Sunday, 29 December 2024

Benvenuto al Anno Nuovo 2025🕊🕉☸


“Per il merito e il potere del Buddha
e i voleri degli dèi,
possa realizzarsi qualsiasi obiettivo tu voglia raggiungere
questo stesso giorno.

Esseri a due zampe, che stiate bene.
Esseri a quattro zampe, che stiate bene.
Quando partite, che stiate bene;
E quando tornate, che stiate bene.

Che stiate bene di giorno, che stiate bene di notte;
Che stiate bene anche a mezzogiorno.
Che tutti voi possiate stare sempre bene; 
Che tutti voi non conosciate alcun male”.

Il Mahasutra, Entrando nella città di Vaisali.


Mentre diamo il benvenuto al Nuovo Anno, che tutti i vostri sogni e le vostre aspirazioni si realizzino.

Geshe Gedun Tharchin

Saturday, 21 December 2024

Buon Natale e Felice 2025

Tanti auguri di buone feste a tutti!


***
Il giorno del Nirvana del fondatore della Tradizione Ganden, Je Lobsang Dakpa Tsongkhapa, sarà celebrato quest'anno 
il giorno di Natale, il 25 dicembre 2024, che corrisponde 
al 25° giorno del 10° mese del calendario tibetano.


In questa occasione speciale voglio condividere con voi 
anche questo articolo scritto di recente, 


SARVA MANGALAM


Gedun THARCHIN
Geshe Lharampa

Friday, 20 December 2024

La Mente Tri-dimensionale, La Mente intelligente

La Mente Tri-dimensionale, La Mente intelligente

Geshe Gedun Tharchin


La Mente Tri-dimensionale

Questo argomento tende a descrivere i vari metodi possibili di meditazione a completamento dell'articolo precedente: "Come coltivare la felicità attraverso la meditazione". L'obiettivo comune della meditazione deve essere quello di raggiungere l'obiettivo dell'approfondimento spirituale del preziosissimo e indispensabile silenzio della mente.

La mente meditativa può essere definita come una mente tridimensionale, fatta di coscienza, consapevolezza e concentrazione. La coscienza può quindi essere definita come chiarezza e lucidità intrinseche della mente ed è una caratteristica fondamentale. La consapevolezza indica uno stato di completa coscienza e comprensione della natura intrinseca della mente, imprescindibile dalla capacità di concentrazione.

Queste tre caratteristiche sono fondamentali per la definizione di una mente meditativa e servono a riconoscere e distinguere la meditazione corretta da quella impropria. Questa è base per la mente  di ogni meditazione, il punto di partenza su cui sviluppare e arricchire ulteriormente la mente tramite pratiche di meditazione progressive, secondo la propria tradizione e cultura.


Le pratiche meditative con il respiro

Si può iniziare la meditazione con un esercizio di respirazione, concentrandosi sul proprio respiro per facilitare il ritorno della mente al suo stato naturale di piena consapevolezza. Secondo la tradizione degli antichi yogi degli 80 Mahasiddha, i nove cicli di respirazione di purificazione e i 21 cicli di respirazione sono gli elementi basilari su cui si costruisce qualsiasi forma di meditazione.

La pratica dei nove cicli di meditazione sul respiro deve iniziare tecnicamente chiudendo la narice sinistra con leggera pressione dell'indice della mano destra così da permettere l'inspirazione dalla narice destra con un respiro lungo e profondo. Il secondo passo è procedere con lo stesso dito alla chiusura della narice destra così da liberare un'espirazione dolce e prolungata attraverso la narice sinistra. L'inspirazione e l'espirazione così alternate devono essere ripetute altre due volte.

Poi si ripete la sequenza procedendo, sempre con lo stesso dito, a chiudere la narice sinistra per inspirare dalla narice destra nello stesso modo di prima, ripetendo questo esercizio altre due volte.

La fase finale dell'esercizio di respirazione consiste nell'inspirare ed espirare da entrambe le narici per tre volte, completando così i nove giri. Questo processo purifica il vento nel corpo e stabilizza la mente, riportandola a casa. Questa è la pratica più comune e universale dei nove giri purificativi di respirazione.

La stessa pratica può essere eseguita con un approccio filosofico tantrico, che prevede la visualizzazione del corpo sottile dei canali e dei chakra per rilassare il corpo sottile e riportare a casa la mente sottile.

La pratica dei 21 cicli di meditazione sul respiro deve procedere con una postura meditativa rilassata. L'individuo dovrebbe iniziare, sempre con presenza mentale immaginativa, inspirando attraverso la narice sinistra ed espirando delicatamente attraverso la narice destra per sette cicli. Si prosegue inspirando dolcemente attraverso la narice destra ed espirando sempre delicatamente dalla narice sinistra per sette cicli. I sette cicli iniziali di inspirazione ed espirazione vengono infine ripetuti per un'ultima volta. I 21 cicli di inspirazione ed espirazione possono essere eseguiti a livello mentale e immaginativo piuttosto che fisico e preparano la mente alla meditazione di concentrazione su un singolo punto.

Un altro metodo per praticare esercizi di respirazione consiste nell'inspirare delicatamente e poi trattenere il respiro per qualche secondo prima di espirare. Questa tecnica, se ripetuta, può aiutare a sviluppare la capacità di espandere la consapevolezza.

Se volete concentrarvi sulla purificazione delle energie negative o sull'acquisizione di maggiori energie positive nel vostro corpo e nella vostra mente, potete farlo anche tramite le pratiche di respirazione, cioè, mentre inspirate immaginate di ricevere tutti i tipi di energie positive tramite un vento che porta leggero fumo bianco purificatore, ed espirando invece immaginate di espellere le energie negative dalla vostra mente e dal vostro corpo sotto forma di denso fumo nero, che viene cancellato dalle forme di fumo bianco di natura medica positiva precedentemente inalate.  L'inspirazione e l'espirazione possono essere effettuate alternativamente con ciascuna narice o con entrambe le narici. L'obiettivo principale di questa pratica è quello di purificare il corpo e la mente e di sviluppare la purezza della mente e del corpo attraverso il potere dell'immaginazione e della visualizzazione.

Un'altra e importantissima ed elevata pratica di meditazione è il Tong Len, cioè del dare e del ricevere, essenza della pratica del Lo Jong, addestramento mentale che consiste principalmente nell'allenamento alla pratica dell'amore, della compassione e dell'altruismo. La pratica consiste nel visualizzare con l'inspirazione l'assunzione di tutto il dolore e la sofferenza degli altri esseri sotto forma di fumo nero e, al contrario, con l'espirazione l'attitudine mentale che visualizza l'offerta nella forma di fumo bianco di tutte le proprie qualità positive e spirituali a tutti gli altri esseri, i quali, così beneficati e purificati, possono raggiungere lo stato di pace e felicità.

Tecnicamente questo esercizio può anche essere fatto alternativamente con ciascuna narice o con entrambe insieme. Il punto focale è la purezza dell'intenzione che attiva ed espande la propria mente altruistica di amore e compassione attraverso il potere del pensiero che, con l'ausilio del respiro nella visualizzazione immaginativa, trasforma e realizza le qualità della Motivazione e Intenzione.


La Meditazione sul Singolo Punto 

Nella pratica della meditazione, è di estrema importanza considerare la qualità della mente soggettiva, che è pienamente tridimensionale. Il successivo elemento cruciale è la scelta dell'oggetto focale. L'interazione tra la visione oggettiva e quella soggettiva produce uno spettro di qualità mentali, suddivise in negative, positive e neutre.

La scelta dell'oggetto è quindi di grande importanza; può essere paragonata alla scelta del cibo per un individuo fisicamente in forma. Anche la mente soggettiva è una mente perfettamente meditativa a tre dimensioni; tuttavia se l'oggetto della concentrazione è negativo, lo sarà altrettanto il risultato, è come se si nutrisse una persona, pur sana, con cibo velenoso. Di conseguenza, lo sviluppo della mente meditativa soggettiva dipende dalla qualità dell'oggetto di concentrazione scelto. Ogni oggetto di concentrazione ha un effetto diverso sul flusso mentale.

L'allenamento alla concentrazione sul singolo punto può essere ottenuto utilizzando un oggetto comune di concentrazione, generalmente è lo stesso respiro, così presente e vitale sempre, con una modalità che non coinvolge necessariamente la pratica dei nove o ventuno respiri, ma piuttosto osserva il ritmo naturale di inspirazione ed espirazione che si verifica nella nostra vita quotidiana e questo approccio può essere utilizzato sia durante la sessione di meditazione sia nel periodo successivo alla meditazione stessa.

La meditazione è relativamente semplice, dopo aver completato la fase iniziale dei 21 esercizi di respirazione, il praticante si abbandona naturalmente al proprio ritmo di respirazione, osservando ogni espirazione e inspirazione come oggetto di concentrazione per la mente in meditazione, evitando qualsiasi tentativo di alterazione del ritmo del respiro stesso. Il respiro deve rimanere naturale, indisturbato nella cadenza del proprio processo, sia breve, lunga, affannosa o regolare. L'obiettivo è concentrarsi sul ritmo del respiro stesso così com'è poiché l'esito finale della concentrazione su un singolo punto è quello di acquisire una concentrazione senza sforzo e gioiosa.

Si raccomanda inoltre che il praticante scelga i propri processi mentali come oggetto di concentrazione.

La mente, qui utilizzata come oggetto di concentrazione, è uno stato di coscienza libero da qualsiasi pensiero o contenuto mentale specifico e caratterizzato da un senso di chiarezza e consapevolezza. Nel caso della selezione di un pensiero specifico, si tratta di scegliere un pensiero tra la miriade di pensieri e idee che affollano la mente, tra cui l'amore, la compassione e la pazienza, ma anche la  rabbia, l'attaccamento e altro ancora.

Dopo il completamento delle sessioni formali di meditazione, si raccomanda al praticante di mantenere la consapevolezza della concentrazione per tutto il periodo successivo alla meditazione e di incorporare questa consapevolezza in tutti i movimenti e le attività per almeno 24 ore. Questa integrazione dovrebbe estendersi ad ogni azione: mangiare, dormire, camminare, lavorare e a tutte le altre attività quotidiane. Tale presenza mentale fa si che la meditazione sia efficace per mantenere una buona salute e promuovere la gioia profonda e costante anche nei quattro principali movimenti della vita quotidiana: viaggiare, camminare, dormire e sedersi, e che conferisca una serie di benefici in termini di crescita spirituale, pace interiore e armonia. È essenziale mantenere la consapevolezza del respiro durante questi eventi per garantire uno stato di pace completa e di libertà da distrazioni, interferenze e ostacoli.


La Meditazione Analitica delle Quattro Consapevolezze 

La fase successiva della meditazione è detta meditazione analitica e consiste nel coltivare un livello maggiore di consapevolezza e di attenzione verso tutti i fenomeni, grazie al prezioso uso del proprio intuito speciale. Il programma prevede due sessioni distinte: una sessione di meditazione formale e una sessione di post-meditazione. La tecnica di meditazione analitica classica inizia con un esame della natura del sé e della propria persona in ogni sua componente e, in seconda fase, l'attenzione si sposta sull'esame dei fenomeni rimanenti. Il processo dovrebbe trovare completamento tramite un esame completo delle caratteristiche innate in ogni componente e all'entità nel suo complesso.

Le principali caratteristiche esistenziali dei fenomeni in analisi sono quattro: impermanenza, sofferenza, vuoto e assenza di sé. 

Lo studio di queste caratteristiche implica la domanda fondamentale se il corpo, i sensi, la mente e gli altri fattori mentali siano rispettivamente davvero permanenti, felici e intrinsecamente esistenti in modo indipendente? E quale sarebbe la definizione del concetto essenziale di un sé indipendente?

Si propone quindi di utilizzare la meditazione analitica delle Quattro Consapevolezze per comprendere profondamente queste realtà e la natura del sé, dell'io e della persona. Nella pratica delle quattro consapevolezze, l'oggetto della meditazione viene osservato attraverso quattro categorie classiche: corpo, sensazione, mente e fenomeni generali.

Si consiglia di iniziare con una semplice pratica di concentrazione sul corpo con una analisi approfondita delle sue caratteristiche tramite una indagine dettagliata dei vari componenti e peculiarità, iniziando ad esempio dall'esaminare se il corpo è puro o meno.

Lo stesso processo viene poi applicato alle sensazioni, che vengono osservate in ogni dettaglio, analizzando ad esempio se sono piacevoli o dolorose e in qualsiasi altra loro caratteristica particolare. 

Lo stesso processo viene poi applicato alla mente, per stabilire se è permanente o meno e se ci sono altri fattori mentali da prendere in considerazione e valutati per poter determinare se fanno parte del Sé, dell'individuo o di nessuno dei due.

Il passo successivo consiste nel concentrarsi sugli attributi comuni dei cinque aggregati e le quattro pratiche di cui sopra devono essere eseguite in modo sequenziale, come indicato di seguito.

  1. L'obiettivo è concentrarsi e osservare il corpo fisico per identificare le sue qualità intrinseche, che comprendono l'impermanenza, la sofferenza, il vuoto e il non sé.

  2. Concentrarsi e osservare le sensazioni per identificare le loro qualità intrinseche, come l'impermanenza, la sofferenza, il vuoto e il non sé. 

  3. Concentrarsi e osservare la mente e i pensieri per accertare le loro vere qualità, che comprendono l'impermanenza, la sofferenza, il vuoto e il non sé. 

  4. I fenomeni rimanenti devono essere concentrati e osservati per accertare le loro vere qualità, che comprendono l'impermanenza, la sofferenza, il vuoto e il non sé.

In primo luogo, è essenziale coltivare uno stato mentale meditativo e concentrarsi sui quattro oggetti sopra menzionati, osservandoli direttamente nei loro stati fenomenici. 

Il corpo può essere osservato come un'entità unificata, scomponendo ogni atomo in tutte le sue parti. Una volta raggiunta una prima comprensione complessiva del corpo umano, comprese le sue particelle costitutive e la sua forma collettiva, la mente meditativa dovrebbe rivolgere più specificamente la sua attenzione alle quattro qualità inerenti al corpo e alle sue particelle. È necessario approfondire la conoscenza delle quattro realtà dell'esistenza. Il corpo è impermanente a causa della sua natura impermanente. È soggetto a sofferenza e dolore a causa dell'influenza delle illusioni mentali e dell'intenzione del desiderio. Il corpo è anche considerato vuoto a causa della sua dipendenza da altri fenomeni. Di conseguenza, il corpo è considerato inesistente in termini di fenomeni autosufficienti e autonomi.

Lo stesso approccio deve dunque essere applicato con identica modalità analitica alla sensazione nel suo complesso e a ogni singolo momento della sensazione, sia esso positivo, negativo o neutro. La sensazione deve essere osservata sempre secondo le quattro qualità. 

E tale processo analitico deve essere altrettanto applicato alla mente nel suo complesso e a ogni singolo momento del pensiero, sia esso positivo, negativo o neutro. La mente deve essere osservata con le quattro qualità. Infine, le quattro qualità devono essere poste in relazione a tutti gli altri fenomeni, compresi gli altri fattori mentali e il sé come persona. La concentrazione e l'approfondimento dei quattro stati di consapevolezza possono facilitare una chiara comprensione e ridurre la tensione e lo stress associati al mantenimento di un concetto errato di questi fenomeni e del sé.


La Meditazione sulla Vacuità e l'Interdipendenza

E quando affrontiamo il concetto di vuoto come vacuità è necessario in primo luogo chiedersi che cosa significhi il termine vacuità. Il significato letterale di vuoto può essere compresocome un fiore che non è un vaso. Questo può essere espresso nel modo seguente: se a un fiore manca il vaso, allora il vaso non è un fiore. Allo stato assoluto, il fiore è senza il vaso e il vaso è senza il fiore. 

Il termine "vacuità" non è analogo a un bicchiere vuoto​ senza acqua. Piuttosto, il bicchiere e l'acqua sono due entità distinte, nessuna delle quali può essere ridotta all'altra. Anche se un bicchiere può essere riempito d'acqua, può ancora essere considerato vuoto in un certo senso, perché l'acqua non è una proprietà fondamentale del vetro.

Ecco perché la nostra percezione ordinaria della realtà è difettosa. Percepiamo cose che non esistono nello stato di quel fenomeno, e percepiamo cose impermanenti come permanenti, sofferenze come piaceri e cose inesistenti come intrinsecamente esistenti. Identifichiamo anche uno, o il collettivo dei nostri cinque aggregati, come il nostro sé o la nostra persona. Tuttavia, non è uno o il collettivo dei cinque aggregati a costituire il sé o la persona. Il sé o la persona non è né uno né il collettivo dei cinque aggregati; è una via di mezzo. Non è possibile identificare una realtà tangibile e concreta come la percepiamo di solito. 

Il concetto fondamentale della vacuità è la natura interdipendente della realtà.

È indispensabile comprendere i vari livelli della teoria dell'interdipendenza, che in ultima analisi faciliteranno la comprensione del concetto di vacuità. Per intraprendere lo studio della vacuità, è necessario innanzitutto comprendere la natura interdipendente della realtà. Secondo gli insegnamenti della filosofia orientale, i fenomeni interdipendenti si dividono in tre categorie distinte: La prima categoria riguarda il sorgere dipendente dei fenomeni composti, che comprende quelle entità che sono prodotte e costituite da fattori causali e condizionali. I fenomeni che dipendono da cause e condizioni sono naturalmente soggetti all'impermanenza., sono cioè  temporanei e non dureranno per sempre.

La seconda realtà interdipendente è che l'esistenza di ogni fenomeno dipende dall'esistenza di un altro fenomeno contemporaneo. Questo è esemplificato dall'esistenza di fenomeni come basso e alto, grande e piccolo, e così via. L'esistenza di questi fenomeni dipende dall'esistenza di un altro fenomeno contemporaneo. Questi possono essere definiti come fenomeni interdipendenti in relazione a un altro fenomeno comparativo. Da questa prospettiva diventa chiaro che la realtà non esiste in modo isolato. Esiste piuttosto come conseguenza di un altro fenomeno, ma non è un'entità indipendente.

La terza natura interdipendente della realtà è che l'esistenza delle cose dipende da un semplice nome o dalla convenzione di un nome. Ciò significa che i fenomeni esistono solo come nomi o etichette. La ricerca delle parti e delle particelle di un fenomeno singolare non produrrà una realtà tangibile, concreta e singolare. La chiave per comprendere il concetto di vuoto è imparare, comprendere e capire la natura interdipendente delle realtà nei tre livelli in questione.

La meditazione sui tre livelli dell'origine interdipendente, attraverso l'applicazione dell'osservazione analitica e ragionata, faciliterà l'acquisizione di conoscenza e chiarezza sul concetto di vuoto. Lo stadio iniziale della conoscenza è di natura completa e porterà alla sua comprensione a livello concettuale.


La Via della Realizzazione della Vacuità

Dopo aver raggiunto la concentrazione meditativa, avendo abbandonato l'ottusità, la divagazione e l'agitazione mentale per focalizzare la mente sulla vacuità, è necessario concentrarsi sulla natura di tutti i fenomeni, saper osservare la vacuità della vera esistenza consapevoli che per realizzare il compimento della saggezza bisogna concentrarsi sulla vacuità sia durante le sessioni meditative, lo yoga della vacuità come spazio, sia nel periodo post-meditativo con la concentrazione sulla vacuità come illusione. 

Per quanto riguarda la prima, durante la sessione meditativa si realizza il compimento della saggezza attraverso lo yoga come spazio, sulla Verità Ultima, unendo la grande beatitudine alla saggezza discriminante e alla perfezione che ne deriva. Per quanto riguarda il periodo post-meditativo dello yoga dell'illusione, dopo aver raggiunto l'equilibrio meditativo durante la sessione di meditazione, segue la "concentrazione illusoria" del periodo post-meditativo, in cui i fenomeni, pur essendo privi di esistenza intrinseca, appaiono ancora, ma come riflessi della vacuità; tutti i fenomeni, sia esteriori che interiori, sono come illusioni, sogni o riflessi della luna in un lago limpido, che appaiono ma non esistono realmente e realizzano la concentrazione illusoria.

Grazie a questa saggezza, ci si può rendere conto che nel mondo della sofferenza e nel mondo al di là della sofferenza non esiste la minima esistenza intrinseca, mentre causa ed effetto si presentano immancabilmente nella loro interdipendenza, consapevoli che tra queste due situazioni non c'è contraddizione, ma solo complementarità che alla fine porta a una vita senza contraddizioni o conflitti.

La meditazione continua su questa comprensione porterà allo sviluppo di una chiara visione della vacuità.

La fase successiva è quella della familiarizzazione, che può essere raggiunta attraverso la meditazione sul singolo punto della vacuità. Questo processo coinvolge sia la fase di meditazione che quella successiva. La realizzazione della familiarità si evolve infine in uno stato di coscienza meditativa naturale e senza sforzo, che porta a uno stato infinito di autentica pace e gioia profonda che permea ogni istante e aspetto della vita.

Questo processo graduale di sviluppo della chiarezza, della visione chiara e della familiarità con l'oggetto della meditazione è lo stesso per tutti i tipi di oggetti di meditazione, come l'impermanenza, la compassione, la pazienza, i mandala, i chakra, e così via.


La Motivazione

Si raccomanda dunque di non iniziare la meditazione con una motivazione inappropriata o con un intento egoistico. E' fondamentale ricordare sempre che il punto essenziale è l'intenzione, pertanto l'atteggiamento e lo spirito con cui ci si prepara, ci si impegna e si conclude ogni sessione di meditazione debbono essere positivi.

L'obiettivo comune della meditazione deve essere quello di raggiungere l'obiettivo dell'approfondimento spirituale del preziosissimo e indispensabile silenzio della mente, come descritto nell'altro articolo pubblicato: "La mente silenziosa, la mente illuminata".

Qui ho presentato un approccio semplice, ma efficace, per le persone con un alto livello di capacità cognitiva che sono interessate a esplorare la meditazione come mezzo per migliorare il loro benessere, accessibile a tutte le culture e tradizioni.

Spero che questa riflessione contribuisca a migliorare la pace interiore di tutti.


Roma. 20.12.2024




Wednesday, 27 November 2024

Il ruolo della religione nel trasformare la vita in liberazione

Il ruolo della religione nel trasformare la vita in liberazione

 Geshe Gedun Tharchin

 

Il processo di trasformazione della propria vita in un atto di liberazione può essere raggiunto cambiando la propria mentalità. I concetti di rinascita e karma sono due credenze ampiamente accettate in molte tradizioni religiose e spirituali e sono parallele a quelle dell'esistenza di inferno e paradiso.

La maggior parte delle tradizioni religiose insegna uno stile di vita severo, improntato su privazioni anche se finalizzate alla generosità, e soprattutto motivato dalla prospettiva di ricompense future, una buona rinascita o il paradiso, ma questa rinuncia alla vita presente in previsione di ricompense future, può essere davvero limitante.

 In generale, le persone sono talmente spaventate dalla prospettiva di rinascere in uno stato infernale o inferiore che non riescono a sviluppare appieno la loro umanità e a vivere serenamente nel presente. Questi individui dedicano la loro intera vita alla ricerca della sicurezza futura, ma rimangono bloccati in un limbo sterile che li intristisce e incatena nella cantina di paura costante e di preoccupazioni continue.

Queste persone sono costrette a dedicare molto tempo ed energia a pensare alla loro vita dopo la morte e tuttavia non sanno come risolvere le loro preoccupazioni attuali e soprattutto sulle vite future. L'illusione che si inculca nell'individuo inducendolo a dover sacrificare questa vita per raggiungere uno stato di paradiso o di purezza nella prossima vita non produce nulla ed è ipotizzabile che questa stessa attitudine venga trasferita nella vita successiva, anche qualora l'individuo rinasca in un regno superiore.

È deplorevole che una percentuale significativa di aderenti alle religioni, delegando  ad altri il modello della propria devozione religiosa, rinunci ad un serio approfondimento spirituale, alla propria capacità di pensare e sia unicamente schiavo del concetto di peccato e di tutte le conseguenze tremende che questo comporta, la paura costante di dover essere condannati all'inferno o ad altre forme di punizione  per aver trasgredito i precetti dettati da una formalità rigida di innumerevoli divieti  da non ignorare secondo le direttive date nei vari insegnamenti religiosi.

La maggior parte degli aderenti a una religione vive come un bambino, non impara mai ad assumere la responsabilità delle proprie azioni in modo costruttivo, umano e con intelligenza, e resta paralizzato nella paura per la propria vita futura, con il costante  timore di peccati e misfatti o di un karma negativo.

Questi individui sono convinti che solo la loro devozione, privata della capacità critica di pensiero e che credono invece debba essere custodita nella cassaforte della religione la cui chiave è comodamente affidata ai custodi preposti e che questo li salverà dall'inferno o da altri regni inferiori, ma ciò non fa crescere e uccide l'umanità più vera e ogni possibilità di autentica e bellissima vita.

Ogni religione è davvero importante nella vita ed è fondamentale offrirne gli insegnamenti più autentici nell'educazione dei bambini affinché possano conoscere che esiste altro oltre alla materia, ed è un ottimo strumento per lo sviluppo spirituale di ogni essere umano, ma a condizione che diventi maestra che libera e non carceriere che imprigiona le coscienze.

Ogni religione dovrebbe superare gli ostacoli mondani, così preponderanti nella società, e avere il coraggio di aprirsi all'approfondimento e al dialogo con le tradizioni delle altre culture ricche di contenuti e diffuse nel mondo, deve sapersi spogliare delle certezze acquisite che fanno rimanere rigidamente chiusi nei confini unicamente nella propria singola tradizione di fede che è comunque la radice fondamentale e primaria, ma è importante aprire il cuore e la conoscenza delle altre tradizioni per arricchire il cuore umano.

In effetti, la religione non richiede sempre la direzione di un leader e soprattutto dovrebbe maternamente correggere una devozione immatura dei seguaci e mai alimentarla. La religione dovrebbe esprimere pienamente quella qualità intrinseca che serve per indicare il cammino di evoluzione umana nella bontà, nella giustizia, nella compassione nella fratellanza e nella saggia visione del bene proprio e comune, dell'ambiente, riconoscendo l'infinita bellezza e dono della vita su questo meraviglioso pianeta, in questo modo aiuterebbe davvero ogni individuo a costruire una vita vera protetto dalle minacce psicologiche e fisiche.

Lo scopo principale della religione è quello di educare e guidare le persone verso un presente pacifico e un futuro benefico. Si ritiene che la creazione di un'esistenza pacifica e di un'armonia nel presente porterà a circostanze favorevoli nella vita o nelle vite successive, in accordo con le credenze e la tradizione religiosa di ognuno.

Un principio fondamentale di tutte le religioni è l'importanza dell'amore e dell'amor proprio, esteso alla propria famiglia e ai propri amici e, in ultima analisi, all'umanità e all'universo nel suo complesso. L'amore e la benevolenza non sono comportamenti appresi, bensì qualità innate presenti in tutti gli individui. Tali qualità includono la capacità di amare se stessi, che non è un sentimento egocentrico. È infatti indispensabile promuovere un profondo senso di amore per se stessi e di autocompassione per poter amare ogni altro essere.

A tal fine, è necessario abbracciare questi sentimenti con sincerità e autenticità, riconoscendoli come una forma di cura di sé non egoistica riconoscendo l'inscindibile interconnessione con ogni essere, con la natura che è la nostra casa, consapevoli che ogni male compiuto non diventa peccato punibile nell'aldilà, ma è male concreto, fisico, mentale e spirituale prima di tutto per noi stessi, ci si ritorce contro, non domani, ma subito, qui e ora e questo è facilmente riscontrabile osservando i volti drammaticamente infelici da cui siamo circondati, non solo di chi subisce ma soprattutto degli operatori di male, è un dolore ben presente, qui e ora.

La consapevolezza che il bene e l'esempio di un amorevole riguardo alla vita stessa si estende da noi alle persone più care, all'intera umanità e all'universo è davvero un motivo di gioia profonda.  Questa forma di amore e gentilezza può essere considerata una religione in sé, poiché fornisce protezione a se stessi e agli altri attraverso la pratica dell'amore e della compassione.

Si può ragionevolmente dedurre che un vero senso di amore impedisce la possibilità di sperimentare la paura in qualsiasi forma. Tale amore ha la capacità di trasformare la propria vita, portando a uno stato di liberazione da ogni forma di preoccupazione. Un atteggiamento d'amore permette all'individuo di diventare un tutt'uno con l'universo e con l'intera umanità. Qualsiasi forma di pericolo o paura percepita viene eliminata, compresa la paura della morte e dell'aldilà, nel contesto dell'amorevolezza.

Si può affermare che la religione non deve occuparsi principalmente della paura del peccato o del karma negativo, né delle vite future e dei morti, il suo compito fondamentale è quello di indirizzare e coltivare l'amorevolezza nella mente, che permette di vivere nel momento presente in pace con se stessi e con gli altri e in armonia con l'umanità e l'universo. La religione può quindi essere vista come un modo per aprirsi al mondo e all'universo nel suo complesso attraverso la pratica dell'amorevolezza.

È davvero importante conoscere l'importanza e il ruolo della religione nella società umana per dare maggior valore alla propria religione interiore.

Roma: 27.11.2024


Monday, 25 November 2024

Il significato dei quattro sigilli di Buddha

Il significato dei quattro sigilli di Buddha
 Ghesce Gedun Tharchin


Il metodo del Buddha per aiutare gli altri consiste nell'introdurre la trasformazione della loro vita
in uno stato di liberazione attraverso la condivisione della propria esperienza di illuminazione.
Questa esperienza lo portò ad affermare le Quattro Nobili Verità.

L'elemento dinamico fondamentale per trasformare la sofferenza in liberazione è la realtà ultima
di tutti i fenomeni, cioè la vacuità di tutti i fenomeni, ad iniziare dalla vacuità del sé.
Meditare sulla vacuità di tutti i fenomeni, a partire dalla vacuità del sé, è un metodo di
coltivazione della saggezza che elimina il concetto di dualismo, idea che vede le due verità
come distinte, la vacuità e la natura interdipendente di qualsiasi fenomeno o del sé come due
entità distinte. Dal punto di vista della filosofia della Via di Mezzo, il concetto di dualismo 
rappresenta un ostacolo all'acquisizione della conoscenza della vera natura dei fenomeni.

Di conseguenza, la Via di Mezzo, la Vacuità e la Natura interdipendente dei fenomeni
devono essere comprese come un unico concetto, al fine di ottenere la comprensione delle
quattro nobili verità del Dharma.

Per coltivare la saggezza che realizza la vacuità, la non-dualità e la Via di Mezzo, è essenziale 
coltivare la realizzazione dei quattro sigilli del Dharma in modo graduale.

I quattro sigilli costituiscono una componente fondamentale delle quattro nobili verità.
Di conseguenza, i sigilli del Dharma servono come criteri o attributi che vengono utilizzati per
accertare, dal punto di vista del Buddhismo, se un individuo aderisce correttamente agli
insegnamenti del Buddha.

Esistono tre versioni distinte dei sigilli del Dharma:
1. Nel buddismo dell'Asia orientale, i tre sigilli comprendono l'Impermanenza, il Non sé e il
Nirvana.
2. Nel Buddismo Theravada, i Tre Sigilli sono l'Impermanenza, l'Assenza di sé e il Dukkha.

3. Nel buddismo tibetano, i Quattro Sigilli sono l'Impermanenza, il Dukkha, il Non sé e il
Nirvana.
འདུ་བྱེད་ཐམས་ཅད་མི་རྟག་ཅིང་།
ཟག་བཅས་ཐམས་ཅད་སྡུག་བསྔལ་བ།
ཆོས་རྣམས་སྟོང་ཞིང་བདག་མེད་པ།
མྱ་ངན་ལས་འདས་པ་ཞི་བའོ། །

Questi quattro sigilli tibetano sono comunemente intesi come:
1. Tutti i fenomeni condizionati sono impermanenti.
2. Tutti i fenomeni contaminati sono soggetti a sofferenza.
3. Tutti i fenomeni sono vuoti e privi di un sé intrinseco.
4. Il Nirvana è la pace.

I quattro sigilli possono essere descritti in modo più semplice come segue:
1. Tutti i fenomeni sono costituiti da una complessa rete di cause e condizioni e sono quindi
soggetti al cambiamento e all'impermanenza.
2. Tutti i fenomeni associati all'illusione mentale hanno il potenziale di causare sofferenza.
3. Tutti i fenomeni sono caratterizzati da una natura vuota e non egoistica.
4. Chi ha trasceso la sofferenza è in pace.

Nel contesto della tradizione tibetana i Quattro Sigilli sono tradotti ལྟ་བ་བཀར་བཏགས་
ཀྱི་ཕྱག་རྒྱ་བཞི།
e sono descritti letteralmente come "I Quattro Sigilli che caratterizzano la visione 
filosofica degli insegnamenti del Buddha".

Una traduzione alternativa in tibetano è ཆོས་ཀྱི་སྡོམ་བཞི། che è una denominazione
utilizzata nella tradizione buddhista tibetana per indicare una sintesi degli insegnamenti del
Buddha. Il termine è inteso come comprensivo di tutti gli insegnamenti del Buddha inclusi nei
Quattro Sigilli.

Nell'ambito del buddhismo tibetano, si ritiene che i Quattro Sigilli abbiano la funzione di
distinguere gli insegnamenti buddhisti da quelli non buddhisti. Un concetto analogo si trova nella
tradizione pali, dove i tre segni o sigilli dell'esistenza svolgono un ruolo simile. In questa
riflessione esamineremo i quattro sigilli del Sé, Io o Persona.

L'Io o Sé o Persona è costituito da una complessa rete di cause e condizioni e ciò è evidente
nel concetto generale di Origine dipendente. È ampiamente riconosciuto che la Persona, l'Io o il
Sé è soggetto a cambiamenti e a cessazioni, il che implica l'impermanenza.Tuttavia, queste intuizioni generali non affrontano ancora le questioni fondamentali della sofferenza e del dolore.
 
Quali sono dunque i passi necessari per trasformare la vita in liberazione? È necessario
coltivare la saggezza che realizza i primi tre sigilli, che implica una profonda conoscenza e
comprensione dell'intero processo dell'esistenza, comprese le cause che hanno portato al
fenomeno in questione e le condizioni che lo sostengono.

Inoltre, è necessario indagare sul processo di esistenza del sé, dell'io, dell'ego o della persona,
che non si colloca in alcun luogo o elemento, non è né all'interno né all'esterno del regno delle
cose composte, né singolarmente in ciascuna di esse e nemmeno in una loro combinazione.

Una volta compreso che il sé, la persona o l'io non esistono come realtà singola, indipendente e
tangibile, lo stesso si può dire delle cause e delle condizioni che lo compongono. In definitiva, ci
si può rendere conto che il sé, la persona o l'io, così come sono stati intesi per un periodo di
tempo considerevole, non sono altro che un nome che invece è stato erroneamente concepito
come una concreta esistenza, mentre è solo illusoria e distorta visione della realtà.

Si può notare che i concetti di impermanenza e sofferenza non esistono nel modo in cui
vengono comunemente percepiti; sono piuttosto il prodotto di un falso concetto di dualismo. In
altre parole, non sono realtà oggettive, ma piuttosto nomi convenzionalmente stabiliti dal
pensiero.

La pratica della meditazione su questi tre principi iniziali, con l'aiuto dello studio, della
contemplazione e della riflessione, rivela gradualmente intuizioni che dissipano l'ignoranza e
portano infine a una profonda saggezza. Questa saggezza riconosce la non-dualità della via di
mezzo, la vacuità del sé e dei fenomeni, e trasforma la vita dolorosa in una vita di liberazione.
Questa realizzazione è nota come quarto sigillo, o Nirvana, che può essere inteso come pace.
 
Questa è anche una panoramica concisa delle pratiche complete descritte nella Prajnaparamita
Mantra, Gate Gate ParaGate ParaSamGate Bodhi.

***

Roma, 24.11.2024
 

 

Monday, 7 October 2024

La mente silenziosa, la mente illuminata


La mente silenziosa, la mente illuminata
Geshe Gedun Tharchin    

Una mente silenziosa che ascolta il suono del silenzio della mente stessa è il primo stadio della meditazione.

La meditazione è osservare la propria coscienza dalla coscienza stessa e, altrettanto,  è essere osservati da questa stessa coscienza.

Una mente silenziosa è una mente sia cosciente che consapevole e il silenzio  di questa mente diventa lo stato di beatitudine che alla fine trasforma l'esistenza stessa del sé in pace e amore.

Una mente silenziosa non indica l'assenza di pensieri, piuttosto è uno stato di essere al di sopra e al di là dei pensieri, simile alla vasta distesa del cielo blu per nulla offuscato dalle nuvole fluttuanti a lato. Una mente silenziosa non è disturbata dai pensieri, ma è in grado di sperimentare l'armonia con essi.

È di estrema importanza disciplinare scrupolosamente la mente per mantenere uno stato di pace profonda che permette di concentrarsi sui giusti obiettivi e per realizzare tale fine è essenziale comprendere la vera natura della vita e conoscere་consapevolmente la fondamentale realtà dell'impermanenza.

È essenziale imparare a mantenere uno stato mentale non distratto, positivo e concentrato, una condizione che si può ottenere solo attraverso la pratica della meditazione, con fede umilmente purificata e con uno stile di vita semplice  e non distratto, prassi che, nella consapevolezza, porta all'acquisizione di intuizione e saggezza.

L'obiettivo primario è quello di ottenere il controllo sulle emozioni e sui sentimenti, con il fine ultimo di vivere una vita completamente al di là dei vincoli dell'ego.

Questo obiettivo può essere raggiunto attraverso la coltivazione della concentrazione, che può essere trasformata in uno stato cosciente più profondo e sottile di unità con saggezza e compassione.

Per coltivare un livello autentico e profondo di concentrazione silenziosa, è essenziale impegnarsi in una pratica costante di consapevolezza mentale, mindfulness, e concentrazione. Per praticarla, è necessario mantenere un'incrollabile vigilanza mentale attraverso l'intuizione e il flusso costante della consapevolezza.

Durante la fase contemplativa, la percezione dell'essenza della mente si ottiene quando la mente è rilassata e calma, senza l'interferenza dei pensieri

concettuali. In questo stato, la mente e la vacuità della mente diventano una cosa sola, libera dall'approccio dualistico. Questo stato può essere paragonato al modo in cui i raggi del sole illuminano uno spazio trasparente senza alcun ostacolo e i raggi del sole e lo spazio diventano un tutt'uno e contribuiscono a portare molta pace e gioia a molti esseri.

Infine, per mantenere uno stato della mente silenziosa e consapevole , come detto all'inizio, è necessario concentrarsi sul fenomeno mentale della mente stessa, che può essere inteso come uno stato luminoso che solo nel silenzio si realizza.

La pratica della meditazione è una qualità intrinseca della mente umana. La mente può essere considerata come una fiamma che illumina il proprio cammino nella vita e bisogna averne una grande e continuativa cura perché, se non viene nutrita e accudita costantemente ha anche tutte le potenzialità per opacizzarsi e nell'oscurità cadere in trappole con conseguenti risultati negativi.

Perciò l'Illuminazione non è qualcosa da raggiungere alla fine, ma è scoprire qualcosa che è presente in noi fin dall'inizio!

Il concetto di "mente silenziosa" è stato oggetto di dibattito filosofico per secoli. Può essere definita come una mente illuminata, libera dai vincoli del linguaggio e dalle limitazioni della saggezza convenzionale."

 
Roma: 22.11.2024

 


Saturday, 6 July 2024

Un ricordo di 20 anni fa: Un discorso per la celebrazione del compleanno del Dalai Lama - 2005


Compleanno di Sua Santità Tenzin GyatsoXIV° Dalai Lama
6 luglio 2005 

Porgiamo un particolare benvenuto ai nuovi amici che sono con noi nel giorno del compleanno del Dalai Lama Tenzin Gyatso.
Altri nuovi amici, che ancora non ho incontrato di persona, mi hanno chiesto telefonicamente di celebrare il loro matrimonio con rito buddhista e li ho invitati a venire oggi per conoscerci e parlare, perché in Tibet non esiste una cerimonia di matrimonio anche se ora, comprendendo le esigenze nate dall’interscambio di popoli di vari paesi e la necessità di poter documentare e ricevere un riconoscimento pubblico, parecchi maestri buddhisti in varie parti del mondo hanno iniziato ad impartire alla coppia una benedizione per l’unità e l’armonia.
Se esistesse un preciso rituale di matrimonio buddhista questo consisterebbe nell’impegno a prendere rifugio nei tre gioielli e ad assumere i voti dei cinque precetti.
Chissà se questi amici verranno o se avranno cambiato idea? Questo è parte della natura impermanente dei fenomeni ed è sempre Dharma.
Il Dharma si fonda sulla natura impermanente della realtà, non lo dobbiamo scordare mai, altrimenti non progrediremo.
La soluzione di ogni difficoltà e problema si realizza solo nella consapevolezza della natura impermanente delle cose, ed è fondamentale mantenerla chiara in noi soprattutto nell’ultimo atto della vita in cui saremo completamenti soli, nessun amico, nessun parente, ci potrà accompagnare e per questo dobbiamo cominciare a prepararci sin d’ora.
Non si trova il Dharma nella ricerca di una vita eterna, sarebbe una contraddizione di termini, non si può rincorrere l’idea di una felicità permanente quando la natura stessa della realtà è impermanente.
Dobbiamo dunque addestrarci nella conoscenza del processo della natura impermanente della realtà, altrimenti rischiamo di impegnarci inutilmente in una moltitudine di preghiere e di pratiche con lo scopo esclusivo di ottenere in questa vita un “meglio” di cui non conosciamo nemmeno la natura, ma questa vita passa troppo velocemente.
Io ho superato i quarant’anni e sono sbalordito di come siano fuggiti in fretta, solo ieri ne avevo quattordici, mi sembra di avere appena lasciato la mia casa per andare in monastero nel sud dell’India. Ricordo il distacco dai genitori alla frontiera, un dolore che sembra insopportabile ed è freschissimo nella mia memoria, come se fosse appena accaduto, e ogni volta che ritorno a casa ho la sensazione di essere stato sempre là, l’unica differenza rispetto alle precedenti partenze è che oggi c’è minor sofferenza perché è diminuito l’attaccamento.
Questo dimostra che la liberazione non è radicata nelle cose materiali, nella casa, nella famiglia, ma nel distacco mentale, nell’addestramento della mente ad affrontare, momento per momento, la natura impermanente della realtà, il cammino verso la saggezza.
Il Dharma, che non ha nulla a che vedere con effetti speciali come volare liberi nel cielo, o possedere il terzo occhio, è semplicemente essere in grado di guardare in faccia la realtà senza paura, è la saggezza. Condividere questo tipo di passione, di sensibilità, con la saggezza costituisce la compassione.
La spiritualità, il Dharma e la pace interiore sono le nostre grandi vere necessità, le conquiste dell’esistenza umana, un argomento inesauribile, tanto che in centootto volumi tibetani sono raccolte le parole del Buddha e tutte riconducono alla stessa essenza della realtà.
La situazione economica e sociale vissuta dalla mia famiglia è paragonabile a quella attuale del Sudan meridionale, eppure io oggi vivo in Italia, un paese tra i più sviluppati, un vero paradiso per me!.. e quando torno in Nepal le persone incuriosite mi chiedono tante notizie sulle condizioni in occidente e ne sono così ammirati che pensano che io, per il solo fatto di stare in Europa, debba essere necessariamente un grande Lama, un grande maestro, perché già sto vivendo con gli dei!...
La mia esperienza è davvero straordinaria, ero partito da una situazione piena di difficoltà, di incertezze e precarietà e nonostante questo ho potuto ricevere un buon livello di educazione e di istruzione e sono in una condizione che mi permette di affrontare nuove sfide e trovare altre possibilità per procedere nelle vite future. Questo rappresenta la condizione umana e il Dharma è appunto la possibilità e capacità che l’uomo ha di impegnarsi per guadagnare e conquistare se stesso.
Non si tratta di accumulare beni materiali come il denaro o il potere, ma di conquistare  la ricchezza che deve essere intesa per il beneficio degli altri, così da poter diventare fonte infinita di felicità per gli altri.
Non si tratta nemmeno di dover diventare ricchi, famosi ad ogni costo, ed essere talmente affaccendati da avere centinaia di segretari per poi ritrovarsi completamente pazzi.
Durante il primo anno a Roma cercavo il modo per mantenermi e un mio amico indiano, prete, mi disse che finché ero vestito così non avrei mai avuto nessun lavoro, per prima cosa dovevo almeno cambiare l’abito. La sua preoccupazione era sincera e disinteressata, sapeva da dove venivo, conosceva perfettamente la situazione indiana, e mi regalò un paio di scarpe, un dono per me preziosissimo e che utilizzai fino alla fine. Chissà, se avessi seguito il suo consiglio avrei anche potuto trovare un buon impiego, forse come professore, o uomo d’affari, o magari diventare un uomo politico che in Italia ha la capacità di inventare un nuovo slogan ogni giorno, in ogni caso avrei solo accumulato stress, un ottimo metodo per impazzire, ma il Dharma è al di fuori di tutte queste cose, è altro.
Il Dharma è conoscenza, comprensione, saggezza, sperimentazione della realtà.
Oggi è il 6 luglio, compleanno del Dalai Lama, ha settant’anni e per onorare questa ricorrenza ho preparato alcuni piatti tibetani che, a conclusione della giornata, potremo condividere in serenità.
Il Dalai Lama non deve essere visto come un individuo nella sua singolarità, ma come il frutto del karma del popolo tibetano e, adesso che le condizioni sono mutate profondamente, è necessario cominciare a considerare il Dalai Lama come il frutto del karma della popolazione globale.
Il bambino indicato come Dalai Lama, all’età di due anni, non aveva alcuna pretesa in tal senso, non ha chiesto questo incarico, è stato individuato, cercato e scelto dal popolo tibetano che lo ha designato come Dalai Lama.
I tibetani credono che sia un’emanazione del Buddha della compassione, e questo fa di lui realmente un’emanazione del Buddha della compassione perché le cose non esistono di per sé, ma secondo l’imputazione che ne diamo.
Poiché noi lo riconosciamo, lo designiamo, lo imputiamo come Buddha della compassione, lui lo deve essere, non può esistere altrimenti. Il XIV° Dalai Lama risponde pienamente a questa aspettativa e tutti noi dobbiamo essere infinitamente grati alla grandezza di questa persona.
Quando si dice che Sua Santità è l’emanazione del Buddha della compassione non si afferma che il suo comportamento sia al di là dell’umano, al contrario, il suo comportamento è insito nella categoria del comportamento umano, ma ha la funzione di essere ispirazione ed esempio delle qualità migliori degli esseri umani.
Incontrandolo vediamo una persona come tutti noi, con le difficoltà che ogni essere umano deve affrontare, la grande differenza è nella sua capacità di affrontare ogni situazione, sempre, per il beneficio di tutti gli esseri.
Adesso vi farò ascoltare la registrazione della voce del Dalai Lama che oggi ha pronunciato un magnifico discorso in tibetano, poi lo commenterò. Grazie ai mezzi moderni abbiamo potuto ascoltare questa registrazione, la tecnologia se usata in modo appropriato è utilissima, se se ne abusa può invece diventare estremamente pericolosa. 
(segue discorso- sintesi: ).
«Sua Santità ha esordito ringraziando chi sta festeggiando il suo compleanno nel mondo, a coloro che vivono nelle regioni himalayane, in Mongolia, a oriente e a occidente. Oggi a Dharamsala è una giornata di piogge monsoniche abbondanti, quindi molte persone per ascoltare le sue parole erano all’aperto, sotto qualche ombrello e il Dalai Lama scherzando ha detto che questa pioggia sarebbe stata una benedizione per coloro che la stavano prendendo.
Ripensando a questi settanta anni di esistenza, alle tante le esperienze di gioia e di dolore, Sua Santità non ha dubbi nel verificare che tutte queste emozioni derivano esclusivamente dall’io, dal sentimento del sé.
La propria felicità, il proprio dolore, nascono dall’io, così come la sofferenza e la felicità altrui, ed è dunque chiaro che gli insegnamenti del Buddha di amore e compassione hanno una loro ragione di essere, una loro verità.
Al di là del fatto che un individuo possa avere fede o meno, essere credente o no, la natura della realtà fa si che amore e compassione siano l’unica possibilità di liberazione dalla sofferenza.
Il Dalai Lama continua dicendo che da piccolo era ovviamente interessato soprattutto ai giochi, ma crescendo si è appassionato sempre più al Dharma e con le esperienze della vita ha compreso la fondamentale importanza del buon cuore e di quanto una chiusura mentale conduca soltanto alla depressione e alla sofferenza. Questo va al di là dall’appartenenza o meno ad una religione, il buon cuore e una mente aperta sono sempre di beneficio alla felicità propria e altrui, e nell’arco della sua vita ha fortemente voluto assumere questo atteggiamento e incessantemente dato agli altri lo stesso consiglio. E’ un atteggiamento completamente benefico e così finché sarà in vita lui non smetterà mai di proporlo a tutti perché il beneficio è immediatamente evidente.
Le celebrazioni, i rituali e le preghiere che le comunità tibetane nel mondo stanno eseguendo in questi giorni in suo onore sono dedicate interamente al beneficio degli esseri senzienti.
Il Dalai Lama ci tiene particolarmente a precisare che lui è innanzitutto un essere umano, poi un buddhista, e infine un monaco tibetano e Dalai Lama; sono tre diversi livelli del suo modo di esistere e comportano che:
come essere umano abbia la responsabilità del bene di tutti gli altri esseri senzienti;
come buddhista la responsabilità di avere profondo rispetto nei confronti di qualsiasi altra religione e di attuare i principali scopi della sua esistenza, portare beneficio e armonia agli esseri umani e armonia tra le varie concezioni religiose, che devono essere onorate con devozione perché più religioni esistono e più aumenta la possibilità che siano di beneficio agli esseri umani.
Infine, come monaco tibetano e Dalai Lama la sua responsabilità è la protezione del popolo tibetano che lo considera un dio, un salvatore, per questo deve cercare di fare sempre del suo meglio, e a questo punto aggiunge considerazioni legate particolarmente alla situazione socio politica interna dei tibetani e, proprio perché il Dalai Lama, come tutti gli altri non è un essere permanente, ma impermanente, raccomanda che i tibetani comincino a prepararsi per poter scegliere il loro prossimo capo attraverso strumenti democratici. Finché lui sarà in vita avrà la responsabilità di cercare di ottenere per i tibetani una certa forma di libertà, ma i tibetani comunque devono sin d’ora lavorare affinché nel futuro possano eleggere democraticamente chi li dovrà rappresentare.
Concludendo ha ringraziato nuovamente i partecipanti alla celebrazione di Dharamsala che sono stati così pazienti e tolleranti nei confronti della pioggia e della scomodità del luogo, la piazza è piccola e molto affollata.»
Sono magnifici i due aspetti ricordati dal Dalai Lama che riguardano rispettivamente i suoi doveri di essere umano che deve vivere ed essere di beneficio agli altri, e di buddhista, che deve portare armonia e pace con grande rispetto verso ogni religione.
La verità del messaggio di amore e compassione è la natura stessa della realtà e vivendo in essa non si può essere altro che felici.
L’unico modo per produrre felicità è quello di rimanere nella realtà e non di scappare, che invece è la nostra prima istintiva reazione, eppure non c’è modo di fuggire dalla realtà, quindi meglio affrontarla, confrontarci con essa ed esserne contenti, altrimenti non faremo altro che moltiplicare le sofferenze.
E’ veramente bello che il Dalai Lama, nel giorno del suo settantesimo compleanno, non parli della propria grandezza o delle cose realizzate, ma semplicemente, come sempre, parla di Dharma, della incommensurabile grandezza del Dharma e sono veramente felice di aver avuto l’opportunità di ascoltare questo messaggio dalla sua voce e di poterlo condividere con voi.
Il Dalai Lama è davvero un essere unico, ed è bene non porsi nell’aspettativa di poterne vedere un altro; c’è stato un unico Gandhi, un unico Gesù, un unico Buddha, e c’è un unico quattordicesimo Dalai Lama, né il primo, né il secondo, né il quindicesimo, sono stati o saranno simili al quattordicesimo Dalai Lama. Noi siamo immensamente privilegiati ad essere suoi contemporanei e a poter condividere la sua vita e il suo messaggio, non eravamo presenti ai tempi di Gesù, Buddha o Gandhi ma abbiamo la gioia di esserlo con il quattordicesimo Dalai Lama, è un dono prezioso e raro.
Immaginiamo, se ai tempi di Gesù lo avessimo incontrato, che cosa avremmo fatto? Nulla di più o di meno di ciò che faremmo trovandoci alla presenza del Dalai Lama. Io mi sento particolarmente fortunato perché ho potuto avere con Sua Santità quattro colloqui privati, e di fronte a lui provavo una tale emozione da essere intimidito e impacciato, mentre da parte sua il Dalai Lama si presenta sempre con grande cordialità e calore, come un essere umano semplice e comune.
Ma attenzione, è importante questa diversità di atteggiamenti, da parte nostra deve esserci un profondo rispetto, mentre lui nella sua semplicità e cordialità nel volersi avvicinare a noi come persona comune ci fa un grande regalo.
Se entrambi ci confrontassimo come persone comuni sarebbe una riunione sterile da cui non scaturirebbe nulla, invece così è un magnifico incontro spirituale ricco di doni rari ed è stupendo che il Dalai Lama possa presentare se stesso come essere comune mentre noi onoriamo e percepiamo in lui il Buddha.
Considero i colloqui avuti con lui eccezionali e doni preziosissimi ricevuti in questa esistenza. Questa è la vita, inutile crearsi complicazioni, basta godere semplicemente di ciò che si ha, ottenendo così la felicità. 
Il Dharma è esattamente l’opposto, non c’è né un partito unico, né tanti partiti, c’è solo l’individuo che con l’attitudine della bodhicitta dona agli altri divenendo causa di felicità per sé e per gli esseri senzienti. E’ umanesimo, il senso dell’umano.
Un esempio opposto è offerto dal Dalai Lama che è un capo politico, ma parla di Dharma.
Ora festeggiamo insieme, con un buon the e dolci tibetani, il compleanno di sua sanità il quattordicesimo Dalai Lama.

Grazie a tutti.