Lo
Yoga del Corpo illusorio
Lama
Geshe Gedun Tharchin
2
- 5 giugno 2016
Cagliari
INDICE
***********
Parte
prima; pag. 4
Parte
seconda; pag. 6
Parte
terza e quarta pag. 10
Parte
quinta; pag. 13
Parte
sesta e settima pag. 15
Parte
ottava pag. 16
Parte
nona pag. 17
Parte
decima pag. 20
Parte
undicesima pag. 26
Parte
dodicesima pag. 27
Parte
prima
*****
Buon
giorno a tutti e grazie per essere qui.
Iniziamo
oggi un ritiro di quattro giorni in cui andremo oltre lo stato
consueto, ordinario, per immergerci con consapevolezza, compassione,
saggezza in un contesto di libertà, purezza, pace nella spiritualità
e nel Dharma in pienezza di vita.
Abbandoniamo
con semplicità, gentilezza e cuore aperto ogni attaccamento in
unione con l’intero universo, il mondo è noi e noi siamo il mondo,
l’universo è noi e noi siamo l’universo, questa è l’essenza
del dimorare nella pace, nell’armonia, nell’equanimità, nel
non-dualismo tra corpo, parola e mente.
Questo
è il nostro compito, qui e ora, e chiedo a voi di introdurre e
condividere con preghiere e le vostre personali intenzioni che
segnano l’unità del Sangha.
Procediamo
ora con la pratica di Avalokiteśvara o Cenresig che io guiderò in
tibetano e che voi seguirete visualizzandoci nella purificazione e
trasformazione.
Iniziamo
con la presa di rifugio in Buddha, Dharma e Sangha e nelle divinità
personali e protettori. Dedichiamo poi la pratica delle sei pāramitā
a beneficio di tutti gli esseri senzienti.
Con
i quattro pensieri incommensurabili possano tutti gli esseri
senzienti incontrare la felicità e la causa della felicità; essere
separati dalla sofferenza de dalle cause della sofferenza; non essere
mai separati dalla gioia e dalle cause della gioia; e possano
dimorare nella pace dell’equanimità.
Visualizzando
noi stessi nella forma di Avalokiteśvara trasformiamo la nostra
essenza nell’essenza di tutti i fenomeni, nella vacuità, e in
questo modo sorgiamo nella forma di Avalokiteśvara, il Buddha della
compassione.
(segue
guida meditativa con
preghiere
di offerte, visualizzazioni e contemplazione)
Ora
dissolviamo tutte le visualizzazioni in noi stessi e rientriamo nello
stato ordinario mantenendo intatta la gioia, la felicità
sperimentata.
Questa
breve pratica dello yoga della divinità ha un grande valore e oggi
l’abbiamo concentrata sul Avalokiteśvara, il Buddha della
compassione.
La
capacità di visualizzare e trasformare la propria condizione usuale
nello stato della divinità è praticabile con qualsiasi essere
illuminato, sia nel Buddha Śākyamuni, che in Mañjuśrī, in Tārā,
in Avalokiteśvara e in tanti altri, la modalità è la stessa, ciò
che cambia, che ne è radicalmente trasformato è il nostro livello
di esistenza.
Nella
pratica della divinità sono impartanti tre cose:
Tutto
ciò che percepiamo deve essere osservato nella sua natura ultima di
vacuità, non soffermarsi dunque alla prima apparenza, ma saper
andare oltre;
Tutto
ciò che è osservato nella sua vacuità si presenta dunque in noi
nella visione pura di beatitudine sottile, interiore;
L’unione
tra beatitudine e vacuità si trasforma in natura di divinità, che
non è una persona, ma il risultato della completa purificazione di
corpo, parola e mente.
Queste
sono le tre fasi del passaggio spirituale che trasformano la realtà
ordinaria in straordinaria, e questo è ciò che dovremo fare insieme
in questi quattro giorni.
Lo
yoga della divinità passa dunque attraverso lo yoga del corpo
illusorio che produce nei tre passaggi la trasformazione del corpo
concreto di carne e ossa in corpo intangibile.
È
un compito forte, difficile, lungo, impegnativo, ma non impossibile,
perché abbiamo tutte le capacità per realizzarlo così da imprimere
utilità nella nostra esistenza, dobbiamo solo imparare a riconoscere
la realtà ultima.
Questa
condizione pura ci libera completamente dalle illusioni, dalle false
costruzioni dell’ego, è lo strumento potente che ci permette di
vivere pienamente nel samsāra, perché questa è la situazione
ottimale in cui ora possiamo muoverci, nessun altra, senza però
essere del samsāra. Saper godere di ogni istante con flessibilità,
apertura di mente e cuore così da vivere pienamente la propria
libertà che si trasforma naturalmente in libertà per gli altri.
La
natura divina non è prerogativa di templi, monasteri, paradisi, è
nell’essenza di tutto, terra, fuoco, acqua, aria e spazio e chi
dimora in questa realtà realizza la Mahāmudrā, il grande gesto,
qui sulla terra, ora, e non in un ipotetico futuro in cielo.
Intervento: Purtroppo
noi percepiamo erroneamente la realtà illusoria come reale in quanto
ci fermiamo a ciò che appare senza entrare nel profondo e osservarne
la vera essenza, il vuoto. Questo grave errore scaturisce dalla
nostra attitudine dicotomica che separa ogni cosa in soggetto -
oggetto rendendo così impossibile la chiara visione della perfezione
del Mahāmudrā.
Lama: Sono
davvero contento di condividere con voi questo seminario che tratta
di un argomento così profondo.
Parte
seconda
*****
Ieri
abbiamo parlato dello yoga della divinità, e oggi inizieremo con la
meditazione del guru yoga, tutti argomenti difficili, ma
indispensabili, sono pratiche che richiedono una forte, personale
motivazione altruistica, senza attaccamento, con attitudine profonda
di rinuncia, bodhicitta, amore, compassione.
L’altruismo
imprime grande forza e potenzialità in noi stessi e anche oltre
perché in realtà non esiste un dentro e un fuori, nella consapevole
pratica autentica crescono i valori spirituali che si espandono ben
al di là di noi stessi.
La
consapevolezza ci avvicina sempre più alla realtà nella liberazione
del cuore, dello spirito e l’altruismo ne è la maggiore forza.
In
genere noi ci abbandoniamo all’egoismo ritenendolo erroneamente la
nostra forza, mentre è invece la nostra più potente debolezza
poiché porta il suo carico di paura, di insicurezza e ci rinchiude
entro angusti confini, i limiti sono ovunque, ci rende
definitivamente suoi schiavi.
Attraverso
la meditazione, la riflessione, la conoscenza, la consapevolezza
giungiamo ad avere una visione estremamente chiara di questa
condizione che possiamo neutralizzare concretamente sperimentando la
forza dell’altruismo che è la nostra vera bellezza, il senso della
vita, gioia, armonia, amicizia, salute fisica e mentale in cui ogni
paura è vinta.
Quando
riusciamo a sperimentare il valore dell’altruismo diveniamo reale
risorsa per noi stessi e per tutto ciò che vive sul pianeta, per gli
altri, per la pace. Questo è ciò che hanno fatto Buddha, Cristo,
Gandhi e altri esseri davvero illuminati.
L’altruismo
non ha nulla a che vedere con il pietismo, il buonismo, l’elemosina
pelosa, ma è l’attitudine interiore profonda, completa,
dell’offerta gioiosa e spontanea di sé agli altri.
L’unico
modo di conquistare la propria vita è perderla completamente nel
servizio degli altri.
Gandhi
ha dimostrato la forza di questo amore in ogni istante della sua
vita, è l’unico vero potere che ogni essere umano possiede e che
può trasformare l’impossibile in possibile.
Quest’attitudine
interiore è indispensabile per accostarsi e realizzare qualsiasi
pratica di yoga, del guru, della divinità, del corpo illusorio,
della Chiara Luce.
Al
contrario, senza una profonda, forte, autentica motivazione
altruistica nulla è realizzabile, l’egocentrismo e l’egoismo che
riducono tutto ad uno sconsiderato attaccamento all’io e al mio,
sono la negazione di ogni gioia poiché ci incatenano in schiavitù,
imprigionati in un angolo angusto e oscuro, senza via d’uscita.
Però
bisogna essere estremamente consapevoli in ogni pratica di Dharma di
ciò che si sta facendo, poiché queste pratiche che hanno un
potenziale infinito, se affrontate con superficialità, incoscienza e
leggerezza possono diventare estremamente pericolose, la loro potenza
è grandissima e dunque deve essere usata con estrema prudenza,
conoscenza e consapevolezza.
La
motivazione altruistica, fondata sull’equanimità non necessita di
altro, è sufficiente non lasciare spazio nel continuum mentale
all’egoismo, in questo modo la nostra vita diventa automaticamente
piena, pura, bella, ricca di gioia e questa è la base per ogni
pratica di yoga.
Oggi
affronteremo in particolare lo yoga del corpo illusorio che si
manifesta nella nostra esistenza nel corpo ordinario.
Durante
il sonno vi è la possibilità della nascita del corpo del sogno nel
momento in cui si esce dalla dimensione ordinaria, tanto che a volte
si ha difficoltà a rientrarvi, benché questo ritorno sia comunque
necessario, ineludibile, e proprio in questo assaggio di esperienza
si ha la percezione dell’esistenza di un corpo sottile, invisibile,
intangibile, intrinseca parte di noi, eppure separato dal corpo
fisico.
Questo
corpo illusorio è il risultato della pratica ed è un’esperienza
durante lo yoga del sonno che ci introduce a quello che sarà lo yoga
della morte.
Durante
la morte entriamo nello stato intermedio con il corpo intermedio in
cui, uscendo dal corpo fisico, si sviluppa quello illusorio e questo
corpo intermedio rientrerà in altre rinascite.
Durante
il sonno nella consapevole pratica del guru yoga si può dunque
sperimentare questo corpo illusorio ed è un esercizio molto
importante per prepararci a ciò che avverrà durante lo yoga della
morte.
Nello
yoga della divinità si applica lo yoga dei tre kāya: Dharma.kāya
Sambhoga.kāya e Nirmāna-kāya. Questi tre kāya trasformano la
morte rispettivamente: il primo, lo yoga della morte, come sentiero
della realizzazione di Dharma-kāya; il secondo, lo yoga dello stato
intermedio, come sentiero della realizzazione di Sambhoga-kāya; e il
terzo, lo yoga della rinascita, come sentiero della realizzazione di
Nirmāna-kāya.
Lo
yoga della morte non significa che si debba concretamente morire
durante questa pratica, ma ci è dato di realizzarne l’esperienza
pur rimanendo vivi.
Lo
yoga dello stato intermedio ne permette l’esperienza durante la
vita.
Lo
yoga della rinascita è un esercizio di realizzazione che ne permette
l’esperienza durante la vita.
L’allenamento
nei tre kāya è fondamentale per trasformare la propria esistenza e
permettere nella vita una sperimentazione completa del processo della
morte.
Domanda: Lo
yoga della morte e dello stato intermedio fanno parte del
Sambhoga-kāya?
Lama: Lo
yoga della morte del Dharma-kāya, da questo si passa allo yoga dello
stato intermedio, di Sambhoga-kāya, e da questo allo stato di
rinascita, Nirmāna-kāya.
Definiamo
questi passaggi come livelli di generazione nel senso di
trasformazione e passaggio dallo stato ordinario a quello
straordinario. Dallo stato ordinario della morte si genera il
Dharma-kāya il corpo di verità; dallo stato ordinario intermedio il
Sambhoga-kāya, il corpo di godimento; e dal Nirmāna-kāya il corpo
della rinascita.
Questa
trasformazione non avviene per miracolo, ma con il potere
dell’immaginazione. Come affermò Einstein l’immaginazione è più
potente della conoscenza poiché è illimitata e ci permette di
sperimentare in vita l’intero processo di morte, nel corpo sottile,
nello stato intermedio e nel corpo di Buddha.
Per
questo insistiamo particolarmente sulla necessità di osservare ogni
fenomeno nella sua natura di vacuità, poiché questa visione
trasforma ogni fenomeno grazie all’immaginazione e da qui
scaturisce la beatitudine in quanto appare la natura divina del
tutto.
Questa
trasformazione si realizzerà poi, ma ora la possiamo già godere a
livello immaginario se ci alleniamo in tale attitudine, possiamo
realmente far scomparire la nostra visione ordinaria mutandola nella
realizzazione del Dharma-kāya ed è uno yoga che possiamo praticare
ora.
Una
sādhana di Avalokiteśvara dice che la natura della vacuità di
tutti i fenomeni è ciò che io sono, non c’è separazione tra
vacuità del mio io e il tutto, questa è la natura della realtà
ultima. La vacuità non è il nulla, ma l’infinito.
Intervento: Sono
concetti estremamente complessi e la loro comprensione richiederebbe
un maggior livello di conoscenza da parte nostra, però volendo
semplificare al massimo si potrebbe dire che tutto nasce dal vuoto,
tutto finisce nel vuoto e tutto ha la stessa natura, vi è una realtà
di consustanzialità sia all’origine che alla fine. E non si deve
cadere nel comune errore occidentale di considerare il vuoto come il
nulla, il vuoto è invece uno stato di infinita potenzialità da cui
può nascere qualsiasi cosa sia a livello fisico che mentale.
Già
Einstein aveva voluto sperimentare la possibilità di osservare con
la mente ciò che non possiamo vedere con la nostra componente
fisica, limitata, usando la visualizzazione dell’immaginazione.
Tale immaginazione per corrispondere alla realtà deve essere
preparata, costruita nella pratica, passo dopo passo, altrimenti si
tratta esclusivamente di fantasticherie che tutti sappiamo fare ma
che non hanno alcuna consistenza. Per questo i maestri hanno indicato
la necessità dello yoga, strumento che permette il passaggio dallo
stato concreto a quello più sottile dell’energia pura.
Però
è necessario essere consapevoli che tutto questo deve essere fatto
soltanto dopo una grande purificazione nell’assoluta motivazione
altruistica, altrimenti si trasforma in qualcosa di molto pericoloso,
si cade facilmente nell’inganno allucinatorio arricchito da false
illusioni fondate su egocentrismo e narcisismo incontrollabili.
Lama: Grazie
per questa spiegazione. La pratica dello yoga nell’unione di
compassione e saggezza è fondamentale per la costruzione del nostro
universo divino.
Nel
buddhismo abbiamo due metodi di pratica, del Sūtra e del Vajra,
entrambi perfetti per il raggiungimento dello stesso obiettivo di
superamento della sofferenza, del dolore, ma ognuno con
caratteristiche specifiche.
Nel
Vajrā-yana l’approccio è più diretto per affrontare qualsiasi
elemento, morte, malattia, attaccamento, ignoranza, rabbia… e tutto
diventa un mezzo abile per trasformare l’oggetto nella forma di
Buddha, per realizzare l’illuminazione, la buddhità, ma questo
percorso richiede grandi capacità, preparazione, forza e
purificazione.
Nel
sūtra l’obiettivo e gli elementi sono identici, ma l’approccio è
più graduale, lento, delicato.
In
entrambi i veicoli noi meditiamo sul processo della morte perché
questo trasforma nel sentiero di realizzazione del Dharma-kāya, ma
si percorrono sentieri diversi. E non bisogna mai dimenticare che
sono entrambi ugualmente validi, nessuno è superiore all’altro,
semplicemente si tratta di scegliere il percorso più adeguato a noi,
alla nostra personalità, esperienza sensibilità.
Nel
Sūtra-yana ad esempio non si parla di corpo illusorio, di corpo di
arcobaleno, yoga dei tre kāya, ma ciò non significa che questo lo
renda meno potente del Vajrā-yana, l’obiettivo dell’illuminazione
completa è identico per entrambi.
Il
punto finale l’essenza di tutto è la vacuità, la natura di
vacuità di tutti i fenomeni è la mia vacuità, non c’è
separazione.
La
forma è vuota, la vacuità è forma; la vacuità non è altro che
forma, la forma non è altro che vacuità, queste quattro
caratteristiche sono la realtà di ogni fenomeno, anche di me, per
questo la vacuità del sé è compresa nella vacuità del tutto.
Nella
morte tutto il mondo muore nella mia vacuità e inizia l’esperienza
sottile della trasformazione nel Dharma-kāya.
Domanda: Puoi
definire meglio il significa dei tre corpi: Dharma-kāya,
Sambhoga-kāya e Nirmāna-kāya?
Lama: Dharma-kāya
indica lo stato dell’illuminazione della saggezza, il Sambhoga-kāya
è il sorgere dallo stato di saggezza, dello stato di beatitudine
della natura dell’illuminazione e da questo sorge l’emanazione
dello stato di Buddha a beneficio di tutti gli esseri ed è corpo di
Nirmāna-kāya.
Possiamo
dunque concludere con la preghiera di dedica, grazie.
Parte
terza e quarta
*****
Intervento:
“La dottrina antica era basata sulla visione dell’universo
percettivo empirico la cui consistenza non era altro che semplice
illusione e quindi tutto dovesse nascere e finire nel vuoto, ma era
necessario avere simboli che rendessero comprensibile questo universo
così difficilmente interpretabile.
Questo
universo è ipotizzato composto da cinque elementi, a cui si
attribuiscono significati metaforici che vanno al di là della
sostanzialità visibile, ad esempio nella dottrina tibetana le penne
del pavone sono simbolo di trasformazione in quanto questo uccello
elabora i veleni di cui si nutre convertendoli in colori lucenti.
Così
devono essere osservati gli elementi o movimenti che compongono
l’universo in una costante interdipendenza, uno genera l’altro
con il potere di mantenere la vita e anche essere distrutti nel
processo della morte.
Gli
elementi fondamentali sono la terra, il fuoco, l’acqua, l’etere o
spazio e il vento a cui vengono date definizioni diverse come legno,
aria, ma indicano la stessa cosa.
La
vita e la morte sono due facce della stessa medaglia poiché una
genera l’altra e ciò avviene ininterrottamente tutti i giorni, noi
generiamo morte per nutrirci, il seme ha prodotto la pianta che noi
mangiamo e che genera vita ad esempio.
In
un sistema equilibrato ogni elemento imprime forza all’altro e ne
viene a sua volta condizionato e in questo equilibrio si genera una
vita salubre e ricca di qualità.
Prendendo
ad esempio l’elemento terra, con cui ci identifichiamo poiché ci
sentiamo suoi figli, mentre in realtà siamo figli dell’acqua,
quando siamo concepiti la nostra consistenza è uguale a quella
dell’acqua degli oceani e lentamente iniziamo il viaggio dall’acqua
alla terra e quando moriamo la nostra composizione è simile alla
terra umida. Questo viaggio avviene tra due momenti quello della
nascita e quello della morte, entrambi di sofferenza.
L’attitudine
mentale che ci accompagna in questo percorso è dunque fondamentale
nel renderlo percorso sereno e ricco oppure carico di tensioni,
insoddisfazioni e sofferenza.
La
terra generatrice è umida al punto giusto, né troppo secca né
trasformata in pantano, e altrettanto deve essere il nostro
atteggiamento mentale, se è troppo umido si sprofonda nel fango e se
è deserto, sabbioso tutto inaridisce sterilmente.
Per
questo è così importante sviluppare la capacità di riflessione,
saper usare la mente di saggezza così da affrontare le grandi sfide
dell’esistenza, altrimenti se l’humus è preponderante sorgono i
due maggiori nemici, le preoccupazioni e le rimuginazioni.
Il
processo della morte che ci accompagna giorno dopo giorno, le nostre
cellule muoiono continuamente, si presenta in modo evidente, non
nell’istante della morte, ma quando insorge una malattia.
Nella
morte si ha la dissoluzione dei vari componenti che fonda su vari
fattori, interni ed esterni di natura fisica e mentale e che
determina l’apparire di visioni importanti dovute alla dissolvenza
consecutiva degli elementi. L’elemento terra si dissolve
nell’elemento acqua che è preponderante ed è il più
condizionante, data la sua instabilità naturale, e nell’acqua il
fattore più evidente è la paura di essere soli, abbandonati.
Nella
dissoluzione della morte è distrutta in primo luogo la volontà di
sopravvivere e in questa debolezza sorgono le infinite manifestazioni
della paura con conseguenti reazioni fisiche, e comunque siamo soli,
ecco perché è importanti addestrarsi prima.
Poi
l’acqua si dissolve nel fuoco che è il calore che ci mantiene in
vita. Il fuoco oltre ad essere fisico e presentarsi perfino in forme
negative, tipo febbre, infiammazioni, è anche mentale e, se sfugge
al controllo dell’acqua, sale verso l’alto provocando rabbia,
allucinazioni, stati alterati.
Il
fuoco si dissolve quindi nel vento, o aria, in cui si perde
l’elemento concreto della fisicità, uno dei fattori che ci
costituiscono, e in questa dissoluzione si perde il coraggio e nel
contempo insorgono pensieri ossessivi, movimenti incontrollati.
Infine
si ha l’ultima dissoluzione nell’etere in cui il corpo grossolano
che portiamo e che dobbiamo abbandonare, da questo momento non ci
appartiene più in quanto passiamo ad una dimensione diversa.
Queste
dimensioni sono diversi aspetti della stessa unica realtà, anche se
vengono percepiti come estremamente differenti.
La
dissoluzione nello spazio ci porta ad essere ciò che siamo sempre
stati, ma che non possiamo né vedere né ipotizzare se non abbiamo
mai praticato le tecniche di visualizzazione tantrica, nella
conoscenza del corpo sottile composto da canali, chakra, gocce
essenziali, puramente energetico che sostiene il corpo fisico.”
Ci
sono domande?
Domanda: Si,
nella spiegazione sei partito dai cinque elementi per arrivare alla
dissoluzione del corpo, Puoi spiegare meglio?
Risposta: Secondo
la dottrina noi siamo composti da questi elementi o movimenti, che
ovviamente non rappresentano letteralmente la loro denominazione, ma
sono simbolici e compresivi di numerose qualità che ci
costituiscono. Nel loro equilibrio si determina lo stato di salute e
quando questo viene alterato, se portato a casi estremi, può portare
alla loro dissoluzione con la sequenza precisa delle corrispondenti
fasi. Tale dissoluzione inizia dall’elemento terra, della
riflessione, che si dissolve nell’elemento acqua, della volontà,
che si dissolve nell’elemento fuoco, poi nell’elemento aria e,
infine, tutti insieme si dissolvono nell’elemento spazio. Nella
dissoluzione finale l’energia grossolana del corpo non è più
dinamica, è conclusa, ciò che resta è l’energia del corpo
sottile, che abbiamo sempre avuto, ma mascherata dal corpo
grossolano. Questa energia permette la conclusione del processo
nell’evoluzione del continuum mentale.
Domanda: Questo
processo avviene anche quando la morte è improvvisa, ad esempio in
un incidente?
Risposta: No,
questo è un problema che è tuttora oggetto di complesse discussioni
filosofiche. Per questo però è molto importante la preparazione
alla morte, affinché il processo mentale possa avvenire senza paura.
Questa preparazione ci aiuta soprattutto a vivere meglio.
Domanda: A
me è sempre rimasto un dubbio: avevo due zie una profondamente e
gioiosamente religiosa, l’altra soltanto con una religiosità
formale, al momento della morte la prima se ne è andata con gioia,
ansiosa di incontrare il Cristo, la seconda con terrore. L’aderenza
religiosa è dunque determinante nel processo della morte?
Risposta: Chiaramente
la religione è nata in funzione della necessità di gestire
l’autocontrollo mentale delle emozioni e la preghiera, la
meditazione, attuano un cambiamento strutturale delle aree del
cervello che controllano questi stati mentali. Certamente il pensare
ad una vita oltre la vita, sminuisce la paura della morte, e non
solo, rende la vita stessa più serena.
Parte
quinta
*****
La
domanda che risiede permanentemente nella profondità della nostra
coscienza è come rendere significativo e produttivo ogni istante
della nostra esistenza e come renderlo gioioso, completo.
Come
dare un senso alla propria vita non è un percorso facile,
prestabilito, uguale per tutti, ognuno deve trovare in sé la
risposta, nella conoscenza di se stessi, della propria mente sottile,
innata.
Soltanto
nella conoscenza profonda autentica di sé siamo in grado di
trasformare ogni instante in gioia per noi e per gli altri,
altrimenti resta solo l’insoddisfazione e la sofferenza per noi e
dunque per gli altri.
Per
questo è così importante questa domanda, perché solo trovando il
senso, la soddisfazione, il valore dell’esistenza possiamo
trasmettere la stessa gioia agli altri, la risposta ci è data nella
pratica della meditazione, del Dharma, che indica la via giusta più
adatta ad ognuno di noi.
Dunque
cosa vogliamo noi per essere contenti e soddisfatti della nostra
vita?
Risposte: Dobbiamo
essere sempre consapevoli e presenti a noi stessi qualsiasi cosa si
stia facendo…; - Eliminare la sofferenza…; - Vivere il presente…;
- Pace…; - Trovare equilibrio e armonia tra cuore e mente…;
Gioia…; - Eliminare quello che ci fa star male…; Eliminare la
dualità tra esterno e interno…; - Conoscere se stessi…; - -
Accettare il presente e condividerlo…; - Vivere la vita come un
bagliore di luce…; - Capire l’impermanenza vivendo qui e ora…;
- Scoprire il divino che è in noi….; - Avere conoscenza e
consapevolezza di corpo, parola e mente sempre…; - Accettare la
sofferenza quando è inevitabile e saper godere di ogni istante delle
gioie possibili…; -Imparare a riconoscere la sofferenza perché il
più delle volte la subiamo inconsapevolmente…; - Bisogna non
stancarsi mai in questo profondo lavoro di ricerca, ma viverlo con
instancabile entusiasmo nella giusta motivazione…
Lama: Molto
bene, ciò che dobbiamo fare è imparare, praticare e soprattutto
vivere nello spirito di consapevolezza, conoscenza, armonia, pace,
contentezza, equanimità, saggezza e così ogni momento diventa
maestro. Dunque, per la ricerca della felicità non può esistere
un’unica risposta che vada bene per tutti, ognuno deve conoscere se
stesso, la propria cultura e trovare in ciò che è la miglior
espressione fisica e mentale.
Dal
punto di vista del Vajrāyana sono essenziali tre fattori:
1)
tutto ciò che vediamo deve essere compreso nella sua realtà ultima,
la vacuità;
2)
la capacità di comprendere profondamente tutti i fenomeni nella loro
realtà ultima porta autentica gioia in cui non c’è più spazio
per altro;
3)
quando si è in questa gioia tutto appare nella forma della divinità,
si palesa la natura divina nella purezza dell’universo.
Purificazione
non significa andare a pulire qualcosa di esterno, ma purificare la
propria visione mentale così da avere la pura visione dei fenomeni,
e come già dicevamo ieri questo è il modo di trasformare la nostra
esperienza di morte in sentiero per realizzare il Dharmakāya, il
corpo della saggezza di Buddha; lo stadio intermedio diventa il
sentiero per trasformare il corpo di godimento di Buddha,
Sambhogakāya; l’esperienza di rinascita diventa il sentiero per
trasformare il sentiero per realizzare la manifestazione del
Nirmānakāya.
In
questa pratica di purificazione la morte diventa una pratica di
Dharma, un’esperienza di Buddha, non è una finzione, ma reale
trasformazione attraverso il potere della mente, ed è quello che
definiamo nirvāna, buddhità, tutto appare senza ostacoli nella
natura divina.
Per
questo si parla di veicolo veloce, rapido, perché non si tratta di
andare da nessuna parte, tutto è qui, tutto è esperienza di Buddha.
Il Vajrāyana è un sentiero potente in cui l’esperienza ordinaria
si trasforma in esperienza divina.
Le
esperienze negative, sono frutto di un karma negativo, l’esperienza
divina invece frutto di karma positivo, e nella coesistenza non
contraddittoria del corpo illusorio con il corpo karmico non vi è
più alcun ostacolo, lo stesso karma negativo viene purificato nella
bodhicitta che è la mente più potente in grado di bruciare ogni
karma negativo.
Domanda: Ma
qual è la vera gioia, cosa dobbiamo cercare? Si tratta di
estraniarci dal mondo osservandolo come fenomeno esterno, così come
si sperimenta nella meditazione, o altro?
Lama: Non
dobbiamo cercare una risposta teorica, ma concreta in cui sono
comprese tutte le nostre pratiche, le infinite forme di meditazione,
ognuno deve trovare ciò che è a lui più consono. La grandezza del
Dharma permette di scoprire le possibilità presenti in ogni aspetto
samsārico. Soltanto nel samsāra si può praticare il Dharma e
quindi tutte le potenzialità sono presenti qui e ora, ogni problema
trova la soluzione, realizza la soddisfazione con energie infinite.
Tutte le esperienze si trasformano nel corpo della saggezza.
L’impossibile diventa possibile e, come diceva Einstein, tutto è
miracolo e nulla è miracolo, allo stesso tempo; bisogna imparare a
conoscere se stessi, questa è la sottigliezza della natura del sé.
Domanda: Hai
detto che la mente di bodhicitta è fondamentale, ma io non riesco a
concentrarmi in pratiche con recitazione di tanti mantra, cosa devo
fare per sviluppare questo aspetto?
Lama: La
mente di bodhicitta non dipende dalla quantità di recitazione di
mantra, non esiste nessun libro contabile, dipende esclusivamente dal
proprio coraggio, quando riesci a eliminare l’attitudine
dell’attaccamento al sé significa che hai superato il vero
ostacolo allo sviluppo della bodhicitta. La mente di bodhicitta è
l’offerta di se stessi in rinuncia, saggezza e compassione in modo
incondizionato, gioioso e illimitato agli altri, null’altro.
Parte
sesta e settima
*****
Oggi
commemoreremo insieme il Wesak e, dopo tre giorni di studi e
meditazione, ci concentreremo sulla pratica, una grande esperienza
per dare consistenza a quanto fatto sino ad ora in questo seminario.
Il
Wesak è l’anniversario della nascita del Buddha, della sua
illuminazione e del suo passaggio nel nirvāna, quindi nello stesso
giorno si celebrano in tutto il mondo questi tre eventi fondamentali.
Tutti
nascono e tutti muoiono, ma pochi si illuminano, questa è la
differenza tra gli esseri ordinari e gli illuminati e dunque il
significato profondo che dovrebbe guidare ogni atto della vita umana
è la ricerca della realizzazione dell’illuminazione in ogni
istante del breve lasso temporale che intercorre tra nascita e morte.
L’illuminazione
è un diritto offerto a tutti, è il nostro autentico destino, questo
il senso della nostra esistenza, è luce non solo per se stessi, ma
per l’intero universo, questo è il messaggio che ci ha lasciato il
Buddha storico, adesso tocca a noi vivere pienamente questa
condizione samsarica andando oltre il corpo materiale, grossolano e
scoprire il nostro corpo sottile, innato, e sempre vivendo pienamente
nel samsāra.
Come
già ricordato più volte ci sono tre mondi, tre corpi, tre kāya, e
in questa dimensione noi siamo, tutti contengono i valori non del
singolo ego, ma dell’intera umanità. La motivazione
compassionevole, altruistica è la condizione indispensabile per
realizzare questi valori umani, l’illuminazione perseguita solo per
sé stessi non avrebbe alcun significato, sarebbe ennesimo inganno e
illusione.
Celebriamo
dunque il Wesak, io leggerò le preghiere in tibetano e voi seguirete
meditando con l’immaginazione di cui abbiamo parlato questa
mattina.
La
prima pratica è l’autentica intenzione di purificare il nostro
ambiente straordinario visualizzato come terra pura di natura divina.
La
seconda pratica consiste nell’immaginare di porgere infinite
offerte visibili e invisibili che riempiono l’intero universo.
Poi
procediamo passo a passo sino alla generazione del cuore di
bodhicitta, l’elemento fondamentale.
(seguono
preghiere, meditazione commemorazione e pratica dello yoga della
divinità
Parte
ottava
*****
Questa
mattina abbiamo cercato di praticare lo yoga della divinità, e con
divinità non intendiamo personalizzare l’oggetto, riferirci ad un
individuo particolare, bensì alla bellezza della natura che appare
nella forma divina.
Un
altro aspetto che definisce la divinità è la realtà di tutti i
fenomeni quali espressioni di vita nella purezza dei cinque elementi:
fuoco, terra, acqua, aria, spazio, a cui si aggiunge la coscienza e
tra loro cui non esiste alcuna separazione, sono inscindibilmente
interconnessi nella realtà ultima, la vacuità.
Il
nostro corpo fisico è costituito da questi elementi e nella
consapevolezza è evidente la vacuità.
Poi
nel contesto della pratica Vajrāyana abbiamo il corpo di arcobaleno,
corpo della divinità, il corpo illusorio frutto della realizzazione
della mente di Chiara Luce e in alcune caratteristiche assomiglia al
corpo del sogno che spazia libero dai vincoli imposti da quello
fisico, ma non è altrettanto libero karmicamente in quanto deve
sempre rientrare in quello solido, materiale.
Il
corpo di sogno è sempre condizionato dalla vita ordinaria, invece il
corpo illusorio è il frutto della realizzazione della mente di
Chiara Luce, una mente intuitiva che attraverso le pratiche prajñā
del corpo e della mente sottile realizza il corpo di vacuità,
divino, in cui si palesa la gioia, la beatitudine.
Il
corpo di Chiara Luce così costruito è indipendente dal corpo fisico
e, pur rimanendo all’interno di quest’ultimo fino alla sua
durata, quando questo finisce continua nella sua essenza di corpo
sottile straordinario, libero dai difetti mentali e dai limiti
fisici.
E
dunque il nostro compito umano è proprio quello di vivere nel
samsāra con il corpo fisico trasformandoci nella realizzazione del
corpo illusorio, sottile.
Questa
è una breve introduzione a ciò che tratteremo nei prossimi giorni,
ma ora ci dedichiamo a esercizi e pratiche yoga preparatorie per
meditare nell’equilibrio mentale. Poi mediteremo con particolare
profondità nella pratica dei 21 respiri, dimorando nel naturale
movimento che trasforma mente - cuore in attitudine incondizionata di
amore e compassione. In questa pratica
dovete
essere concentrati nella visualizzazione e osservazione del respiro
stesso, si tratta di inspirare per sette volte dalla narice sinistra
espirando dalla destra, e poi per sette volte inspirando dalla destra
ed espirando dalla sinistra e ancora sette volte inspirando dalla
sinistra ed espirando dalla destra per un totale di ventuno
inspirazioni/espirazioni.
(seguono
esercizi, pratiche e meditazione guidata)
Parte
nona
*****
Molto
bene, con questi esercizi abbiamo avuto una magnifica introduzione
all’esperienza della meditazione sul respiro.
La
qualità della pratica non dipende dal maestro, ma personalmente da
ognuno di noi, dalla nostra perseveranza, compassione,
consapevolezza, generosità e il mio compito è soltanto quello di
introdurvi in tale sperimentazione.
Queste
pratiche sono fondamentali per il nostro benessere in corpo, mente e
spirito e per l’ambiente esteriore, la comunità, tutti gli esseri,
umani e animali con cui viviamo.
La
vita è fondata sul respiro, quindi la sua qualità diviene
determinante per ogni essere. Un respiro consapevole, con
compassione, con saggezza e con comprensione della realtà ultima
diviene un respiro è profondamente diverso da quello inconsapevole e
automatico di inspirazione ed espirazione.
Tramite
la pratica del respiro si ottengono grandi qualità e valori
spirituali. È un mezzo indispensabile efficace per praticare la
meditazione e sviluppare consapevolezza e salute fisica, nel respiro
abbiamo la capacità di trasformare le nostre potenzialità in
qualità, la nostra intera vita, condurci nelle qualità del Buddha
per il bene di tutti gli esseri liberandoci dall’attitudine
ordinariamente egoistica e il dualismo “io e gli altri” in questa
dimensione viene annullato.
Il
desiderio di raggiungere l’illuminazione soltanto per un tornaconto
personale è inammissibile, contraria all’illuminazione stessa,
ogni atto, ogni pensiero ogni motivazione, e così l’illuminazione
stessa, sono finalizzati all’illuminazione e al benessere di tutti
gli esseri, ogni respiro purifica la nostra interiorità e tutto
l’ambiente esterno in questa intenzione.
È
profondamente sbagliato e nocivo desiderare di diventare Buddha o
Bodhisattva o Arhat per propria realizzazione, noi possiamo solo
desiderare di diventare nella vacuità, essere zero che ha valore
infinito. La teoria dell’infinito già rivelata in occidente da
Giordano Bruno, anche se questo gli è costato il rogo a Campo dei
Fiori. Ogni singola cellula ha valore infinito.
Vivere
nella consapevolezza dell’infinito trasforma ogni nostra
esperienza, indipendentemente dal fatto ininfluente che possa essere
dolorosa o felice, ciò che conta è la sua essenza di autentica
risorsa di gioia, di armonia infinita. La vita è costruzione
continua nell’accoglienza di ogni singolo respiro, di ogni
esperienza, con apertura di cuore attraverso il corpo, mente e
spirito.
Dobbiamo
essere coscienti dell’immenso valore dell’esistenza e non
sprecarla nell’inutilità di tutte le cose inutili su cui è
costruita la società. Passiamo l’intera vita a riempire sacchi di
immondizia, mentre avremmo la possibilità di uno sviluppo infinito
nell’autentica armoniosa gioia.
Questa
è la vera unica libertà che possiamo realizzare soltanto in noi
stessi, non ci è data dall’esterno, è il senso della vita che
supera la morte. Sicuramente la morte fisica è concreta e
inevitabile, ma il nostro essere può davvero essere infinito, è il
corpo illusorio.
È
molto difficile esprimere in parole queste concetti, che vanno ben al
di là del limite del linguaggio e che sono realtà, vita vera, e
questa deve essere la nostra ricerca interiore, la ricerca della
verità di sé e di tutti i fenomeni.
Buddha
ha fatto proprio questo, non si è dedicato a danze folcloristiche
che hanno più sapore sciamanico che non di autentica spiritualità,
si è seduto nel silenzio meditativo profondo per cercare la verità
e ha scoperto il valore infinito delle quattro nobili verità.
Noi
invece ci perdiamo nelle visioni ingannevoli di una condizione che
non è reale, che crediamo concreta e permanente mentre è pura
illusione e così ci facciamo intrappolare nell’ingiustificata
paura di poter perdere qualcosa, mentre non c’è nulla da
conquistare, né nulla da perdere, l’unica verità è la vacuità,
la perfetta libertà nell’infinito.
Domanda: La
mente che percepisce il corpo illusorio, che mente è? Può essere
una percezione corretta o erronea, come faccio a sapere se è davvero
o no la verità ultima?
Lama: La
verità ultima della mente è l’oggetto della realizzazione della
saggezza. Quando la nostra saggezza scopre la verità della mente
nella sua natura cosciente e di forma giunge nello spazio del Dharma
diventa Dharmadhātu e in questo spazio non c’è più alcuna
separazione tra forma e coscienza, siamo nella forma sottile e
coscienza sottile di mente e corpo innati in cui la saggezza realizza
la verità ultima di Chiara Luce. Questa potenzialità della forma è
il corpo illusorio, così come nel sonno nasce il corpo di sogno.
Questa è la verità del continuum del corpo innato.
Domanda: Per
noi, esseri normalissimi, la verità è qualcosa che cambia
continuamente, perché dipende dal grado di consapevolezza che sto
sviluppando, o no?
Lama: Molto
bene, più l’oggetto è raffinato e più il soggetto diviene
sottile, entrambe le qualità sono complementari.
Domanda: In
che modo il respiro può essere veicolo di conoscenza e verità?
Lama: Il
respiro è la nostra vita e la qualità della vita dipende dalla
qualità del respiro. La qualità della meditazione dipende molto
dalla qualità del respiro e infine la realizzazione delle pratiche
dipende dalla qualità del respiro. Lo yoga del respiro è
fondamentale per entrare nel nostro corpo sottile e così quando la
qualità del respiro diventa più raffinata lo è altrettanto la
nostra consapevolezza e in questa unità, alla fine, si ha la
realizzazione della realtà ultima del sé nell’estinzione del
respiro. Tutti questi passaggi portano a scoprire la verità
assoluta.
Domanda: Abbiamo
iniziato la meditazione con i 21 giri di respiro, ma perché
quest’alternanza tra narice destra e sinistra?
Lama: Questo
è un metodo semplice per portare la tua coscienza nella neutralità.
Domanda: La
verità assoluta è comunque relativa perché la mia verità può
essere diversa dalla tua?
Lama: No,
la verità assoluta è uguale per tutti, mentre la verità relativa è
personale e differente per ognuno.
Domanda: Come
facciamo a sapere che quella che crediamo verità assoluta non sia
invece una nostra verità relativa?
Lama: La
verità assoluta è a livello ultimo, è la vacuità e vale per
tutti, quella convenzionale a livello relativo, l’importante è
mantenere sempre un grande rispetto per le verità altrui. La realtà
ultima è difficile da comprendere, ma il nostro compito è proprio
quello di scoprirla attraverso la propria ricerca interiore, nessuno
può indurne la comprensione dall’esterno.
Domanda: Questa
mattina hai accennato allo yoga delle divinità, puoi chiarire?
Lama:
Tutti
i fenomeni sono natura di vacuità, natura di beatitudine, infinita,
e da questa beatitudine tutto cambia e diventa natura divina. Se non
scopri la vacuità, non scopri la beatitudine, e se non scopri la
beatitudine non scopri la natura divina. Queste tre trasformazioni
della visione interiore sono fondamentali nello yoga della divinità.
Grazie
veramente per la vostra attenzione, entusiasmo e generosità in
questo lavoro e terminiamo la sessione dedicando tutti i meriti per
la pace, felicità e gioia per l’universo intero e nel nostro mondo
in particolare.
Tutto è Dharma.
Parte
decima
*****
Ricordiamo
quanto detto ieri e cercando di ritrovare quello stato di armonia e
di pace e, seduti nella corretta postura, cominciamo a praticare i
nove giri di respiro di purificazione, prima inspiriamo per tre volte
dalla narice sinistra visualizzando l’aria che attraversa e pulisce
il canale sinistro ed espiriamo visualizzando l’eliminazione di
tutte le impurità attraverso il canale destro ed espellendole dalla
relativa narice, poi per altre tre volte facciamo il contrario,
inspirazione dalla narice destra ed espirazione dalla narice
sinistra, ed infine per tre volte inspirare da entrambi i canali ed
espirare dal canale centrale.
Non
siamo qui per raggiungere l’illuminazione, quando verrà verrà,
senza alcuna aspettativa, dobbiamo invece accogliere e godere
pienamente, riconoscendone il valore intrinseco ogni singola
esperienza della nostra attuale vita samsarica.
Ogni
atto umano, anche minimo, ogni sensazione, pensiero, emozione,
sensibilità, sono preziosissimi e insostituibili. Se non sappiamo
vivere pienamente tanta ricchezza è inutile aspettare
l’illuminazione, è l’ennesima fantasia ingannevole.
L’illuminazione
dov’è? Dentro il samsāra, dove c’è più buio e maggiore è la
possibilità di dare spazio alla luminosità, maggiori sono le
difficoltà e maggiore è l’opportunità di maturare, andare oltre,
vedere la propria luce interiore.
I
problemi sono un altro aspetto della nostra felicità, se tutto fosse
lineare senza ostacoli, senza sofferenza, non ci sarebbe sviluppo
della nostra crescita umana né spazio per l’autentica gioia.
Le
sensazioni profonde, la visione della bellezza sono impossibili per
chi non ha esperienza della sofferenza, colui che rimane dormiente è
come un motore senza carburante e ogni energia propulsiva rimane
inerte.
L’illusione
peggiore è pensare di dover abbandonare il samsāra istantaneamente
per raggiungere la libertà, questo è impossibile.
Dobbiamo
vincere, accogliendola pienamente, la sofferenza, non distruggerla,
combatterla. La vittoria è su noi stessi, invece noi sprechiamo
un’infinità di energie lottando continuamente contro tutto ciò
che non ci piace, per questo siamo costantemente stanchi, frustrati,
svuotati.
La
via del Dharma è la via della pace interiore, dell’armonia, questa
è la vera vittoria su sé stessi, qui e ora, non c’è nulla da
aspettare, tutto è nel presente vissuto con consapevolezza in tutta
la sua preziosità.
Stare
nell’illusione dell’aspettativa magica di illuminazione,
liberazione, senza vivere il presente è il peggior inganno in cui
cadiamo, totale perdita di opportunità, energie e tempo. In questo
modo neghiamo la legge naturale dell’impermanenza di tutti i
fenomeni, siamo statici e vanifichiamo ogni possibilità di crescita
umana.
L’impermanenza
è la realtà su cui fondare ogni pratica e in questo modo tutto
diviene possibilità, gioia, felicità soddisfacente. Ogni secondo
vissuto nella beatitudine che supera la sofferenza vale
infinitamente, è la forza dell’anima.
Questa
è stata la breve introduzione alla pratica di oggi, ora preghiamo
iniziando con la triplice pratica quotidiana, che è importante per
costruire la motivazione della giornata:
La
Triplice Pratica Quotidiana
Rendere
Omaggio
Maestro,
Bhagavān, Tathāgata, Buddha perfettamente e completamente
risvegliato. A te, dotato di sapienza e retta condotta, che hai
raggiunto la sapienza eretta condotta, che hai raggiunto la
beatitudine, Conoscitore dell’Universo, Guida degli esseri ordinari
che devono essere domati, Maestro di tutti gli dei e degli uomini,
Bhagavān, Buddha Glorioso, vittorioso Śākyamuni, rendo omaggio,
porgo offerte e in te prendo rifugio.
Quando
tu, timoniere degli uomini, sei nato,
Hai
fatto sette passi su questa grande terra e hai detto:
“In
questo mondo sono supremo”
A
te, che persino allora eri saggio, rendo omaggio.
Corpo
completamente puro, forma sommamente bella,
Oceano
di saggezza, simile ad una montagna aurea,
Gloria
che risplende nei tre mondi,
A
te, Protettore Supremo, rendo Omaggio.
Caratterizzato
dai segni supremi, dal volto simile alla luna candida,
Del
colore dell’oro, a te rendo omaggio.
I
tre mondi non sono come te, che sei immacolato.
A
te, impareggiabile saggio, rendo omaggio.
Protettore
ricco di grande compassione,
Maestro
onnisciente, dotato di ogni realizzazione sulla conoscenza,
Campo
di qualità e meriti vasti come l’oceano,
A
te, Tathāgata, rendo omaggio.
Rendo
omaggio al Dharma che porta pace,
Che
attraverso la purezza libera l’attaccamento,
Che
attraverso la virtù libera dai regni inferiori,
Che
è l’unico, supremo significato ultimo.
Rendo
Omaggio al Sangha,
Che
dalla libertà insegna il sentiero verso la libertà,
Perseverando
nelle pratiche pure,
Sacro
campo dotato di qualità positive.
***
Recitazione
del Sūtra
Non
commettere azioni non virtuose,
Accumulare
virtù e bontà,
Domare
la propria mente:
Questo
è l’insegnamento del Buddha.
Come
una stella, un miraggio, una lampada,
illusioni,
gocce di rugiada, bolle, sogni, lampi e nuvole:
Guarda
in questo modo tutti i fenomeni condizionati
***
Dedica
Avendo
conseguito lo stato dell’onniscienza tramite questi meriti,
E
così sottomettendo il nemico causa delle afflizioni,
Possa
io liberare gli esseri migratori dall’oceano dell’esistenza,
Scossi
dalle onde dell’invecchiamento, della malattia e della morte.
OM
AH HUM
***
Continuiamo
ora con la recitazione della preghiera di Metta Sūtra e del
Fondamento di tutte le buone qualità:
METTĀ
SUTTA
Questo
dovrebbe fare chi pratica il bene e conosce il sentiero della pace:
essere
abile e retto,
chiaro
nel parlare,
gentile
e non vanitoso,
contento
e facilmente appagato;
non
oppresso da impegni e di modi frugali,
calmo
e discreto,
non
altero o esigente;
incapace
di fare ciò che il saggio poi disapprova.
Che
tutti gli esseri vivano felici e sicuri:
tutti,
chiunque essi siano,
deboli
e forti,
grandi
o possenti,
alti,
medi o bassi,
visibili
e non visibili,
vicini
e lontani,
nati
e non nati.
Che
tutti gli esseri vivano felici!
Che
nessuno inganni l'altro,
né
lo disprezzi,
né
con odio o ira desideri il suo male.
Come
una madre protegge con la sua vita suo figlio, il suo unico figlio,
così,
con cuore aperto, si abbia cura di ogni essere,
irradiando
amore sull'universo intero;
in
alto verso il cielo,
in
basso verso gli abissi,
in
ogni luogo, senza limitazioni,
liberi
da odio e rancore.
Fermi
o camminando,
seduti
o distesi,
esenti
da torpore,
sostenendo
la pratica di Metta;
questa
è la sublime dimora.
Il
puro di cuore,
non
legato ad opinioni,
dotato
di chiara visione,
liberato
da brame sensuali,
non
tornerà a nascere in questo mondo.
***
Il
Fondamento di Tutte le Buone Qualità
Di
Je Tzong Khapa
I
Maestri spirituali, gentili e venerabili sono il fondamento di tutte
le buone qualità. Comprendendo che affidarsi a loro e la radice del
sentiero, vi prego beneditemi affinché io possa seguirli con grande
rispetto e sforzo intrepido.
Una
vita umana dotata di agi si ottiene una sola volta. Comprendendo che
ha un grande valore ed è difficile da ottenere, vi prego beneditemi
perché io possa produrre incessantemente la mente conscia della sua
preziosità e rarità giorno e notte.
Il
nostro corpo e la nostra vita vacillano come una bolla d’acqua;
ricordati della morte, perché moriamo così velocemente. Dopo la
morte, gli effetti del karma nero e bianco ci seguono come un’ombra
segue un corpo.
Essendo
certo di ciò, vi prego beneditemi perché io possa sempre stare
attento ad abbandonare anche la più piccola azione negativa e
completare l’accumulazione di ogni virtù.
Non
c’è soddisfazione nel godere dei piaceri mondani. Sono le porte di
tutta la sofferenza. Avendo realizzato che il difetto delle
perfezioni samsariche è che su di loro non si può fare affidamento,
vi prego beneditemi perché io possa costantemente concentrarmi sulla
beatitudine della liberazione.
Questo
pensiero puro (di ottenere la liberazione) produce grande coscienza,
presenza mentale e consapevolezza. Vi prego, beneditemi perché io
possa intraprendere la pratica del Pratimoksa, la radice della
dottrina.
Avendo
visto che tutti gli esseri, mie madri, sono caduti come me
nell’oceano dell’esistenza ciclica, vi prego, beneditemi perché
io possa addestrarmi nella bodhicitta, assumendomi l’obbligo di
liberare tutti gli esseri migratori.
Generare
solo l’aspirazione, senza coltivare le tre pratiche morali, non
conduce all’illuminazione. Avendo realizzato ciò, vi prego
beneditemi perché io possa praticare con sforzo intenso i voti del
Conquistatore e dei suoi figli spirituali.
Acquietando
la distrazione rivolta agli oggetti falsi e analizzando il
significato della realtà, beneditemi perché io possa velocemente
generare il mio flusso mentale, il sentiero che unisce la calma
dimorante alla visione speciale.
Quando,
addestrato nel sentiero comune, sarò divenuto un recipiente adatto,
beneditemi affinché io acceda facilmente al grande sentiero per i
fortunati, il Vajrāyana, il più alto di tutti i veicoli.
La
base per conseguire i due potenti Siddhi è costituita dai voti puri
e dagli impegni. Scoprendolo con genuina certezza, beneditemi perché
io possa mantenerli anche a costo della mia stessa vita.
Avendo
realizzato il significato dei due stadi, che sono l’essenza del
sentiero del mantra, vi prego, beneditemi perché io possa praticare
tenacemente e senza pigrizia le quattro sessioni di Yoga, e
realizzare ciò che gli Esseri nobili hanno insegnato.
Possano
i Maestri Spirituali che mi guidano lungo il sacro sentiero e tutti
gli amici spirituali che lo praticano avere lunga vita. Vi prego,
beneditemi affinché io possa velocemente e completamente pacificare
tutti gli ostacoli esterni e interni.
In
tutte le mie rinascite possa io non essere mai separato dai perfetti
Maestri Spirituali e gioire del magnifico Dharma. Conseguendo tutte
le qualità degli stadi e dei sentieri, possa io velocemente ottenere
lo stato di Vajradhara.
***
Questa
è la pratica di base, comprende tutto, ogni passaggio è un
imprescindibile insegnamento fondamentale che non può essere
saltato.
Il
buddhismo, spesso presentato come filosofia complessa, nella realtà
più profonda e autentica non lo è affatto, tutto è molto semplice,
basta praticare queste tre cose: primo non fare male agli altri,
secondo cercare di fare del bene agli altri, terzo domare la propria
mente, purificarla, perché in essa vi è la radice di felicità o di
sofferenza.
Nel
sūtra il Buddha ci guida a rimanere nella via di mezzo, osservare la
natura interdipendente di tutti i fenomeni, la loro realtà ultima,
impermanenza, vacuità.
La
nostra esistenza non avrebbe alcun senso se rimanesse isolata,
sterilmente autonoma, la relazione con gli altri è essenziale, al di
fuori dell’interdipendenza non c’è vita, né compassione, né
felicità.
Per
questo alla fine dedichiamo i benefici della pratica a tutti gli
esseri senzienti, senza attaccamento, perché se praticassimo solo
per gratificare noi stessi ne vanificheremmo ogni frutto e la nostra
esistenza intera non avrebbe alcun significato.
La
vita è così breve che è proprio sciocco sprecare tutte le
opportunità che ci sono offerte nel tentativo inutile di voler
essere felici ad ogni costo senza condividere questo bene con gli
altri. Questo non è possibile, è contrario alla legge naturale.
I
tre passi della triplice pratica quotidiana sono fondamentali per
poter creare la giusta motivazione.
Il
secondo passaggio è la Mettā Sutta, nel linguaggio pali Mettā
significa amore e gentilezza, ed è una pratica di compassione, di
amore costruito nell’interdipendenza con gli altri.
Infine
c’è la pratica del fondamento di tutte le buone qualità. La
traduzione di questo insegnamento non è buona ed è comunque
difficile da spiegare anche perché per noi oggi non ha molto
significato la frase:
“I
Maestri spirituali, gentili e venerabili sono il fondamento di tutte
le buone qualità”
che vuol dire concretamente? chi sono questi maestri?
Nella
tradizione tibetana si enfatizza molto la pratica del guru yoga, del
guru radice entrambi inseparabili dallo yoga della divinità, ma sono
concetti molto difficili da capire e ancor di più da spiegare. Chi è
il guru radice per ognuno di noi? questo è il primo punto da
chiarire a noi stessi.
Fondamentalmente
dobbiamo sempre aver chiaro in mente il primo insegnamento del Buddha
che raccomanda insistentemente di non credere incondizionatamente a
tutto ciò che viene detto sia da lui che dagli altri maestri, poiché
assolutamente tutto deve essere riscontrato, vissuto, interiorizzato
con la propria intelligenza, conoscenza, esperienza.
Ognuno
deve essere testimone della propria pratica, verificare ciò che è
buono per sé, non è possibile delegare a nessun altro questa
responsabilità.
Parte
undicesima
*****
Siamo
rimasti con la difficile domanda, essenziale nel Vajrāyana, riguardo
lo yoga della Divinità, del Guru radice, eppure è fondamentale
comprenderne il significato.
Il
Guru radice, cioè è la radice di tutti i sentieri, il Lam Rim, la
radice della propria pratica.
Troviamo
la radice del sentiero Lam Rim nel testo di Atīsha “La lampada
dell’Illuminazione” e nel commentario di Lama Tzong Khapa “Il
Grande Lam Rim” in cui la pratica inizia nel Sūtra-yana per
concludersi nel Vajrā-yana, entrambi i sentieri, si completano
perfettamente e sono parte dell’intero sentiero Lam Rim.
Il
Sūtra-yana è l’indispensabile passaggio preliminare per poter
giungere all’approccio con il Vajrā-yana che comincia con la
devozione del guru yoga, prima fondamentale pratica, molto difficile
da spiegare poiché estremamente articolata e complessa.
Ne
sono state date infinite spiegazioni che però, nel limite naturali
delle parole, non sono affatto esaustive, anzi possono confondere e
ridurre ciò che non lo è affatto, eppure questa pratica è la
radice di tutte le pratiche, il fondamento di tutte le qualità, e
dobbiamo comprenderne il concetto profondo, la vera essenza, ma è
una ricerca che possiamo fare esclusivamente in noi stessi, non
troviamo nulla all’esterno.
Dobbiamo
trovare il senso, il valore della pratica per noi stessi, verificarla
nella comprensione profonda del perché seguiamo quel determinato
percorso, soltanto in questo modo la nostra pratica diventa facile,
naturale, e dobbiamo essere pienamente coscienti che costituisce il
fondamento imprescindibile su cui costruire tutto il percorso.
Il
concetto è difficile tanto che, come in tutte le religioni, su
queste discussioni nascono divisioni, interpretazioni diverse, spesso
forti contrasti anche violenti, malgrado queste reazioni aggressive
siano esattamente l’opposto dell’insegnamento del Buddha fondato
sull’armonia, la pace e su un irrinunciabile base: Amore,
Compassione, Bodhicitta.
Il
guru è fondamentale, non possiamo prescindere da questo maestro,
dobbiamo soltanto riconoscere, comprendere e accogliere sia gli
insegnamenti dei guru esteriori che quelli del guru interiore,
entrambi sono le guide spirituali che ci accompagnano nel nostro
percorso. All’inizio, noi siamo come i bambini che necessitano di
una guida esterna che ci indichi le varie possibilità, ma poi la
scelta matura, umana, è esclusivamente affidata al guru interiore,
il maestro più importante e a nessun altro.
I
primi guru sono i propri genitori, gli insegnanti gli amici e alla
fine ci accorgiamo che tutti gli esseri senzienti, anche i nostri
nemici, sono realmente i guru che ci aiutano a conoscere il guru
interiore, per questo la bodhicitta è il fondamento su cui tutto si
costruisce.
Parte
dodicesima
*****
Siamo
giunti all’ultima sessione di questo ritiro di quattro giorni molto
intensi, utilizziamo dunque questo tempo per riflettere su quanto
studiato, praticato e gioirne tutti insieme consapevolmente.
Ricordare
questa gioia è determinante alla crescita della pratica, per
potenziarne il valore, e non solo in noi stessi, ma per tutta
l’umanità. La pratica altruistica è l’essenza di questa gioia.
Saper
coltivare e vedere la propria gioia e saper vedere e gioire della
gioia e delle virtù altrui annienta naturalmente ogni invidia ed è
fondamentale far crescere questa potente qualità poiché, al
contrario, l’invidia annulla e cancella ogni valore umano, il
soffio dello Spirito santo, uccide tutto.
Per
questo è così importante gioire e rigioire, in pace e armonia con
se stessi e con gli altri, è l’unico nostro impegno, non c’è
bisogno di dogmi, di azioni miracolose, semplicemente dobbiamo gioire
e rigioire delle nostre qualità, di quelle degli altri e
dell’universo intero, imparare a godere e gioire della bellezza del
mondo, dell’arte, dell’esistenza, di tutto.
Invece
nella nostra continua, miope e affannosa ricerca della felicità
limitata esclusivamente a noi stessi non vediamo nulla di questa
bellezza che permea tutto, in noi e al di fuori di noi, e costruiamo
mattone dopo mattone un immenso muro di infelicità, insoddisfazione,
disagio.
Questo
conflitto interiore, nella disarmonia tra il negativo e il positivo
che c’è in noi, crea le emozioni negative. Non si tratta dunque di
fare guerre, di dover combattere contro la rabbia, o altro, si tratta
semplicemente di equilibrare armonicamente in noi stessi gli aspetti
negativi con quelli positivi, la parola chiave è armonia.
La
rabbia non è contro la pace, il problema, la sofferenza nasce dalla
disarmonia tra rabbia e pazienza, quindi non si tratta di eliminare
questi eventi, ma di creare armonia tra loro, perché tutto serve,
nulla è vano.
Questo
è stato il senso di questi quattro giorni e a conclusione dite ciò
che ne pensate.
Intervento: Sono
un operaio nelle vigne del Buddha e anche se spesso la vita non è
stata particolarmente generosa con me, sono stato davvero fortunato
poiché ho incontrato maestri qualificati e preziosi, ho potuto
conoscere e praticare il Dharma e condividere con altri questo
regalo. A un certo punto della mia vita pensai di diventare monaco,
ma il mio maestro, che mi conosceva molto bene, mi dissuase
fermamente, però mi disse anche che, malgrado il mio karma negativo,
ero fortunato perché essendo medico ero agevolato nel conseguire
l’illuminazione nella prossima vita. Ho premesso questo fatto
perché qui ora c’è Geshe Gedun Tharchin una persona che ha una
dote rara e preziosa in quanto, pur essendo uno studioso
particolarmente competente e profondo, ha raggiunto il massimo grado
di studi ed è Geshe Lharampa, riesce a trasmettere la dottrina
estremamente complicata e difficile del Buddhadharma con grande
semplicità e chiarezza, scende con naturalezza, apparentemente
scherzando a volte, a livello di ognuno degli ascoltatori, al fine di
rendere accessibile anche le dottrine più complesse, e di questo lo
ringraziamo.
Lama: Grazie
a voi, avete detto davvero parole bellissime.
Dedichiamo
dunque tutti i meriti, le qualità, questa capacità di gioire,
l’intenzione di generare la bodhicitta, a beneficio di tutti gli
esseri senzienti e in particolare per l’armonia del Sangha che
produce pace.
L’armonia
del Sangha è una pratica importantissima.
Grazie
a tutti per la vostra partecipazione entusiastica che sicuramente ha
determinato una trasformazione in ognuno di noi e che non dobbiamo
perdere, ma condividere con tutti con gli amici, in famiglia e nel
lavoro.
Concludiamo
pregando insieme:
PREGHIERA
DI DEDICA
Possa
la preziosa bodhicitta (mente dell’illuminazione) non ancora nata,
sorgere.
Possa
quella già nata non avere mai declino, ma aumentare sempre di più.
Tutti
i Conquistatori dei tre tempi hanno lodato come suprema questa dedica
impareggiabile.
Quindi
dedico tutte le radici delle mie virtù
al
sublime scopo di dedicarmi alla pratica del Bodhisattva.
Possano
tutti gli esseri senzienti, nostre madri, avere felicità stabile.
Possano
tutti i regni inferiori divenire vuoti per sempre.
E
possano tutte le preghiere dei Bodhisattva,
ovunque
essi risiedano, essere esaudite.
*******