e della mente.
Il controllo del corpo non ha niente a che vedere con il rimanere immobili, senza far niente, senza agire, perché, se così fosse, la staticità permetterebbe di ottenere una buona etica e, di conseguenza, anche il dormire sarebbe una buona azione etica; ma in realtà non è così. L’azione morale del corpo non ha niente a che vedere con il corpo in se stesso, cioè con il corpo fermo ma con l’azione del corpo sotto il controllo di pensieri positivi.
Lo stesso vale per l’azione morale del linguaggio che non significa dire parole piacevoli: non è questa l’azione morale del linguaggio. È invece importante che la parola sia generata da buone intenzioni e che anch’essa sia sotto il controllo dei pensieri positivi della mente. In questo caso interviene la consapevolezza. Questa è la chiave per aprire la porta a uno stile di vita etico. In questo senso il pensiero morale dell’insegnamento del Buddha è un modo non violento di manifestare se stessi. Questa etica è la base di ciò che si può chiamare legge naturale.
Se osserviamo la filosofia e la teologia cristiana notiamo che viene sempre menzionata la legge soprannaturale. Questo non avviene nella filosofia buddhista. Secondo il pensiero del Buddha, la legge naturale si intende basata sulla vera realtà dei fenomeni. In questo senso si intende una vita genuinamente pacifica e un modo di vivere positivo.
Quando si parla di morale o di etica secondo i principi del Dharma, si intende il controllo del proprio corpo, delle proprie parole e della propria mente. Non ci si riferisce al controllo degli altri ma solo e sempre al controllo di se stessi. Questa è la peculiarità, la caratteristica dell’etica buddhista, regolata dalle leggi fondamentali dei cinque precetti: non uccidere; non prendere cose che non ti appartengono e quindi non rubare; usare una corretta parola e quindi non mentire; usare una corretta sessualità e astenersi dall’assumere sostanze che possono danneggiare il proprio corpo e la propria mente quali le droghe o l’alcool. Queste cinque norme sono i precetti fondamentali per qualsiasi praticante buddhista. Di questi cinque precetti i primi quattro li possiamo trovare in qualsiasi religione, sia essa indù, cristiana, musulmana o ebraica.
Invece, il quinto precetto è probabilmente una esclusiva della tradizione buddhista. Il quinto precetto è stato creato dal Buddha, dalla sua sottile intelligenza, dal suo profondo modo di pensare. Se si infrangono i primi quattro precetti si genera un cattivo karma perché si va contro la legge naturale e questo vale anche se non si sono presi i voti. Infatti in tutte le comunità umane, in qualsiasi luogo, si osservano queste norme universali ed è considerato un errore infrangerle, anche perché danneggiamo il nostro potenziale spirituale. Infrangere il quinto precetto, cioè quello di non prendere alcool o qualsiasi altra cosa intossichi la mente o il corpo, anche se non si sono presi i voti o i precetti in modo formale, genera ugualmente un cattivo karma. Se una persona ha preso i voti e ha ricevuto i precetti ha fatto anche il voto di non prendere intossicanti e nel momento in cui li prende questa azione creerà un cattivo karma, perché questa persona sarà andata contro la promessa fatta. Ci sono molto discussioni e studi su questo quinto precetto, il Buddha stesso dice nelle scritture che se ci si considera suoi discepoli non si deve bere neanche un goccio di bevande intossicanti, e se si prende anche soltanto una goccia di sostanze intossicanti non ci si può dichiarare suoi discepoli. Ciò non vuol dire che se si prende una goccia di alcool questa cosa deve essere considerata dannosa e cattiva ma chi ha ricevuto i cinque precetti deve rifarsi a quello che ha detto il Buddha.
Questa è l’unica norma peculiare del Buddha, gli altri precetti si possono trovare più o meno simili nelle altre tradizioni religiose. Per questo il Buddha ha detto che non bisogna prendere neanche una goccia di sostanze intossicanti, perché una goccia chiama la seconda poi la terza e poi la quarta e alla fine si beve sempre di più fino al punto di diventarne dipendenti. In Tibet, in Nepal e in India ci sono due bevande una è il chan, che assomiglia alla birra, ma è più leggera e più frizzante e l’altra è l’ara che è più forte e più buona e di solito chi beve un solo bicchiere di questa bevanda si ubriaca subito e incomincia ad andare fuori di testa, generando risse e problemi. In Occidente mi sembra che ci sia più resistenza all’alcool, forse perché qui il vino è di qualità migliore. Se andate in India o in Nepal e visitate anche il più piccolo villaggio trovate sempre qualcuno che cammina per strada barcollando mentre qui in Italia è più raro. Tutte le norme e i precetti buddhisti sono in relazione e dipendono da questi tre fattori: dal luogo, dal tempo e dalle condizioni. È possibile che queste norme possano cambiare in quanto dipendono da questi tre fattori e quindi potrebbero avere degli sviluppi nel tempo. Vi sono luoghi nel mondo dove la gente è più capace di mantenere il controllo: di conseguenza, se voi riuscite ad evitare di ubriacarvi bevendo vino, potete berne per tutto il giorno. Se una persona è malata e ritiene salutare assumere un po’ di alcool, questo non è considerato un errore, è consentito. Per un monaco possono esserci diverse eccezioni ma non si transige su questo precetto: se uno vuole seguire il Buddha non deve prendere neanche un goccio di alcool. Questa è una restrizione molto forte soprattutto per i monaci. Invece, per i laici non credo che ci siano restrizioni di questo tipo ma se avete preso dei voti e avete ricevuto i precetti in maniera formale è importante non infrangerli. Questi sono i cinque precetti fondamentali del Buddhismo.
Le dieci azioni virtuose
In relazione alla legge naturale nella filosofia buddista esistono le dieci azioni virtuose, tre delle quali sono azioni che riguardano il corpo e che derivano dai primi quattro precetti: non uccidere, non rubare, non avere una scorretta condotta sessuale; le altre quattro azioni virtuose sono riferite alla parola: non mentire, non usare parole calunniose, non parlare in maniera dura, infine non parlare a vanvera che significa non fare discorsi senza senso e futili.
Infine, abbiamo le tre azioni della mente. Sono quelle azioni che ci consentono di non generare pensieri dannosi per gli altri che derivino dall’attaccamento, dall’odio e dalla visione errata della realtà.
Il primo tipo di azione mentale genera un tipo di pensiero la cui causa è il desiderio o l’attaccamento verso qualcosa o verso qualcuno. Ad esempio, quando desideriamo ardentemente di possedere una bella auto sportiva.
Il secondo tipo di azione mentale deriva dall’odio che proviamo verso qualcosa o qualcuno. Può verificarsi quando desideriamo la sofferenza di qualche altro essere senziente. Per esempio, quando desideriamo che il nostro collega di lavoro –che tanto odiamo, perché maggiormente considerato dal nostro capo- venga licenziato.
Infine, il terzo tipo deriva da una visione errata delle cose. Per esempio, comportandosi senza considerare la legge del karma. Ignorando la legge del karma, non ci rendiamo conto che ogni azione negativa verrà scontata in un futuro più o meno prossimo.
L’ignoranza è la visione distorta della realtà. Secondo il Buddha, la visione errata è riferita ai pensieri egoistici, le azioni virtuose sono invece quelle che si adeguano alla legge naturale e sono tali per natura. Di conseguenza, che chi si impegna a praticarle genera un buon karma, mentre chi agisce contro queste regole genera un cattivo karma, un cattivo modo di vivere, danneggiando prima di tutto se stesso.
È molto utile verificare in prima persona se questa filosofia ci porta qualche vantaggio. Le dieci azioni virtuose sono abbastanza diverse dal precetto di non assumere alcool o sostanze intossicanti. Una persona che non conosce i precetti del Buddha e, comunque, non prende alcool non sta maturando necessariamente un buon karma. Il precetto di non assumere sostanze intossicanti non è in relazione alla legge naturale, come nel caso dei primi quattro precetti, e possiamo tranquillamente considerarlo un buon suggerimento o, addirittura, un dogma buddhista.
Le dieci azioni virtuose posseggono la potenzialità di cambiare effettivamente la nostra vita. Possono essere messe anche in relazione con i dieci comandamenti dei cristiani e, di fatto, sembrano molto simili. Però, c’è una differenza: i primi tre comandamenti rimandano a ciò che si può chiamare legge soprannaturale, trascendente, mentre gli altri sette comandamenti hanno molto in comune con le dieci azioni virtuose buddhiste. I primi tre comandamenti riguardano la presa del rifugio: nel Buddha, nel Dharma e nel Sangha, dette anche Guru Devotion nel Buddismo tibetano. Però c’è una differenza sostanziale: nei precetti buddhisti non c’è nulla che viene imposto, si tratta piuttosto di qualcosa che riferisce alla disciplina di sé: discernere ciò che è utile da ciò che è dannoso e metterlo in pratica.
Domanda: vorrei sapere qual è il significato di «Sila».Risposta: Sila è un termine sanscrito e indica la seconda paramita: la moralità. In tibetano è simile ed è scritto Siltop. La traduzione di Siltop è «prendere la brezza». Questo significa che nel momento in cui le persone prendono l’impegno di praticare i cinque precetti o le dieci azioni virtuose ciò li preserva dal cattivo karma. Colui che vive rispettando i cinque precetti o le dieci azioni virtuose automaticamente riduce le proprie preoccupazioni e si mette in uno stato di maggiore tranquillità
Domanda: se si uccide non volendo uccidere, cosa succede in questo caso con il karma?
Risposta: dipende dalle intenzioni, se capita di uccidere un insetto perché non abbiamo fatto abbastanza attenzione, questo crea cattivo karma. Se invece agiamo in maniera attenta, consapevole, facendo attenzione a non uccidere neanche un insetto ma capita accidentalmente, il karma che si produce è molto più «leggero». L’azione di uccidere è la stessa, ma è molto differente.
Domanda: cosa si intende per corretta sessualità?
Risposta: sostanzialmente vuol dire non andare contro gli impegni presi all’interno della coppia. Questo è il significato principale e poi ce ne sono altri secondari ma non sono così importanti perché la cosa più importante è mantenere gli impegni all’interno della coppia. Se si incomincia a infrangere questo impegno si genereranno una serie di problemi successivi. Oggi, in merito a questi discorsi, ci sono molti nuovi argomenti che non esistevano ai tempi del Buddha o di Gesù. Penso che l’aspetto principale sia quello di non creare problemi, di non danneggiare l’unità della coppia, di avere un reciproco rispetto. E’ stata fatta una promessa e se la si mantiene non sorgeranno problemi.
Domanda: è ammessa la poligamia?
Risposta: penso di sì se tutti sono consenzienti. In Tibet una donna può avere due o tre mariti, così anche un uomo. Nell’Islam è diverso: un uomo può avere molte mogli ma una donna non può avere più di un marito. Queste situazioni non sono contemplate nel Buddhismo, non è specificato se si possa o meno avere uno o più mariti o una o più mogli. In Tibet tutto ciò è regolato dalla legge civile e cioè: se una donna vuole avere quattro mariti e questi sono tutti d’accordo, le è consentito. Qui in Occidente questo tema è basato sull’etica sociale cristiana che consente soltanto la monogamia. Nel Buddhismo non c’è scritto gran ché a proposito dell’etica sociale e cioè su come le persone debbano comportarsi nella collettività. La cosa è lasciata aperta perché la liberazione è nelle vostre mani, non posso darvela io, è una vostra scelta quella di arrivare alla liberazione oppure no. Nel Buddhismo non è scritto niente su come fare le leggi sociali. Il re Ashoka nell’antica India ha cercato di impostare uno Stato secondo l’ottica buddhista. In Tibet si dice che se si beve l’acqua di una terra si devono rispettare le leggi di quella terra.
Wednesday, 14 April 2021
LA NATURA DI BUDDHA
LA VIA DEL NIRVANA
3° LA NATURA DI BUDDHA
Tutto quello che abbiamo detto sul Dharma ha lo scopo di mantenere e preservare la nostra tranquillità mentale, ma esistono comunque casi in cui questo lavoro può sembrare molto pesante e si possono incontrare grosse difficoltà anche da parte di chi si impegna molto nella pratica. Colgo l’occasione per citare un caso personale: io stesso, venendo qui in Occidente, mi sono imbattuto in situazioni molto differenti dalle condizioni in cui vivevo in India, dove ho studiato, ed ho incontrato difficoltà a fronteggiarle e a superarle, pur essendo un monaco buddhista. Ciò che mi ha aiutato a sopportarle è una scrittura che ho sempre tenuto presente e che dice: «Uno studente abile, qualsiasi difficoltà possa incontrare, non deve mai perdere la sua stabilità mentale». La scrittura continua dicendo «ogni volta che si intraprende una battaglia contro le illusioni, durante questa battaglia scaturiranno molte distruzioni, ma, al contrario, se non c’è battaglia, se non c’è guerra contro ciò che ti si oppone, non sorgerà nessuna distruzione e nessun problema verrà risolto». Questa scrittura, questa iscrizione, che in tibetano è molto breve ed è composta solo da tre righe, mi è stata molto utile perché ho capito che nella nostra vita possiamo contare unicamente sulle nostre qualità mentali che ci sostengono e rappresentano la cosa più importante che possediamo ora e che possiamo portare nelle vite future.
Senza addentrarci nella reincarnazione o rinascita, ma soffermandoci sul nostro essere presenti qui e ora, possiamo ben affermare come l’istruzione e lo studio siano questioni fondamentali per l’esistenza. Una persona ben istruita, una persona che ha studiato, ha uno stile di vita differente, quindi, durante la nostra pratica del Dharma in questo mondo incontriamo molte difficoltà perché siamo vittime della confusione, ed è inevitabile che sorgano difficoltà contro le quali dobbiamo combattere. Un vero praticante di Dharma, qualsiasi asperità possa incontrare nella sua pratica, l’affronterà con coraggio e leggerezza, perché in grado di percepire i problemi esistenziali con estrema chiarezza.
Tutto questo vuole significare che l’incontrare delle difficoltà è comunque un’occasione in più per praticare il Dharma; le difficoltà ci forniscono, dunque, un’occasione ulteriore per attenervisi .
L’importante, come ho già detto, è mantenere doti di fermezza e stabilità.
Stabilità e tranquillità caratterizzano la continuità della nostra pratica che a sua volta ci fornisce la possibilità di superare tutti i problemi che sorgono; al contrario, quando noi, incontrando delle difficoltà, ci sentiamo scoraggiati e senza speranza, significa che stiamo perdendo la nostra battaglia. Bisogna precisare che la parola guerra ha generalmente un’accezione negativa, correlabile con sentimenti di rabbia, di odio. La battaglia interiore di cui vi parlo è invece deprivata di tali sentimenti.
Se nella nostra guerra contro i problemi prevalessero rabbia e odio, questo implicherebbe la nostra sconfitta e la nostra stessa distruzione. Per vincere occorre mantenere stabilità mentale e quel tipo di qualità mentali che vi ho sino ad ora illustrato.
Tranquillità e stabilità mentale ci forniscono l’opportunità di vincere, di risolvere i nostri problemi. La fonte di tutte le nostre qualità interiori è la natura di Buddha oppure, come può essere anche chiamata, il piccolo Buddha.
Bertolucci ha avuto dei problemi in Nepal mentre stava girando il film «Il Piccolo Buddha» perché i buddhisti nepalesi si risentirono e gli dissero che non doveva intitolare quel film il Piccolo Buddha, perché Buddha non è piccolo. Bertolucci dovette promettere che così non l’avrebbe mai intitolato. Quando uscì il film egli andò dal Dalai Lama e questi gli disse che era un ottimo titolo perché in ognuno di noi esiste un piccolo Buddha.
Spesso abbiamo delle qualità interiori che neppure conosciamo, come Bertolucci che ha dato un titolo adatto al film senza saperlo. Dal punto di vista cristiano è come se Dio gli avesse dato l’ispirazione.
Quindi, questo piccolo Buddha che abbiamo dentro di noi, meglio definibile come «Natura di Buddha», è la sorgente, la fonte di tutte le nostre qualità interiori che ci forniscono la possibilità di vincere la battaglia contro i nostri problemi e il necessario incoraggiamento per sconfiggere le illusioni. Come possiamo riconoscere ed essere coscienti di questa natura di Buddha? Con la comprensione che la natura di Buddha non è altro che una qualità mentale. Ciascuno di noi ha una coscienza e questa ha le potenzialità e le capacità di essere pacifica e tranquilla. Tale natura della coscienza è il piccolo Buddha: in pratica, la tranquillità e la pace che ci pervadono di immensa felicità e di grande gioia.
Per preservare la tranquillità mentale, dunque, esiste quello che noi chiamiamo la pratica del Dharma e che rappresenta il bene più prezioso che possediamo.
Tutto questo è molto chiaro se operiamo un’attenta introspezione. Non c’è niente di più salutare, che ci possa dare maggiore giovamento interiore.
Per realizzarlo, per comprenderlo, per capirlo dobbiamo realizzare la nostra natura di Buddha. Poiché generalmente non lo facciamo, non siamo consapevoli di avere questa grande qualità interiore. Ogni persona che sta leggendo questo libro, ognuno di noi dunque, ma anche tutti gli animali possiedono questa preziosa capacità di mantenere tranquillità e pace mentale.
Tuttavia, noi esseri umani possediamo una potenzialità ulteriore, ovverosia la possibilità di riconoscere questa qualità, dato che per gli altri esseri è molto difficile comprenderla e soprattutto svilupparla. Per questa ragione, la forma umana di esistenza è considerata la migliore fra tutte: non dobbiamo sprecare, non dobbiamo perdere questa grande opportunità che possediamo.
In un certo senso abbiamo il Buddha, l’Illuminazione, nelle nostre mani: se lo accettiamo o lo abbandoniamo dipende solo dal nostro arbitrio.
Anche chi si è macchiato di crimini e sconta le proprie azioni in prigione ha una grande opportunità: quella di sviluppare la propria natura di essere illuminato.
Vorrei narrarvi la breve e chiarificante storia di un monaco tibetano che è stato imprigionato per vent’anni in Tibet e che, finalmente libero, è andato in India a parlare con il Dalai Lama. Questi gli ha chiesto quale fosse stata la cosa più tremenda che era capitata in prigione, e il monaco gli ha risposto che era stato il rischio di perdere la compassione.
Il più grave problema che il monaco aveva dovuto affrontare era stato il pericolo di perdere la propria compassione, perché i cinesi lo picchiavano, lo torturavano e lui aveva corso seriamente il rischio che ciò accadesse.
Questo si ricollega a quanto dicevo all’inizio: qualsiasi problema si debba affrontare non bisogna perdere mai la tranquillità mentale che ci deve sempre accompagnare. Quindi, se noi compariamo le grandi difficoltà che ha avuto questo monaco nella prigionia nel Tibet cinese con le difficoltà quotidiane che viviamo qui in Occidente, queste divengono nulla rispetto a quelle del povero monaco. Egli, infatti, non ha perso la sua compassione e la sua benevolenza, e questo gli ha permesso di mantenere la propria stabilità mentale durante i venti anni trascorsi in prigionia.
Riflettiamo: è un punto veramente cruciale. Fortunatamente il nostro monaco ha avuto la capacità di riconoscere che la compassione e la benevolenza sono le cose più importanti per la nostra vita attuale e per le nostre vite future.
Mantenere tranquillità e pace mentale è la ragione per cui noi pratichiamo il Dharma: non lo pratichiamo certamente per ottenere beni materiali.
Analizzando la questione sotto il profilo della legge di causalità possiamo affermare che in questo caso la causa è il nostro piccolo Buddha, la natura di Buddha, e l’effetto è il grande Buddha. Dunque, se esisterà il Buddha nella causa scaturirà il Buddha nell’effetto.
Il Buddha deve nascere dal Buddha, il grande Buddha deve nascere dal piccolo Buddha. Se il piccolo Buddha è dentro di noi, ci darà come risultato il grande Buddha.
Attenzione, però, quando parliamo di Buddha non dobbiamo pensare al Buddha quale riferimento fisico - storico. Esso è invece l’immagine, il simbolo, la forma delle sue qualità mentali: rappresenta la tranquillità, la felicità, la stabilità.
Una volta sono stato a Napoli per una conferenza e, alla fine mi hanno detto che avevo parlato della vita di tutti i giorni e non avevo parlato della morte; ed io ho risposto: «Se voi vivete in maniera pacifica morirete in maniera pacifica». Le persone che incontro, in genere, hanno molta paura di morire. Io invece vi dico: se vivrete in maniera pacifica e tranquilla allora vedrete che la morte non sarà un problema. Imparare a vivere con serenità vuol dire imparare a morire in ugual modo, e non c’è bisogno di far proprie tutte quelle pratiche sulla morte che caratterizzano, ad esempio, la cultura tibetana.
Il libro tibetano dei morti è uno dei libri più orrendi che io conosca!
E’ interessante leggerlo, ma non è necessario praticarlo.
Imparate a vivere in maniera gioiosa, questa è la cosa più importante.
Vorrei aggiungere qualche altra considerazione sul vivere in pace. Questa regola è alla base della pratica buddhista.
La presa di Rifugio nei Tre Gioielli, ovvero ricevere i precetti, sono atti fondamentali nell’ambito della teoria di causa ed effetto. Prendere rifugio nel Buddha, nel Dharma e nel Sangha vuol dire rifugiarsi nel nostro piccolo Buddha, metterlo in atto nel momento della causa è come prendere rifugio nel momento del risultato e tutto questo rientra nella filosofia di causa ed effetto. La legge di causa ed effetto produce il Karma.
A questo punto ci si pone la domanda: la crescita di un fiore dipende dal Karma oppure no? Non tutto è correlabile al Karma. Esso dipende dal continuum mentale, ma che la crescita di un fiore dipenda dal nostro continuum mentale oppure no e’ una questione molto pio complessa, relazionabile alla teoria causale. Quindi, la teoria del karma è un sotto insieme della filosofia di causa ed effetto, ma questa teoria non illustra soltanto il karma. Quando parliamo del karma dissertiamo intorno a qualcosa che ha una connessione con il continuum mentale.
Analizzare la causa e l’effetto è una forma di meditazione molto importante, dovete sempre chiedervi il perché di ciò che vi circonda. Quando voi incontrate un problema non affrontatelo alla cieca, ma provate a trovare una risposta con mente tranquilla. Fate un passo indietro ed analizzate con rigore i dati in vostro possesso. Alla fine troverete la soluzione. Questa è la meditazione: la consapevolezza, la Shamatha, cioè la concentrazione su un singolo punto. La Shamatha e la Vipassana non si riferiscono soltanto al sedersi in una certa postura, e devono essere praticati sempre.
Gli Zen sono specialisti della Shamatha, che vuol dire concentrazione, mentre invece la Vipassana è più sviluppata nella scuola Theravada.
I tibetani sono specialisti nelle visualizzazioni.
Il Theravada è il Buddhismo del Sud, dell’Indocina e del Sud-Est Asiatico, ed è il più antico, mentre il Ch’an e lo Zen e sono tipici delle aree del Nord, del Giappone e della Cina. Il Vajrayana è il Buddhismo centrale perché è passato dall’India fino in Tibet. Quello tibetano è il più recente, introdotto direttamente dall’India tra l’VIII e X secolo.
Ognuna di queste tradizioni ha proprie caratteristiche, tuttavia si parla di un solo Buddhismo per motivi ecumenici .
Quando ho cominciato a studiare la teologia cristiana mi hanno detto di approfondire l’ecumenismo buddhista prima di addentrarmi nel cristianesimo.
Ho cominciato, così, a leggere alcuni testi Theravada, Ch’an e Zen. Ogni argomento è buono, mi hanno detto, e troverai degli ottimi spunti ovunque.
Thursday, 1 April 2021
Le sedici leggi umane pure di Songtsen Gampo
Le sedici leggi umane pure (Tib. མི་ཆོས་གཙང་མ་བཅུ་དྲུག་, Wyl. mi chos gtsang ma bcu drug), furono stabilite per decreto durante il regno del primo imperatore del Tibet, il re del Dharma Songtsen Gampo -VI secolo.
1. Sviluppare la devozione per i Tre Gioielli.
(ལྷ་དཀོན་མཆོག་གསུམ་ལ་མོས་གུས་བསྐྱེད་པ་, lha dkon mchog gsum la mos gus bskyed pa)
2. Cercare e praticare il sacro Dharma.
(དམ་པའི་ཆོས་བཙལ་ཞིང་བསྒྲུབ་པ་, dam pa'i chos btsal zhing bsgrub pa)
3. Ripagare la gentilezza dei propri genitori.
(ཕ་མ་ལ་དྲིན་ལན་འཇལ་བ་, pha ma la drin lan 'jal ba)
4. Mostrare rispetto ai dotti.
(ཡོན་ཏན་ཅན་ལ་ཞེ་མཐོང་ཡོད་པ་, yon tan can la zhe mthong yod pa)
5. Essere rispettosi con quelli di alto livello e con i propri anziani.
(རིགས་མཐོ་བ་དང་རྒན་པར་བཀུར་སྟི་ཆེ་བ་, rigs mtho ba dang rgan par bkur sti che ba)
6. Essere benevoli con i propri vicini.
(ཡུལ་མི་ཁྱིམ་མཚེས་ལ་ཕན་གདགས་པ་, yul mi khyim mtshes la phan gdags pa)
7. Essere onesto.
(བཀའ་དྲང་ཞིང་སེམས་ཆུང་བ་, bka' drang zhing sems chung ba)
8. Essere fedeli agli amici più stretti.
(ཉེ་དུ་མཛའ་བཤེས་ལ་གཞུང་རིང་བ་, nye du mdza' bshes la gzhung ring ba)
9. Emulare coloro che sono educati e decenti.
(ཡ་རབས་ཀྱི་རྗེས་བསྙེག་ཅིང་ཕྱི་ཐག་རིང་བ་, ya rabs kyi rjes bsnyeg cing phyi thag ring ba)
10. Avere cibo e ricchezza moderati.
(ཟས་ནོར་ལ་ཚོད་འཛིན་པ་, zas nor la tshod 'dzin pa)
11. Ripagare coloro che hanno precedentemente mostrato gentilezza.
(སྔར་དྲིན་ཅན་གྱི་མི་རྩད་གཅད་པ་, sngar drin can gyi mi rtsad gcad pa)
12. Essere onesti riguardo a pesi e misure.
(བུ་ལོན་དུས་སུ་འཇལ་ཞིང་པྲེ་སྲང་ལ་གཡོ་མེད་པ་, bu lon dus su 'jal zhing pre srang la g.yo med pa)
13. Avere poca gelosia.
(ཀུན་ལ་ཕྲག་དོག་ཆུང་བ་, kun la phrag dog chung ba)
14. Non essere influenzato da compagni malvagi.
(ངན་པའི་གྲོས་ལ་མི་ཉན་ཞིང་རང་ཚུགས་འཛིན་པ་, ngan pa'i gros la mi nyan zhing rang tshugs 'dzin pa)
15. Parlare con moderazione e in modo gentile.
(ངག་འཇམ་ཞིང་སྨྲ་བ་ཉུང་བ་, ngag 'jam zhing smra ba nyung ba)
16. Essere paziente e lungimirante e sopportare le difficoltà.
(ཐེག་པ་ཆེ་ཞིང་བློ་ཁོག་ཡངས་པ་, theg pa che zhing blo khog yangs pa)
Wednesday, 31 March 2021
LA SAGGEZZA
Se voi state leggendo questo testo è perché siete alla ricerca di pace, di tranquillità, di un significato della vostra presenza nel mondo. Per arrivarci la prima cosa da fare è imparare a tirare fuori qualcosa di concreto durante il vostro passaggio in questa vita. Per questo la motivazione che ci spinge nella vita dovrebbe essere positiva, tale da fornirci gli strumenti per cercare l’essenza della vita, ed è proprio questo il senso della sesta Paramita.
Quando ci impegniamo in questa pratica, come abbiamo già detto in precedenza, non è per acquisire qualcosa di nuovo, qualcosa che si trova al di fuori di noi, ma, al contrario, l’obiettivo è quello di trovare, di risvegliare quella risorsa di tranquillità e di felicità che è già dentro di noi.
In questo senso il Dharma è innato, non è esterno alla nostra coscienza. Quindi anche la sua pratica deve sgorgare dalla nostra interiorità. Ciò significa che la tranquillità, la pace e la felicità si devono cercare dentro di noi. I semi delle sei Paramita sono già dentro di noi, dobbiamo soltanto ritrovarli, cercare di risvegliarli per poterli coltivare, per poter comprendere l’essenza della vita. Abbiamo parlato in precedenza di cinque Paramita; l’ultima che abbiamo considerato è la Samatha: la concentrazione. Ora parleremo della sesta Paramita: la Prajna, cioè la conoscenza.
Abbiamo già visto che la pratica della prima Paramita, la generosità, significa avere un cuore aperto, un’attitudine generosa, saper dare oltre le nostre risorse materiali e fisiche e vuol anche dire generosità degli insegnamenti. L’opposto della generosità è l’avarizia che significa voler tenere tutto per sé. Atteggiamento che è generato dall’attaccamento.
La seconda Paramita ha a che vedere con l’etica e la moralità. Sviluppandola si impara a disciplinare il proprio corpo, la propria mente e le proprie parole e si apprende la maniera corretta di agire con pensieri, parole e azioni. L’opposto è l’immoralità.
La terza Paramita è la pazienza. L’opposto della pazienza è la rabbia che distrugge la nostra pace interiore.
La quarta Paramita è lo sforzo gioioso, la perseveranza volenterosa. Il suo opposto è la pigrizia che ci fa fallire il conseguimento di qualsiasi obiettivo ci siamo proposti.
La quinta Paramita è la concentrazione. L’opposto è la confusione, l’agitazione, la mente che vaga.
La sesta Paramita è la conoscenza, la Prajna, il suo opposto è l’ignoranza intesa come non conoscenza, l’incapacità di vedere le cose come esse sono (nescienza). Un altro suo opposto è la mente oscurata, quella che non ci permette di vedere le cose in se stesse. Quando studiamo la sesta Paramita dobbiamo richiamare alla memoria gli opposti delle altre Paramita e tener presente quali sono i loro vantaggi e svantaggi. Buddha Sakyamuni, il nostro maestro, ha insegnato ai suoi discepoli le sei Paramita perché potessero conoscerle e praticarle e perché i semi delle sei Paramita, che sono dentro ognuno di noi, fossero riconosciuti e sviluppati. Per questo insisto nel dire che il Buddha non ha insegnato qualcosa di nuovo; Egli non ha fatto altro che mettere in evidenza quelle che sono le buone qualità insite in ogni essere umano e che devono essere seguite.
Una volta sono stato a Padova per un incontro in cui ricordo di aver detto che il Buddha differisce da ricercatori come Guglielmo Marconi o Leonardo da Vinci perché questi hanno fatto delle nuove scoperte mentre Egli ci consente semplicemente di imparare a riconoscere quelle qualità interiori che già sono dentro di noi e ha indicato come il loro sviluppo ed il loro potenziamento portino alla suprema, permanente felicità. Ed è per questo che si potrebbe pensare che Leonardo da Vinci sia stato più intelligente del Buddha, dato che ha inventato cose nuove, mentre Buddha ha scoperto cose che già esistevano in precedenza. Ciò è avvenuto, naturalmente, a causa dei loro diversi obiettivi.
Lo scopo del Buddha era quello di illuminare se stesso e l’essere umano, quello di far sì che la nostra vita di ogni giorno fosse migliore, quindi il suo interesse era quello di scoprire la fonte di questa illuminazione. Per questa ragione ha indicato due diversi aspetti che coesistono dentro di noi: una serie di elementi che ci portano alla felicità ed una serie di elementi che ci portano alla sofferenza. Essere generosi, avere una buona disciplina, essere pazienti, essere capaci di sforzo gioioso, essere concentrati e sviluppare la saggezza sono tutti lati positivi di noi stessi che ci portano alla felicità.
Spesso non ci è chiaro quali possano essere i vantaggi dello sviluppo delle nostre qualità positive ed è qui che interviene la sesta Paramita cioè la conoscenza, la saggezza.
Il fatto di non essere generosi, di essere avari è generalmente riconosciuto come un aspetto negativo da ognuno di noi, e, al contrario, essere generosi è considerato da tutti una qualità positiva che porta felicità a noi stessi e agli altri. Lo stesso vale per la disciplina: il fatto di avere una buona disciplina sia mentale che fisica è reputata una qualità positiva. Ed è per questo che quando meditiamo sulle sei Paramita dobbiamo tenere conto di questi argomenti.
Le prime tre Paramita (la generosità, l’etica, la pazienza) sono consigliate ai laici, riguardano l’accumulo dei buoni meriti e possono rientrare nell’aspetto del metodo; invece la quarta e la quinta (lo sforzo gioioso e la concentrazione) appartengono all’aspetto della saggezza e sono raccomandate a coloro che stanno in qualche ordine monastico.
La quinta Paramita, la concentrazione, può essere divisa in altre tre categorie: la prima è la Samatha, la concentrazione della mente che risiede nella calma, la mente tranquilla o Scinè. La seconda categoria è la Vipassana, la concentrazione analitica, la concentrazione sull’analisi della realtà suprema. La terza categoria è il Samadhi sia della Samatha che della Vipassana.
La sesta Paramita è la saggezza, in sanscrito Prajna e in tibetano Scerap. La saggezza è la maggiore di tutte le sei Paramita. Nelle scritture si dice che la Prajna corrisponde all’organo della vista e tutte le altre Paramita agli altri organi dei sensi. Senza la saggezza tutte le altre Paramita sono cieche, e ciò accade perché se pratichiamo le cinque Paramita senza la comprensione e senza la saggezza non possiamo sapere da dove originano le altre, per questo la sesta è la più importante.
La Prajna è la comprensione suprema della realtà e può essere suddivisa in tre categorie: la prima è la conoscenza della natura convenzionale dei fenomeni, la seconda è la comprensione della suprema realtà dei fenomeni e la terza è la comprensione dei mezzi per aiutare tutti gli esseri senzienti.
La prima categoria riguarda la legge naturale di causa ed effetto, la legge del Karma e anche la conoscenza della natura interdipendente dei fenomeni. Ciò vuol dire comprendere che ogni cosa che esiste non esiste di per sé ma esiste in quanto prodotto di una serie di fattori che l’hanno generata. Per esempio: quando andiamo in un giardino e guardiamo un fiore la prima cosa che notiamo è che il fiore sta lì ma, se lo suddividiamo in diverse parti togliendogli qualche elemento e subito dopo lo ricomponiamo, ci accorgeremo che questo fiore non è più lo stesso di prima. Allora guardandolo di nuovo ci domanderemo dove è andato a finire quel fiore, eppure tutte le sue parti sono lì, ma quello ricomposto non è più un fiore. Quindi c’è una grossa differenza tra come era il fiore prima e come è adesso che lo abbiamo scomposto e ricomposto pur non essendoci differenza fra le parti costituenti. La stessa considerazione la possiamo fare per un grande albero che ha molti rami ma che è comunque nato da un semplice seme. Questa è una maniera per poter meditare sull’esistenza interdipendente. Quindi la prima categoria della Prajna è la comprensione della reale natura delle cose e qualsiasi elemento del mondo fenomenico soggiace a questo tipo di comprensione e a questo tipo di legge. Qualsiasi nuova conoscenza può sviluppare la nostra saggezza e può aprire sempre di più il nostro cuore. Ciò significa che non stiamo più in uno stato di mente oscurata ma che ci stiamo liberando dell’ignoranza. Comprendere qualcosa di nuovo fa parte del nostro processo di acquisizione della saggezza. Non importa se si ha un oggetto positivo o negativo, la comprensione di qualsiasi cosa, la sua analisi è comunque un processo positivo di saggezza. In questo senso si dice che tutti i fenomeni sono compresi nel Dharma. Ciò non vuol dire che qualsiasi cosa sia una pratica del Dharma ma che, invece, la comprensione di ogni cosa fa parte della pratica del Dharma.
Il secondo livello è la comprensione della suprema realtà dei fenomeni. E’ una comprensione più profonda che va al di là della conoscenza convenzionale. Significa comprendere la natura vuota di ogni esistenza.
Quando meditiamo profondamente su di un oggetto o su di fenomeno, al termine della pratica, non riusciremo più a trovare quell’oggetto o quel fenomeno. È una reazione molto naturale, succede a tutti. Però, è importante capire che investigare la natura vuota di un fenomeno o di un oggetto non vuol dire che le cose non esistano: sarebbe un grave errore. Affermare che un oggetto non esista - in modo assoluto - equivale a cadere nella trappola del nichilismo. Allo stesso modo, è un segnale che ci dovrebbe far comprendere che non abbiamo realizzato una comprensione profonda.
L’attaccamento non è un’attitudine che sorge in modo intenzionale ma è qualcosa che sorge spontaneamente, senza che noi ne abbiamo consapevolezza, ed è una cosa che ci causa molti problemi. L’atteggiamento di attaccamento al sé è ciò che ci fa considerare il nostro sé la cosa più importante al mondo, come se non esistesse nessun altro essere senziente. Questo attaccamento al sé è il contrario dell’esatta realtà delle cose. Se seguiamo questo atteggiamento ci verrà a mancare qualsiasi possibilità di essere in pace. Per questo nella pratica buddhista il principale obiettivo è eliminare l’attaccamento al sé. Il fine della pratica del Dharma è quello di saper riconoscere e valutare l’attaccamento al sé e poi lasciarlo andare, eliminarlo completamente. Compiere questo tipo di investigazione ci porta in uno stato di pace maggiore; non è cosa facile ma è già un buon passo avanti ed è positivo per noi.
Il terzo livello è quello di aiutare tutti gli esseri senzienti. Questo è molto importante nella pratica del Bodhisattva. La comprensione dei modi per aiutare gli altri vuol dire individuare il sistema più appropriato per raggiungere tale obiettivo. Per esempio, se c’è una persona che soffre di mal di testa e la vogliamo aiutare comprando delle medicine, ciò non vuol dire che questa sia la cosa più giusta da fare. Se faremo così potremo sentirci bene, sentirci felici ed essere convinti di aver fatto qualcosa per quella persona però, in realtà, non le abbiamo risolto il problema. Ed è questa, come dicevamo prima, la saggezza, l’occhio di tutte le altre Paramita. Possiamo essere generosi quanto vogliamo ma, se non abbiamo l’occhio della saggezza che ci indica la maniera giusta per aiutare gli altri, mancherà sempre qualcosa alla generosità. E’ per questo che, per soddisfare completamente i bisogni degli altri, abbiamo bisogno della comprensione e della maniera appropriata per aiutarli. In questo consiste la pratica del Bodhisattva e cioè il giusto modo di praticare le sei Paramita. Si può praticare la prima Paramita, la generosità, insieme con tutte le altre; la completa generosità sarà quella che si pratica, con pazienza, con moralità, con sforzo gioioso, con concentrazione e con saggezza. Lo stesso vale per tutte le altre Paramita. Può sembrare alquanto complicato però quando si acquista familiarità con questi concetti diventa molto più facile. In genere, quando parliamo della pratica, ci prefiguriamo stati mentali estremamente puri, estremamente chiari e ciò ha un effetto opposto perché ci scoraggia perché ci convinciamo che non arriveremo mai a quel livello. Ciò è da considerare un ostacolo perché provarci, fare i primi passi in questa direzione è invece un fatto molto produttivo verso l’obiettivo della distruzione delle qualità negative e delle illusioni. Anche solo sapere che esiste una pratica così pura ci porterà un grande aiuto e un grande cambiamento nella vita. Per questa sera ci fermiamo qui.
Domanda: vorrei sapere, quando parlavi del superamento del sé se ti riferivi all’io o all’ego? Perché molti autori considerano il sé il superamento dell’io.
Risposta: è qualcosa di simile, anzi si può dire che è la stessa cosa. In generale l’attaccamento al sé è più facile da comprendere che non l’attaccamento all’ego perché quando si parla dell’ego sorge l’idea dell’io, invece l’attaccamento al sé comprende più del semplice io. L’attaccamento al sé è il più importante, come se non esistesse altra cosa al mondo. Questo tipo di attitudine è soltanto apparente e illusoria. Il momento migliore per accorgersi del nostro attaccamento è quando sorgono momenti di rabbia perché in quel momento tale attaccamento raggiunge l’apice. Il problema è che, quando siamo veramente arrabbiati, siamo completamente oscurati e non siamo in grado di vedere l’attaccamento al sé. Ecco perché quelle sono occasioni speciali, allora tale attaccamento può essere riconosciuto. E’ una questione di pienezza mentale e di consapevolezza: se una persona è abbastanza addestrata nella concentrazione, anche nel momento in cui è arrabbiata può vedere il proprio attaccamento al sé. Un’altra situazione nella quale è possibile vederlo è quando abbiamo ottenuto un grande successo e siamo orgogliosi di noi stessi; quella è un’altra situazione nella quale l’attaccamento al sé è molto visibile ed evidente. In quel momento dovremmo osservarci come delle spie che guardano dal buco della serratura e provare a fare considerazioni del tipo: io non sono quella persona lì, io posso essere in un’altra maniera. Questa è la maniera in cui si può investigare l’attaccamento al sé. Questo è il momento in cui si osserva come l’attaccamento al sé considera il sé. Per esempio: adesso voi mi state guardando e io mi dico “Adesso tutti mi guardano”, però voi non state guardando realmente me ma state guardando il mio corpo, i miei vestiti, ecc. perché l’io non si vede; ho difficoltà io stesso a vederlo, figuriamoci voi! Questo del cercare dove sia l’io è un approccio utile nel considerare l’esistenza del sé e può essere ancora più utile in situazioni di particolare stress.
Se non ci sono altre domande possiamo iniziare la meditazione.