Wednesday 31 March 2021

LA CONCENTRAZIONE

LA VIA DEL NIRVANA
Il Dharma del Buddha
2003
Lama Geshe Gedun Tharchin

 

 16° LA CONCENTRAZIONE


Continuiamo a parlare della Samatha, la concentrazione. Lama Tzong Khapa ha detto che la concentrazione è come una montagna: è la base della stabilità, può arricchire il potere e la dimensione della mente. Questo genere di concentrazione può essere diretto verso qualsiasi oggetto positivo e condurci a una flessibilità del corpo e della mente, portandoci a uno stato mentale positivo. 

Quando parliamo del livello ordinario della Samatha parliamo della mente in condizione di tranquillità: questo è il massimo livello di sviluppo della concentrazione, il suo aspetto chiaramente più positivo perché, per sua stessa natura, la concentrazione è positiva e sviluppa aspetti della mente positivi. Gli aspetti positivi della concentrazione li abbiamo già dentro di noi ma per poterne raggiungere i massimi livelli sono necessarie le tecniche indicate per sviluppare la Samatha. 


Per conquistare tali risultati abbiamo bisogno di acquisire due tipi di condizioni tecniche: la prima è la flessibilità del corpo e della mente che ci permette di poter assumere qualsiasi posizione. La seconda è la gioia del corpo e della mente che viene sperimentata durante un’intensa concentrazione. Quando noi dimoriamo all’interno di essa, anche se in modo non necessariamente intenso e durevole, saremo sempre ben consapevoli di questi due aspetti, conseguibili anche con una concentrazione più breve, più leggera e più superficiale. L’importante è essere consapevoli di questo contatto perché ci fornisce la spinta per continuare la nostra pratica meditativa. Qualsiasi tipo di concentrazione dà questi due risultati però bisogna distinguere tra una forma di concentrazione positiva e un’altra negativa. Ciò che le distingue è il diverso oggetto. Chiaramente quella di tipo negativo si manifesta quando abbiamo per oggetto qualcosa che ci influenza e ci condiziona in maniera negativa e viceversa. Quando l’oggetto che ci influenza sarà positivo anche il nostro karma sarà positivo. Quindi è importante il modo in cui viene influenzato il karma a seconda del tipo di concentrazione.


 Entrambi i tipi di concentrazione, sia quella positiva che quella negativa, portano ai due conseguimenti di cui parlavamo all’inizio: cioè alla flessibilità del corpo e della mente e al piacere e alla gioia della concentrazione. Ma è importante comprendere che concentrarsi su cose negative ci influenza negativamente e, viceversa, concentrarsi su cose positive ha un effetto benefico su di noi. Quindi, nel momento in cui ci concentriamo, è opportuno scegliere un oggetto positivo e sperimentare i due conseguimenti in relazione all’oggetto. 


Ora vediamo come e perché la meditazione è importante, fondamentale e come funziona la concentrazione. Per innalzare  il livello della nostra vita spirituale è importante sviluppare progressivamente e far crescere dentro di noi questi aspetti della meditazione: i due conseguimenti, l’oggetto positivo e l’uso dei mezzi abili. Tali elementi sono utili per poter sviluppare con tranquillità la concentrazione. Questo meccanismo assomiglia all’atto di prendere una medicina per curare il proprio corpo: è più importante come la si prende piuttosto che quanta se ne prende; questo è il segreto dei cosiddetti mezzi abili.

Ci sono comunque dei mezzi tecnici per poter sviluppare la concentrazione. 


Come abbiamo detto in precedenza esistono diversi ostacoli da superare per arrivare a una corretta concentrazione. Il principale di essi è la pigrizia. Essa costituisce il primo ostacolo che dobbiamo affrontare e  superare per poter progredire nella pratica e per poterlo neutralizzare dobbiamo applicare quattro rimedi. 


Il primo rimedio è l’apprezzamento per la concentrazione, cioè il conoscere le sue qualità: come funziona e quali ne sono i conseguimenti, i risultati che si ottengono. Questo ci fa sviluppare un apprezzamento automatico per la concentrazione ed è un incentivo per continuare la pratica. 


Come conseguenza di questo apprezzamento si genera un’aspirazione a voler continuare la pratica, da cui nascono perseveranza e sforzo entusiastici. L’apprezzamento, l’aspirazione e lo sforzo entusiastico costituiscono le tre condizioni basilari per poter mantenere e sostenere la motivazione a perseverare.

Per poter sviluppare queste tre condizioni sono necessari: lo studio, la lettura e l’ascolto degli insegnamenti sui quali poi meditare. Sono strumenti che viaggiano paralleli e sono collegati tra loro producendo così l’aumento della concentrazione. Stiamo parlando di logica buddhista così come viene esposta dal famoso maestro Dharmakirti che è stato il più famoso maestro di logica dell’India. Egli ha detto che non esiste modo per fermare il sorgere della concentrazione quando le condizioni sono presenti. Ciò è vero per qualsiasi cosa perché non c’è modo di fermare la crescita dei risultati di una qualsiasi cosa una volta che le condizioni di essa siano state poste. Questo è molto importante perché generalmente siamo sempre concentrati sui risultati invece che sulle cause che li generano. 


Quindi quando vogliamo sviluppare la concentrazione è inutile tentare di meditare se per prima cosa non abbiamo stabilizzato dentro di noi le tre condizioni della concentrazione. Queste ci concedono un potenziale dinamico maggiore per poterla sviluppare. Se  le potenzialità sono ben radicate, cioè queste condizioni, anche durante una meditazione molto breve esse potranno sviluppare una concentrazione enorme. E’ importante, quindi, per quanto è possibile, tenere ben vive queste tre condizioni. 


Infine esiste il quarto rimedio, il rimedio più efficace per spazzare via ogni tipo di pigrizia: quello di aver la mente allenata e flessibile. Anche nella pratica dello yoga all’inizio risulta difficile assumere alcune posizioni che sembrano molto complicate però, andando avanti e allenandosi, il corpo diventa più flessibile e man mano si perde quella sorta di resistenza ad assumere certe posizioni. Lo stesso discorso può essere applicato alla meditazione. Quindi: abbiamo parlato della pigrizia che è il primo dei cinque ostacoli alla concentrazione, abbiamo visto quali sono i suoi quattro rimedi e come l’addestramento e la flessibilità della mente siano i rimedi più immediati e più diretti per superarla.


Il secondo ostacolo alla concentrazione è la perdita dell’oggetto della nostra meditazione. Questo aspetto è molto importante perché, come abbiamo detto, concentrarci su un oggetto positivo ci dà degli influssi benefici mentre concentrarci su un oggetto negativo influenza negativamente il nostro karma. In questo caso l’ostacolo sta nella possibilità che l’oggetto svanisca. Ad esempio: se durante la mia meditazione mi sto concentrando sull’immagine di Tara c’è il rischio che questo oggetto venga meno e mi concentri su un’altra cosa. Allora non importa con quanta chiarezza questo oggetto sia focalizzato ma l’importante sarà non perdere la sua visualizzazione, e per visualizzazione non si intende l’uso della vista ma la visualizzazione interna che avviene con il terzo occhio.

Da principio non dobbiamo aspettarci di vedere l’oggetto ben chiaro davanti a noi, questo verrà con il tempo e con il progredire della pratica, l’importante sarà invece non perdere l’oggetto della concentrazione. Il rimedio per superare questo ostacolo è la presenza mentale, la consapevolezza. Questo elemento è molto importante e si può definire l’elemento centrale della concentrazione. Si insiste molto sulla pratica della consapevolezza, ad esempio sul  mangiare con consapevolezza, masticando ogni boccone quarantasei volte, e questo è utile per imparare a focalizzare la propria consapevolezza su un oggetto. 

La consapevolezza è l’elemento centrale per sviluppare la concentrazione perché ci permette di mantenere il nostro “focus” fisso sull’oggetto della meditazione. Non si dovrebbe perdere l’oggetto della meditazione come, per esempio, nella concentrazione sul processo del respiro connessa con il Tantra. Nel tantrismo la sostanza dell’energia mentale e del respiro, ad un livello molto sottile, sono la stessa cosa mentre, sempre nel tantrismo, si dice che ad un livello più grossolano il respiro è il veicolo della mente e la mente è la guida del respiro: il respiro è il cavallo e la mente è il cavaliere. Concentrarsi sul processo del respiro con consapevolezza permette di arrivare all’unificazione tra mente e respiro e si diventa capaci di controllare il proprio respiro e la propria mente. Nei livelli più alti del Mahamudra l’enfasi viene posta sulla concentrazione sulla propria mente visualizzata come una divinità o un simbolo. Bisogna tenere presente che quando si parla di mente non si intende il cervello.

La maniera più efficace per concentrarsi sulla propria mente è quella di porre attenzione al processo del respiro perché la concentrazione sulla mente, senza passare per la respirazione, può essere dannosa se non pericolosa. Per me non c’è molta differenza tra le diverse tecniche come lo Dzogchen o il Mahamudra o le pratiche tipo Vipassana o Samadhi. Queste differenti pratiche non sono in contraddizione fra loro ma sono complementari e interagiscono l’una con l’altra. L’importante è stabilizzarsi sulla concentrazione sul respiro come via per poter sviluppare tutte le altre pratiche. 

Nelle pratiche tantriche si parla di venti canali di energia e ci si concentra su di essi per raggiungere i livelli più sottili dei canali della mente.


Noi non abbiamo come obiettivo il raggiungimento di pratiche tanto complicate, l’importante è concentrarsi sul livello più visibile e più grossolano della respirazione per poter poi avanzare in profondità nella pratica e raggiungere livelli più sottili. Per poter raggiungere questi livelli più profondi non c’è bisogno di fare delle visualizzazioni speciali quali quelle sui chakra. Se riuscite a visualizzarli non c’è niente di male però, secondo me, si possono raggiungere livelli profondi semplicemente mantenendo la concentrazione sul respiro. È necessario conoscere i punti essenziali della pratica; non bisogna stare a discutere sul fatto che la nostra pratica possa essere migliore di quella degli altri ma bisogna capire qual’è la sua essenza. La consapevolezza è importante per mantenere la propria concentrazione sul respiro o su un oggetto di visualizzazione.

 

Il terzo ostacolo è la mente offuscata e agitata. In questo caso dobbiamo applicare l’introspezione. Quando siamo offuscati, quando abbiamo la mente offuscata e agitata, dobbiamo usare l’introspezione per capire dove essa ci sta conducendo. Ciò fa sì che la mente non raggiunga livelli di estrema confusione. Quando vediamo che la mente è offuscata e agitata dobbiamo applicare questo rimedio ma, se la mente non è in questo stato e noi lo applichiamo, l’introspezione stessa diventa uno ostacolo. 

Il quarto ostacolo è la non applicazione dell’introspezione. 

Il quinto ostacolo è l’eccesso dell’applicazione dell’introspezione quando essa viene applicata in uno stato in cui la mente non è né agitata e né offuscata, cioè quando non è necessario ricorrervi.


Se parliamo di rimedi, il settimo è quello di utilizzare l’introspezione quando la mente è offuscata e, infine, l’ottavo rimedio è di applicare l’equanimità, cioè sapere quando è il momento opportuno per usare l’introspezione. 


Domanda: che cosa è l’introspezione? 

Risposta: per capire cosa è l’introspezione si può dire che è “vigilare su ciò che serve a guidare al risveglio, a guidare alla consapevolezza” e che ci permette di vedere se certi stati mentali sono presenti o meno. L’introspezione è essere sempre presenti con consapevolezza, in modo da applicare i rimedi qualora sorgessero gli ostacoli; non applicarli se questi non sorgono. I rimedi per placare una mente agitata o per scuotere una mente che è in uno stato di torpore sono di diversa natura. Ad esempio: un tipo di agitazione mentale può essere la stessa felicità che si genera durante la pratica. Quando una persona sta meditando in una situazione ottimale e si genera un sentimento di felicità anche questo potrebbe essere un ostacolo e quindi è necessario applicare dei rimedi come, ad esempio, considerare la condizione impermanente della vita umana. Ciò permetterà di bilanciare un’eccessiva felicità che si può generare durante la meditazione. Al contrario, se durante la meditazione ci sentiamo molto depressi, dovremmo pensare alle nostre buone qualità. Le tipologie degli stati di agitazione e offuscamento possono essere di vario genere e, a seconda dei casi, ci sono vari rimedi.


Il grande maestro Rong-Tonpa disse a Milarepa: “Ti do questo strumento: se mediterai tutta la notte sarai illuminato durante il giorno”. Milarepa ne fu talmente felice che pensò di aver finalmente trovato la giusta meditazione, dopo aver praticato per tanti anni inutilmente la magia nera, ma ne fu talmente esaltato che il giorno seguente non ottenne nulla. Quando arrivò il giorno seguente il suo maestro gli chiese cosa avesse realizzato e lui gli rispose che non aveva realizzato nulla. Allora il maestro gli disse che la sua mente era troppo selvaggia, troppo difficile da domare e lo mandò da Marpa che divenne il suo vero maestro. All’inizio Marpa gli fece passare molti guai perché lo trattava molto duramente affinché egli potesse imparare a calmare una mente esuberante e selvaggia. Tutta la storia della relazione tra Marpa e Milarepa è piena di aneddoti su quanto fondamentale e necessario sia calmare una mente esuberante o risvegliare una mente offuscata.

Se guardiamo attentamente alle biografie di questi grandi yogi come Milarepa, Marpa e anche alla vita dello stesso Buddha vediamo che esse ci offrono tantissimi esempi su come fare per risvegliare una mente offuscata o placare una mente troppo agitata, su come bilanciare la mente per portarla in uno stato chiaro, tranquillo e stabile. Questo non è facile ottenerlo perché ci sono molti aspetti della nostra vita che ostacolano il raggiungimento di tali risultati. Anche la meditazione mentre si mangia e si cammina è molto interessante. 


Abbiamo parlato dei cinque ostacoli e degli otto rimedi, ne abbiamo parlato in maniera molto succinta ma in seguito entreremo nel dettaglio. 


Domanda: non c’è il rischio che la mente diventi troppo apatica, senza reazioni?

Risposta: non credo, perché, insieme alla stabilità della mente, viene coltivata anche la chiarezza  e questa produce reazioni positive perché è come uno specchio. Se lo specchio è pulito esso restituisce un’immagine chiara e pulita ma, se è sporco o offuscato, l’immagine verrà distorta. Quindi la chiarezza e la stabilità sono due aspetti che vanno insieme e che crescono con il potenziamento della concentrazione. La chiarezza mentale è qualcosa che deriva anche dell’introspezione mentre la stabilità è il risultato della consapevolezza;  la concentrazione sta nel mezzo di questi due aspetti. Consapevolezza e introspezione vogliono dire stabilità e chiarezza mentale. Quindi torno a dire che è importante cercare un oggetto positivo per la meditazione. 


Domanda: come scegliere un oggetto su cui meditare?

Risposta: si deve scegliere un oggetto che dia una sensazione positiva. Nella tradizione tibetana si visualizza l’immagine del Buddha in quanto essa non potrà mai dare una sensazione negativa e credo che sia l’oggetto migliore. Anche un fiore può essere un buon oggetto perché non dà sensazioni spiacevoli, ma anche un oggetto neutro può essere adatto. Non bisogna scegliere oggetti di tipo negativo.





I cinque errori:

  1. Pigrizia;

  2. Dimenticanza;

  3. Non riconoscere torpore ed eccitazione;

  4. Non applicazione degli antidoti;

  5. Eccesso di applicazione.





Gli otto antidoti:

  1. Apprezzamento per la concentrazione (fede);

  2. Aspirazione a continuare la pratica;

  3. Sforzo entusiastico;

  4. Flessibilità;

  5. Attenzione;

  6. Introspezione (oconsapevolezza);

  7. Applicazione;

  8. Equanimità.