Wednesday 31 March 2021

LA RINUNCIA'

LA VIA DEL NIRVANA
Il Dharma del Buddha
2003
Lama Geshe Gedun Tharchin

 7° LA  RINUNCIA

Ciò che è giusto ha il potenziale dinamico per esistere in eterno. Questa è la differenza con l’ignoranza che prima o poi ha termine, mentre invece la saggezza ha una solida base e, quindi, in potenza, possiede la caratteristica dell’eternità. Per questo prima o poi tutti noi saremo illuminati e la non conoscenza ci abbandonerà  lasciando che i nostri pensieri positivi possano svilupparsi infinitamente.

Quando ciò potrà accadere dipende soltanto da noi: se ci sforzeremo molto succederà presto, mentre se ci adageremo sugli allori occorrerà molto più tempo. Tuttavia la nostra destinazione resterà quella dell’Illuminazione.

Ho sentito un’importante psicoterapeuta indicare ai suoi pazienti un diverso percorso.

Ritengo che ciò possa funzionare per un periodo limitato, ma la nostra destinazione alla fine sarà la stessa per tutti: convergeremo in un unico «luogo» e vivremo insieme in una infinita gioia e felicità.


Dobbiamo essere felici e sviluppare pensieri positivi perché questa è la sorgente, la fonte genuina che ha un solido radicamento. Rappresenta il nostro vero, reale modo di vivere, non soltanto interiore e individuale, ma anche in relazione all’altro. C’è una canzone che dice che tutti dobbiamo essere felici e mi piace molto il concetto che esprime; ha un significato veramente importante e non so se il suo autore si rende conto di quello che sta esprimendo. 


Quando si parla di rinuncia la gente spesso associa questo concetto al fatto che comunque bisogna morire, che bisogna soffrire in questa vita. Tutto questo è vero e giusto, ma non bisogna limitarsi a tale constatazione. E’ singolare che certe persone, quando vivono la natura della sofferenza dell’esistenza, diventano più felici, mentre altre si abbattono e si scoraggiano. Ciò significa che quello che diciamo non funziona con la prima categoria di esseri umani. 


Il modo in cui arriviamo alla felicità è il percorso del Dharma che, nella sua essenza, vuol dire felicità, gioia. Praticare il Dharma significa essere felici, non vuol dire soffrire, infliggersi pene corporali come fanno i seguaci dello Zen. Anche lo Zen sta cambiando in Occidente, si sta ammorbidendo, non è così dogmatico come in Giappone: se certe pratiche non funzionano si abbandonano. Questo è il vero Dharma. L’importante è essere flessibili: se non c’è flessibilità non c’è Dharma. Il Dharma non è qualcosa di impossibile da cambiare poiché si basa sul principio che ogni cosa è impermanente, in perpetuo movimento, in continuo cambiamento. Dunque… meditate.


Meditare vuol dire sperimentare sentimenti di gioia nel corpo e nella mente, nella maniera migliore, nel modo in cui vi sentite più tranquilli, in cui vi sentite più felici e al sicuro.

Quindi essere felice è meditazione, e se voi sapete come rendervi felici questa è la realizzazione, e quella meditazione è una benedizione per voi, un sentimento positivo: è la felicità della meditazione.


Domanda: qual è la causa dell’ignoranza?


Risposta: l’ignoranza stessa. Essa produce altra ignoranza; se non viene recisa essa continuerà ad essere nostra fedele compagna.


Domanda: come può esistere la conoscenza senza che esista anche l’ignoranza?


Risposta: è un concetto dicotomico: l’esistenza della conoscenza dipende dall’esistenza dell’ignoranza. Rispetto al caso singolo, quando c’è saggezza non c’è più posto per l’ignoranza, per questo noi le definiamo attitudini mentali esclusivamente contraddittorie: saggezza e ignoranza si escludono a vicenda. Non possediamo il dono dell’ubiquità. E’ come l’acqua: è calda o fredda. Quando una qualità si sviluppa quell’altra cessa. Di conseguenza, più si sviluppa la saggezza più si riduce l’ignoranza. Tutte queste spiegazioni vengono date dall’epistemologia buddhista, dalla logica, dalla filosofia, dalla perfezione della saggezza, dalla realizzazione della realtà. Nella spiegazione della via di mezzo del sentiero buddhista lo studio del canone è descritto nelle regole monastiche, anzi nelle regole del Sangha buddhista (il Sangha è esteso e comprende anche i laici). Anche le regole del Sangha sono importanti. Per poter comprendere il vero significato della rinuncia bisogna passare attraverso  questi quattro stadi, i quattro tesori: Pramana, la logica e l’epistemologia buddhiste, perché senza di esse non possiamo spiegare correttamente le cose, né conoscere i vari stadi del karma e la loro interazione; Abhisamaya, la perfezione buddhista della saggezza, grazie alla quale possiamo stabilire la soggettività della realizzazione; Madyàmika, lo studio della via di mezzo; Abidharma, perché senza di essa non si può praticare e non possiamo realizzare nulla. 

Questo sviluppo spirituale è magnifico, e ve lo dico per esperienza  perché ho attraversato tutti questi stadi di studio e parlandone mi riempio di felicità. 


Domanda: la saggezza si sviluppa attraverso l’esperienza? Ritengo che il concetto di esperienza sia ampio, per cui esperienza vuol dire conoscere non solo il bene ma anche il male.


Risposta: fare esperienza di cose negative è utile, non c’è niente di male.


Domanda: si possono praticare negatività per acquistare esperienza? 


Risposta: quando si parla della morte e del morire non c’è niente di male, ma per molte persone esse rappresentano cose molto negative. Può essere duro, può essere scioccante per qualcuno, sono cose che possono anche sconvolgere, allora non è necessario insistere, noi sappiamo che c’è. Se è qualcosa che conosciamo non c’è motivo di parlarne sempre, meglio parlare di questioni delle quali non pensiamo continuamente e percorrere la nostra via attraverso concetti più piacevoli. Non è necessario passare attraverso il cimitero per arrivare al Vaticano, possiamo passare per Villa Pamphili per esempio. Non esiste una sola via, ma molte vie. Potete scegliere quella che vi fa sentire più felici. E se vi fa sentire più felici passare per il cimitero va bene.