Rilassarsi e
dimorare nello stato originario della mente
Geshe Gedun
Tharchin
22 marzo
2014 - Milano
INDICE
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Rilassarsi e Dimorare
nello
Stato Originario della Mente
Il karma inutile........................................................................................................
Mahāmudrā - la grande postura..............................................................................
Il karma
inutile
Il titolo scelto per il seminario è molto bello e tratteremo questo
argomento nella sua semplicità e naturalezza poiché lo scopo della nostra
pratica non è raggiungere l’illuminazione nel più breve tempo possibile, non si
tratta di una corsa affannosa, al contrario dobbiamo imparare a rallentare i
ritmi della vita.
Tendiamo a velocizzare ogni istante perdendolo, vanificandone l’essenza
profonda, è come se lanciassimo al massimo l’auto e i freni si rompessero, il
rischio sarebbe gravissimo ed è esattamente quello che corriamo
quotidianamente.
Il pericolo è ulteriormente potenziato da quest’era in cui si tende a
ridurre tutto ad un rapporto virtuale, ci si affida sempre più a internet, il
mondo ha subito più cambiamenti negli ultimi trent’anni che in secolo e secoli
del passato, ciò che è novità oggi domani sarà già obsoleta, superata in una corsa
a incremento esponenziale.
Entro questi stessi schemi si vorrebbe adattare la pratica di Dharma,
ma è impossibile oltre che assurdo, la pratica spirituale non può funzionare con
velocità da aliscafo che lambisce soltanto la superficie dell’acqua, deve essere
compresa, penetrare nel profondo dell’essere, lentamente e fermamente.
Non limitiamoci a sfiorare affannosamente distratti la realtà, usiamo i
buoni freni, diamoci il tempo di sentire pienamente il contatto con la terra,
evitiamo catastrofici incidenti e procediamo senza paura, senza angoscia.
Questo è dimorare nella mente originaria, rilassare e riposare sia la
mente che il corpo, entrambi devono procedere congiuntamente.
Se il corpo non è adeguatamente disteso, tranquillo, nemmeno la mente
può esserlo. Il primo elemento che ci permette di ottenere questo stato di
benessere fisico è il respiro regolare, aperto, ed è altrettanto importante
avere una alimentazione equilibrata e il necessario riposo. Il corpo è il
contenitore del cervello, che deve essere nutrito adeguatamente, e anche della
stessa mente.
In un corpo rilassato si rilassa la mente che così può iniziare ad
osservare il suo stato originario, che non coincide affatto con il cervello e
che non risiede in un luogo specifico, è bensì lo stato di una mente innocente,
pulita, simile a un foglio di carta bianca, immacolato.
Al fine di poter tornare allo stato originario della mente è necessario
purificare la mente ordinaria rallentando la corsa folle dei nostri pensieri,
diminuendone gradualmente la quantità e il peso.
Abitualmente ci riduciamo allo sfinimento con i pensieri incessanti, non
concediamo pause e siamo completamente in balia di un’accozzaglia disordinata di
pensieri utili e inutili, buoni e cattivi, dannosi, che dunque, per primi,
devono essere eliminati perché corrompono ogni istante della nostra esistenza,
distruggono corpo, mente, anima e spirito.
Però, contrariamente a quanto si potrebbe dedurre, non sono i pensieri
cattivi che occupano la maggior parte della mente, bensì quelli inutili ben più
pericolosi perché noi li accogliamo con grande facilità, sono il passatempo
preferito, li consideriamo piacevolmente innocui, invece occupano uno spazio
così grande e richiedono una tal quantità di energia, senza produrre
assolutamente nulla in cambio, che diventano dannosi per la salute fisica e
mentale, distruggono l’equilibrio interiore.
Non abbiamo consapevolezza della gravità di questa perdita nella totale
improduttività, i pensieri inutili ci impoveriscono, creano karma inutile.
Noi, sbagliando per antica consuetudine ormai consolidata nel DNA,
focalizziamo l’attenzione esclusivamente sul karma positivo, che desideriamo, e
sul karma negativo, che temiamo, ma in realtà la loro definizione non è così
importante, entrambi sono naturalmente presenti, senza che dobbiamo
preoccuparcene, si alternano come espressione della nostra umanità, non sarebbe
possibile vivere solo con karma positivo, anche quello negativo ha la sua
funzione per la nostra crescita umana.
Ciò che invece, con il pesante fardello di preoccupazioni inutili,
produciamo abbondantemente è il karma inutile perdendo in questo modo tempo e la
stessa vita.
Il karma inutile, non apparendo né positivo né negativo, ci ghermisce
nell’inconsapevolezza totale, diviene padrone di ogni nostro istante e perciò è
necessario prenderne coscienza, cominciare a diminuire la quantità di inutili
pensieri così da ridurre lo stress e lo spreco di energia.
Ma come diminuire i pensieri inutili? Cercando di pensare solo a ciò
che è necessario, utile, indispensabile per la quotidianità e lasciar andare
tutto il resto. In questo modo ci avviciniamo alla mente originaria, quando
riusciamo a ridurre un solo pensiero inutile facciamo un passo verso la mente originaria.
Diminuendo i pensieri inutili ci rilassiamo, cioè diminuiamo lo stress
che comporta una gran perdita di energie.
Spreco di energia vitale e stress sono strettamente correlati, sono vicendevolmente
causa ed effetto e diventano di fatto, concretamente, il “guru” delle nostre
giornate. Soltanto diminuendo i pensieri inutili possiamo diminuirne gli
effetti, non c’è nulla da combattere, contro cui lottare, semplicemente
abbandonare qualsiasi idea superflua si affacci alla mente.
Lascar andare i pensieri inutili, abbandonarsi al rilassamento della
mente svuotata da questa spazzatura è un meccanismo estremamente sottile a
livello interiore, spirituale, ma tutti, indistintamente, siamo in grado di
gestirlo pienamente poiché è completamente nelle nostre mani, non dipende da
nulla e nessun altro.
Al contrario, tutto ciò che avviene all’esterno, nel mondo materiale,
nella velocizzazione pazza dell’economia moderna, sfugge completamente al
nostro controllo, ne subiamo gli effetti senza poter intervenire in alcun modo.
Ma la spiritualità no, non è soggetta a queste leggi di mercato, è
assolutamente libera, illimitata, totalmente a nostra diposizione, senza alcun
condizionamento esteriore, per questo possiamo guidarla nel modo migliore,
senza spreco di energie, senza stress, con conseguente grande rilassamento naturale,
spontaneo, senza sforzo o volontà alcuna.
Questo atteggiamento mentale è il karma, che non deve necessariamente
essere soltanto imputabile alle vite passate, è qui ora nelle nostre mani, oggi
più che mai, in quest’epoca in cui cambiamenti sono così repentini, abbiamo la
possibilità di trasformare, di plasmare il nostro karma, sia esso verbale,
fisico e mentale.
Non si deve sprecare tempo ed energia nella preoccupazione del karma
negativo o positivo, entrambi sono ciò che sono e nel momento in cui si
presentano, in modo esattamente uguale hanno una loro validità, il nostro vero
ostacolo è il karma inutile che occupa l’intero spazio mentale alimentando a
dismisura lo stress ed esaurendo ogni energia vitale.
Lo stress è inevitabile parte dell’esistenza moderna e in quanto tale
non è in sé sempre negativo, anzi nella giusta misura ha una sua positività,
come tutte le cose, è stimolo, punto di forza, ma si trasforma in limite e
problema quando è eccessivo e assume il totale controllo di noi stessi, quando
diventa il nostro unico riferimento.
I pensieri inutili sono la causa dello stress estremo in cui tutti, una
o più volte nella vita, siamo incappati, ma quando riusciamo a liberarci da
questo eccesso che prosciuga l’energia vitale, il giusto livello di stress rimasto
si trasforma in energia liberatrice e ritroviamo immediatamente quello stato di
rilassamento benefico e arricchente.
Senza stress non saremmo nemmeno in grado di gustare il rilassamento,
sarebbe quasi scontato, ma il giusto
livello di stress ci permette di assaporare il rilassamento come benessere
infinito, un vero paradiso, ne abbiamo totale consapevolezza.
Quando l’energia derivante dal giusto livello di stress ci permette di
liberarci nella consapevolezza dai pensieri inutili, automaticamente siamo
rilassati, uno stato di vera beatitudine, che ovviamente non può essere
permanente, ma che deve essere apprezzata pienamente quando accade perché ci
dona una chiara visione della realtà e di cui dobbiamo conservare memoria.
La beatitudine non è immobile estasi eclatante, bensì è la consapevolezza
dello stesso stato di beatitudine, dell’infinito valore del rilassamento della
mente, un’esperienza che si presenta in un momento, e la cui momentanea
esperienza deve essere rammentata costantemente così da permetterci in modo spontaneo
di evitare i pensieri inutili.
Questo è il karma utile, né negativo né positivo. Le contrapposizioni che
costantemente tentiamo di portare in ogni evento, i netti giudizi di bene -
male, brutto - bello, buono - cattivo, implicano concetti di lotta, di conflitti,
di scontri che non hanno alcun senso, è invece più corretto rivolgere
l’attenzione su ciò che è utile e ciò che non lo è, senza ricorrere a nessuna
battaglia, né guerra, non c’è nulla da combattere né da conquistare.
Nel rilassamento siamo nell’equanimità in un atteggiamento di uguale
rispetto per il karma utile, inutile, positivo e negativo; il nostro lavoro
quotidiano consiste semplicemente nel diminuire un poco alla volta, senza fretta,
ma con determinazione e coscienza, i pensieri inutili, potremo così constatare
come tale diminuzione determini automaticamente un incremento del rilassamento
mentale e come questa consapevolezza conduca alla beatitudine della mente
originaria.
Quest’attitudine ha attinenza con i meccanismi psicologici,
psicoanalitici, ma soprattutto è in relazione al karma, totalmente nelle nostre
mani, e la cui attività oggi cambia la nostra vita domani. Non è necessario
incarnarsi un’infinità di volte per ottenere questa trasformazione, una vita è
più che sufficiente.
Tutti possediamo la stessa qualità della mente di Buddha, dunque non è
necessario rimandare ad eventuali ipotetiche reincarnazioni la nostra
realizzazione umana, abbiamo questa esistenza a disposizione, tutto è nelle
nostre mani, non occorre null’altro, mutiamo le azioni oggi e domani la nostra vita
sarà già trasformata. Questa è la potenzialità del Dharma, che si sviluppa nell’attività
dei tre tipi di karma di cui tutti disponiamo: karma fisico, verbale, mentale.
Il karma fisico è principalmente fondato sul cambiamento del respiro
consapevole, completo, che coinvolge concretamente non solo i nostri polmoni,
ma ogni piccolo poro del corpo.
Il karma verbale è legato al nostro modo di parlare che deve avvenire
nella concentrazione sulla qualità delle parole, sulla loro effettiva utilità,
è necessario abbandonare le parolacce, le chiacchiere futili, le maldicenze.
Il karma mentale è legato ai pensieri che, come le parole, devono
essere solo utili, necessari.
Oggi, lo scorrere degli avvenimenti sulla terra ha una velocità che
cresce in modo esponenziale, ricordo che mia mamma, analfabeta, ripeteva una
grande verità, frutto della saggezza popolare e che io in tanti anni di studio
non ho trovato in nessun testo; lei diceva che oggi il karma è velocissimo,
anticamente richiedeva il tempo necessario per fare il giro del mondo, adesso è
sufficiente un’ora.
Certamente tale velocizzazione è un problema, ma anche una grande
possibilità, perché tutto è a nostra disposizione subito, non abbiamo scuse e la
nostra responsabilità è totale: qui e ora è il momento migliore per cambiare la
nostra vita.
È chiaro il concetto di come rilassarsi nella mente originaria?
La pratica, il modo di attuazione, è una scelta personale, tutto è
nelle proprie mani, la natura della mente umana ha in sé il germoglio della
stessa qualità della mente di Buddha, questo è assodato.
Le diverse scuole di pensiero del buddhismo tibetano si soffermano su
alcune differenze interpretative riguardo lo stato di illuminazione della
mente: qualcuno sostiene che sia innato e quindi ognuno è già naturalmente
illuminato; altre invece sottolineano che occorrono ulteriori passaggi per
ottenere l’illuminazione, e altre ancora dicono che siamo solo parzialmente illuminati.
Ma queste disquisizioni teoriche non ci devono preoccupare, ciò che
conta è la capacità di introspezione, di osservare nella profondità del proprio
cuore incominciando così a vedere in sé stessi, a sentire il proprio stato
interiore, poiché soltanto in questo modo si riconoscono i pensieri inutili e li
si può lasciar andare ripulendo la mente che si rilassa completamente, priva di
ogni ostacolo e disagio. In questa condizione si sperimenta, anche se solo per
pochi istanti, la beatitudine di una quasi illuminazione.
Questa profonda beatitudine, vissuta nella consapevolezza di un
momento, dona un’energia solida, è nutrimento sostanziale dell’anima. Non è
affatto necessario che questa esperienza duri a lungo, anzi questo creerebbe
solo karma inutile poiché ci attaccheremmo immediatamente a ingannevoli
fantasie.
La beatitudine nel rilassamento della mente originaria avviene nel
giusto momento e aumenta la coscienza nelle proprie capacità di
autosufficienza, è uno stimolo, un nutrimento, ma crogiolarsi in essa,
compiacersene e voler mantenere permanente questo stato di consapevolezza, di
parziale illuminazione, vanificherebbe ogni beneficio, che, al contrario, dura ed
è espresso concretamente nell’azione, nella quotidianità, nel lavoro, nel
respiro.
Domanda: Non so se ho ben capito: questi momenti di
illuminazione, di risveglio, sono indubbiamente collegati alla pratica
meditativa formale, ma lo sono altrettanto nell’ordinaria attività quotidiana,
quindi non strettamente dipendenti dall’esercizio meditativo?
Lama: Si, il rilassamento nella mente
originaria va oltre la meditazione formale, può accadere in qualsiasi momento,
quando si manifesta la giusta circostanza. Gli ostacoli che incontriamo sono
determinati dal malessere presente nella nostra mente, cuore, anima, ma quando
questo è assente, quando non esistono preoccupazioni, intoppi, pensieri
inutili, il terreno è pronto.
La cessazione della sofferenza, la terza delle quattro nobili verità, significa
proprio la diminuzione di questo disagio, delle difficoltà, degli impedimenti
che gravano sulla nostra anima, spirito, cuore, sia a livello fisico, che
mentale e spirituale.
L’altro giorno mi hanno chiesto se la malattia appartiene alle
preoccupazioni mondane o non mondane, difficile rispondere anche perché tutto
dipende da come la si vive, generalmente appartiene alle preoccupazioni mondane
in quanto, erroneamente, ci identifichiamo con essa, mentre la persona non è
mai ammalata, sono soltanto le singole parti del corpo che possono ammalarsi. “…..Io sto male….”
Ma quale io? Dov’è questo io? Questa è totale mancanza di consapevolezza.
La cessazione della sofferenza, del disagio, di ogni ostacolo e
preoccupazione è possibile a condizione che non ci si identifichi con essi, che
si abbia consapevolezza della propria essenza, che è altro, che si sappia
guardare in se stessi, non al di fuori e ciò può avvenire soltanto nella
profondità della propria, mente, anima, cuore, spirito; se rivolgiamo
costantemente l’attenzione all’esterno non otterremo mai nulla e la nostra
insoddisfazione sarà sempre più pesante, affonderà nella perdita di tempo e di
energia.
Un cuore consapevole, aperto all’amore, alla generosità alla
compassione è un cuore naturalmente gioioso e questo dipende esclusivamente da
noi, dalla nostra attitudine incondizionata all’amore gratuito, privo di
calcolo, di ogni pretesa, dono di sé nell’autentica ricchissima gioia
dell’essere nell’equanimità, liberi da qualsiasi giudizio.
Se solo sapessimo maturare la consapevolezza questa visione sarebbe
chiarissima, evidente, ma al contrario siamo abituati ad agire senza pensare
coscientemente, prima agiamo poi pensiamo e sempre sconclusionatamente, siamo come
automi gravati da mille condizionamenti esterni, sommersi dalla confusione di
infiniti inutili pensieri.
Nell’equanimità invece vediamo chiaramente la perfetta uguaglianza di
tutti gli esseri, e così la generosità, la grande compassione, scaturisce
naturalmente e questo porta a dimorare pienamente rilassati nella mente
originaria.
Domanda: Che differenza c’è tra lo stato di beatitudine
e quello della mente originaria? Non credo siano la stessa cosa, dovrebbe
esserci un passaggio riconoscibile da uno stato all’altro.
Lama: Lo stato della mente originaria è la
vacuità della mente, ai livelli più sottili della Mahāmudrā in cui si sviluppa
la concentrazione, samādhi, sulla vacuità della mente. Riconoscere la propria
mente è avere esperienza tangibile della realizzazione della vacuità della
mente.
Questa realizzazione può
essere articolata su vari livelli, non solo quello della chiara visione. Il
primo passo, fondamentale, è il livello concettuale basato sulla conoscenza
della vacuità della mente, non la sua realizzazione.
Noi ci identifichiamo
continuamente con la nostra mente, io e mente ci appaiono la stessa cosa, ma
quando riusciamo ad osservare la mente nella sua natura vuota il nostro ego è
sgretolato, vediamo che non c’è nulla di solido, di concreto, di tangibile e si
apre un ampio spazio.
Ora facciamo una breve pausa.
Mahàmudrà - la
grande postura
Iniziamo questa seconda parte meditando con concentrazione sulla mente
originaria per qualche istante.
(segue meditazione)
È fondamentale non scordare mai che siamo, individualmente, persone irripetibili
e rare, un’unità veramente preziosa.
Nel buddismo tibetano, a differenza della tradizione indiana, non ci si
accosta a nessuna pratica senza aver prima preso rifugio nei “tre gioielli”, “dkon-mchog”,
che corrispondono a Buddha, Dharma e Sangha, a cui si aggiunge un ulteriore
gemma, il Guru.
Il rifugio nei tre gioielli è fondamentale, ma ricordiamo che il Buddha
ha ribadito instancabilmente che: “tu sei il
protettore di te stesso, unica guida per scegliere la tua vita, io ti posso soltanto
indicare la via, ma tu decidi per te stesso, nessun altro può farlo al posto
tuo”. Dunque proprio in questa unicità responsabile
scopriamo in noi il quarto gioiello “dkon-mchog”, raro e prezioso in cui è altrettanto
doveroso prendere rifugio poiché è il livello ultimo, l’essenza profonda della
dimora nella mente originaria.
La nostra mente originaria è il coraggio, la forza, la dignità, la
fiducia, il valore ultimo in cui nessun altro, dall’esterno, può interferire.
Questo è il dono del sorgere della vita umana, la nostra preziosità esclusiva
che dobbiamo accudire con cura senza perderci nel karma inutile.
Ricordiamo i semplici passaggi necessari per evitare la creazione di
karma inutile: parlare solamente di ciò che è utile o indispensabile; occuparsi
soltanto delle faccende necessarie alla vita quotidiana; non disperdersi in
pensieri vani e non essenziali.
In questo modo scopriremo di avere molto tempo a disposizione, un ampio
spazio liberato da tutta l’immondizia, pulito, in cui ritrovare la nostra vera
origine spogliata da tutte le sovrastrutture superflue, inerti, false e
illusorie.
È assolutamente necessario abbandonare completamente le costruzioni
effimere dell’immaginazione ingannevole rimanendo invece saldi nella Mahāmudrā,
unico strumento veramente essenziale, la grande postura, fisica, verbale e
mentale che induce automaticamente e naturalmente il cambiamento del karma con
dignità, gentilezza, amore, saggezza.
Non serve a nulla e a nessuno annotare meticolosamente la contabilità
delle pratiche effettuate al fine di accumulare ipotetico karma positivo, ma,
come diceva il famoso maestro Marpa, la cosa essenziale per eliminare ogni
negatività è rimanere stabili nella grande postura con corpo, parola e mente,
tutte le altre fantasie, i pensieri e le preoccupazioni per le future
realizzazioni o per l’esecuzione perfetta delle varie pratiche, sono vani
orpelli e pesante zavorra.
Ciò che unicamente conta è giungere all’essenziale, mantenersi saldi
nella grande postura, nel grande modo di essere, senza preoccuparsi di cosa o
come fare, ma semplicemente di Essere, autenticamente, naturalmente.
Mahāmudrā è stato erroneamente tradotto con il termine “grande sigillo”,
che nelle lingue occidentali non ha alcun senso, invece “mahā” significa grande
e “Mudrā” gesto, dunque il grande gesto, la postura, il modo di essere, il
comportamento, l’etica espressa nella nuda essenza della persona sul piano
fisico, verbale e mentale.
Nel buddhismo sono attribuiti al Buddha tre corpi: Dharmakāya,
Sambhogakāya, Nirmānakāya, mentre a noi ne sarebbe concesso soltanto uno, ma in
realtà questo non è esatto poiché anche in noi è innato l’embrione di tutti e tre:
la nostra saggezza e conoscenza corrisponde al Dharmakāya; il corpo mentale,
spirituale, del sogno al Sambhogakāya; la nostra esistenza reincarnata in
questa vita al Nirmānakāya, questa tridimensionalità non è esattamente quella
di Buddha, ma è pur sempre somigliante.
In effetti però si parla non solo di tre, bensì di quattro corpi del Buddha,
e dunque questa ulteriore classificazione riguarda anche noi e il quarto corpo
è Dharmakāya che si manifesta in duplice forma: il corpo di saggezza e il corpo
di arcobaleno che corrisponde allo stato di vacuità della mente originaria.
Su questo ultimo punto esistono varie interpretazioni, ma quella che io
trovo maggiormente corrispondente alla mia visione è la definizione del corpo
di arcobaleno come vacuità della mente originaria.
Il Dharmakāya nella sua duplice forma di realtà convenzionale e ultima
corrisponde alla vacuità della propria mente originaria articolata nella
relazione tra un soggetto e un oggetto: la saggezza che osserva la vacuità
della mente originaria è il soggetto, mentre la vacuità della mente originaria
è l’oggetto osservato.
I corpi sono tutti inscindibilmente correlati, il Sambhogakāya è la
forma prima, originaria e il Nirmānakāya ne è la manifestazione fisica.
Questi quattro corpi, simili a quelli di Buddha, sono parte della
natura umana, del valore umano, sono la nostra immensa ricchezza e
l’interconnessione tra loro è karma mentale, verbale, fisico che, espresso nell’attività
quotidiana, definisce chi siamo.
Noi commettiamo ripetutamente lo stesso errore: esaminiamo, analizziamo
ogni dettaglio esterno, giudichiamo gli altri e vogliamo sapere chi essi sono,
ma l’unica vera domanda sensata che dovremmo porci è: “chi sono io?”,
soltanto con quest’ottica possiamo applicare la grande ricchezza della nostra
umanità invece di disperderla in inutili fantasie esteriori.
Questi quattro corpi sono la nostra immensa ricchezza che ci fa
praticare la Mahāmudrā, cioè ci fa vivere nelle quattro essenze della vita, è
come se la nostra esistenza si esprimesse durante il giorno nella
manifestazione fisica, Nirmānakāya e nella notte nel corpo del sogno, non
fisico, puro, di arcobaleno, Sambhogakāya e Dharmakāya.
Nella natura della nostra mente si verifica l’unione della saggezza che
conosce la vacuità della mente originaria e la vacuità della mente originaria
stessa, e questa è la realizzazione del nostro Mahāmudrā.
E’ tutto chiaro?
Domanda: Per nulla, non so se ho capito: nella nostra
coscienza c’è la vacuità della mente e contemporaneamente c’è la conoscenza, la
consapevolezza, della vacuità della stessa mente, è così? È questo Rigpa?
Lama: Si, perfetto, possiamo umilmente dire
che non essendo ancora illuminati, noi non abbiamo realizzato i quattro corpi
del Buddha, ma ne possediamo i quattro lignaggi.
L’unione dei quattro corpi, o anche soltanto il loro lignaggio, è il
Vajradhara. “Vajra” significa diamante e “dhara” ne indica il possesso.
Il diamante ancora grezzo, opaco come sasso corrisponde al lignaggio,
mentre il gioiello brillante frutto del grande lavoro di intaglio e pulizia è
la realizzazione dei quattro corpi, quindi anche noi possediamo pienamente
questo diamante, ma è ancora un pezzo di roccia scura che richiede molto
impegno e lavoro per poter manifestare la sua luce splendente e pura.
Il primo pesante ostacolo che impedisce la trasformazione della pietra
grezza in diamante è l’irrinunciabile attitudine ad aggrapparsi al proprio io a
mantenervisi ancorati in un groviglio di corde e nodi che invece devono essere
pazientemente districati, uno ad uno, con costante, equanime applicazione di
amore e compassione, il vero, unico nutrimento per il nostro autentico sé.
Utilizzando una metafora potremmo dire che l’equanimità è la buona
fertile terra, l’amore e la gentilezza sono l’acqua acqua fresca, rigenerante
con cui annaffiare il campo, la compassione è il seme che germoglia nel terreno
così curato, e tutti questi fattori congiuntamente costituiscono la bodhicitta
che si manifesta in duplice aspetto: convenzionale e ultimo.
La bodhicitta è il cuore di Bodhisattva nella sua natura di compassione
e saggezza e la buona notizia è che in ognuno di noi esiste questo embrione,
dobbiamo semplicemente permettergli di crescere, accudirlo e svilupparlo.
Questa è la nostra vera, unica e insostituibile grande ricchezza, lo
splendore della cultura umana, peccato che non ce ne rendiamo conto e il più
delle volte la buttiamo via preferendo rivolgere totale attenzione ed energia
all’acquisizione delle ricchezze materiali, ma la ricchezza interiore non può
nemmeno essere messa in paragone alla ricchezza materiale che non vale
assolutamente nulla, è pura illusione anche se noi, completamente accecati, la
riteniamo l’unico bene possibile cadendo così nell’inganno più macroscopico e
devastante.
Liberarci da questi ostacoli è la pratica di Mahāmudrā, che a livello
teorico, astratto, è descritta come il grande gesto, il grande modo di essere,
di pensare, di agire, e a livello concreto si manifesta in ogni istante
dell’esistenza motivato dalla grande compassione.
Solo nella grande compassione è davvero possibile liberarci
dall’attaccamento al proprio ego.
Domanda: Di fronte ai sentimenti, come si può non cadere
nell’attaccamento al sé, evitare il desiderio di possesso?
Lama: Con la trasformazione interiore,
perché i sentimenti non derivano dall’attaccamento al sé o dalla mancanza di
compassione, ma sono parte naturale dell’essere umano, perciò sta a noi
indirizzarli nel modo corretto, magari cambiando ambiente e circostanze,
annaffiandoli sempre con la fresca acqua dell’amore. L’attaccamento al sé è più
strettamente collegato alla propria interiorità profonda, mentre i sentimenti
sono spesso condizionati dalla fisicità, si agisce su piani diversi.
Domanda: Certamente andando avanti con l’età è più
facile gestire correttamente i sentimenti, perché in gioventù si è
letteralmente travolti dall’innamoramento che pare non possa essere dominato in
alcun modo, mentre nella maturità si è completamente assorbiti dagli affetti
familiari, ma in modo altrettanto esclusivo e forse un equilibrio tra questi
due estremi, il non attaccamento vero, corrisponde ad una vita quasi monastica,
non credo ci siano altre alternative. Perché se è vero che con l’età tutto
migliora rimane comunque fortissimo l’attaccamento verso i figli, come è
possibile liberarsi anche di questo? Io non lo so, mi pare impossibile.
Lama: Qualcuno vuole rispondere?
Intervento: Potrebbe essere di aiuto sviluppare il
significato della sofferenza nel buddhismo? nelle religioni che conosciamo, nel
cristianesimo ad esempio, rappresenta una leva fondamentale.
Lama: La sofferenza è indispensabile alla
crescita umana. Non deve essere eccessiva, insopportabile, ma nella giusta
misura è nutrimento, benedizione, ci permettere di crescere, di maturare la
nostra umanità.
Non esiste mai nulla di
assolutamente negativo, né dolore, né rabbia, né odio, né pensieri negativi,
perché tutti possono essere mezzi abili per trasformare davvero se stessi,
l’importante è mantenerli nella giusta misura e utilizzarli equamente. Senza i
cosiddetti elementi negativi non potrebbero esistere nemmeno quelli positivi.
Domanda: Quindi tu dici che tutte queste emozioni
esistono e nella giusta misura sono addirittura necessarie, il problema però è
che noi dobbiamo avere la capacità di vederle con un certo distacco senza mai
identificarci in nessuna di esse. È questo il nostro lavoro?
Lama: Certamente, il giusto equilibrio è la
chiave dell’esistenza.
Domanda: Mi ha colpito molto, anche perche non ne avevo
mai sentito parlare, il concetto del karma inutile, apparentemente semplice, ma
in realtà non facile da assimilare pienamente, credo debba essere approfondito
in una riflessione non banale e allora chiedo se hai suggerimenti su come
possiamo iniziare ad addestrarci per limitare il karma inutile?
Lama: Si può cominciare a non sprecare parole e
tempo in futilità, ma parlare, pensare e agire solo in ciò che è utile,
indispensabile, necessario alla vita quotidiana. Il cambiamento di
un’attitudine consolidata e totalmente opposta non può avvenire istantaneamente,
ma soltanto mantenendo viva la consapevolezza dell’intenzione, giorno dopo
giorno, si diminuirà lentamente e progressivamente il karma inutile. La pratica
quotidiana nella Mahāmudrā è il grande aiuto.
Domanda: Ritornando alla saggezza popolare e
semplificando, un valido strumento non potrebbe essere il ricordare
continuamente a se stessi: -smettila di preoccuparti troppo e di crearti vane
aspettative-?
Intervento: Si credo proprio che il problema sia nelle aspettative, non bisogna avere
aspettative su nulla, a nessun livello…
Lama: Per tutto vale la giusta misura, la
famosa via di mezzo è il fondamento di ogni fenomeno, si tratti di
attaccamento, di rabbia, di gelosia, o di compassione, tutto deve essere
nell’equilibrio della via di mezzo, questa è la grande Mahāmudrā.
Domanda: In relazione al karma io non ho capito cosa
intendi affermando che sia il karma positivo che negativo si equivalgono e
soprattutto mi ha stupito sentire che avere troppo karma positivo non va bene,
vorrei capire perché?
Lama: Perché è necessario mantenere senza
eccezione l’equilibrio in modo che l’energia possa agire armonicamente, solo in
questo modo la nostra umanità può maturare, svilupparsi in ogni suo aspetto.
Per questo si insiste tanto sulla via di mezzo.
Nello sbilanciamento tra
karma positivo e negativo cresce il karma inutile e per poterlo evitare è
necessario imparare a vivere pienamente la propria umanità in amore e
compassione, armonia interiore, senza giudizi e discriminazioni, in perfetta
equanimità.
Domanda: Quindi questa assenza di karma è quella
descritta nel sūtra del cuore, il Bodhisattva è infatti andato oltre qualsiasi
karma, perché il karma è un prodotto dell’ego sempre…
Lama: Non esattamente, il karma appartiene
alla seconda nobile verità, la causa della sofferenza, e qualsiasi karma porta
sofferenze, sia negative che positive. Non avere karma non significa essere nel
nirvāna, ma essersi liberati dal suo condizionamento, quindi il nostro paziente
e lento lavoro è cercare di abbandonare il karma un poco per giorno, senza
attendersi risultati eclatanti, la giusta misura in tutto è la chiave.
Anche
troppo karma positivo può far male perché induce illusioni anche gravi su se
stessi e allora è necessaria, indispensabile, altrettanta sofferenza per
permetterci di vivere pienamente la nostra umanità.
L’assenza
di sofferenza sarebbe altrettanto devastante come la sua presenza eccessiva. Si
ritorna sempre al concetto fondamentale, la via di mezzo è l’unico percorso che
ci permette di sviluppare appieno il dono prezioso della vita umana.
Grazie a tutti per questa condivisone e a conclusione reciterò in
tibetano a nome di tutti la preghiera di dedica dei meriti che offriamo per la
realizzazione della grande compassione, della Mahāmudrā, per le persone di
questo centro e per tutti gli esseri.
*****