Thursday 4 October 2018

KARMA, MEDITAZIONE E TRASFORMAZIONE INTERIORE




Seminario del Geshe Lharampa Lama Gedun Tharchin
mercoledì 26 settembre 2018
Facoltà di Medicina e Psicologia della Sapienza Università di Roma

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"Karma, meditazione e trasformazione interiore"

Oggi siamo qui per analizzare insieme i tre aspetti enunciati nel titolo di questo incontro e che sono basilari nella costruzione della nostra esistenza.

Il primo è il karma, un termine sanscrito che include sottilmente più significati, ma nella sua traduzione in altre lingue si indica un unico senso, un lavoro. Nelle lingue occidentali, che partono tutte dalla traduzione inglese, diventa azione come risposta alla fondamentale legge di causa effetto.

Navigando in internet troviamo molteplici spiegazioni sul karma e ho notato che qui in occidente quando si pronuncia il termine karma la risposta immediata è: il destino, mentre in realtà non lo è affatto, può essere invece la causa del nostro destino.

Generalmente nelle descrizioni date dalle religioni che affrontano il karma ci si riferisce quasi automaticamente alle innumerevoli vite passate che determinando la condizione attuale e che si proiettano in altre infinite vite future. 

Ma questa è una interpretazione superficiale e spesso completamente distorta della realtà, dunque siamo qui, in un contesto universitario nel dipartimento di medicina e psicologia, e abbiamo tutti gli elementi per poter analizzare la questione in modo serio dunque, giustamente, non ci curiamo né delle vite passate né di quelle future, è più che sufficiente ed essenziale occuparci di questa vita.

Il mio compito in particolare è quello di affrontare questo argomento senza alcuna preoccupazione relativamente alle vite passate che tanto affascinano e incuriosiscono impegnando le persone in un assurdo dispendio di energie, di tempo e di senso e tantomeno delle vite future la cui ricerca negli oracoli, nelle predizioni è davvero uno spreco insensato. 

Ci si affida alle divinazioni, all’astrologia, al potere magico di oggetti e tutto questo a cosa serve? il passato è passato e nessuno può avere certezze sul domani, eppure ci si è persi in queste stoltezze per secoli interi incrementando così una grande confusione e travisando completamente il vero significato del karma. 

Il karma è altra cosa, non ha nulla a che fare con la conoscenza di vite passate o future, Il karma è la consapevolezza della propria coscienza qui e ora, detta anche continuum mentale e ora risiede nella mente del nostro presente.
Questa mente consapevole non dimora solo nel cervello, né nel cuore, né nei vari chakra, ma permea ogni componente della nostra esistenza umana, è il karma che possiamo giungere a sentire ed è questo il compito che oggi affrontiamo, siamo ricercatori, dobbiamo trovare il karma nella coscienza che copre l’intera esistenza umana presente, in ogni momento, qui e ora, nel corpo, nella mente, nell’anima, nello spirito.

Se oggi pesiamo una persona di 50 kg. e ripetiamo l’operazione il giorno seguente avremo sempre lo stesso risultato, ma le sue emozioni saranno le stesse o no? Potremmo vedere che oggi è felice, domani triste, dopodomani neutrale e così via, e dunque la nostra ricerca non è volta alla condizione fisica, più statica e quantificabile, ma nella costante  evoluzione del pensiero, nel cambiamento interiore che si modifica ad ogni istante da mattina a sera, questa percezione è il risultato del karma.

Il karma non è codificabile in una forma che aggiunge peso, è una materia intangibile. Non dobbiamo ripetere gli stessi incomprensibili termini antichi, bensì imparare a vagliarli alla luce della conoscenza attuale in una visione che scorre parallelamente alle sempre nuove e più profonde scoperte della scienza, dobbiamo comprendere il senso del termine usato calandolo nella 
consapevolezza del mondo moderno, di ciò che viviamo ad ogni istante oggi.

In questa visione quando parliamo di karma positivo, negativo, neutrale, non ci riferiamo a nulla che provenga da ieri, né che sarà domani, ma alla condizione di questo stesso momento.

Sperimentiamo il karma pesante quando ci sentiamo depressi e ci pare che nulla vada bene, ed è proprio in questo momento con la consapevolezza di tale pesantezza che possiamo trasformare la situazione. Anticamente si procedeva con rituali vari di purificazione che avevano comunque un loro effetto perché la persona si concentrava con fede in tale azioni, ma oggi questi mezzi non avrebbero alcun valore per noi, abbiamo altri strumenti da utilizzare, la conoscenza scientifica, articolata, sottile che ci aiuta ad affrontare la realtà con saggezza, consapevolezza, conoscenza, impariamo ad applicare nella nostra esistenza la compassione, la pazienza, l’amore e immediatamente la depressione scompare, la luce illumina la bellezza del presente.

Nessuno ci costringere a vivere nel karma pesante, abbiamo tutti gli strumenti nelle nostre mani per trasformarlo per passare dalla tristezza ad una gioia autentica, profonda, questo è stato l’insegnamento del Buddha: “Tu sei il tuo maestro, ma tu puoi essere il tuo peggior nemico” nessun altro può farlo dall’esterno perché tu sei l’unico responsabile della tua esistenza, puoi rendere proficua o sprecare la tua vita, portarla al fallimento, solo tu sei l’artefice della tua umanità.

Tu e solo tu costruisci il tuo karma, qui e ora, tutto dipende dalla tua forza di consapevolezza, di conoscenza, di capacità di purificazione così da trasformare nel momento presente l’intero sistema della tua esistenza umana.

Questa capacità è evidente soprattutto quando ci si trova nelle condizioni di maggiore  difficoltà, nei momenti faticosi e dolorosi della vita, poiché ci dà la possibilità di trasformarli davvero grazie alla consapevolezza e alla conoscenza in grado di liberarci dalla nostra stessa pesantezza, di togliere quel peso sempre più opprimente posto sulle nostre spalle che annienta e non ci permette di procedere sul sentiero della vita con profondità e leggerezza.

Dove risiede questo karma pesante? come è giunto? dove andrà? Nessuno lo sa e nessuno può darci una risposta, quindi perché perdere la vita nel tentativo di chiedere divinazioni per conoscerne le origini nel passato o per avere presunte proiezioni per il futuro. Questo è solo coreografia, spesso business ed è un gioco estremamente pericoloso. 

L’unico modo per liberarci dal peso del karma è purificare il karma pesante attraverso il karma positivo, questo è l’unico antidoto che abbiamo nelle nostre mani proprio adesso, qui e ora, e che dobbiamo usare subito, non rimandare a ipotetiche vite future o a chissà quali fantasiose immaginazioni, noi e solo noi possiamo e dobbiamo agire nel momento presente. 

Dobbiamo acquisire la consapevolezza per conoscere questo karma perché, così come quando il nostro corpo sta male se non sappiamo quale malattia lo affligge non possiamo nemmeno curarlo, dobbiamo fare altrettanto con la mente.

Il primo passo è la conoscenza delle cause della stessa malattia e solo allora sarà possibile trovare il rimedio per eliminarle e guarire. Tale procedimento è naturale ed essenziale per trasformare il karma pesante, la medicina necessaria è la consapevolezza, il Dharma.

Tutti noi siamo quotidianamente a confronto con qualche problema, sofferenza, confusione, felicità, soddisfazione, questo è il nostro karma, sia negativo che positivo, e quest’ultimo non è sempre in allegria a volte può diventare altrettanto pesante, l’obiettivo è dunque non avere karma, e non è una battuta, al contrario è una condizione fondamentale per la crescita umana.

In genere tutti ci focalizziamo unicamente sulla contrapposizione tra karma negativo e positivo, mentre in questa guerra non ci sono vincitori, perché entrambi colpiscono lasciando cicatrici, dunque il nostro obiettivo è liberarci da simili condizionamenti, cioè liberarci dal karma.

Quando siamo oppressi dal karma negativo utilizziamo il karma positivo per venirne fuori e va bene, ma una volta liberati dal karma negativo dobbiamo comunque lasciar andare anche il karma positivo, poiché se lo afferriamo lo rendiamo automaticamente negativo in quanto ogni attaccamento inevitabilmente si trasforma in limite, sofferenza, dolore, insoddisfazione.

Dobbiamo dunque liberarci dal karma poiché la sua natura è attaccamento, indipendentemente che sia rivolto a positività o a negatività, è comunque matrice di ogni sofferenza.

Nell’ambito dell’esistenza umana ogni azione generata da rabbia, gelosia, emozioni negative, produce inevitabilmente karma negativo, invece ogni applicazione in qualsiasi elemento positivo, importante e assolutamente necessario alla vita, porta karma positivo, ma benché questo sia al momento indubbiamente più piacevole e gratificante, alla fine essendo comunque attaccamento, si trasforma inesorabilmente in sofferenza, preoccupazione, peso, e il prodotto di questo karma è ciò che gli antichi definivano la condizione del samsāra.

Nel samsāra qualsiasi movimento, piacevole o spiacevole alla fine diventa insoddisfazione. Liberarci dal samsāra, cioè spezzare la catena delle rinascite, significa interrompere il karma, non crearne più e per far questo non si tratta solo di eliminare un attaccamento qualunque, sia positivo che negativo, ma di estirpare l’attaccamento radice, la madre di tutti gli attaccamenti che è l’attaccamento al sé, l’aggrapparsi all’io, ciò che ci trattiene nel samsāra, nell’illusione di una distorta visione della realtà.

Il Buddha ha ribadito all’infinito questo concetto indicando tre caratteristiche fondamentali: dukkha - anicca - anattā.

Dukkha è la sofferenza, il dolore, l’insoddisfazione che è inevitabile condizione che pervade ogni spazio della nostra esistenza nel samsāra.

Anicca è l’impermanenza. Noi siamo insoddisfatti da tutto perché cerchiamo sempre in ogni cosa la permanenza, vediamo erroneamente in ogni situazione e oggetto una staticità immutabile concretamente definibile in una forma, mentre nella realtà ogni elemento, dal più piccolo al più grande è impermanente. non è mai  lo stesso dell’istante appena passato. 

Consapevoli dell’impermanenza della realtà non dobbiamo più temere il samsāra dobbiamo imparare a conoscere e a controllare il karma, siamo noi gli unici responsabili della nostra esistenza, nessuno ci obbliga a farci condizionare o dominare dal samsāra, noi decidiamo se soccombervi o liberarci dalle sue catene, dobbiamo dunque imparare a non sprofondare nell’acqua, bensì a galleggiare sulle onde del karma osservando ogni evento, dalle catastrofi naturali a tutto ciò che colpisce la nostra esistenza, considerandoli nella loro natura vera di impermanenza.

Anattā è assenza dell’io. L’attaccamento all’io è la madre di tutti gli attaccamenti, è la più grande illusione, la radice dell’insoddisfazione costante che ci pervade senza interruzione poiché è impossibile soddisfare pienamente il sé a cui ci aggrappiamo come se fosse soggetto concretamente permanente, mentre in realtà non è tangibilmente esistente.

Al Buddha sono state attribuite moltissime qualità, tra queste soprattutto emerge la sua grande capacità di conoscenza della psiche umana e della realtà, e in tale contesto ha insistito a lungo nella descrizione dell’illusione di voler afferrare qualcosa che non è afferrabile, di aggrapparsi a un io come a qualcosa di solido, definito, ben strutturato così da sentirsi sicuri, protetti da ogni evento disturbante e di poterne ottenere tutte le gratificazioni possibili, mentre l’io non è afferrabile in alcun modo, né lo si può trovare da nessuna parte.

L’attaccamento al sé è dunque una gigantesca illusione e quando lo cerchiamo in noi stessi, immediatamente si nasconde, quindi la sfida che dobbiamo affrontare è la consapevolezza dell’assenza del sé, ma sia chiaro, ciò non significa affatto che noi non esistiamo, al contrario noi siamo in quanto persone, mentre è falsa, illusoria e inesistente la percezione che noi abbiamo di noi stessi nell’attaccamento al sé.

Nei momenti di rabbia, di paura, immediatamente proclamiamo a gran voce “IO”, tentiamo di aggrapparvici come a un’ancora di salvezza, ma dov’è questo io? Non lo troviamo da nessuna parte ed ecco che la sofferenza dell’insoddisfazione radicale e sottile emerge in tutta la sua potenza. In questo falso io si crea la radice del karma.

Il nostro scopo non è dunque quello di voler costruire karma positivo, ma quello di liberarci da ogni karma sia positivo che negativo, vivere senza karma, questa è la pace, il nirvāna.

Il nirvāna è proprio questa serena armonia, nulla di spettacolare, di miracoloso o paradisiaco che potrà essere raggiunto soltanto dopo la morte. Il Buddha ha insegnato che il nirvāna è nel presente, alla portata di tutti, ma non è calato dall’altro per magia, lo dobbiamo costruire passo a passo imparando a liberarci di questo karma, qui e ora, sia negativo che positivo o neutrale.

I pensieri negativi creano karma pesante nella nostra mente, nello spirito, nell’anima, non nel nostro corpo, una pesantezza intangibile che non può essere quantificata su una bilancia, ma ugualmente è potente e condiziona fortemente l’esistenza, crea le differenze nelle emozioni, nel sentimento, nello stato mentale, dunque è necessario purificarci da questa oppressione e l’antidoto a nostra disposizione da porre in atto subito è il karma positivo che rasserena e alleggerisce la mente.

I pensieri, l’attitudine negativa, non sono naturali nel cuore umano e sono altresì assolutamente inutili a se se stessi e agli altri, non producono alcuna soddisfazione e creano unicamente ostacoli alla propria coscienza in primo luogo e alle relazioni con il tutto.

Al contrario l’attitudine positiva della compassione, dell’amore, procede sempre a fianco di saggezza, intelligenza, conoscenza, consapevolezza e queste qualità congiuntamente permettono di superare qualsiasi problema nella propria vita, nella società umana, sono autentico antidoto al karma negativo.

Questo è ciò che stiamo trattando oggi, e io non vi sto proponendo delle certezze, siamo tutti nello stesso cammino di ricerca, dobbiamo sostanzialmente riconoscere, capire come prendere e trattare nella profondità dell’esistenza umana questo nostro karma positivo, negativo o neutro.

Il karma non è il destino, non è un qualcosa del passato, non è una proiezione nel futuro, è qui in questo nostro presente, momento per momento. Ogni assurda preoccupazione per la vita futura o presunto esame delle vite passate costituisce solo karma inutile in cui si spreca assurdamente tutta la vita.
L’unico karma utile è l’amore, la compassione, la conoscenza, la consapevolezza, la meditazione, la saggezza, che ci donano bontà, gioia, serenità in noi stessi e negli altri e in questo modo superiamo ogni paura, preoccupazione, riuscendo alla fine a superare tutto il karma accumulato nella vita nello sradicamento drastico della radice madre dell’attaccamento al sé.
Ecco perché è così importante meditare sul karma, saperne vedere chiaramente la presenza nel sistema della nostra esistenza umana. Così come per il benessere del corpo teniamo sotto controllo la pressione arteriosa e la misuriamo tutte le mattine, altrettanto dobbiamo fare con la mente, iniziare ogni giornata esaminando la pesantezza del karma, è aumentato? Sentiamo il predominio della rabbia, dell’attaccamento, dell’ignoranza, dell’oscurazione mentale? Se la risposta è si significa che sono diminuite compassione, amore, consapevolezza, saggezza, intelligenza e dunque, serenamente e con pazienza, dobbiamo retrocedere di un passo per poi avanzare di due.

Non c’è fretta in questo cammino, ma perseveranza, pazienza, un piccolo passo alla volta, a questo serve la meditazione per breve che possa essere. Non dobbiamo pensare che meditazione sia solo quella del Buddha, ininterrotta sino al raggiungimento dell’illuminazione, l’errore è proprio quello di voler sempre imitare ciò che riteniamo perfetto, noi dobbiamo meditare con consapevolezza secondo le circostanze, le nostre necessità e capacità, non abbiamo bisogno di nulla, l’unico strumento che possiamo utilizzare è l’osservazione del respiro che con il suo ritmo lento produce tranquillità mentale, lucidità, visione chiara di ogni elemento e conseguente superamento di ogni difficoltà con serenità, pace, gioia. 

La meditazione è la medicina per le difficoltà della vita, fa crescere nel Dharma, è il nettare indispensabile per la costruzione di un’esistenza sana, feconda, il gioiello dell’anima, dello spirito. La meditazione porta alla trasformazione interiore, agisce sul karma, lo può cambiare.

Noi siamo qui oggi per cercare insieme il senso di questo processo, l’interpretazione autentica, calata nella civiltà, nella cultura, nella scienza contemporanee, dei termini che stiamo utilizzando: karma, samsāra, nirvāna, Dharma, perché solo in questo modo ne possiamo cogliere l’immediato effetto, l’utilità e il peso che hanno nella nostra esistenza.

E’ una grande illusione, un inutile, insensato spreco, demandare tutto ciò a dopo la morte, cadendo nell’inganno di una impossibile interpretazione delle antiche scritture valide per i loro tempi e in un determinato contesto culturale, ma assolutamente avulse dalla condizione attuale. 

Non sappiamo come avverrà il passaggio nella morte, se sapremo o potremo meditare, ciò che sappiamo è che dobbiamo farlo oggi, trasformare il nostro cuore-mente oggi, dobbiamo avere consapevolezza della nostra condizione umana dei vari momenti di cui la stessa morte è parte, così la meditazione è ininterrotte, presente nel risveglio, nel sonno, nell’attività quotidiana come nella morte.

E’ davvero insensato essere terrorizzati dal momento della morte quando la vera difficoltà, la pesantezza da affrontare istante per istante è il vivere. Chi vive con consapevolezza non avrà alcun problema nell’affrontare consapevolmente il passaggio nella morte.



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