UNIVERSITA' di Roma SAPIENZA S
Facoltà
di Sociologia
Roma,
Italia, 22 Settembre 2003
L'eutanasia
e Vita nel Buddismo
Geshe Gedun Tharchin
Il
22 settembre 2003 partecipai a un congresso internazionale su
“DECISIONI DI FINE VITA, TERAPIA INTENSIVA E L'EUTANASIA IN EUROPA”
organizzato dalla Facoltà di Sociologia, dell’Università di Roma
'La Sapienza'.
In
quell’occasione preparai un documento specifico sul concetto
buddista relativamente al senso profondo dell’esistenza umana.
Rimasi
sbalordito dalla professionalità, precisione e chiarezza con cui i
diversi relatori presentavano la questione e di come la osservassero
da diverse angolazioni politiche, mediche e sociali.
Il
mio discorso durò 15 minuti, 5 in più rispetto al tempo previsto
per ciascun oratore, perché mi sentivo fortemente coinvolto come
essere umano e parlai a cuore aperto riflettendo su ciò che ero e
come sarei stato di fronte all’effettiva possibilità di eutanasia.
Come
risultato di queste riflessioni ne scaturì la seguente nota:
«Quando
ho ricevuto l'invito al Congresso sull'eutanasia, non avevo alcuna
idea del significato del termine eutanasia. Così ho consultato
internet per documentarmi in merito alla questione e poi ho
cominciato a studiare più attentamente l'argomento cercando di
approfondirne i vari aspetti, implicazioni, relazioni.
Ho
scoperto che la storia dell'eutanasia ha avuto inizio con il codice
di disciplina di un medico greco e si è subito diffusa ed evoluta
nella civiltà occidentale.
Oggi
le problematiche presentate dalla pratica dell'eutanasia hanno
imposto all’Europa moderna la necessità non più procrastinabile
di doverne affrontare seriamente ogni suo aspetto sul piano legale,
etico, umano.
La
crescente imposizione del tema eutanasia mi pare sia anche
determinata da un elevato standard di vita, invecchiamento maggiore e
patologie sempre più presenti nella popolazione di questo
continente. Il dibattito sociale sul tema è indubbiamente favorito
dall’elevato grado di sviluppo, dalle condizioni favorevoli di
benessere e accesso a diverse risorse, con possibilità più agevoli
di vita.
Da
un punto di vista buddista, un essere umano è composto da sei
elementi: terra, acqua, vento, suolo, spazio e coscienza. I processi
di nascita e morte sono definiti dall'atto di comporre e scomporre
questi gli elementi tra loro inscindibilmente correlati.
La
morte nella visione buddhista è simile ad un trasloco o al cambio di
un abito, è semplicemente un trasferimento da una condizione ad
un’altra, da un corpo ad un altro o da una vita all'altra. Questo è
ciò che il buddismo chiama rinascita o reincarnazione.
Nel
Buddhismo si insiste molto sull’opportunità di una morte serena in
quanto questo è di fondamentale importanza per favorire un influsso
positivo alla successiva rinascita o al nuovo stato di esistenza. Una
morte tranquilla produce una separazione pacifica tra gli elementi
con il loro conseguente reindirizzamento naturale verso la nuova
condizione. In un individuo con profonde esperienze spirituali la
separazione pacifica degli elementi avvenuta nella morte fisica
definisce la possibilità di indirizzare la nuova composizione degli
stessi determinandone la condizione. Questa è la definizione di
“libertà di morte e di nascita”.
Secondo
la visione buddhista le situazioni di suicidio assistito ed eutanasia
non penso possano essere giudicate frettolosamente come azione
omicida, cioè uccidere in senso negativo, con conseguente condanna,
a condizione però che tali atti siano sempre determinati da una
forte attitudine altruistica.
Ho
notato che vi sono interpretazioni diverse su queste tematiche e non
solo tra paese e paese, ma anche in gruppi sociali e tra individui,
quindi credo che l’Europa abbia molte scelte a disposizione per
affrontare il processo di morte e questo è davvero interessante per
me! Grazie.»
La
vita nel Buddismo
Lo
stato di esistenza in questo mondo nel Buddismo, è detto Samsāra,
cioè la condizione di confusione in cui siamo immersi ed è
caratterizzata da una permanente sofferenza determinata da tre
fattori:
La
sofferenza dovuta ad una sottile e costante insoddisfazione e da
Dhukha, la sofferenza del cambiamento;
Anātman,
l’assenza di un sé;
3)
Anattā, l’impermanenza di tutti i fenomeni.
La
causa principale del Samsāra è l'ignoranza, avidyā. Gli esseri
samsarici a causa della confusione e ignoranza in cui si trovano
percepiscono le cose come soddisfacenti, permanenti e considerano se
stessi auto-esistenti e ciò comporta un enorme fraintendimento della
realtà.
La
consapevolezza e realizzazione di questi tre principi si chiama
Abhidharma, che significa giungere alla visione diretta della verità
che porta alla fine allo stato di moksha, la liberazione personale e
allo stato completamente risvegliato di Buddha.
L'insegnamento
circa il condizionamento di ogni realtà correlata ai cinque
aggregati offre tutti gli elementi che possono portare alla
realizzazione dell'essenza della visione del Buddha sulla vita.
Quindi, se la spiegazione del Buddha del mondo è da intendersi in
modo corretto, questo deve accadere attraverso una comprensione
completa del suo messaggio fondamentale riassunto in questo detto:
“Qualunque cosa è determinata da una causa precedente”. Esiste
una chiara elaborazione di questo pensiero nel sūtra dei dodici
anelli dell’origine interdipendente:
La
base da cui sorge ogni visione errata è l’ignoranza;
Dall’ignoranza
sorgono le formazioni karmiche;
Dalle
formazioni karmiche sorge la coscienza;
Dalla
coscienza si determina il nome e forma sotto l’aspetto di
sensazioni, percezioni, fattori di composizione e coscienza;
Da
nome e forma si definiscono le sei sorgenti dei sensi, cinque fisici,
base dell’attività sensoriale della vista, dell’udito, del
gusto, dell’olfatto, del tatto e uno mentale relativo
all’intendimento;
Dai
cinque organi di senso si determina il contatto;
Dal
contatto si forma la sensazione;
Dalla
sensazione nasce il desiderio;
Dal
desiderio sorge attaccamento;
Dall’attaccamento
si determina il processo del divenire;
Dal
processo del divenire si determina la rinascita in nuova forma di
esistenza;
Nella
rinascita ricomincia il ciclo di vecchiaia e morte;
IL
Buddha meditando questo ciclo di sofferenza ha avuto la visione della
prima nobile verità: “la Verità della Sofferenza” che però
può essere superata attraverso la conoscenza della “Causa della
Sofferenza”, seconda nobile verità, e giungere così alla
“Cessazione della sofferenza”, terza nobile verità. Per ottenere
questo risultato si deve percorrere il “Sentiero che porta alla
cessazione della causa di Sofferenza”, quarta nobile verità, cioè
eliminando l’ignoranza non si determinano formazioni karmiche e a
catena tutto il resto per giungere infine all’estinzione di ogni
sofferenza.
Questa
visione dell’origine interdipendente di tutti i fenomeni chiarisce
la modalità di manifestazione della sofferenza dovuta a cause e
condizioni e di come questa cessi con la rimozione delle sue cause e
condizioni.
La
dottrina della via di mezzo, Mādhyamika, è fondata sull’esclusione
di due estremi, spiega che tutte le cose o fenomeni sono
interdipendenti e correlati, mantiene un atteggiamento aperto non
settario sino a giungere alla comprensione della vacuità di tutte le
cose. Non esiste alcuna separazione tra mondo fisico e mentale, la
correlazione è ininterrotta. Il Buddha dice: 'il mondo è guidato
dalla mente'.
La
non conoscenza dell’origine interdipendente dei fenomeni e il
fraintendimento nel voler trovare una causa prima nell’inizio
dell’esistenza degli esseri viventi non corrisponde alla realtà e
può portare a, come avverte il Buddha: “Nozioni e speculazioni
sulla condizione del mondo che possono indurre squilibri nella mente
poiché questa ruota dell'esistenza, questo ciclo ininterrotto è
mosso dall’ignoranza che incatena gli esseri viventi mossi dalla
brama che produce attaccamento ad un’esistenza continua in questo
circolo vizioso di sofferenza.”
Si
tratta di una ruota in costante movimento e in cui è impossibile
individuare un primo inizio, nessuno può rintracciare l'origine
ultima di nulla, nemmeno di un granello di sabbia, per non parlare
degli esseri umani. La vita non è un'identità immobile e sempre
uguale, è un divenire. Si tratta di un flusso di cambiamenti
fisiologici e psicologici.
Nessun
uomo sensato può negare l'esistenza della sofferenza o
insoddisfazione che permea ogni momento di vita, tuttavia è
difficile comprendere come il bramoso desiderio e attaccamento a
questo mondo sia ciò che ne provoca il continuo divenire. Per capire
questo concetto ci si deve soffermare su due principali insegnamenti
del buddhismo che riguardano il karma e la rinascita.
Se
la nostra nascita in questa vita fosse il primo e unico inizio e la
nostra morte la fine perenne di tutto, non avremmo bisogno di
preoccuparci particolarmente nella ricerca di comprensione dei
problemi della sofferenza. L’ordine morale dell'universo, la realtà
di giusto e sbagliato, sono evidenti e gli esseri umani devono
comprendere come muoversi tra questi aspetti nella consapevolezza
delle conseguenze di ogni azione, la necessità di capire ciò che
causa dolore. Nel buddhismo questa condizione è detta Karma che
letteralmente significa 'azione', cioè comportamento che produce il
conseguente effetto. Tuttavia non tutte le azioni sono considerate
karma.
Il
karma all’inizio è volizione o intenzione ed è un fattore della
mente, un impulso psicologico che rientra nel gruppo delle
formazioni. Così la volontà è parte integrante dei cinque gruppi
di attaccamento che costituiscono la condizione individuale. Le
intenzioni volitive dell’essere umano si concretizzano in pensiero,
parola e azione e tutti i tre fattori possono essere positivi,
negativi o neutri e determino risultati conseguentemente positivi,
negativi o neutri. Questo gioco infinito di azione e reazione, causa
ed effetto, non solo determina ma può trasformare l’ininterrotto
processo di esistenza nel samsāra.
Il
Karma è volontà, quindi una forza motrice. Con l’intenzione
volitiva l'essere umano agisce attraverso il corpo, la parola e la
mente e tali azioni producono reazioni. Il desiderio innesca la
bramosia che produce risultati e questi a loro volta creano nuovi
desideri. Questo processo di causa ed effetto, azione e reazione, è
una legge naturale che non ha bisogno di un legislatore. L'essere
umano è in continua evoluzione sia per il bene che per il male e
ogni trasformazione, conseguenza inevitabile dell’azione posta in
atto, dipende interamente dalla sua volontà e agire e da null’altro.
Questa è un inevitabile legge naturale universale.
Il
karma è dunque il bagaglio che, dopo la morte di questo corpo,
determinerà la qualità della prossima nascita. Non c’è alcuna
possibile forma di esistenza che sia indipendente dal karma maturato
precedentemente. Karma e rinascita sono inscindibilmente
correlati. L’essere umano è un'unità psico-fisico, unione
connessa di mente e di materia, ma la psiche, la mente, non è
un’anima indipendente nel senso di entità statica, permanente, si
tratta di una forza in continua evoluzione dinamica in grado di
memorizzare i ricordi non solo di questa vita, ma anche di vite
passate.
Questo
organismo psico-fisico subisce variazioni continue, crea ad ogni
istante nuovi processi psico-fisici e quindi conserva la potenzialità
per futuri processi biologici senza lasciare spazio tra un momento e
l'altro. Viviamo e moriamo in ogni momento della nostra vita, è
un costante movimento come se fossimo onde del mare che si innalzano
e ricadono nelle acque dell’oceano ininterrottamente. Questo
cambiamento, questo processo psico-fisico, non cessa con la morte, ma
continua incessantemente. Il flusso dinamico della mente che produce
volontà, desiderio, coscienza costituisce l'energia karmica. Questa
forza potente, questa volontà di vivere, mantiene la vita e secondo
il buddismo non riguarda solo la vita umana, ma l’intero mondo
senziente, è la tremenda forza che con i suoi fattori mentali può
voler essere nel bene o nel male.
L'attuale
esistenza è stata determinata dal karma maturato nelle vite passate
e l’intenzione con cui affronteremo le azioni oggi costruirà la
qualità delle prossime rinascite. Secondo il Buddismo la volontà
nell’azione karmica è ciò che divide gli esseri senzienti in più
o meno evoluti.
Gli
esseri senzienti sono eredi delle loro azioni e ne sono gli unici
responsabili, le conseguenze di tali scelte determineranno in loro
stessi cambiamenti in meglio o peggio, potranno voler rimanere
schiavi o voler raggiungere la liberazione. Si deve tuttavia
ricordare che secondo il Buddismo non tutto ciò che si verifica è
unicamente causa di azioni passate, molti eventi sono il risultato
delle azioni di questa attuale vita, o derivanti da cause esterne.
Non
vi è nessuna sostanza permanente della natura del sé che si
reincarna o trasmigra, tutto è soggetto a continua trasformazione,
tutto è in uno stato di flusso. Ciò che noi chiamiamo vita e che
vediamo staticamente è determinato dal flusso dei cinque aggregati
che muovono in mente e corpo e ne sono energie o forze. Essi non sono
mai lo stesso per due momenti consecutivi, e dunque nulla è
permanentemente statico. L'uomo adulto non è né il bambino di prima
né una persona molto diversa; vi è solo un rapporto di continuità.
Il flusso di energia di mente e corpo non si perde al momento della
morte, subisce un cambiamento, si ricostituisce in nuove forme e
condizioni. Questo si chiama rinascita, ri-esistenza, o ri-divenire.
Questo processo è descritto nel testo di Śāntideva il
Bodhicaryāvatāra:
(Capitolo
n. 8, versetto n. 98)
L’idea
“sarò lo stesso io anche allora” è una falsa costruzione,
poiché
una è la persona che muore, tutt’altra quella che nasce.
(Capitolo
n. 8, versetto n. 101)
Il
continuum di coscienze, come una fila, e la combinazione di
costituenti, come un esercito, non sono reali. La persona che
sperimenta la sofferenza non esiste. A chi apparterrà quella
sofferenza?
Il
processo karmico è l'energia che muove in sequenza di vita in vita,
ne determina qualità e mutazioni e non c’è nulla che staticamente
trasmigra da una vita all'altra, è semplicemente una ruota che gira
e l’essere senziente che passa ad altra esistenza dopo aver
terminato quella attuale non è né la stessa persona, né una
completamente diversa.
C'è
un ultimo istante di coscienza che appartiene sia alla vita
immediatamente precedente che a quella immediatamente successiva ed è
definito rinascita di coscienza. Allo stesso modo si incontrano
l'ultimo pensiero-momento di questa vita e il primo pensiero-momento
della prossima. In questo modo avviene il passaggio della coscienza,
è il modo in cui il flusso continuo di esistenza esprime la voglia
di vivere, di continuare.
Secondo
la teoria buddista, la coscienza è generata da più fattori e
condizioni e per definirne il flusso noi diamo nomi ai vari eventi,
come nascita, morte, processo, e così via, elaboriamo pensieri, ma
in realtà ci sono solo momenti di pensiero, l'ultimo momento di
pensiero che chiamiamo morte e il primo momento di pensiero che
chiamiamo nascita; in tal modo nascite e morti si verificano in
questo flusso di coscienza che è solo una serie di continui
momenti-pensiero.
Finché
l'essere senziente, a causa di ignoranza, desiderio e attaccamento si
aggrappa all’esistenza vivrà con dolore la morte che però non
sarà la conclusione del ciclo samsarico, egli continuerà la sua
corsa nella 'Ruota della esistenza', nel samsāra. Questo è il gioco
infinito di azione e reazione mantenuta in moto perpetuo dal karma
sorto dall'ignoranza, spinto dal desiderio, espresso nella brama.
Soltanto noi stessi, con le nostre azioni o karma abbiamo il potere
di spezzare questa catena infinita tramite lo sradicamento
dell'ignoranza, del desiderio, della brama e sete di esistenza.
Tali
principi sono descritti anche nel capitolo 26, l'analisi dei dodici
collegamenti di diventare di fondamentale della trattazione Sapienza
(mulakaritamadyamaka) di Nāgārjuna.
Avendo
dato un veloce assaggio della visione buddista lascerò che
qualificati professionisti come professori, medici, sociologi
valutino quale posizione il buddhismo dovrebbe prendere per quanto
riguarda la pratica dell'eutanasia nella nostra società.
In
linea di massima posso dire che il Maestro Shakyamuni utilizzava
sempre, come base fondamentale, e che mi permetto di suggerire: la
visione della via di mezzo, il Madhyamika!