Tuesday, 23 February 2021

64° Anniversario del 10 marzo 1959 - 10 marzo 2023

Viviamo in un mondo sempre più incerto. Negli ultimi anni abbiamo dovuto affrontare conflitti, una pandemia, disastri ambientali, sfide economiche e un'infinità di altri problemi sociali. Tutti noi abbiamo la responsabilità personale di coltivare la bontà e la virtù in noi stessi e nella società.

Il mio articolo è solo un breve resoconto del Tibet e dei tibetani per dare alcune informazioni essenziali sulla causa tibetana. Ci sono molte persone che sono interessate alla causa tibetana ma non conoscono i veri problemi. Dobbiamo anche riconoscere che il problema del Tibet è uno dei tanti problemi che stiamo affrontando oggi sul nostro pianeta.


64° Anniversario del 10 marzo 1959 - 10 marzo 2023   

10 marzo, anniversario della rivolta tibetana a
Lhasa del 1959 contro l'invasione cinese e i tibetani della comunità in
esilio commemorano ogni anno questo evento affinché nessuno possa
dimenticare la tragedia della dominazione cinese nella loro terra.

Per descrivere alcuni fatti sul Tibet e su ciò che i tibetani devono subire
l’articolo seguente è stato pubblicato nel 2008, ma da allora la questione
tibetana continua a rimanere immutata e purtroppo molto spesso la
causa tibetana è stata strumentalizzata producendo più danni che
benefici!
Solo per limitarsi ad alcuni esempi e importante fermarsi riflettere
sulla condizione dei tibetani suddividendo due aspetti diversi:
1) Il benessere dei tibetani all'interno del Tibet deve essere affrontato e
compreso come parte integrante dell'evoluzione che stanno affrontando
da loro stessi con le loro potenzialità e capacità e io ho forte fiducia nel
loro coraggio, determinazione e intelligenza, infatti hanno già fatto
grandi progressi in tutti gli aspetti in questi difficilissimi 64 anni.

2) Un secondo aspetto grave e preoccupante riguarda invece il
benessere di circa centomila tibetani apolidi che vivono nella precaria
condizione di rifugiati politici in India e in Nepal. Malgrado siano ormai
trascorsi 64 anni nulla è cambiato e tre o quattro generazioni di famiglie
continuano a vivere senza reali diritti civili in questa condizione di apolidi
nei paesi ospitanti. Un'attesa molto lunga di una risposta a queste
questioni irrisolte crea ulteriori tensioni nella società tibetana. 
 
Coloro che hanno il potere di assumere le decisioni in merito hanno dunque la
grande responsabilità di trovare una soluzione chiara e rapida per questi
tibetani senza patria, senza identità nazionale, apolidi destinati a vagare
in un limbo e dipendenti sempre dalla volontà altrui che può essere oggi
benevola, ma che domani potrebbe anche tramutarsi in ostilità.

I tibetani apolidi in India e Nepal saranno destinati a vivere per sempre
in questa condizione poco umana?
 
 
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VOCI DI PACE/VOICES OF PEACE

1 giugno 2008

I Cinquant'anni del Tibet sotto la Cina, 1959 – 2008

di Geshe Gedun Tharchin

I tibetani, per antica tradizione, non penserebbero mai di essere cinesi, né potrebbero mai immaginare che il Tibet sia parte della Cina

Nell'anno 2008 la Cina ospita i giochi olimpici, con la promessa di una maggior tutela dei diritti umani all'interno del paese. Il Tibet è divenuto il problema principale a livello internazionale, in quanto tale nazione è stata occupata integralmente dalla Cina dal 1959. A causa del massiccio e rapido flusso di immigrazione cinese nell'area tibetana, i tibetani stessi sono divenuti una minoranza etnica nello stesso Tibet e si prospetta ora il rischio della perdita della loro cultura e della loro identità nazionale. L'unica possibilità di salvezza per il Tibet è che le olimpiadi del 2008 possano condizionare il governo cinese, spingendolo a garantire maggiore rispetto per la cultura e il popolo tibetani.
Quindi, l’intero mondo sta osservando le autorità cinesi riguardo alla promessa fatta dal governo cinese in cambio della possibilità di ospitare a Pechino i giochi olimpici del 2008. Ma mentre il momento in cui questi si svolgeranno si avvicina, la repressione in Tibet si sta ancora inasprendo, e pertanto molte persone in tutto il mondo hanno cercato di intervenire nella situazione ancora irrisolta tra il Tibet e la Cina. In fine, i tibetani sia all'interno che all'esterno del patria hanno perso la pazienza, manifestando la loro esasperazione il 14 marzo 2008.
La verità è che il Tibet e la Cina sono stati paesi confinanti per secoli. Durante il VII e l'VIII secolo le dinastie tibetane inflissero alla Cina una dura sconfitta. La principessa Wen Chen sposò il sovrano tibetano Song Tsen Gam Po e per sua volontà venne realizzato a Lhasa il tempio Ra Mo Che. Vi è a Lhasa un altro tempio edificato per volontà di una principessa nepalese che sposò anch’ella il medesimo re. In quel periodo sia il dinasta della Cina che quello del Nepal erano orgogliosi che le loro principesse avessero sposato il re del Tibet, anche perché ciò assicurava sicurezza per i loro stati.
Successivamente un'altra principessa cinese sposò un re del Tibet. In queste epoche le relazioni fra i due paesi si basano sul reciproco rispetto e sulla valutazione delle rispettive potenze militari. Come testimonianza del loro comune accordo, vennero eretti tre pilastri lapidei in tre luoghi differenti: presso la capitale del Tibet, presso la capitale della Cina e lungo il confine tra i due stati. Essi recavano iscritti epigrafi concernenti i sentimenti di reciproca solidarietà tra i due paesi. Un verso molto famoso dei pilastri recita: “rGYA rGYA YUL NA sKYID, BOD BOD YUL NA sKYID”, che significa “I Cinesi sono felici in Cina e i Tibetani sono felici in Tibet”. Sulla base di questo evento storico i tibetani hanno sempre sostenuto di non essere cinesi e possedere la propria identità nazionale, differente da quella cinese.
La prima invasione del Tibet fu compiuta da Genghis Khan nel 1209 e in un secondo momento il Khan mongolo assunse il comando dell’Impero Cinese e i mongoli ereditarono il lignaggio della dinastia cinese. Più tardi, quando i cinesi liberarono dai mongoli il loro impero, acquisendone il controllo, la Cina iniziò a rivendicare tutti i territori che erano stati sotto il dominio mongolo, affermando che fossero suoi! Questa è l'unica ragione per cui la Cina sostiene tuttora che il Tibet le appartenga.
I tibetani, per antica tradizione, non penserebbero mai di essere cinesi, né potrebbero mai immaginare che il Tibet sia parte della Cina: questo è ciò che prova istintivamente il popolo tibetano. Quindi penso che la lotta per la liberazione del Tibet sia una tendenza naturale della gente tibetana.
La storia ha provato che i tibetani non possono essere felici sotto le autorità cinesi, né i cinesi possono essere felici sotto un governo tibetano. Il conflitto si è protratto nei secoli ed è parte della vicenda storica di entrambe le nazioni. Questa battaglia deve andare fino in fondo, portando ad una vittoria assoluta o ad una sconfitta assoluta: in altre parole, questa battaglia durerà finché vi saranno tibetani. È una questione che sarà portata avanti di generazione in generazione, in quanto parte della storia umana.
Il dialogo può essere la soluzione? Esiste un grande ostacolo tradizionale perché la Cina e il Tibet abbiano un dialogo costruttivo. C'è un detto tibetano che afferma: “la Cina fallisce nei suoi intenti per eccesso di sospetto e il Tibet a causa della troppa aspettativa”. L'attuale dialogo sino-tibetano è iniziato con l'incontro tra Mao Zedong e il Dalai Lama a Pechino nel 1954 ed è proseguito fino al 2007 senza raggiungere gli obiettivi di nessuna delle due parti. Quindi è evidente che il detto era vero. Sembra quindi inutile cercare di risolvere il conflitto sino-tibetano attraverso il dialogo.
Forse una possibilità potrebbe essere che lo sviluppo economico-politico possa provocare un cambiamento radicale nello status sociale delle persone tibetane nel futuro, tuttavia non può modificare la storia passata del Tibet.
Resta un'altra questione importante, concernente le famiglie di rifugiati tibetani che hanno vissuto in India o in Nepal negli ultimi 50 anni sotto l'Amministrazione Centrale Tibetana di Dharamsala: quale sarà il loro futuro? Devono continuare ad aspettare che il Tibet divenga libero rinunciando ai diritti derivanti dal possesso della cittadinanza locale o dovrebbero integrarsi con i cittadini locali?





Monday, 8 February 2021

Karma e Covid-19


    Karma e Covid-19 
Un'intervista online sul rapporto tra Karma e Covid-19
18 maggio 2020

Domanda: Il termine KARMA è una parola popolare, usata in tutto il mondo. Puoi per favore spiegare il significato di karma da un punto di vista buddhista?

Risposta: È un argomento molto complesso! In pratica Karma significa semplicemente Azione, principalmente azione mentale, la nostra intenzione e motivazione. "Il karma buono e cattivo sono funzioni alla tua intenzione; quando la tua intenzione è buona, tutto diventa buono; quando la tua intenzione è cattiva, tutto diventa cattivo; quindi tutto dipende dalla tua intenzione". Questi sono i consigli pratici di Je Tsongkhapa. 

D: Cosa fa maturare il karma?

R: L'ignoranza incontrollata, l'attaccamento e la rabbia fanno sì che il nostro karma negativo porti frutti cattivi e la pratica costante di Sila, Samadhi, Prajna fa sì che il nostro karma positivo porti buoni frutti. 

D: Cos'è il karma collettivo?

R: Il Karma collettivo è un'intenzione positiva, negativa o neutra che si basa su un interesse comune, come lavorare, aiutare durante i conflitti, pregare o meditare nel Sangha, fare volontariato in un ospedale e così via, tutto ciò che si fa con un'intenzione comune di una comunità.

D: Potremmo dunque dire che il coronavirus potrebbe essere il risultato del nostro karma precedente? e il fatto che alcuni paesi abbiano sofferto più di altri potrebbe dipendere dal loro karma collettivo?

R: Il covid-19 è un frutto karmico, fa parte del samsara o vita, ma non possiamo verificare esattamente quale karma lo abbia generato e quanti e quali karma siano coinvolti nella sua causa. Certamente tanti karma, negativi, positivi e neutri, collettivi e individuali, passati e presenti, i nostri comportamenti nell’insieme hanno predisposto questa pandemia. Naturalmente è triste dover constatare come questa pandemia sia causa di grande sofferenza per molti esseri umani, che però nel contempo, se sappiamo coglierle, ci ha anche offerto una maggiore consapevolezza e nuove conoscenze per il futuro stesso dell’umanità. La sofferenza non deve essere sempre necessariamente giudicata come negativa e risultato di un karma negativo. A volte il karma positivo può portare sofferenza temporanea nell'interesse della bontà e del bene a lungo termine nel futuro e, altrettanto, a volte il karma negativo può illuderci di una momentanea felicità effimera. Quindi è impossibile conoscere, definire e quantificare il mistero del peso del karma! In un certo senso noi umani siamo il principale attore del karma. Quindi, ognuno di noi dovrebbe indagare profondamente la propria intenzione e motivazione per ogni singola azione ed essere consapevoli e testimoni di se stessi in ogni istante. Questa è la pratica principale del Dharma o Meditazione.



Thursday, 4 February 2021

Una conversazione sul Smart Dharma

Una conversazione Online

 
Domanda: Farai un insegnamento online? Dovrebbe provarci. 
 
Risposta: Non ancora. Penso che l'insegnamento del dharma online sia l'ultima scelta. Forse in futuro, chi lo sa? Finora ho rifiutato. Sembra molto noioso.

D: Davvero? Ora usiamo tutti l'insegnamento online ed è molto sicuro, nessun contatto.
 
R: So che è una specie di lavoro Smart, ma l'insegnamento del dharma Smart sembra troppo Smart!

D: Ma tu sei intelligente e dovresti provare qualcosa di nuovo..... molto alla moda ora.
 
R: Penso che qualche volta il silenzio sia il miglior insegnamento, specialmente in questi momenti di emergenza. 

D: Hai assolutamente ragione.
 
R: Lo faccio tramite Facebook e messenger post. Aspetterò il momento giusto, quando tutto diventerà normale, altrimenti diventerà un insegnamento del Dharma di emergenza!

D: Emergenza insegnamento del Dharma... mi piace questo termine.
 
R: Il Dharma non è mai un'emergenza e nemmeno un soccorritore di emergenza. Dharma è la vita stessa. 

D: Sì, ma questo tempo di Covid-19 la nostra vita è in emergenza.
 
R: L'abbiamo fatta diventare un'emergenza solo ora. La vita è in emergenza fin dall'inizio, (dal punto di vista dharmico la vita è molto fragile come la sua natura, realtà impermanente) forse non ce ne siamo resi conto. Il Dharma è il soccorritore della vita per tutto il tempo.