Wednesday 31 March 2021

Il DHARMA, L’INSEGNAMENTO DEL BUDDHA



LA VIA DEL NIRVANA
Il Dharma del Buddha
2003
Lama Geshe Gedun Tharchin

1° Il DHARMA, L’INSEGNAMENTO DEL BUDDHA


Ogni volta che veniamo a contatto con qualcosa di nuovo, di diverso da ciò di cui abbiamo diretta conoscenza ed esperienza, ci viene spontaneo guardarlo con paura e sospetto, e questo accade perché ancora non lo capiamo. Tuttavia, paura e sospetto possono costituire un ostacolo alla nostra comprensione.

Alle domande e alle critiche di chi gli si accostava per esprimere i propri dubbi riguardo ai suoi insegnamenti, il Buddha, al tempo in cui elargiva la propria conoscenza, rispondeva così: «Su ciò di cui non avrete voi stessi realizzato esperienza, nutrirete sempre dubbi ed incertezze. Di conseguenza, vi dico: venite e sperimentate, prima di decidere se accettare quello che insegno».

Analogamente, voi che  state leggendo, dovrete capire cosa ha detto il Buddha prima di pensare se sia o meno giusto accettarne i suoi fondamenti. Il Buddha, nel corso di quarantacinque anni, ci consegnò molti insegnamenti, e se studiando ed investigando ne troverete qualcuno che vi porta beneficio, allora fatelo vostro, abbandonando invece ciò che ritenete superfluo o poco convincente.

Il Dharma, l’insegnamento del Buddha,  è uno stile di vita che si basa sulla coltivazione della saggezza; in verità, quindi, se si desidera praticarne la via non è necessario diventare buddhisti.

Buddha disse spesso: «Io non sono che una guida che vi mostra la via per la liberazione, ma dovrete essere voi a conquistare la».

Il Buddha non viene, quindi, considerato un salvatore del genere umano, ma una guida ed un maestro il cui esempio può essere seguito da chiunque.

Nel corso delle sue vite il Buddha ha praticato altrettante perfezioni morali e pratiche ascetiche fino a che i suoi sforzi sono divenuti fruttuosi, permettendogli di raggiungere l’Illuminazione. Se anche noi desideriamo liberarci dai legami e dalla sofferenza e raggiungere saggezza e illuminazione possiamo seguire il suo esempio, qualunque sia la nostra condizione di vita.

Anche se il Buddha non può salvare nessuno, egli costituisce un esempio ispirato del modo in cui si può ottenere la saggezza che conduce all’Illuminazione e alla Liberazione. Chi desidera veramente approfondire i principi del Dharma dovrà farlo con mente aperta ed indagatrice; in questo modo ogni iniziale senso di sospetto finirà per scomparire.

Quando il giudizio non sarà più condizionato dalla diffidenza, ogni timore sarà fugato.

Secondo il Dharma, ci si rivolge al Buddha come ad un’autorità, ad un maestro, perché è una diretta conseguenza dell’aver investigato ed esaminato criticamente il suo insegnamento essenziale: le Quattro Nobili Verità. Solo dopo aver operato l’esame dell’autenticità ed affidabilità della sua Dottrina che accettiamo il Buddha come guida degna di fiducia. A questo punto potremo dire «Prendo rifugio nel Buddha».


Una volta Buddha affermò: «Ognuno è salvatore oppure nemico di se stesso». Questo vale per ciascuno di noi: quando cerchiamo di coltivare la bontà e pensieri positivi ci salviamo, e, d’altro canto, quando permettiamo alla negatività di dominarci, distruggiamo noi stessi.


Secondo le scritture buddhiste il mondo come noi lo conosciamo è creato dalla maturazione della forza delle nostre azioni precedenti, o karma. Qualunque nostra azione lascia una traccia nella mente, traccia che contribuisce alla nostra futura evoluzione. I buddhisti credono che lo scopo di ogni essere sia l’ottenimento dell’Illuminazione, della Buddhità, uno stato interiore di felicità e benessere infiniti.


Seguendo l’insegnamento del Buddha, c’è l’intento di definire i problemi che incontriamo nella quotidianità, e di indicarne le soluzioni. Secondo questa dottrina, i mali o i disagi che affliggono la società sono di due tipi: fisici e mentali.

A questo proposito il Buddha affermava che, seppur libero a lungo dal male fisico, non vi è alcun essere nel Samsara, o esistenza mondana, che sia libero dal disagio mentale. Per disagio intendiamo quello stato in cui veniamo a trovarci quando ci viene recato danno. Quando il desiderio, l’ira, la gelosia,  imperversano nella nostra mente, allora questa prova disagio. Tutti gli uomini sono esseri sociali: è un fatto che nessuno può vivere al di fuori della società. Ogni volta che i nostri sensi vengono a contatto con un oggetto della percezione, reagiamo con piacere o ripugnanza, desiderio o avversione. Ogni volta che emozioni negative emergono in noi, proviamo disagio.

Se sperimentiamo dolore o infelicità, ci lamentiamo.  E’ a quel punto che la nostra coscienza è attraversata da sentimenti negativi.

Quando qualcuno ci contrasta, ci arrabbiamo, e questo accade non solo a causa del comportamento dell’altra persona, ma anche perché diveniamo facile preda dell’ira. Se tali sentimenti non ci appartenessero non li svilupperemmo in seguito ad azioni o parole che subiamo.  Il Buddha disse che siamo  responsabili sia della nostra sofferenza che della nostra felicità: siamo noi che creiamo il paradiso o l’inferno. Di conseguenza, consideriamo, per usare una metafora, il Buddha un grandissimo medico, colui che ha saputo diagnosticare la nostra malattia e prescriverne la cura appropriata. Egli, di conseguenza, diviene il nostro rifugio.


La medicina prescritta dal Buddha è il Dharma.


Esso presenta tre aspetti:

  • Sila la moralità; 

  • Samadhi la concentrazione;

  • Prajna la saggezza.


In generale, Sila significa regola morale. Tradizionalmente, queste norme etiche vengono raccolte in diversi precetti destinati a guidare la condotta dei laici o dei religiosi. Esistono poi i precetti Pratimoksha o di liberazione individuale del piccolo veicolo (chiamato anche Hinayana), i precetti del Bodhisattva o della salvezza universale del Grande Veicolo (Mahayana), ed i precetti della tradizione del Buddhismo tantrico (Vajrayana).

Sila, la moralità, in sintesi significa non fare alcun male. Nessuna nostra azione o parola dovrebbe arrecare danno ad altro essere senziente, renderlo infelice, recargli dispiacere. Nel momento in cui arrechiamo danno ad un essere e lo rendiamo infelice stiamo contravvenendo a Sila.

Il Buddha insegnava a trattare anche le creature più infime come nostri uguali.

Conseguentemente, tutta la teoria e la pratica dell’insegnamento del Buddha può essere sintetizzata in due principi:


  • sviluppo di una visione del mondo basata sulla comprensione dell’origine interdipendente di tutti gli eventi;

  • come conseguenza di ciò, la pratica di una vita non violenta, compassionevole ed innocente.


Samadhi, o concentrazione, corrisponde alla meditazione. Questa è il mezzo che ci consente nella  vita quotidiana, di controllare emozioni, pensieri e sentimenti. Se non siamo in grado di tenere a bada la nostra mente ed i nostri sentimenti, come possiamo tener fede ai precetti morali? Qualunque azione virtuosa noi compiamo dobbiamo ricordarci che il Dhammapada inizia così:


La mente è il precursore di ogni stato negativo, la mente è sovrana.

Chi parla o agisce con mente corrotta, sofferenza lo segue.

Chi parla o agisce con mente pura, lo segue la felicità.


Buddha ha detto anche:


«Conquistare milioni di nemici in battaglia non è vera conquista.

In verità il più nobile eroe è colui che vince se stesso»


Prajna, saggezza, significa qui la comprensione della vera natura della nostra vita. Quando capiamo che l’esistenza è per sua natura mutevole, densa di sofferenza e priva di un sé permanente, tale cognizione può scacciare tutte le nostre energie negative: quando sorge la saggezza è possibile sradicare tutti i difetti e le disposizioni negative latenti. E’ proprio come quando appare una luce e l’oscurità viene dissipata. Tale forma di saggezza può essere conseguita attraverso la meditazione, e rappresenta il  modo in cui il Dharma guarisce i nostri mali.


Chiunque pratichi Sila, Samadhi e Prajna, e così facendo abbia in qualche misura purificato la propria mente, si può dire essere entrato a far parte del Sangha, la comunità santa. Se vogliamo guarire dalla nostra malattia dovremo seguire l’esempio di tale comunità e prendervi rifugio.


Se si comprende il significato reale della triplice presa di rifugio, si scoprirà che non esiste, in effetti, alcun Buddhismo. Chiunque  desideri curare il proprio disagio può e deve praticare il triplice Dharma; chiunque lo pratichi condurrà una vita pura e felice. 


L’essenza degli insegnamenti del Buddha è riassunta così  nel verso 183 del Dhammapada :


Impara a fare il bene

cessa di fare il male,

rendi pura la mente.

Questo è l’insegnamento di ogni Buddha.


Così, i buddhisti affermano che Saggezza e Compassione sono virtù complementari, e dovrebbero essere esercitate contemporaneamente se si vuole raggiungere la verità finale. Questa non dipende dal tempo o dallo spazio, dalla cultura o dalla geopolitica, anche se l’espressione che gli uomini possono darle può essere molto diversa. Nel suo primo discorso Buddha ha introdotto le Quattro Nobili Verità, ed anche il Vangelo dice: «Conoscete la Verità e la Verità vi renderà liberi».

Raggiungere la conoscenza della Verità è lo scopo più degno per un essere umano, dovunque ed in ogni tempo; tuttavia essa non può essere conosciuta attraverso una fede cieca. «Vedere è credere», questa è la regola della visione profonda, che nessuno dovrebbe trascurare.


A tal proposito vi presento un breve apologo. Il grande sovrano buddhista Ashoka, che visse in India nel terzo secolo prima di Cristo, fece iscrivere su di un pilastro di marmo posto in un luogo speciale a Sarnath, vicino Benares, questo editto: «Chi non rispetta la religione degli altri non rispetta neppure la propria. Chi rispetta la religione degli altri, rispetta anche la propria». Anch’io ne sono convinto, e questa convinzione costituisce una delle mie pratiche principali.


Finché durerà lo spazio

e finché rimarranno esseri viventi,

possa anch’io rimanere

per eliminare la sofferenza dal mondo.