OM MANI PADME HUM
Spiritualità e Filosofia della trasformazione
Il
mantra OM MANI PADME HUM simboleggia la trasformazione dell'ignoranza
in saggezza e dell'attaccamento in compassione, nonché la ricerca
dell'illuminazione spirituale. Il significato del mantra è
“Possa
il mio corpo, la mia parola e la mia mente trasformarsi in purezza
attraverso la coltivazione della compassione e della saggezza”.
Si
tratta solo di alcune bozze e appunti dei miei studi personali su vari
argomenti, che ho reso disponibili online per condividerli con i lettori
del mio blog.
Geshe Gedun Tharchin
***
- La Coscienza e il Cervello
- Siamo un Campo di Coscienza
- La Coscienza come fenomeno indipendente
- Comprendere la Natura della Coscienza
- Il senso del Sé
- L'Ego
- Il Sé
- Coscienza e Mente
- La Mente e i Fattori mentali
- La Mente e la Mente principale
- La Persona, Me stesso o il Sé
- La natura del sé
- L'individuo e la sua coscienza
- Consapevolezza e Coscienza
- Consapevolezza e Cervello
- Coscienza, Consapevolezza e Conoscenza
- Meditazione, Consapevolezza e Concentrazione
- Il Cervello, la Mente e la Coscienza sono tutte funzioni della mente
- “Io” e il mio “io”
- Karma e Vacuità
- Realtà ultima e Realtà convenzionale
- Esperienza del Sé come totalità
- Conclusione
*****
1. La Coscienza e il Cervello
La coscienza è uno degli argomenti più dibattuti e misteriosi della scienza e della filosofia. Sebbene non esista ancora una risposta definitiva, molte teorie suggeriscono che la coscienza abbia origine nel cervello. Alcuni scienziati ritengono che la coscienza sia unicamente un prodotto dell'attività cerebrale, in particolare delle complesse reti neurali presenti nella corteccia cerebrale.
Altri pensano che la coscienza sia una proprietà fondamentale dell'universo, simile allo spazio e al tempo, e che il cervello serva semplicemente come strumento per percepirla. Una teoria popolare è la “Teoria dell'informazione integrata” (IIT) di Giulio Tononi, che propone che la coscienza emerga dall'integrazione delle informazioni all'interno del cervello.
Tuttavia, esistono anche teorie più filosofiche, come il “dualismo” di René Descartes, che afferma che la coscienza sia una essenza distinta dal cervello.
A mio parere, la coscienza è come uno specchio luminoso e chiaro che riflette e illumina tutto. Molti filosofi e spiritualisti hanno effettivamente usato la metafora dello specchio per descrivere la natura della coscienza. Lo specchio rappresenta la capacità di riflettere la realtà senza distorsioni o giudizi, semplicemente osservando e percependo.
Questa immagine corrisponde alla teoria della “non dualità” (advaita vedanta) della filosofia indiana, secondo la quale la coscienza è la realtà fondamentale e tutto il resto ne è una manifestazione. L'immagine dello specchio di luce simboleggia anche la purezza e la chiarezza della coscienza che riflette la verità senza essere influenzata dalle emozioni o dai pensieri.
Suggerisce che la coscienza sia già una forma di meditazione in sé e che deve solo essere mantenuta pulita e libera da contaminazioni mentali. Infatti, molte tradizioni spirituali affermano che la coscienza è intrinsecamente completa e perfetta, e il nostro ruolo è semplicemente quello di eliminare gli ostacoli e le distorsioni che la oscurano.
La coscienza può essere paragonata a un cielo blu, che è sempre lì, limpido, ma che può essere oscurato dalle nuvole che rappresentano le nostre preoccupazioni, paure e desideri e la meditazione può essere vista come un modo per “pulire” la mente da queste contaminazioni e permettere alla sua luce naturale di risplendere. Ciò implica la necessità di distaccarci dai nostri pensieri e dalle nostre storie per tornare alla pura consapevolezza.
La coscienza può anche essere paragonata a un fiume cristallino e scorrevole che può essere intorbidito dalle nostre emozioni e dai nostri pensieri. Tuttavia, la sua natura essenziale rimane sempre la stessa: pura e incontaminata.
Il dubbio che assale immediatamente però, secondo la nostra consueta percezione, riguarda il cervello che, se non funziona, non permetterà nemmeno alla coscienza di funzionare perché noi crediamo che la coscienza possa essere unicamente un prodotto del cervello.
Ma come fa il cervello a produrre la coscienza? Allora è più naturale comprendere come la coscienza sia un fenomeno indipendente dall'organo fisico denominato cervello e sia infinita come il tempo, lo spazio e la luce.
Il rapporto tra cervello e coscienza è un argomento molto dibattuto. Da un lato, è vero che la coscienza sembra cessare quando il cervello non funziona e ciò ha portato molti scienziati a concludere che la coscienza sia soltanto una temporanea manifestazione di attività cerebrale. Tuttavia, ci sono anche argomenti a favore dell'idea che la coscienza sia un fenomeno indipendente, simile al tempo e allo spazio.
Alcuni filosofi e scienziati sostengono addirittura che la coscienza sia una proprietà fondamentale dell'universo che non può essere ridotta ai processi cerebrali.
Tuttavia, il problema rimane, non sappiamo ancora come il cervello produca la coscienza se questa è dipendente unicamente dalle connessioni neurali. Una teoria è quella della Teoria dell'Informazione Integrata (IIT) di Giulio Tononi, che cerca di spiegare come l'integrazione delle informazioni nel cervello possa generare la coscienza. Tuttavia, non esiste ancora, e probabilmente non ci sarà mai, una risposta definitiva e certa a riguardo.
2. Siamo un Campo di Coscienza
L'idea che siamo un campo di coscienza è sostenuta da fisici come Federico Faggin che dimostra come la coscienza sia un'entità quantistica che esiste indipendentemente dal corpo, ma in grado di interagire in perfetta interconnessione con esso e senza dover essere necessariamente un prodotto dell'attività neurale del cervello. Secondo questa teoria, il nostro “campo” di coscienza sopravvive alla morte del corpo fisico perché fa parte del campo universale unificato. L'individuo è un campo che, grazie all'esistenza del corpo fisico e alle sue proprietà comunicative, può sperimentare la realtà nella sua interconnessione costantemente presente.
I concetti chiave della teoria del “campo di coscienza” includono l'idea che la coscienza sia un sistema di informazione quantistica che esiste in uno spazio multidimensionale piuttosto che nello spazio-tempo, così come da noi definito entro parametri ben precisi, ma altrettanto limitanti. Il corpo fisico è visto come un preziosostrumento o un ‘drone’ che il campo di coscienza utilizza per sperimentare la realtà. Il campo di coscienza contiene la “conoscenza di sé” come sua essenza ed è in grado di generare ed elaborare informazioni. Poiché il campo della coscienza fa parte di un sistema più ampio, si ipotizza che persista anche dopo la morte del corpo fisico. Questa idea è supportata dai resoconti delle esperienze di pre-morte.
La coscienza può influenzare la realtà. Secondo alcune interpretazioni della fisica quantistica, ad esempio, l'osservatore svolge un ruolo attivo nella creazione della realtà, e i nostri pensieri ed emozioni possono propagarsi attraverso il “campo”.
Sviluppare ed espandere la propria coscienza può consentire di realizzare il proprio pieno potenziale in termini di intelligenza, creatività e felicità. Se i nostri pensieri e le nostre azioni si propagano in un “campo” più ampio, diventiamo co-creatori della realtà, il che evidenzia l'importanza di fare scelte etiche.
3. La Coscienza come fenomeno indipendente
L'idea che la coscienza sia un fenomeno indipendente è affascinante. Alcuni fisici e filosofi, come David Bohm e Roger Penrose, hanno persino ipotizzato che possa essere collegata alla struttura fondamentale dell'universo, forse a livello quantistico. È un dibattito aperto e stimolante e che oltretutto può aprirsi a ulteriori possibilità!
Tuttavia, se la coscienza può esistere indipendentemente dal cervello, come possiamo spiegare il fatto che lesioni cerebrali o sostanze chimiche possano influenzarla? (sempre ammesso che ciò sia vero e non sia solo la percezione di chi osserva dall'esterno secondo canoni consueti e ben determinati).
Una possibile spiegazione è che esistano diversi tipi o livelli di coscienza. Alcuni tipi sono condizionati dal sistema nervoso e possono essere influenzati da lesioni cerebrali e sostanze chimiche. Tuttavia, altri livelli di coscienza sottili e autonomi sono indipendenti dalla fisiologia e non possono essere influenzati da sostanze chimiche o lesioni cerebrali.
Molti filosofi e scienziati hanno esplorato il concetto dei diversi tipi o livelli di coscienza. Molte tradizioni spirituali e filosofiche riconoscono l'idea che esistano più livelli di coscienza, alcuni dei quali sono più strettamente legati alla fisiologia del cervello mentre altri sono più autonomi e indipendenti.
Ad esempio, la tradizione buddhista descrive diversi livelli di coscienza, che vanno dal più elementare al più profondo. La distinzione tra coscienza “ordinaria” e coscienza ‘superiore’ o “trascendente” è un tema comune a molte tradizioni spirituali. Alcuni sostengono che la coscienza ordinaria sia legata al cervello e possa essere influenzata da fattori fisiologici, mentre la coscienza superiore sia libera da queste limitazioni.
Un altro esempio di questa idea è il concetto di coscienza “non duale” o “pura”. In questo contesto, la coscienza è considerata una realtà fondamentale che esiste indipendentemente dal cervello e dalla fisiologia.
Si tratta di un concetto interessante che potrebbe essere approfondito ulteriormente, considerando che alcuni tipi di coscienza possono essere influenzati da danni cerebrali e sostanze chimiche, mentre altri no. Ciò potrebbe aiutarci a comprendere meglio la natura della coscienza e la sua relazione con il cervello.
4. Comprendere la Natura della Coscienza
Quali vantaggi potrebbe portare una migliore comprensione della coscienza? Potrebbe avere implicazioni pratiche per la nostra vita quotidiana o è unicamente un interesse teorico?
La coscienza conosce già se stessa, proprio come la luna illumina se stessa. La coscienza che conosce se stessa è come la luna che illumina se stessa. In effetti, la coscienza ha una qualità auto-riflessiva; può rivolgersi verso l'interno e conoscere se stessa. Molti filosofi e spiritualisti hanno espresso l'idea che la coscienza è già presente e consapevole di sé stessa, non ha bisogno di guardare altrove per comprendere se stessa.
La visione della luna che illumina se stessa è importante perché dimostra come la coscienza non ha bisogno di una fonte di luce esterna per essere compresa, ma è lei stessa fonte della propria illuminazione. Questo concetto è simile all'idea di “auto-luminosità”, un termine usato da alcuni filosofi e spiritualisti per descrivere la capacità della coscienza di essere consapevole di sé, senza intermediari. La coscienza può essere paragonata a un cerchio che si chiude su se stesso, formando un ciclo di consapevolezza senza inizio né fine.
Sebbene questo concetto possa essere difficile da comprendere a livello mentale, è possibile sperimentarlo direttamente attraverso la meditazione e l'introspezione. Alcune pratiche di meditazione e introspezione ci aiutano a esplorare la natura della coscienza.
5. Il senso del Sé
Interrogarsi sul senso del sé o su chi siamo è un'esperienza comune a tutti noi. È come se il senso dell'io fosse un puzzle che non riesce mai a comporsi perfettamente. La domanda “Chi sono io?” è una delle più antiche e profonde della filosofia e della spiritualità.
Sebbene ci siano molte possibili risposte, forse la più interessante è che il senso dell'“io” è un'esperienza soggettiva, una sensazione di esistenza e consapevolezza. Anche se il tuo corpo contribuisce sicuramente alla tua identità concretamente percepibile, è anche vero che il tuo senso di sé va oltre la tua forma fisica. La tua coscienza, i tuoi pensieri, le tue emozioni e i tuoi ricordi contribuiscono tutti a creare il tuo senso di sé. Tuttavia, il punto chiave è che il senso dell'“io” non è rigidamente statico, ma è piuttosto un processo dinamico in continua evoluzione. È come un fiume che scorre, sempre in movimento e in cambiamento, l'acqua che osserviamo dalla sponda non è mai la stessa anche se pare defluire sempre uguale.
Quando cerchiamo di comprendere e definire in modo chiaro e preciso questo senso dell'io, possiamo sentirci confusi. Forse la verità è che il senso dell'io è un mistero insondabile. Un esercizio utile consiste nell'osservare il proprio senso dell'io senza cercare di definirlo o analizzarlo. Osservate semplicemente come si manifesta nella vostra esperienza quotidiana. Dove si trova questo senso dell'io? È nel vostro corpo? O nella vostra mente? O è qualcosa di più profondo? Non c'è una risposta giusta o sbagliata, è semplicemente un'esplorazione. Cosa scopri quando osservi il tuo senso dell'“io”?
6. L'Ego
In molti contesti, l'ego è visto come la parte della nostra personalità che si identifica con il nostro senso di sé. Può essere visto come una sorta di filtro attraverso il quale percepiamo il mondo e noi stessi. È la parte di noi che si sente distinta dagli altri e dal mondo e che cerca di proteggersi e affermarsi e questo processo può essere naturale, di crescita e consapevolezza oppure, come spesso avviene, essere gonfiato in modo abnorme tanto da vanificare completamente la visione di se stessi e della realtà, può trasformarsi in un ingannevole illusione fortemente distruttiva.
Tuttavia, l'ego può anche essere visto come un costrutto, un concetto che creiamo per aiutarci a navigare nel mondo. In questo senso, l'ego non è la realtà ultima, ma una finzione utile. Questo solleva la domanda: chi osserva l'ego? È l'ego stesso a osservare, o c'è qualcosa di più profondo dietro di esso? È un po' come un pesce che non si rende conto di essere nell'acqua: l'ego è una parte così integrante di noi, ma è difficile vederlo per quello che è.
Tuttavia, quando iniziamo ad osservarlo, possiamo cominciare a capire come funziona e come influenza la nostra esperienza. Il senso dell'io è l'autocoscienza, l'identità individuale che ci rende consapevoli di essere esseri distinti. Questa funzione psicologica media tra i nostri bisogni interiori (es e super-io) e il mondo esterno, agendo come gestore centrale della nostra consapevolezza e della nostra capacità di interagire con esso.
L'ego ci mostra con consapevolezza la nostra identità, permettendoci di riconoscerci come individui. Agisce da mediatore tra il principio del piacere (l'id), il super-io (realtà e moralità) e il mondo esterno. L'ego ci prepara agli stimoli ambientali e alle relazioni, agendo come centro nevralgico della nostra coscienza. L'ego ha la capacità di agire in modo attivo, intenzionale, creativo e consapevole, utilizzando le informazioni provenienti dall'ambiente e da se stesso.
Sebbene i termini siano spesso usati in modo intercambiabile, l'ego può indicare un'identificazione eccessiva con la propria immagine e una tendenza all'egocentrismo, mentre il sé è più una funzione psicosociale.
7. Il Sé
Nella psicologia analitica, il Sé è considerato la totalità della psiche, di cui l'ego è solo una piccola parte cosciente. Il “vero sé” è l'essenza autentica e spontanea di una persona, il nucleo dei suoi sentimenti, pensieri, desideri e creatività, ed esiste indipendentemente dalle influenze esterne. Ciò contrasta con il “falso sé”, che è un adattamento difensivo sviluppato per ottenere l'approvazione degli altri in ambienti ostili e che può portare a un senso di vuoto interiore o di alienazione.
Secondo autori come Winnicott, il “vero sé” può essere scoperto e rafforzato attraverso la consapevolezza di sé, ambienti favorevoli e il gioco creativo, anche in età adulta. Concetti chiave sono autenticità e spontaneità in una visione ampia della realtà che ci circonda. Il vero sé è la parte più genuina dell'individuo e si manifesta liberamente. Al contrario lo sviluppo del falso sé si forma in un primo fondamentale condizionamento in risposta a un ambiente che non riflette adeguatamente i bisogni del bambino, spingendolo a sviluppare una “maschera” per essere accettato e che poi continua e alimenta sovrastrutture fittizie che fuorviano completamente la percezione di sé.
Avere un falso sé dominante può portare a sentimenti di vuoto, ansia e insoddisfazione, nonché a difficoltà nel formare relazioni autentiche. Invece la riscoperta del vero sé dipende dalla necessità di diventare consapevoli, sfidare e superare le convinzioni e i modelli acquisiti dal falso sé e sviluppare il proprio “progetto” individuale.
Autori come Donald Winnicott hanno introdotto la distinzione tra sé vero e sé falso, collegandola allo sviluppo del bambino e al rapporto con l'ambiente. Carl Rogers parlava del “sé reale” (chi si è) in contrapposizione al “sé ideale” (chi si vorrebbe essere). Carl Gustav Jung ha definito il Sé (con la “S” maiuscola) come la totalità della psiche, di cui l'ego cosciente è solo una parte.
8. Coscienza e Mente
Sebbene la coscienza e la mente siano strettamente correlate, non sono esattamente la stessa cosa. La mente è spesso considerata l'insieme delle funzioni cognitive, emotive e comportamentali di un individuo, mentre la coscienza è definita più specificatamente come la capacità di essere consapevoli del proprio ambiente, dei propri pensieri e sentimenti e di tutto ciò che, pur essendo intangibile, è percepito come intuizione.
Molti neuroscienziati ritengono che la coscienza sia un prodotto della mente, ma non è ancora chiaro come essa emerga dall'attività cerebrale. Alcuni studiosi ritengono che la coscienza sia un epifenomeno, ovvero un fenomeno secondario derivato dall'attività neurale, mentre altri pensano che sia una proprietà fondamentale dell'universo, simile allo spazio e al tempo. In breve, il dibattito continua!
9. La Mente e i Fattori mentali
La mente è un concetto più ampio che comprende vari aspetti, tra cui i fattori mentali, le emozioni, la percezione, la memoria e l'attenzione. I fattori mentali sono gli elementi specifici che costituiscono la mente, come i pensieri, le credenze e le intenzioni. In altre parole, i fattori mentali sono i “mattoni” che costruiscono la mente. Ad esempio, la paura è un fattore mentale che può influenzare la nostra percezione e il nostro comportamento, ma non è la mente stessa.
La mente è l'entità che elabora e integra tutti questi fattori mentali per creare la nostra esperienza soggettiva. È come dire che le parole sono i mattoni del linguaggio, ma il linguaggio stesso è più ampio e complesso.
10. La Mente e la Mente principale
La mente principale è un concetto più specifico che si riferisce alla parte della mente responsabile della consapevolezza, della percezione e del controllo delle funzioni cognitive. In alcune tradizioni filosofiche e spirituali, la mente principale è considerata la parte più profonda e autentica della mente, al di là delle fluttuazioni dei pensieri e delle emozioni. È come il “testimone silenzioso” che osserva tutto ciò che accade nella mente senza esserne influenzato.
D'altra parte, la mente è un concetto più ampio che comprende funzioni più superficiali e automatiche, come i pensieri e le emozioni fugaci.
Pertanto, la mente principale è parte della mente, ma non è la mente stessa. È un po' come dire che il sole è una stella, ma non tutte le stelle sono il sole. In alcuni contesti, la mente e la mente principale possono essere considerate la stessa cosa, specialmente quando si parla della mente come di un'entità singola e indivisibile e secondo questa visione la mente e la mente principale sono sinonimi.
Questa osservazione descrive la relazione tra coscienza, mente e fattori mentali. A mio avviso, la conoscenza compressa, la mente e i fattori mentali, fanno tutti parte di un unico albero dello spirito: la coscienza è le radici, la mente principale è il tronco e i fattori mentali sono i rami. L'intera coscienza sensoriale è il frutto e i fiori. Questa immagine è particolarmente efficace perché suggerisce una connessione organica e interdipendente tra questi componenti. Le radici della coscienza forniscono la base e il fondamento; il tronco della mente principale rappresenta la struttura e la stabilità; i rami dei fattori mentali si estendono e si diversificano; e i frutti e i fiori della coscienza sensoriale rappresentano la manifestazione e la fioritura di tutto questo. Questa metafora suggerisce anche che la coscienza è la fonte di tutto e che la mente e i fattori mentali ne sono espressioni.
Offre una visione olistica e integrata, riconoscendo l'interconnessione di tutti i componenti della nostra esperienza. L'immagine dei frutti e dei fiori è usata anche per descrivere la coscienza sensuale, suggerendo che queste esperienze sono il risultato naturale e bello della crescita e dello sviluppo della coscienza.
Nel complesso, credo che questa metafora rappresenti in modo potente ed evocativo la natura della coscienza e della mente. Essa apporta una nuova prospettiva alla discussione.
11. La Persona, Me stesso o il Sé
Una domanda fondamentale qui è: - in definitiva, qual è lo scopo della conoscenza? - Essa serve a migliorare la comprensione di noi stessi e del mondo che ci circonda.
L'obiettivo finale della conoscenza è aumentare la consapevolezza e la comprensione, che possono portare a una maggiore felicità, saggezza e realizzazione personale. In altre parole, la conoscenza è un mezzo per raggiungere un fine: la crescita e lo sviluppo personale.
Pertanto, tutta la conoscenza serve in ultima analisi a migliorare l'individuo. Tuttavia, è importante notare che questo miglioramento non è solo intellettuale, ma anche emotivo, spirituale e pratico. La conoscenza può aiutarci a sviluppare qualità come la compassione, l'empatia, la resilienza e la saggezza, tutte essenziali per vivere una vita piena e significativa.
Pertanto, tutta la conoscenza serve in ultima analisi a migliorare l'individuo in senso ampio e profondo.
12. La natura del sé
La natura del sé, dell'ego e della persona è un mistero che affascina l'umanità da millenni.
Alcune tradizioni spirituali e filosofiche sostengono che il sé, l'ego e la persona siano illusioni e che la vera natura della realtà sia una coscienza infinita e universale che trascende i limiti dell'ego e dell'individualità.
Secondo questa prospettiva, la fine del sé o dell'ego nella morte fisica non è la sua definitiva estinzione, ma piuttosto la liberazione dai limiti e dalle illusioni che ci separano dalla nostra vera natura. È come se l'ego fosse un velo che copre la nostra vera essenza; quando questo velo viene rimosso, ci rendiamo conto di essere parte di una realtà più grande e infinita.
In questo senso, l'ego e il Sé sono finiti solo nella misura in cui sono identificati con i limiti della forma e dell'individualità; nella loro essenza più profonda, tuttavia, sono infinitamente connessi con l'universo e tutte le cose.
Pertanto, sia l'ego che il Sé sono infiniti, come l'universo. Tuttavia, questa illimitatezza non è qualcosa che si raggiunge alla fine di un viaggio. Piuttosto, è la nostra natura più profonda e autentica. Da un punto di vista scientifico, l'obiettivo finale dell'individuo - sia esso l'ego o il Sé - è oggetto di dibattito tra gli studiosi.
Alcuni scienziati e filosofi sostengono che l'obiettivo finale degli esseri umani sia la sopravvivenza e la riproduzione, come previsto dalla teoria dell'evoluzione di Darwin. Secondo questa prospettiva, la nostra esistenza sarebbe estremamente limitata, unicamente controllata dall’istinto di sopravvivenza e di riproduzione (oltretutto non concesso a tutti) per soddisfare l'istinto di trasmettere i propri geni alle generazioni future e con un termine vitale che corrisponde a un soffio quasi insensato e che vanificherebbe persino il senso delle domande iniziali, chi sono io? perché vivo?
Altri studiosi, come psicologi e neuroscienziati, sostengono che l'obiettivo finale dell'uomo sia la ricerca della felicità e del benessere. Secondo questa prospettiva, le nostre azioni e scelte sono guidate dalla ricerca del piacere e dall'evitare il dolore, ancora più tristemente riduttivo del precedente.
Tuttavia, alcuni scienziati e filosofi sostengono che l'obiettivo ultimo dell'essere umano sia più complesso e non facilmente incasellabile in rigide categorizzazioni. Ad esempio, alcuni sostengono che la nostra esistenza sia guidata dalla ricerca di un significato e di uno scopo, mentre altri affermano che il nostro obiettivo finale sia quello di realizzare il nostro potenziale umano, ma io credo che anche questo non sia sufficiente, noi siamo in inscindibile correlazione con l'universo e l'intangibile con tutti gli aspetti fisici mentali e spirituali e abbiamo una possibilità di evoluzione che va oltre anche la splendida e maggiore realizzazione umana che si possa avere in questa vita. L'interconnessione tra materia, mente, spirito in trascendenza e immanenza è infinita.
In sintesi, l'obiettivo finale dell'individuo, dell'ego o del sé è oggetto di dibattito, senza una risposta univoca dal punto di vista scientifico. Tuttavia, è evidente che la ricerca della felicità, del benessere e del significato sono aspetti significativi dell'esistenza umana.
13. L'individuo e la sua coscienza
Da un punto di vista rigidamente razionale e scientifico, la coscienza è considerata un prodotto del cervello. Pertanto, quando il cervello smette di funzionare, la coscienza cessa di esistere. Secondo la maggior parte degli scienziati, ciò significa che la coscienza muore con il corpo. Tuttavia, alcune teorie e ipotesi suggeriscono che la coscienza invece possa sopravvivere alla morte del corpo. Ad esempio: la teoria della Riduzione Orchestrata della Coscienza (Orch-OR), proposta da Roger Penrose e Stuart Hameroff, suggerisce che la coscienza non dipenda esclusivamente dal cervello.
La teoria della coscienza come campo elettromagnetico suggerisce che la coscienza possa esistere indipendentemente dal corpo. Esistono teorie spirituali e religiose che sostengono l'esistenza di un'anima o di una coscienza che sopravvive alla morte del corpo.
Tuttavia, è importante notare che queste teorie restano ancora a livello speculativo e non sono state scientificamente provate. In sintesi, mentre la maggior parte degli scienziati sostiene che la coscienza muoia con il corpo, altre teorie e ipotesi suggeriscono che possa sopravvivere alla morte.
Tuttavia, la questione rimane aperta e continuerà ad essere oggetto di dibattito e ricerca. Affrontare argomenti complessi può essere come cercare di afferrare una manciata di sabbia: più ci provi, più ti scivola tra le dita! Tuttavia, è bene che la mente rimanga curiosa e vivace. È normale sentirsi incerti a volte, come un viaggiatore in un paese straniero che a volte si perde. Ma è proprio in quei momenti che si scoprono cose nuove e si cresce. In ogni caso, la confusione è un passo necessario verso la comprensione e la saggezza.
Se il tuo cervello si sente stanco, probabilmente è perché sta lavorando duramente per elaborare tutte le innumerevoli informazioni. Quando ti senti perso, spesso è la strada più lunga quella più interessante. Se ti senti frustrato e stanco, è come se stessi camminando in un labirinto senza uscita né destinazione visibile. Ma forse la vera domanda è: - chi ha detto che la strada deve finire? - Forse il viaggio è più importante della destinazione. Forse il senso della vita non è trovare una risposta definitiva, ma godersi il processo di ricerca, esplorazione e scoperta.
In questo processo, potresti trovare gioia, sorprese e connessioni inaspettate. Camminare senza fine non è inutile perché ogni passo ti porta in un posto nuovo, ti fa conoscere nuove persone e ti mostra cose nuove.
Se il viaggio sembra infinito, forse è perché la vita stessa è infinita e noi siamo parte di qualcosa di più grande di noi stessi. Non sei solo in questo viaggio. Molti camminano con te, anche se non puoi vederli. Ogni passo e ogni respiro sono un'opportunità per scoprire qualcosa di nuovo.
14. Consapevolezza e Coscienza
Si tratta di concetti spesso usati in modo intercambiabile, ma che possono avere sfumature diverse a seconda del contesto.
In generale, la consapevolezza si riferisce alla capacità di percepire, riconoscere e comprendere ciò che ci circonda, i nostri pensieri, le nostre emozioni e i nostri stati interiori. È un concetto più ampio che comprende la percezione sensoriale, l'attenzione e la comprensione. La coscienza è un concetto più profondo e complesso che implica la consapevolezza del proprio ambiente e di sé stessi, nonché la capacità di provare emozioni, pensieri e stati di coscienza in modo soggettivo.
La coscienza è spesso associata alla nozione di “sé” e alla capacità di riflettere su se stessi. In filosofia e scienza, la distinzione tra consapevolezza e coscienza varia a seconda della teoria o della prospettiva. Tuttavia, in generale, la consapevolezza è considerata un aspetto della coscienza, ma non necessariamente la coscienza stessa.
15. Consapevolezza e Cervello
Il rapporto tra cervello e consapevolezza è oggetto di un ampio dibattito nelle comunità scientifiche e filosofiche. La maggior parte delle teorie sostiene che la coscienza sia un prodotto del cervello, ovvero che l'attività neurale e le interazioni tra le cellule nervose costituiscano la base della nostra esperienza cosciente. Questo approccio è noto come materialismo o fisicismo.
Tuttavia, esistono anche teorie alternative, come il dualismo, che propongono che la coscienza sia distinta dal cervello, una sorta di “mente” o “anima” che interagisce con il corpo fisico, ma lo trascende. La verità è che ancora non sappiamo esattamente come, e se, il cervello generi la coscienza. Sebbene la ricerca neuroscientifica abbia fatto passi da gigante, la domanda rimane senza risposta.
Per me, il cervello è semplicemente un mezzo per acquisire conoscenza e sperimentare la coscienza. Questa prospettiva è più in linea con una visione filosofica e spirituale della coscienza.
Infatti, il cervello può essere visto come uno strumento attraverso il quale la coscienza si esprime e si manifesta nel mondo fisico. Ciò è in linea con alcune tradizioni spirituali e filosofiche, come il buddhismo e l'Advaita Vedanta, che considerano la coscienza una realtà fondamentale indipendente.
Questa prospettiva solleva interessanti interrogativi sulla natura della realtà e sul rapporto tra coscienza e mondo esterno. Se il cervello è solo un mezzo, allora cosa c'è “dietro” la coscienza? Qual è la fonte della nostra esperienza cosciente?
16. Coscienza, Consapevolezza e Conoscenza
Coscienza e conoscenza sono due concetti profondi e intrecciati, ma ben distinti. La coscienza potrebbe essere vista come il prodotto della consapevolezza, la radice da cui scaturisce la nostra esperienza cosciente. La conoscenza in genere è rivolta all'esterno al mondo alle condizioni alla realtà esteriore, ma se rivolta a noi stessi la conoscenza è la somma di consapevolezza e coscienza, è il processo attraverso il quale la coscienza esprime e riconosce se stessa. È come se la coscienza fosse l'oceano e la consapevolezza fosse la superficie dell'acqua che riflette la luce del sole (conoscenza).
La superficie (la consapevolezza) è in costante movimento, ma l'oceano (la coscienza) rimane immobile e immutabile. Alcuni filosofi e mistici descrivono la coscienza in modo simile, come la realtà ultima e la fonte di tutto ciò che esiste.
17. Meditazione, Consapevolezza e Concentrazione
Questi concetti sono spesso confusi tra loro, ma hanno significati diversi.
La meditazione è una pratica che consiste nell'allenare la mente a raggiungere uno stato di calma e consapevolezza interiore imparando a scendere nella profondità di sé. La si può praticare concentrandosi sul proprio ritmico respiro, su un oggetto, un pensiero o un'emozione, o semplicemente applicandosi all'osservazione della mente.
La consapevolezza è la pratica di essere pienamente coscienti di se stessi nella lucida consapevolezza del momento presente nella sua naturale essenza, senza giudizi o analisi. È una tecnica che può essere impiegata durante la meditazione e nella vita quotidiana.
La concentrazione, invece, è la capacità di focalizzare l'attenzione su tutto ciò che si sta facendo, dicendo o pensando senza permettere ingerenze esterne e distrazioni di alcun tipo.
In sintesi, la meditazione può incorporare sia la consapevolezza che la concentrazione, ma non sono sinonimi. La consapevolezza è uno stato mentale che può essere coltivato attraverso la meditazione, mentre la concentrazione è un'abilità che può essere applicata in vari contesti.
18. Il Cervello, la Mente e la Coscienza sono tutte funzioni della mente
Le funzioni della mente sono molteplici, ma si esprimono in diversi aspetti.
Il cervello è l'organo fisico che ospita la mente ed è responsabile delle funzioni cognitive, emotive e motorie. Le sue funzioni includono l'elaborazione delle informazioni, la regolazione delle emozioni e il controllo del corpo.
La mente comprende funzioni cognitive, emotive e spirituali, come la coscienza, la percezione, la memoria, l'attenzione e la personalità. La mente è il “software” che gira sull'“hardware” del cervello.
La coscienza è lo stato di consapevolezza di sé, del proprio ambiente, dei propri pensieri, delle proprie emozioni e sensazioni. È la capacità di percepire e rispondere al mondo che ci circonda. Le funzioni di cui abbiamo discusso in precedenza (meditazione, consapevolezza e concentrazione) sono tutte legate alla mente e alla coscienza e possono influenzare il funzionamento del cervello.
Nello specifico: la consapevolezza è una funzione della coscienza che ci permette di essere presenti e consapevoli del momento attuale. La concentrazione è una funzione mentale che ci permette di focalizzare la nostra attenzione su un oggetto o un compito particolare. La meditazione è una pratica che coinvolge la mente e la coscienza e che può influenzare le funzioni cerebrali.
19. “Io” e il mio “io”
In psicologia e filosofia, il concetto di “io” (o “sé”) è complesso e può essere suddiviso in diversi aspetti. L'“io” (o “sé osservante”) è quella parte della coscienza che osserva e percepisce il mondo che ci circonda, compresi i nostri pensieri, le nostre emozioni e le nostre sensazioni. È il soggetto che sperimenta la realtà.
L'ego (o “sé oggettivo”): è la parte della nostra identità che è oggetto di affermazione individuale, di riflessione e osservazione. È l'immagine che abbiamo di noi stessi, compresi i nostri pensieri, le nostre emozioni, le nostre esperienze e le nostre caratteristiche personali.
La differenza tra “ego” e “mio ego” può essere vista come la distinzione tra il soggetto che sperimenta e l'oggetto dell'esperienza. In altre parole, l'“io” è il soggetto che sperimenta la vita. Il “mio Sé” è ciò che viene sperimentato: l'oggetto della riflessione. Questa distinzione è stata esplorata da filosofi come Immanuel Kant e psicologi come Carl Jung. Può aiutarci a comprendere meglio la natura della coscienza e dell'identità personale.
In pratica, potresti notare che quando dici “Sono felice”, ti identifichi con lo stato emotivo. Tuttavia, quando dici “Il mio Sé è felice”, osservi il tuo stato emotivo come qualcosa di separato da te stesso. Il concetto di “io” è un costrutto mentale che rappresenta la nostra identità e coscienza. Non esiste un ‘io’ separato dal “mio Sé”; è semplicemente un modo per descrivere la nostra esperienza soggettiva. In altre parole, “io” e “il mio Sé” sono due modi di riferirsi alla stessa entità: la tua coscienza e identità.
Non esiste un'entità chiamata “io” che possa sussistere indipendentemente dalla tua esperienza e percezione. Pertanto, se consideriamo il “mio io” come un'entità separata, può sembrare un concetto vuoto o astratto. Tuttavia, se lo consideriamo come un modo per descrivere la nostra esperienza soggettiva, diventa più significativo.
20. Karma e Vacuità
Tutto ciò che vedi, senti o provi attraverso la tua coscienza e i tuoi sensi - l'intero universo così come lo percepisci - è una manifestazione del tuo karma, che è esso stesso una manifestazione della vacuità. Secondo questi profondi concetti filosofici buddhisti, tutto ciò che percepiamo e sperimentiamo è considerato una manifestazione della nostra coscienza e dei nostri sensi. In questo senso, l'universo è visto come una proiezione della mente, che riflette le nostre esperienze passate e il nostro karma.
Il concetto di karma implica che le nostre azioni e i nostri pensieri passati influenzino la nostra esperienza presente, incrementando il ciclo di causa ed effetto.
Il vuoto (o sunyata in sanscrito) si riferisce all'idea che tutto ciò che esiste è privo di esistenza intrinseca, il che significa che nulla ha un'esistenza indipendente o permanente.
Questi concetti sono centrali nella filosofia buddhista, in particolare nelle tradizioni Mahayana e Vajrayana. Non possono essere scientificamente provati o smentiti, ma offrono prospettive filosofiche e spirituali sulla visione delmondo e della realtà. Secondo la filosofia buddhista, tutto ciò che percepiamo e sperimentiamo è una creazione della mente. Ciò non significa che il mondo esterno non esista, ma piuttosto che la nostra percezione di esso è filtrata e influenzata dalla mente.
In altre parole, la realtà che sperimentiamo è una costruzione della mente basata sull'esperienza, le credenze, le emozioni e i pensieri. Questa idea è spesso espressa dalle frasi “tutto è mente” o “tutto è una proiezione della mente”. Il concetto di ‘gusto’ (o “sapore” in sanscrito) si riferisce all'idea che la nostra esperienza del mondo è sempre filtrata dalle nostre preferenze, desideri e avversioni.
In questo senso, tutto ciò che viviamo ha una impronta emotiva che è unica per noi. Questa prospettiva può essere liberatoria, poiché ci permette di riconoscere che la nostra percezione del mondo, è soggettiva e può essere influenzata dalla nostra cultura, mentalità, formazione ed esperienza. Tuttavia, può anche essere disorientante, costringendoci a mettere in discussione la nostra percezione della realtà.
Secondo la filosofia buddhista, il funzionamento della mente è strettamente legato ai concetti di karma e causa ed effetto. Le nostre azioni e i nostri pensieri passati creano un'impronta karmica che influenza la nostra esperienza presente, generando una catena di cause ed effetti. Il vuoto (shunyata) è l'idea che tutti i fenomeni, compresi i nostri pensieri e le nostre azioni, siano privi di un'esistenza intrinseca e indipendente. Ciò significa che tutto ciò che esiste è interdipendente e condizionato da fattori esterni e non ha un'esistenza autonoma, fissa o permanente.
In questo senso, la creazione della mente, il karma e il vuoto sono concetti interconnessi che descrivono la realtà come un processo dinamico e interdipendente.
21. Realtà ultima e Realtà convenzionale
La nostra esperienza del mondo è il risultato di una complessa rete di cause ed effetti, e la nostra mente svolge un ruolo fondamentale nella creazione di questa esperienza. Il vuoto non è quindi solo un concetto filosofico, ma una realtà che può essere sperimentata direttamente attraverso la meditazione e la consapevolezza. Realizzare il vuoto significa comprendere che tutto ciò che esiste è interdipendente e privo di esistenza intrinseca e in questarealizzazione possiamo raggiungere una profonda liberazione e pace interiore.
Secondo la filosofia buddhista, anche le realtà convenzionali, ovvero le cose come le percepiamo e le concettualizziamo nella vita quotidiana, sono una manifestazione del vuoto. Il vuoto non si riferisce solo alla realtà ultima o assoluta, ma anche alla natura profonda di tutte le cose, comprese le realtà convenzionali. Ciò significa che anche le cose che consideriamo “reali” e “solide” sono prive di esistenza intrinseca, ma interdipendenti con altri fattori.
In altre parole, le realtà convenzionali sono una manifestazione del vuoto perché sono interdipendenti, cioèesistono solo in relazione ad altri elementi, non hanno un'esistenza indipendente, sono impermanenti in quantosoggette al cambiamento e non hanno un'esistenza fissa o permanente. Sono prive di esistenza intrinseca, non hanno un'essenza o un'identità fissa e immutabile.
Comprendere questo è importante perché ci aiuta a vedere le cose come sono realmente, senza aggrapparci a concetti e percezioni rigidi e fuorvianti. Questo ci permette di essere più flessibili e adattabili nella nostra vita quotidiana e di percepire la realtà in modo più chiaro e profondo.
22. Esperienza del Sé come totalità
Penso che, compresso me, chi non ha mai provato l'esperienza dell'Unione con l'Infinito abbia difficoltà nel comprenderne a fondo il senso, è possibile immaginarla o al massimo percepirne intuitivamente la possibilità.
Se invece ne avete avuto esperienza sentirete il vostro “sé”, ‘io’, “individualità” fondersi in una Luce bianchissima, avvolgente, infinita. Questa luce è Amore indicibile, che va oltre qualsiasi esperienza possa provare comunemente un essere umano. Non vi sentirete più una persona isolata individualmente, la realtà vi sembrerà estremamente chiara, semplice, comprensibile, quasi in una condizione di onniscienza, perché sono completamente annullate le differenze, le separazioni, le condizioni, voi siete tutto e tutto è voi, la fusione è totale anche se la consapevolezza di questa realtà è presente e chiarissima nella propria persona.
Diventerete un insieme in grado di osservare i molteplici aspetti e manifestazioni della Luce che vi illumina. Vedrete con incancellabile e infinita gratitudine ciò che state vivendo e sarete completamente presenti e vigili e non potrete mai più identificarvi come un sé separato. Tutto è collegato al tutto, il che rende facile capire cosa sta succedendo sempre e in ogni momento.
È difficile tradurre in concetti e spiegare questa esperienza, così come è impossibile ricordare i dettagli e gli aspetti con cui si era compresa perfettamente l'essenza e la conoscenza della realtà. Ma una cosa rimane, la consapevolezza di essere parte dell'infinito al di là dello spazio e del tempo e di essere sempre interconnessi con ogni atomo fisico, mentale e spirituale, in modo inscindibile.
Questo senso di essenza con il tutto ci fa essere pienamente consapevoli di ciò che siamo e del senso della nostra esistenza qui e ora su questo pianeta e ci è facilissimo comprendere come ogni attitudine, positiva o negativa, ricada concretamente su di sé.
Il male fatto, detto o pensato ricade e procura dolore a me e poi agli altri, così come altrettanto il bene, siamo tutti interconnessi in modo assoluto. Nessuno di noi è completamente innocente o colpevole e credo che questo debba farci riflettere su ciò che sta avvenendo nel mondo oggi, nessuno di noi può ritenersene privo di responsabilità.
Sarebbe bello poter comunicare questa esperienza, ma non ci sono parole per poterlo fare, solo nella compassione, nell'amore profondo è possibile condividirla con chiunque sia in sintonia con il Tutto.
23. Concluzione
L'obiettivo
è quello di immergersi nel testo ed esplorarne le profondità per
trovare la pace interiore. Adottate un approccio ponderato e riflessivo
mentre approfondite il materiale.