Saturday 15 July 2023

Mindfulness della vita quotidiana

 



Mindfulness della vita quotidiana

Lama Geshe Gedun Tharchin
BASSANO  - aprile  2023
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Grazie per la vostra presenza in questa giornata di condivisione in cui tutti insieme, come una famiglia, ci ritroviamo non solo per rilassarci, ma per fare qualcosa di veramente significativo e rendere più duraturo lo stato pacificato di tranquillità, imparando a non farci dominare dalle preoccupazioni, dalla paura, dalle ingiustificate angosce, bensì per sapere come affrontare ogni giorno gli eventi con serenità, coraggio e forza.

Dal punto di vista della cultura tibetana, orientale, o ormai possiamo dire universale perché con la globalizzazione, le distanze e le differenze sono notevolmente diminuite o addirittura azzerate, tutto si integra e unisce costituendo alla fine un'unità e qui oggi vogliamo concentrarci sulla ricerca della felicità, l'aspirazione a rendere la giornata di ognuno significativa è veramente patrimonio di tutti, senza distinzione.

Ma come realizzare questo obiettivo? Esiste una chiave unica, uguale per tutti, ed è la motivazione. La motivazione presenta due aspetti il primo è quello della motivazione di base, fondamentale, la determinazione che cresce nel nostro cuore spirituale che sostiene motiva ogni aspetto della giornata.

Questa motivazione, determinazione, è energia essenziale che indirizza il percorso della vita, dei pensieri, dei sentimenti, delle sensazioni, è la nostra guida e a sua volta si sviluppa a vari livelli, ad esempio è perfetta nei Bodhisattva, una figura molto rara, ma che esiste che può presentarsi in diverse forme, umana senza distinzione di genere né di età, ma anche nel mondo animale, vegetale, nella natura, in qualsiasi manifestazione.

Lo spirito del Bodhisattva manifesta la più grande motivazione nello scambio della propria felicità con la sofferenza altrui, è un dono gioioso, luminoso che trasforma la sofferenza stessa assunta su di sé in autentica, illimitata compassione, è puro amore.  Anche se è difficile, ma non impossibile, è un grande dono incontrare nella vita un Bodhisattva e in tutte le culture, tradizioni, società ne abbiamo esempi concreti.

La volontà di donare agli altri incondizionatamente la propria felicità assumendo in uno scambio tutta la loro sofferenza è la pura motivazione del Bodhisattva e la stessa sofferenza accolta con illimitata compassione libera da ogni peso, ansia, paura, e si trasforma in autentica felicità e questa è la capacità del cuore umano, è ciò che noi chiamiamo umanità.

Amore, Compassione, Karuna, trasformano realmente tutta la sofferenza tolta agli altri e presa nel proprio cuore in fonte di gioia, di coraggio, di pace perché ci liberiamo dal fardello ingombrante, pesante dell'io che limita ogni visione e movimento, che confonde e inganna. 

Ma cos'è questo “io” a cui siamo così avvinghiati? dov'è? Questo prepotente io ci rende costantemente impauriti, angosciati e confusi e proprio a causa del suo aspetto ingannevole ci ritroviamo invischiati nella schiavitù che spesso, nelle relazioni con gli altri, ci rende suscettibili e ci fa sentire offesi, o arrabbiati, o in preda a un irragionevole attaccamento e agitazione e ci fa concentrare unicamente nella chiusura di pensiero sulle possibilità di azioni di vendetta e di guerra, uno contro l'altro.

Tutte le religioni, le tradizioni spirituali, riconoscono l'inganno dell'io che impedisce  il necessario e proficuo atteggiamento di approfondire e ricercare nel cuore profondo l'autentico sé. Il sé può emergere soltanto nella consapevolezza, nel mindfulness.

La consapevolezza non è il riconoscimento di ciò che ci circonda, ma è coscienza, chiarezza che illumina il sé profondo, non la percezione superficiale esteriore di ciò che chiamiamo io e da cui dipende invece la maggior parte della nostra sofferenza.

Se ad esempio qualcuno ci prende a bastonate immediatamente avvertiamo la violenza della ferita e del dolore fisico che però possiamo facilmente curare con una pomata e qualche giorno di convalescenza, ma ciò che avvertiamo come insopportabile e doloroso è l'offesa, la ferita nell'io che resta impressa per sempre, e allora costruiamo mentalmente infinite possibili ritorsioni per affermare proprio questo io che comunque non si trova da nessuna parte. 

L'io è l'inganno per eccellenza, ciò che invece è reale e che dobbiamo cercare per trovare l'autenticità di noi stessi è la consapevolezza, la visione chiara e consapevole, questo è il faro, la luce a cui dobbiamo sempre far riferimento in ogni nostra azione invece di perdere tempo ed energie per concentrarci sul falso idolo di un io che noi costruiamo a nostro piacere alimentandolo a dismisura e cadendo sempre di più nelle subdole trappole che ci propone prepotentemente.

Questo io ci convince che siamo buone persone, bravi praticanti che meditano e pensano di essere saggi e avere compassione, ma se tutto questo avviene superficialmente senza consapevolezza, la compassione stessa può diventare benzina che alimenta in modo abnorme uno smisurato ego.

L'io autentico, il sé, non si gonfia, non si gloria, procede con umile silenzio in Saggezza e Compassione, qualità che che mai possono essere separate poiché si completano e fondono nella luce della consapevolezza.

La saggezza senza compassione è sterile, non produce nulla e la compassione senza saggezza fa danni e unicamente alimenta a dismisura la crescita dell'ego che, fuori controllo, ingigantisce la percezione delle offese, delle ferite, mentre nella consapevolezza che illumina la saggezza da cui sorgono compassione, amore, karuna, gli innumerevoli e molteplici problemi del samsara possono davvero essere trasformati in risorsa positiva di felicità.

Se manca quella saggezza che vigila costantemente sull'io la stessa compassione può diventare un ulteriore problema e questo è davvero terribile. Che la sofferenza sia un problema è normale, ma che lo diventi la compassione è molto grave e per questo la consapevolezza, mindfulness, nella vita quotidiana è fondamentale e deve essere presente in ogni istante della nostra giornata, e solo in questo modo tutto può davvero trasformarsi in felicità, la pazienza stessa è felicità e non sofferenza.

La pazienza vera non è sentire la fatica nel caricarsi sulle spalle pesi gravosi, bensì semplicemente è la consapevolezza che trasformazione ogni sofferenza in felicità. La pratica quotidiana atta a sviluppare la radice essenziale della motivazione è la base della felicità, ma come concretamente porre in atto questa pratica? Iniziando ogni giornata con la consapevolezza e la coscienza di voler coltivare la motivazione che guiderà ogni azione.

I Bodhisattva sono mossi ininterrottamente, in questa e in tutte le rinascite future, dalla più grande motivazione, la Bodhicitta, nel voler prendere tutta la sofferenza degli altri, nessuno escluso, donando in cambio la propria felicità.

Noi però non siamo Bodhisattva, ma semplici praticanti, dobbiamo dunque impegnarci pienamente per agire secondo le nostre capacità e concentrare l'attenzione sul presente, sul giorno che stiamo vivendo, l'oggi da vivere pienamente con la consapevolezza, una motivazione da richiamare costantemente alla mente, sentendone in ogni istante la gioia della brezza fresca, una piccola oasi di ombra in una giornata torrida, una pioggerellina che purifica e ristora da ogni arsura rigenerando lo spirito e il corpo.

Coltivando la consapevolezza, prima motivazione di ogni giorno, da mattina a sera, ne siamo rigenerati, rinnovati, con stupore e leggerezza, in vera spiritualità che rifugge dagli attaccamenti così fortemente impressi e radicati nelle religioni che spesso mirano unicamente all'eternità senza considerare minimamente il valore intrinseco del presente, qui e ora.

Al contrario oggi gli scienziati che analizzano ogni fenomeno e che sono partiti dallo studio dell'atomo per scendere sempre di più nell'infinitesimale, sono autenticamente spirituali.

La spiritualità non è la garanzia di un'eternità nelle terre pure o in paradiso, ma è la consapevolezza dell'interconnessione del tutto, ogni particella visibile e invisibile nell'energia che tutto muove si fonde nello spirito, tutto inscindibilmente interconnesso si trasforma, evolve in costante rinnovamento.

L'amore è l'energia più potente e nella meditazione quotidiana dobbiamo iniziare ogni giornata proprio con questa consapevolezza che ci porta all'autentica conquista del sé. Imparare a controllare l'io, averne conoscenza è fondamentale ed è certamente il compito più difficile nella vita, richiede coraggio, coscienza, e la conquista del sé è di fatto la conquista del tutto.

La consapevolezza è tradotta dal sanscrito “Satti”, in inglese diventa “mindfulness”, in tibetano è espressa in due parole "Dren Sché" Dren significa ricordare sempre la motivazione e Sché mantenerne la vigilanza.

In ogni lingua le interpretazioni hanno sfumature diverse, non esiste un'unica parola staticamente identica. In inglese mindfulness significa pienezza della mente, in italiano consapevolezza è ancora diversa e potrebbe essere definita come  "volontà di sapere".

E' importantissimo porre le parole nel contesto culturale da cui provengono ed è un arricchimento conoscerle proprio in queste diversità interpretative.

Oggi grazie alla velocità delle comunicazioni favorite dalla tecnologia e dalla globalizzazione è molto più facile giungere alla conoscenza, avere consapevolezza della condizione umana, ma senza approfondimento e interiorizzazione nella meditazione tutto questo è inutile, vano. Dobbiamo meditare costantemente con la consapevolezza della motivazione e soltanto in questo modo possiamo avere autentica conoscenza di sé e riconoscere l'essenza della felicità. Se siamo presenti nella coscienza sottile meditiamo sempre, anche quando dormiamo.

Oggi la nostra intelligenza è favorita e stimolata in mille modi e questa frenetica attività mentale costantemente sollecitata dalle cose più futili che ingombrano la mente e alimentano unicamente inutili inganni riducendo la nostra esistenza a mera superficiale sopravvivenza e non  lasciano spazio alcuno alla calma, al silenzio, all'introspezione.

La meditazione quindi è realmente efficace soltanto se ci rilassiamo nella dimensione che pare porci in una sorta di immaginazione, di sogno, di quasi di sonno, che in realtà è una visione chiara in grado di creare la vera felicità nella mente. Anche solo con la visualizzazione nell'immaginazione di altruismo, compassione, impermanenza sviluppiamo concretamente nel nostro cuore tali aspetti che così diventano reali e trasformano veramente le nostre cellule i nostri atomi.

La consapevolezza di tutte le cose positive che permeano l'intera esistenza, ad esempio la pazienza e la felicità, creano con la meditazione le condizioni per un  importantissimo allenamento nell'essere sempre presenti nella coscienza sottile,  sviluppandola naturalmente. Dunque dobbiamo semplicemente mantenere vigile la consapevolezza nella meditazione per giungere alla felicità. 

La meditazione è come essere nel sonno, ma senza dormire, è avere consapevolezza di sé iniziando dal gesto più semplice, il respiro che, anche se non ce ne rendiamo nemmeno conto, scaturisce automatico, naturale e che dobbiamo imparare ad osservare con consapevolezza nel ritmo armonioso di ogni inspirazione ed espirazione che ci accompagna sempre più profondamente nella nostra mente sottile. Meditando così concentrati i pensieri caotici e grossolani si quietano, man mano scompaiono lasciano spazio alla percezione più fine profonda del sé autentico.

Lo spazio di silenzio infinitesimale che si crea tra inspirazione ed espirazione è importantissimo perché è il momento in cui i pensieri grossolani, l'inutile chiacchiericcio, tutto si ferma e in quel momento appare la mente più pura, sottile. Nel ritmo del pensiero, in questa specie di apnea si forma naturalmente la motivazione.

Invece l'intelligenza artificiale, anche la più sofisticata, non ha nessuna coscienza e quindi può produrre unicamente nozioni che, seppur elevatissime, sono soltanto formule ben organizzate, ma non potrà mai creare nemmeno la parvenza della felicità e della sofferenza.

Soltanto noi, con la coscienza, possiamo provare sofferenza e costruire felicità, e questo è il valore infinito della vita umana e, indipendentemente da come lo si voglia definire o attribuire, questo è il dono più prezioso dato all'umanità dal Buddha, da Dio, dalla Natura, dall'Energia universale, da tutto ciò che si preferisce, e ciò che conta è riconoscere che non cambia mai nella sua sostanza, è unico e uguale per tutti.

Come abbiamo già detto riconoscere la meditazione come una forma di sonno è una immagine profonda di introspezione uno stato di sonno che è consapevolezza nella meditazione e a cui segue naturalmente il risveglio, un primo momento consapevole in cui appare la coscienza pura, incontaminata.

Questa forma di meditazione coinvolge integralmente la persona a livello psicofisico, è un momento fondamentale di spiritualità che permette di ritrovare l'intero universo nella profondità del riconoscimento del sé. La meditazione è il più grande patrimonio culturale intangibile.

Anche a livello culturale la globalizzazione ha annullato la percezione di qualsiasi illusoria distinzione e diversificazione, siamo tutti interconnessi in un'unica realtà umana. 

La percezione errata della realtà frammentata, separata, differenziata è il nostro limite umano, frutto dell'illusione che non ci fa vedere che quella singola particella,  davvero unica, è al contempo realmente fusa e permeata nell'unificazione del tutto, siamo noi stessi universo. Questa scoperta di sé nel tutto ci lascia quasi senza fiato poiché spalanca la mente all'universo illimitato e tale  consapevolezza non è prerogativa delle religioni, delle credenze esoteriche, o di fantasie, ma è autentica spiritualità e ormai anche riconoscimento scientifico della fisica quantistica.

Passato e futuro sono reali in questo presente, ciò che vale è qui e ora, ogni istante è motivo di felicità, noi siamo infelici perché ci lasciamo travolgere dall'illusione di una falsa visione, costruiamo castelli e sovrastrutture che non corrispondono affatto alla pura realtà di questa unità che è già in sé semplice vera felicità. 

Nella meditazione emerge la coscienza sottile, quella coscienza che supera la grossolanità delle illusioni e permette la visione del terzo occhio, la visione autentica, spoglia di ogni inutile sovrastruttura fuorviante e questa è vera felicità in cui si forma la motivazione che rende l'esistenza carica di senso.

La recitazione stessa dei mantra durante la meditazione favorisce questa profonda introspezione, man significa anima e tra ciò che è racchiuso nel cuore. Il nostro mantra può essere la motivazione di saggezza e compassione.

Per avere una giornata rilassata, equilibrata, non stressata, non caotica e confusa è bene iniziare con la meditazione in cui si coltiva la motivazione di saggezza e compassione.


Ci sono domande?

Domanda: Nella recitazione del mantra è importante il suono?

Lama: I mantra che ci sono stati tramandati sono tutti in sanscrito. In India e nelle regioni in cui si è diffuso il Buddhismo la sonorità di ogni sillaba è davvero importante perché corrisponde alla cultura, alla lingua e alla tradizione ben radicata, ma qui in occidente questi suoni di cui non si capisce il significato e pronunciati anche in modo distorto, non hanno nessun senso. Ciò che conta è la sostanza della meditazione e in qualsiasi lingua possiamo visualizzare le parole che scaturiscono dal cuore e anche questa è una forma di mantra. Dobbiamo uscire dai concetti convenzionali. Con la visualizzazione del disco di Luna abbiamo la visione completa, con la visualizzazione di tempo e spazio e con la concreta visualizzazione di saggezza e compassione abbiamo la conoscenza della realtà sottile, la realtà ultima. Dobbiamo coltivare espandere nella saggezza la visione profonda, con pazienza e compassione.

Quello che le persone più intelligenti stanno comprendendo oggi è che il vero senso della vita è coltivato nella spiritualità, non nelle religioni. Le religioni possono essere strumenti di ricerca, indicazioni di possibili percorsi, ma solo nella profondità della conoscenza, della ricerca autentica, della saggezza sorge la spiritualità che rende liberi al di fuori di ogni gioco di potere, di oppressioni, di ricatti morali. 

La scienza stessa oggi si ritrova nella spiritualità e raggiungere questo livello di libertà, di consapevolezza del valore unico della vita umana che è felicità.

La vita materiale e la vita spirituale sono quell'unità che rende umani che dona senso alla vita, qui e ora. Questa è la verità convenzionale che sempre è unita alla verità ultima poiché sono entrambe essenziali e  non esiste tra le due verità alcuna contraddizione.

Di fronte alle difficoltà noi individuiamo nel samsara una forte potenzialità negativa, ma non è così, il samsara è vita, è crescita proprio perché contiene tutto, anche la sofferenza che ci circonda e di cui facciamo fatica a capire il senso, e nessuno di noi è in grado di cancellare questo, di cambiare il mondo, ma ciò che invece possiamo fare e che dona davvero il senso a tutta l'esistenza è l'unione di compassione e saggezza nella pratica dello scambio della nostra felicità con la sofferenza altrui.

Questa è la compassione, la Bodhicitta, la felicità vera che possiamo sviluppare secondo le nostre capacità. Non c'è alcuna contraddizione tra le nostre attività quotidiane e lo sviluppo della crescita spirituale nella tranquillità, felicità, armonia. 

La pratica della meditazione che si rinnova ogni mattina non scade mai, questa è la costanza che la rende proficua, che porta armonia e ci rende presenti nella consapevolezza e ci conduce alla conoscenza e soprattutto alla coscienza, due termini che esprimono condizioni distinte e non sono sinonimi. La meditazione porta prima alla conoscenza e poi alla consapevolezza della coscienza che permette qualsiasi cambiamento di sé.

Anche se oggi più che mai siamo nel tempo del Kaliyuga, cioè i residui del tempo, abbiamo proprio per questo la grande opportunità di praticare il Lo Jong nella meditazione che diventa enormemente più potente e di grande beneficio, più forte è la negatività e maggiore è l'energia che possiamo trovare in noi per praticare la purificazione nella crescita spirituale. E' ciò che permette l'uscita, il superamento del proprio ego.

(Segue meditazione)


Meditare è davvero la pratica più spirituale perché tutte sovrastrutture create dalle religioni non sono confacenti allo spirito puro, bensì soggette alle leggi del mercato delle offerte, dei ricatti morali sulle coscienze e si fondano sul concetto reiterato di sofferenza espiatoria, ma tutto questo nulla ha a che fare con la pratica spirituale autentica.

E' sbagliato strumentalizzare la sofferenza per controllare le coscienza, osservarne esclusivamente gli aspetti che consideriamo solo negativi, perché non è affatto così. Nella visione filosofica buddhista la sofferenza deriva dalla non accettazione della condizione di impermanenza di tutte le cose eppure questa è una condizione essenziale della vita e non deve essere vista come negativa.

La sofferenza e l'impermanenza sono naturali, nulla di più, tutto nasce, cresce e muore, questo è il ritmo dell'esistenza, non è affatto il risultato di chissà quali peccati o karma. Focalizzare l'attenzione su questi aspetti, sulla paura, significa non vivere, la vita autentica è al di là di questi ostacoli mentali, si deve vivere nella consapevolezza con coscienza della realtà presente senza false preoccupazioni di karma positivo, negativo o di chissà quali possibili peccati così angoscianti per le conseguenze punitive che comportano, tutto questo è assurdo, è non vita, è falsificazione e illusione della realtà, invece ciò che vale è agire senza creare karma questo è l'esercizio del karma yoga.

L'atteggiamento mentale è determinante, positivo, senza paura e soprattutto senza paura della sofferenza. E' molto importante l'insegnamento che il Buddha ha dato con l'analisi delle quattro nobili verità della sofferenza, non per esaltare la sofferenza, ma, al contrario per imparare a superarla, per portarci alla consapevolezza della vacuità della sofferenza.

La consapevolezza nella vita quotidiana è frutto di meditazione, unico mezzo per essere felici, null'altro può dare la felicità, ma solo quest'armonia nello spazio psicofisico che supera ogni piccolo e subdolo io.

La meditazione sorge automaticamente nella propria esistenza psicofisica, felici nella cosciente, serena, azione quotidiana perché tutto si muove nella consapevolezza, non del piccolo io, ma della realtà universale, dell'amore armonico che tutto pervade e che cresce e si sviluppa nella propria interiorità. Solo così si vanifica l'attaccamento al proprio ego, alla visione illusoria che ci fa percepire la realtà intrisa di negatività che inducono paura della sofferenza. 

La mente sottile è la mente di consapevolezza, la più importante. Noi invece ci fermiamo sempre e soltanto alla comune percezione grossolana, ma la mente grossolana è la manifestazione della mente primordiale, non possiamo cancellarla, è parte di noi, ma dobbiamo interconnetterla con la mente sottile, la mente della visione chiara, in questa interconnessione si crea un legame armonico, completo, ricco, felice e tutto si trasforma in mente meditativa. 

La mente meditativa è in ogni fase della vita, nella veglia, nel sonno e persino nella morte che non è da intendersi solo come cessazione del corpo che una volta finito è concluso, ma come reale fase di trasformazione della coscienza.

Nella meditazione emergono tutti i fattori mentali che sono costantemente presenti e uno di questi è la pazienza. Nella filosofia buddhista la mente principale è come il tronco dell'albero e i fattori mentali ne sono i rami che possono essere positivi, negativi, o neutri e la pazienza è un fattore mentale positivo, così come compassione, amore, gentilezza, generosità, perseveranza entusiastica, concentrazione. 

Ci sono anche i fattori negativi come attaccamento, rabbia, odio, bramosia, gelosia, invidia, ignoranza, cattiveria, arroganza, e i fattori neutri, né positivi né negativi come ad esempio il sogno che non è assenza di conoscenza, di consapevolezza, ma semplicemente fattore mentale neutro che può essere trasformato sia in positivo che in negativo. Il sogno è uno strumento molto importante, se ci si addormenta con una motivazione positiva il sogno diventa fattore positivo e, al contrario, se la motivazione è negativa diventa negativo, se neutrale diventa neutrale.

La pazienza è un fattore fondamentale perché protegge dai danni causati dai pensieri negativi e favorisce la concentrazione e la consapevolezza, tutti questi elementi che nella loro correlazione si rafforzano in un equilibrio che è fonte della felicità.

Domanda: Tu hai parlato molto di io, ma l'io che nei bambini è molto accentuato e direi necessario per la loro crescita e sicurezza, se mantenuto in età adulta indica una non maturazione a livello personale?

Lama: L'io bambino è ancora innocente, naturale, il problema si presenta nell'età adulta quando l'io, l'ego, diventa padrone di noi.

Possiamo terminare questa giornata ricchi di molti spunti di riflessione e approfondimento per rendere la nostra quotidianità proficua, gioiosa, intensa e io vi sono molto grato per la condivisione di questa bella esperienza comune. 

Grazie a tutti.

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